L’attività instancabile di Cristo

di P. L. Canner

“E subito, il sabato, Gesù, entrato nella sinagoga, insegnava… Si trovava nella loro sinagoga un uomo posseduto da uno spirito immondo… Gesù lo sgridò dicendo: Sta zitto ed esci da costui! E lo spirito immondo uscì da lui… La suocera di Simone era a letto con la febbre. Egli, avvicinatosi, la prese per la mano e la fece alzare… Gli condussero tutti i malati e gli indemoniati. Egli ne guarì molti che soffrivano di diverse malattie, e scacciò molti demoni” (Marco 1:21-34).

In questi versetti troviamo il racconto di una giornata della vita e del ministerio del Signore Gesù. Aveva insegnato nella sinagoga, cacciato uno spirito immondo, guarito la suocera di Pietro dalla febbre, e molti altri malati e posseduti da demoni. Dopo una giornata così faticosa, il giorno dopo avrebbe potuto riposarsi. Invece no. “Poi, la mattina mentre era ancora notte, Gesù si alzò, uscì e se ne andò in un luogo deserto; e là pregava” (v. 35). Poi proseguì fino al villaggio successivo, predicando, guarendo e cacciando demoni.

Noi tendiamo ad essere indulgenti con noi stessi; ci piace trascorrere ore di svago, impegnare in modo divertente o distensivo il tempo libero; ci piace dormire fino a tardi, e desideriamo raggiungere l’età della pensione per smettere di lavorare e avere tutto il tempo per riposarci e distrarci. Ma qual è l’esempio che ci dà Cristo?

Certamente il nostro corpo ha bisogno di riposo e di distensione, ma dobbiamo chiedere l’aiuto al Signore per saper usare in modo appropriato e con intelligenza le ore libere, le vacanze, le interruzioni forzate del lavoro e gli anni di pensione, se vi arriveremo. Abbiamo bisogno di arricchire il nostro patrimonio spirituale, di rinsaldare i legami familiari, di diffondere l’Evangelo, di incoraggiare i nostri amici credenti, non solo quelli vicini, ma anche i lontani; seguiremo allora l’esempio del nostro Signore nell’attività e nel ministerio.

Il Signore era un Maestro, e i Vangeli sono pieni dei suoi insegnamenti (Giovanni 3:1-2). Egli ha trattato una vasta gamma di argomenti: ha dato insegnamenti inerenti a Se stesso, al Padre, all’invio dello Spirito Santo: ha insegnato la via della salvezza, la sicurezza del credente, il significato della vita eterna. Ha parlato del cielo, dell’inferno, della necessità di essere preparati per il suo ritorno. Ha ammaestrato i discepoli ad essere dipendenti da Dio e a ricercare la sua approvazione piuttosto che quella degli uomini; ha dato istruzioni su come avrebbero dovuto comportarsi nelle prove e nelle persecuzioni. Ha insegnato a vivere manifestando le Sue qualità: umiltà, mansuetudine, compassione, perdono, e ad avere la mente occupata delle cose di lassù piuttosto che delle cose materiali di cui l’essere umano è avido.

Il Signore non pretendeva che il popolo accettasse ad occhi chiusi ciò che Egli diceva, ma faceva spesso riferimento alle Sacre Scritture per confermare il suo insegnamento e convincere le coscienze di quelli che ascoltavano. Seguiamo l’esempio di Cristo e prendiamo l’abitudine di fare riferimento alla Parola di Dio nei nostri colloqui con gli altri, poiché la Parola di Dio è più potente delle nostre parole e dei nostri ragionamenti; essa è “vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetra fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebrei 4:12).

Non tutti abbiamo il dono d’insegnare, ma tutti coloro che sono interessati al benessere spirituale dei loro amici, credenti o non credenti, dovrebbero chiedere al Signore di avere la capacità di insegnare, anche se non aspirano all’incarico di sorvegliante (o vescovo) (1 Timoteo 3:2). “Il servo del Signore non deve litigare, ma deve essere mite con tutti, capace di insegnare, paziente. Deve istruire con mansuetudine” (2 Tim. 2:24). Questa capacità si acquista in preghiera e dedicandosi allo studio della Parola di Dio con diligenza e umiltà.

