La Grazia di Dio che cerca il peccatore – Luca 15

di Ernst-August Bremicker

Leggere Luca 15

Luca è il vangelo della grazia; ci parla dell’immeritata grazia di Dio che è apparsa per offrire la salvezza a tutti gli uomini (Tito 2:11). La grazia e la misericordia di Dio si riversano su tutti coloro che accettano il Signore Gesù come personale Salvatore. Possiamo prendere il seguente passo come la chiave dell’intero evangelo: “il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto” (Luca 19:10).
Vi sono degli episodi che vengono narrati solo in questo evangelo. Un esempio è il racconto del Buon Samaritano, narrato nel capitolo 10. Questo capitolo da un lato ci mostra la condizione naturale dell’uomo nel suo stato di peccatore e, dall’altro, di come Dio si relaziona con lui in grazia ed in amore. Non solo ci parla di un Dio che cerca e che dona ma anche della Sua gioia. Il nostro Dio si rallegra nel mostrare grazia. Consideriamo brevemente alcuni degli elementi chiave di questo capitolo e nel farlo, non dimentichiamoci che esso ci parla della nostra condizione passata e di come Dio si è relazionato con noi.

Una parabola
Prima di tutto notiamo che questo capitolo contiene una sola parabola, suddivisa in tre parti, ma con un’unica grande lezione. Il filo conduttore è che Dio cerca e trova le persone perdute e spiritualmente morte e mostra loro la grazia.

Due punti devono essere distinti:

  1. La grazia di Dio.

Egli cerca e accoglie i peccatori. Tutte e tre le persone della Trinità sono coinvolte in questa attività di ricerca, amore, benedizione e gioia. Il pastore ci parla del Signore Gesù che è venuto a cercare e salvare la Sua pecora perduta. La donna ci parla dell’opera dello Spirito Santo che utilizza la Parola di Dio per portare l’uomo nella Sua luce. Nel padre che attende il proprio figlio possiamo vedere Dio che sta aspettando coloro che tornano a Lui. Il pastore ci parla della perseveranza divina nel cercare, la donna della pazienza e diligenza divina, mentre il Padre mostra l’amore ed il perdono divino.

  1. La condizione dell’uomo e la sua responsabilità.

Il capitolo mette molto bene in chiaro ciò che noi eravamo, ovvero dei peccatori, e quello che è necessario per essere salvati. La nostra condizione era disperata: come la pecora eravamo smarriti e senza nessuna speranza; come la moneta eravamo ignorantemente persi; come il figlio prodigo eravamo perduti per nostra scelta. La pecora era in pericolo; la moneta nell’oscurità; il figlio prodigo era grandemente angosciato e nel bisogno. Questa è la condizione naturale dell’uomo e non possiamo contribuire in nessun modo alla nostra salvezza. L’unica cosa richiesta è che ci rivolgiamo a Dio in pentimento. Dio fa tutto, ma il peccatore deve rivolgersi a Lui.

Il punto di partenza
Il capitolo 15 si apre con il mormorio delle persone religiose del tempo per il fatto che il Signore riceveva i pubblicani e i peccatori. Sulla terra ci sono sempre state queste due categorie di persone: coloro che sono alla ricerca di salvezza e grazia e che accettano la loro condizione di perdizione e morte, e coloro che pensano di non aver bisogno di essere salvati da Dio; questi ultimi potrebbero sembrare vicini a Dio, ma nel loro intimo ne sono davvero lontani.

La pecora e la moneta perduta
Le prime due parti della parabola sono un tutt’uno e rappresentano una specie di preparazione e introduzione per la terza. Vorrei mettere in evidenza quattro legami fra esse.

1. Condizione naturale di coloro che sono perduti
La pecora perduta illustra la condizione del peccatore che si è allontanato da Dio. L’epistola ai Romani tratta questo argomento mettendo in chiaro che l’uomo vive attivamente nel peccato. Noi eravamo completamente perduti e Dio ha dovuto fare ogni tipo di sforzo per trovarci e riportarci indietro. La moneta perduta è, invece, una figura dell’uomo morto spiritualmente e troviamo questo insegnamento nell’Epistola agli Efesini. Una persona morta è completamente inerme, quindi non è assolutamente in grado di cambiare la propria situazione. Questa era la nostra condizione naturale: inutili per Dio ed incapaci di fare qualsiasi cosa per cambiare il nostro stato.

