Frank B. Hole – Il Messaggero Cristiano, 2002
1. La sorgente del problema: la coesistenza di due nature nel credente
2. La soluzione: un Liberatore
3. Domande e risposte
Molti credenti incontrano delle difficoltà nella vita quotidiana perché non hanno un chiara visione degli insegnamenti biblici che riguardano le caratteristiche e le azioni delle due nature che esistono in loro. Essi provano ogni sorta di sentimenti contrastanti. Eppure, chiede Giacomo, “la sorgente getta forse dalla medesima apertura il dolce e l’amaro?” (3:11). Ma quei credenti sembra che s’accontentino di questa mescolanza, perché i loro pensieri, le loro parole e i loro atti tradiscono una completa confusione.
1. La sorgente del problema: la coesistenza di due nature nel credente
Il punto di partenza della liberazione è afferrare mediante la fede il fatto che in noi credenti esistono due nature: la nuova e la vecchia. La prima è la sorgente di ogni desiderio conforme alla volontà di Dio, mentre dalla seconda non procede altro che il male.
Nel suo colloquio con Nicodemo, il Signore Gesù insiste sulla necessità della nuova nascita. Occorre essere “nati di nuovo”, “nati d’acqua e di Spirito”. E aggiunge: “Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo Spirito, è spirito” (Giovanni 3:6). Meditiamo con serietà queste parole solenni.
In primo luogo, esse mettono in evidenza l’esistenza di due nature, ciascuna delle quali porta i caratteri dalla propria origine. “Carne” è il nome della prima, perché essa procede dalla carne; “spirito” è il nome della seconda, perché trae origine dallo Spirito Santo di Dio.
È dunque esatto chiamare “carne” la vecchia natura che ereditiamo, dalla nascita, da Adamo, il capostipite della razza umana; “spirito” è la nuova natura che possediamo dalla nostra nuova nascita, e in quanto nati dallo Spirito. Si tratta evidentemente d’uno “spirito nuovo”, perché il credente “è, in Cristo, una nuova creazione” (2 Corinzi 5:17); il suo spirito è già rinnovato (Efesini 4:23), e il suo corpo lo sarà alla venuta di Cristo.
Bisogna dunque distinguere fra “spirito” che designa la nuova natura, e “lo Spirito”, che è lo Spirito Santo di Dio. Il primo è il frutto della potenza miracolosa del secondo. Lo Spirito Santo non abita mai in una persona prima di aver operato in lei la nuova nascita, e aver così creato in lei una nuova natura che è “spirito”. Non confondiamo la nuova natura con lo Spirito che la crea.
Al momento della nuova nascita, questa nuova natura, che è spirito, è impiantata in noi dallo Spirito Santo. La prima conseguenza di questo fatto è un antagonismo inevitabile fra la nuova natura e l’antica. Entrambe tendono a dominare in noi, ma ciascuna in una direzione opposta. Questo doloroso conflitto fra il bene e il male sussisterà fino a quando avremo imparato in che modo siamo liberati dalla potenza della carne in noi.
Il capitolo 7 dell’epistola ai Romani descrive questa penosa esperienza. Leggiamolo attentamente, specialmente la parte compresa fra il vers. 14 e la fine del capitolo, e proseguiamo la nostra lettura fino al vers. 4 del cap. 8. Non vi troviamo forse un insieme di dichiarazioni attinenti alle nostre esperienze personali?
Colui che parla in questo capitolo 7 afferma una certezza estremamente importante: “io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene” (v. 18). La carne è dunque interamente e irrimediabilmente malvagia, e se Dio ci lascia dibattere nella palude delle nostre amare esperienze, è per farci imparare questa lezione. “La carne non è di alcuna utilità”, ha detto il Signore stesso (Giovanni 6:63), verità confermata da Romani 8:8: “Quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio”. Dalla carne non può procedere che il male; è un automatismo scoraggiante per il credente che non abbia ancora imparato questa lezione, che non conosca le risorse a sua disposizione per camminare secondo lo Spirito.