Quando il Signore insegnava, per attirare l’attenzione del popolo parlava sovente in parabole, cioè si serviva di scene di vita pratica per illustrare verità spirituali (Marco 4:2). Usava figure prese dall’agricoltura, come la semina; dall’allevamento, come il lavoro del pastore; dalla pesca, dai lavori domestici, come il cuocere il pane o il rammendare gli abiti; dalle attività finanziarie, come acquisire ricchezze o investire denaro.

Oltre ad usare parabole, il Signore costringeva i suoi uditori a riflettere ponendo loro delle domande stimolanti: “Perché mi chiami buono?” (Marco 10:18), oppure: “E’ lecito, di sabato, far del bene o far del male? Salvare una persona o ucciderla?” (Luca 6:9). A volte attirava l’attenzione facendo sorprendenti dichiarazioni e richieste provocatorie: “Non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini” (Matteo 15:26), oppure: “Vai a chiamare tuo marito” (Giovanni 4:16). Anche noi non dovremmo accontentarci di parlare, ma dovremmo dar forza al nostro insegnamento con domande stimolanti e dichiarazioni opportune per attrarre l’attenzione di chi ci ascolta e spingerli a riflettere. Cristo è sempre il nostro esempio.

Il Signore non compiva i miracoli in modo distaccato e impersonale. Egli aveva un contatto personale con quelli che guariva, li toccava, parlava con loro. Toccò il lebbroso che lo aveva supplicato di guarirlo: “Egli stese la mano e lo toccò, dicendo… sii purificato. In quell’istante la lebbra sparì da lui” (Luca 5:13). Per Lui non era rischioso toccare un lebbroso! Toccò la mano della suocera di Pietro “e la febbre la lasciò” (Matteo 8:15); parlò a diversi uomini ciechi e toccò i loro occhi per guarirli (Matteo 9:27-31; 20:30-34; Marco 8:23; Giovanni 9:6-7); mise le dita negli orecchi di un sordomuto e gli toccò la lingua per renderlo in grado di udire e di parlare (Marco 7:32-33). Cacciò uno spirito immondo da un ragazzo e poi “lo sollevò, ed egli si alzò in piedi” (Marco 9: 26-27). Pose le mani su una donna che era tutta curva, le parlò, e “nello stesso momento ella fu raddrizzata” (Luca 13:13). Un semplice contatto fisico, che sia una stretta di mano, un abbraccio o una carezza, trasmette anche oggi un messaggio di simpatia e di partecipazione.

L’attività del Signore era perfetta e non ha mai prodotto risultati parziali: “In quell’istante la lebbra sparì da lui” (Luca 5:13). La suocera di Pietro non ebbe una lunga convalescenza: “Ella si alzò e si mise a servirlo” (Matteo 8:15). Quando sgridò i venti e il mare ci fu subito gran bonaccia (Matteo 8:26); quando cambiò l’acqua in vino, questo era in assoluto il più buono (Giovanni 2:10). Cerchiamo il suo aiuto per agire nel miglior modo possibile qualunque sia il nostro campo di attività.

Il Signore compì molti dei suoi miracoli in privato, senza dare spettacolo. Sebbene il miracolo servisse per avvalorare la sua natura divina e confermare l’autenticità dei suoi insegnamenti, Egli evitava la pubblicità e spesso cercava di sfuggire alla folla. Anche se le folle accorrevano da Lui per essere guarite, Egli, a differenza di molti cosiddetti “guaritori” moderni, non annunciava servizi di guarigione o riunioni pubbliche. Non faceva spettacoli. Spesso guarì gli ammalati nel luogo dove si trovavano, e a volte raccomandava ai guariti di non divulgare l’accaduto. Quando noi facciamo qualcosa “per il Signore”, il nostro scopo è davvero quello di magnificare e glorificare Dio oppure di mettere in mostra noi stessi? Il Signore Gesù aveva insegnato ai suoi discepoli di fare elemosine, di pregare, di digiunare, ma non per essere osservati dagli uomini. Aveva detto che coloro che operano per farsi vedere hanno solo quello per premio! Ma chi serve in segreto avrà la ricompensa dal Padre celeste (Matteo 6:1-8).

Che ogni riscattato del Signore si senta spinto e motivato a crescere in spiritualità e saggezza, col desiderio di imitare il Signore, di seguire il suo esempio, di camminare com’Egli camminò. Nulla può dargli più gioia del vedere che abbiamo il suo stesso sentimento (Fil. 2:5) e che siamo “trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria” (2 Corinzi 3:18).