L’olocausto e il sacrificio per il peccato

Alcuni pensieri su Levitico, capitoli 1 a 7

di E.E. Hucking

Articolo apparso sul mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 11-2017

Nell’olocausto troviamo in figura ciò che il sacrificio di Cristo rappresenta per Dio; nel sacrificio per il peccato vediamo ciò che la Sua morte rappresenta per noi. I due aspetti sono indissolubili: “Nel luogo dove si sgozza l’olocausto, sarà sgozzata, davanti al SIGNORE, la vittima espiatoria. È cosa santissima” (Levitico 6:18). Il luogo è scelto in relazione con l’olocausto, e anche nelle disposizioni relative al sacrificio per il peccato (Levitico 4) l’altare è chiamato “l’altare dell’olocausto”.

Nell’ordine dei sacrifici, così come ce lo presenta il Levitico, l’olocausto viene per primo. C’è una ragione profonda, per questo. E’ perché il Signore Gesù ha pienamente glorificato Dio Padre con la Sua morte alla croce, perché la Sua offerta volontaria è salita a Dio come un “soave odore”, ed ha anche potuto, come sacrificio per il peccato, compiere una propiziazione adatta alla santità di Dio. Tutta l’opera della croce, nei suoi diversi effetti, è fondata sull’olocausto.

Troviamo la propiziazione sia nell’olocausto che nel sacrificio per il peccato (1:4; 4:20, 26). Tuttavia, in quest’ultimo c’è propiziazione secondo la misura della nostra colpa, mentre nell’olocausto la misura è data dal valore di Cristo. Così, nel sacrificio per il peccato, ammiriamo con riconoscenza quel che il Signore ha fatto per noi; ma l’olocausto ci innalza al livello dei pensieri di Dio riguardo suo Figlio, perché vi vediamo quel che il Signore è per Dio.

Nel sacrificio per il peccato, la propiziazione conduce al perdono: “gli sarà perdonato” (4:20, 26). Nell’olocausto essa richiama il favore di Dio su colui che presenta l’offerta: “Il Signore lo accetterà come espiazione” (1:4). Troviamo questi due aspetti in Efesini 1:6,7: “… a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio”: ecco il lato dell’olocausto .“In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati”, ecco il sacrificio per il peccato.

Ci sentiamo più vicini a Dio quando lo adoriamo per ciò che Egli è piuttosto di quando gli rendiamo grazie per il perdono di cui siamo i beneficiari. Con vicini non intendo la prossimità della nostra posizione (in quanto questa è perfetta in Cristo), ma la realizzazione pratica dei nostri privilegi. L’adoratore loda Dio come Colui che si è rivelato nel sacrificio perfetto di Cristo, e prende parte al compiacimento del Padre nel Suo amato Figlio.

Anche se l’olocausto presenta il lato più elevato del sacrificio di Cristo, non dobbiamo comunque sottostimare il valore del sacrificio per il peccato o dargli una posizione inferiore solo perché è più legato a noi. Non per nulla è ripetuto “è cosa santissima”.

Al momento della celebrazione della cena del Signore, se è l’aspetto del sacrificio per il peccato che prevale nei pensieri e nel cuore di coloro che sono radunati, è bene soffermarsi su di esso piuttosto che introdurre un insieme di pensieri diversi, sia pure con le migliori intenzioni. Lo Spirito Santo agisce diversamente, una volta come il “vento del nord” e un’altra come il “vento del sud” (Cantico dei Cantici 4:16). L’adorazione “in spirito e verità” non tollera alcun intervento della carne, nessuno schema. Ma se è lo Spirito a condurci verso un aspetto o un altro, allora va bene. Possiamo comunque incoraggiarci a cercare un percorso armonioso nei pensieri e un concatenamento nell’azione.

C’è differenza tra “far fumare” l’olocausto e “far bruciare” il sacrificio per il peccato. Eppure si tratta dello stesso fuoco. Il fuoco è sempre il simbolo del giudizio. Notiamo che l’olocausto viene consumato dal fuoco come il sacrificio per il peccato, se no non sarebbe un “sacrificio fatto mediante il fuoco”. L’olocausto, però, ci fa conoscere come, durante le sofferenze della croce, tutta la perfezione di Cristo e la Sua devozione al Padre si siano manifestate, fino alla morte. Cristo ci “ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave” (Efesini 5:2). Nel sacrificio per il peccato troviamo un aspetto diverso: “I corpi degli animali il cui sangue è portato dal sommo sacerdote nel santuario quale offerta per il peccato, sono arsi fuori dell’accampamento. Perciò anche Gesù,… soffrì fuori della porta della città” (Ebrei 13:11, 12; cfr. Levitico 16:27). Questo fuoco che brucia interamente ci colpisce;  esso esprime tutto il rigore del giudizio del Dio santo.

Ecco l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!” (Giovanni 1:29). Qui Dio, per così dire, si avvicina all’altare e presenta il “Suo” agnello. Egli è qui colui che offre, e Gesù colui che accetta volontariamente tutto quanto è necessario. “Il SIGNORE ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti” (Isaia 53:6). “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio” (Giovanni 3:16). Anche davanti ai maltrattamenti degli uomini, il Signore Gesù “non aprì la bocca”. E’ stato come “l’agnello condotto al mattatoio”. Questa era la volontà di Dio alla quale si è sottomesso.

C’è però un altro aspetto: il Signore è colui che si offre. Il Signore Gesù “ha dato se stesso” (Galati 1:4; 2:20). “Offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio” (Ebrei 9: 14). Malgrado tutta l’opposizione subita, il Signore Gesù ha compiuto la volontà di Dio con assoluta determinazione. Chi, a parte Lui, avrebbe potuto dire: “Ecco, vengo… per fare, o Dio, la tua volontà” (Ebrei 10:7)? Questo aspetto del sacrifico di Cristo è caratteristico dell’olocausto, che trovava la sua più alta espressione nell’offerta di un giovane toro (Levitico 1).

Consideriamo ora questi sacrifici in relazione col carattere di ciascun Vangelo. Giovanni ci presenta l’olocausto. Le sofferenze del Signore non sono raccontate, né quelle del Getsemani, né quelle della croce. Il Figlio di Dio, divenuto uomo, dopo aver pienamente glorificato il Padre torna a Lui lungo la via che passa per la croce. La croce è il punto culminante di questa glorificazione: “Per questo mi ama il Padre: perché io depongo la mia vita” (Giovanni 10:17). Qui il Signore Gesù è colui che agisce: portando la sua croce, giunserese lo spirito”.

I Vangeli di Matteo e Marco ci presentano invece l’aspetto del sacrificio per il peccato e del sacrificio per la colpa. In questi Vangeli udiamo il Signore gridare “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” e troviamo, come anche in Luca, le sofferenze del Getsemani. Per questo è detto: Lo condussero fuori per crocifiggerlo” e: Condussero Gesù al luogo detto Golgota”.

Che grandezza nell’opera della croce! Che grandezza nel piano d’amore di Dio! I Suoi figli dovrebbero presentare, come adoratori, anche un po’ delle loro gioie in Cristo e, in questo modo, partecipare al compiacimento che Dio stesso prova nel Figlio Suo.

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