La terza parte della parabola riprende questi due punti. Due volte ci viene detto che il figlio prodigo era morto ed è ritornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato (versetti 24 e 32) e questo è esattamente ciò che è successo nel nostro caso.

2. Nessun contributo umano è possibile
La pecora e la moneta non avrebbero potuto contribuire in nessun modo nell’essere cercati e nel loro ritrovamento, comunque in entrambi i casi viene messa in evidenza l’importanza del pentimento. Nella terza parte il figlio prodigo torna indietro e riconosce la sua terribile situazione, è vero che la salvezza è completamente un atto della sovrana grazia di Dio, ma allo stesso tempo è altresì necessario che il peccatore ritorni a Dio e confessi le sue colpe. Solo coloro che lo vorranno prenderanno “in dono dell’acqua della vita” (Apocalisse 22:17).

3. Il valore dell’uomo
Vi erano cento pecore e dieci monete ma solo una di esse si era smarrita, nondimeno è stato fatto ogni sforzo possibile per ritrovarla. Questo mostra il gran valore che ogni persona ha agli occhi di Dio; anche se ci fosse stato un solo peccatore che doveva essere salvato, il Signore sarebbe comunque venuto a morire sulla croce. Vi è gioia nel cielo “per un solo peccatore che si ravvede” e questo viene messo in evidenza nell’ultima parte della parabola.

4. Gioia nell’aver ritrovato ciò che era perso
Nei primi due casi è menzionata la gioia nel cielo se un peccatore passa dallo stato di “perduto”, a quello di “ritrovato” o di “morto” che torna a “vita”. Anche nel terzo caso viene menzionata la gioia che accomuna il padre e il figlio che è stato ritrovato: “E si misero a fare gran festa” (24).

Il figlio perduto torna a casa
La terza parte della parabola narra di un padre e dei suoi due figli, generalmente questo passo viene applicato a due grandi gruppi di persone. Esistono coloro che pensano di essere nel giusto e di compiacere Dio (il figlio più grande), altri che comprendono quanto sono lontani e tornano indietro (il figlio più giovane).
Il figlio più giovane si dirige in un paese lontano dove sperpera tutta l’eredità del padre; ogni peccatore è caratterizzato dalla propria volontà ed indipendenza. Quando la carestia sopraggiunge inizia a sentire la propria nullità e a realizzare “la seduzione del peccato” (Ebrei 13:3). Egli era affamato, umiliato e solo, e questa è sempre la condizione a cui porta la propria volontà e il peccato. Occorre una vera conversione in quanto “ognuno di noi seguiva la propria via” (Isaia 53:6; Romani 3:12).
Prima di tutto, questo figlio più giovane, realizza che non avrebbe potuto fare niente per aiutare se stesso, sebbene avesse trovato un lavoro presso uno degli abitanti del paese. Doveva, però, apprendere una seconda lezione (che ogni peccatore deve imparare), vale a dire che nessuno avrebbe potuto aiutarlo. Il mondo e il diavolo attirano offrendo qualcosa, ma alla fine chiedono sempre una contropartita, tutte le risorse che offrono non sono altro che dei pozzi vuoti.
Il versetto 17 mette in evidenza il grande cambiamento, il figlio minore colpito dalla povertà comprende la sua situazione penosa. Non solo realizza ciò di cui è mancante, ma anche che sta morendo di fame, quindi prende la giusta decisione: tornare dal padre confessando tutto quello che aveva fatto di sbagliato.

Prima di considerare la figura del padre vi sono tre elementi di vitale importanza da considerare:

1. Pentimento
Il pentimento è qualcosa che ha a che fare con la nostra mente, infatti iniziamo a pensare in modo differente. Prima di questo il figlio più giovane pensava che suo padre fosse un uomo duro che gli impediva di godere dei piaceri di questo mondo. Adesso, avendo cambiato la propria mente, pensa qualcosa di completamente differente riguardo al padre, ma anche riguardo a se stesso.

