“E voi chi dite che io sia?”

(di Alfredo Apicella)

Matteo 16:13-17 – “E voi chi dite che io sia?”

Saranno rimasti un po’ imbarazzati i discepoli a questa domanda del Signore. Eppure un’idea dovevano pure averla. Era stato facile riportare il pensiero degli altri: “Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti“. Tante teste, tante idee. Soprattutto, tanta colpevole ignoranza in un popolo che avrebbe dovuto conoscere le Scritture e ben intendere la rivelazione del pensiero di Dio. Ma i discepoli avevano delle convinzioni precise? La domanda era solenne e precisa. Voi che mi seguite, che udite i miei insegnamenti, che siete spettatori dei miei miracoli… voi, chi dite che io sia? Penso che ci sia stato qualche attimo di silenzio prima che Pietro, col suo solito ardire, dicesse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente“. Possibile che Pietro sia arrivato a tanto? Che abbia capito così bene chi fosse il Signore?

Leggendo i Vangeli si direbbe che i discepoli abbiano “creduto” varie volte. In Giovanni 2:11 è detto che “i suoi discepoli credettero in Lui“, dopo il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana. Ma quando il Signore placa la tempesta sul Mar di Galilea si stupiscono e si chiedono l’un l’altro: “Chi è dunque costui al quale persino il vento ed il mare ubbidiscono?” (Marco 4:41).
Poco dopo, una notte, il Signore va incontro a loro camminando sul mare. Subito si spaventano credendo di vedere un fantasma. Ma, constatato che era veramente Lui, si tranquillizzano, e Pietro vuole andargli incontro, camminando sull’acqua. E, finché la “fede” lo sostiene, ci riesce. Che miracolo! Che grande Signore! Stupiti e ammirati si prostrano davanti a Lui e dicono: “Veramente tu sei Figlio di Dio” (Matteo 14:33). Ma non lo sapevano già? Forse si, però non ne erano tanto convinti.
Passano i giorni, e il Signore compie un altro dei suoi miracoli. Con sette pani e “pochi pesciolini” dà da mangiare a “quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini” (Matteo 15:32-38)! Chi può compiere un tale miracolo se non Dio? Ma la memoria è corta e il cuore indurito. Parlando del lievito (cioè del male nascosto) dei Farisei, il Signore deve dire loro: “Non riflettere e non capite ancora? Avete il cuore indurito? E non vi ricordate? Quando io spezzai i cinque pani per i cinquemila, quante ceste di pezzi raccoglieste?… Non capite ancora?” (Marco 8:17-21).
Alla trasfigurazione, Pietro, per così dire, mette il Signore sullo stesso piano di Mosè e di Elia, proponendo di fare una tenda per uno; e Dio deve intervenire dal cielo indicando il Signore come “suo diletto Figlio”, il solo che dovesse essere ascoltato. Eppure, proprio lui aveva dichiarato con enfasi: “Signore, da chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Giovanni 6:68-69).
Anche dopo la sua risurrezione, i due discepoli sulla strada per Emmaus dicono sconsolati: “Noi speravamo che fosse lui che…” (Luca 24:21).

La loro fede nel Signore aveva sempre bisogno di conferme, di nuove esperienze; ed è comprensibile, perché non avevano ancora ricevuto la potenza dall’alto, lo Spirito “della verità”, che “scruta le profondità di Dio” (1 Corinzi 2:10), che prende le cose di Cristo per annunciarle ai credenti (Giovanni 16:13). È per Lui che noi oggi gridiamo: “Abbà! Padre!“, ed è Lui che, nello stesso tempo, “attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio” (Romani 8:15-16).
Alla domanda del Signore, comunque, Pietro dà la risposta giusta e, sembra, con una buona dose di convinzione. Ma non veniva da lui. Non era stata la sua intelligenza, il suo livello di comprensione, la sua maturità, la sua conoscenza, a fargli comprendere che il Signore Gesù era “il Cristo, il Figlio del Dio vivente“. Era stata una rivelazione del “Padre che è nei cieli” e per questo Simone, figlio di Giona, era “beato”.

Chi dite che io sia?” Questa domanda viene rivolta a ognuno, uomo o donna, grande o piccolo, colto o ignorante. Questa domanda viene rivolta anche a te. Un Cristo semplicemente uomo non potrebbe salvare altri. E nemmeno un Cristo profeta. Solo Dio può salvare la sua creatura e, per fare questo, “per condurre molti figli alla gloria“, il Figlio eterno ha dovuto diventare “simile in ogni cosa ai suoi fratelli“, partecipare alla “carne e al sangue” (Ebrei 2:14-17).
Quando è venuto al mondo, in casa sua, fra i Giudei, non è stato ricevuto perché non è stato riconosciuto per quello che era. Non è il figlio del falegname? È un uomo per bene. No, sobilla le folle. È un posseduto… Quando l’Eterno aveva mandato la manna nel deserto, gli Ebrei l’hanno chiamata “manna”, che significa “che cos’è?”. Quando è venuto il “vero pane che scende dal cielo e dà la vita agli uomini” è successa la stessa cosa. Solo la fede e l’amore per Dio poteva far riconoscere il Figlio.

Non si può credere al Signore come piace a noi. Dio ce lo presenta come suo Figlio ed è così che dobbiamo riceverlo. Ci dice che era senza peccato. Non lo ha né conosciuto né commesso, ma è morto per i nostri peccati, fu seppellito e risorse per la nostra giustificazione (1 Corinzi 15:3; Romani 4:25). E così noi lo crediamo. A salvarci è la fede nel Cristo del Nuovo Testamento ricevuto per quello che è, nella sua natura e nella sua opera, esattamente come lo Spirito ha voluto rivelarcelo, senza ritocchi o aggiustamenti umani.

E tu, chi dici che Egli sia

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