2. Conversione
La conversione è qualcosa che ha a che fare con i nostri piedi. Non è sufficiente pensare in modo differente noi dobbiamo anche modificare il nostro modo di agire. Il pentimento è sempre associato ad una completa conversione (1 Tessalonicesi 1:9). Il figlio prodigo ha messo in atto il proponimento del proprio cuore. Pentimento e conversione sono inseparabili (Atti 3:19; 26:20).

3. Confessione
La confessione è qualcosa che ha a che fare con la nostra bocca. Senza confessione non vi è perdono di peccati (1 Giovanni 1:9). Dobbiamo ammettere e confessare quello che abbiamo fatto e ciò che siamo. Il figlio prodigo dice al padre di aver peccato (le azioni) e che è immeritevole (la sua condizione) e questo è esattamente ciò che Paolo spiega nell’epistola ai Romani. I passi dal capitolo 1 al capitolo 5:11 della lettera ai Romani parlano delle nostre azioni peccaminose, mentre dal capitolo 5:12 alla fine del capitolo 8 ci viene parlato della nostra condizione come peccatori.

Il testo non ci dà nessun dettaglio di quali fossero i sentimenti interiori del figlio prodigo mentre stava tornando a casa. Possiamo comunque essere sicuri che abbia pensato quale sarebbe stata l’accoglienza; come l’avrebbe accolto il padre? Secondo la legge avrebbe anche potuto richiedere la sua morte (Deuteronomio 21:18-21), senza dubbio sulla via del ritorno i suoi sentimenti erano contrastanti.

Il padre accoglie il figlio
Quando il figlio abbandona la casa paterna non ci viene detto assolutamente niente dei sentimenti provati dal padre, ma troviamo molti dettagli interessanti al momento del ritorno:
1. Il padre lo vide
Doveva averlo atteso ogni giorno, è Dio che cerca il peccatore. La prima persona nella Bibbia che si mette alla ricerca di qualcuno è Dio stesso (Genesi 3:8-9).
2. Fu mosso da compassione
Questo ci parla di ciò che motiva Dio: l’amore. Dio ha manifestato il Suo amore donando Suo Figlio per i peccatori (Romani 5:8).
3. Gli corse incontro
Questo ci fa pensare di come Dio sia venuto a noi per mezzo di Gesù. Il punto di incontro fra Dio ed il peccatore è alla croce.
4. Nonostante la sporcizia del figlio l’abbracciò
E questo ci parla di quanto Dio sia ricco in grazia e misericordia (Efesini 2:4), non ci fu nessuna distanza, rimprovero, rancore, il figlio prodigo era al sicuro nelle braccia di suo padre.
5. Lo baciò
Un bacio è una manifestazione esteriore di amore, ma ci parla anche di riconciliazione. Noi siamo stati riconciliati a Dio (Colossesi 1:21) ciò significa che ci è stato dato di più di quanto abbiamo avuto in precedenza.

I tre doni che riceve successivamente ci mostrano fin dove arriva questa riconciliazione fra padre e figlio. Il figlio riceve molto di più di quanto abbia mai avuto in precedenza, non viene relegato a servo, ma rimane nella sua posizione di figlio molto amato.

  1. La veste riguarda la nostra nuova posizione. Parla dell’abito di salvezza del quale siamo ora rivestiti. In Cristo noi siamo “giustizia di Dio” (2 Corinzi 5:21; Isaia 61:10).
  2. L’anello ci parla della nostra nuova relazione, ci ricorda che abbiamo la vita eterna che come un anello non ha né inizio né fine. È vita in abbondanza (Giovanni 10:10).
  3. I calzari ci parlano dei proponimenti divini che ci permettono di camminare degnamente in questo mondo. Andiamo alla presenza di Dio per adorare nelle vesti di sacerdoti e testimoniamo in questo mondo come una stirpe eletta (1 Pietro 2:5-10).

Infine il vitello ingrassato viene ucciso e questo porta padre e figlio a rallegrarsi insieme. Ci parla del sacrificio di Cristo e della comunione che abbiamo ora con il Padre rallegrandoci del Suo Figlio. L’opera che Egli ha compiuto alla croce è alla base di tutto ciò che abbiamo ed è una gioia condividere tutto questo con Dio Padre. La nostra comunione con il Padre e il Figlio è il motivo della gioia completa che non avrà mai fine (1 Giovanni 1:3-4).

Tradotto e adattato da Truth & Testimony 3 – 2015

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