La carne può essere civilizzata e acculturata. Allora essa è imbrigliata, educata, cristianizzata, ma rimane carne; perché “ciò che è nato dalla carne è carne”, indipendentemente da tutte le costrizioni alle quali si tenta di sottometterla. In essa – per quanto apparentemente raffinata – non abita alcun bene.
2. La soluzione: un Liberatore
Che fare dunque d’una tale natura, sede e sfogo del peccato? Un’altra domanda ci aiuta a rispondere: Che cosa ha fatto Dio della carne, quale rimedio ci propone?
Romani 8:3 di chiara a questo proposito: “Ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto mandando il proprio Figlio in carne simile a carne del peccato e, a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne”.
La legge data da Dio per mezzo di Mosè condannava la carne con le sue opere, ma non dava alcuna forza per liberarci dalla sua potenza. Ma ciò che era impossibile alla legge, Dio lo ha fatto. Alla croce di Cristo, ha giudicato la carne, perché “ha condannato il peccato nella carne”. L’ha dunque giudicata nella sua radice e nella sua essenza.
Romani 8:4 mostra i risultati pratici di questa condanna, cioè che il credente non cammina più “secondo la carne, ma secondo lo Spirito”. Noi credenti abbiamo ricevuto lo Spirito Santo come potenza del nuovo uomo. Camminando per mezzo dello Spirito, adempiamo le giuste esigenze della legge, benché noi non siamo più sottomessi ad essa come regola di vita.
Così Dio ha condannato la carne – la vecchia natura – alla croce di Cristo. Quale sarà dunque il nostro comportamento riguardo a questa vecchia natura? Possiamo accettare con riconoscenza ciò che Dio ha fatto e trattarla come essa è: condannata. È su questo che l’apostolo Paolo attira la nostra attenzione quando dice: “I veri circoncisi siamo noi (lett. noi siamo la circoncisione), che offriamo il nostro culto per lo Spirito di Dio e che ci vantiamo in Cristo Gesù, e non mettiamo la nostra fiducia nella carne” (Filippesi 3:3).
Leggendo questo versetto, che afferma “noi siamo”, forse sorge in noi una domanda: “Lo siamo veramente?”. Sono io così realmente cosciente di ciò che essa è veramente – in essa non abita alcun bene e Dio l’ha condannata alla croce – che veramente non metto la mia fiducia in essa, neppure sotto tutte le sue forme più attraenti? Certamente questo è il punto cruciale, l’ostacolo maggiore. Non si raggiunge questo punto senza pena. Si fanno molte esperienze dolose, si subiscono molte sconfitte umilianti, perché la carne non si lascia domare, ma rompe sempre i legami, frutti di sforzi pii, coi quali si tenta di padroneggiarla. Ma quando si comprende ciò che la carne veramente è, e il giudizio di Dio su essa, allora lo scopo è raggiunto e, per quanto riguarda la comprensione della vera posizione cristiana, il combattimento è concluso.
Da quando smettiamo di aver fiducia nella carne e comprendiamo che essa è stata definitivamente condannata da Dio in Cristo, il suo potere è ridotto al nulla. Allora distogliamo i nostri sguardi da noi stessi e dai nostri sforzi, per portarli sul nostro Liberatore, il Signore Gesù, che ha preso possesso del nostro essere mediante il suo Spirito. Lo Spirito Santo è la potenza della nostra vita e della nostra marcia cristiana. Egli non si limita ad annullare l’azione della vecchia natura (Galati 5:16), ma fortifica, sviluppa e dirige la nuova (Romani 8:2,4,5,10).
Non dimentichiamo che la nuova natura non ha alcuna potenza propria. Romani 7 lo conferma. Certo, essa aspira a tutto ciò che è buono e bello, in una parola: a tutto ciò che è conforme alla volontà di Dio. Ma la potenza necessaria per compierla si trova soltanto nella sottomissione a Cristo e allo Spirito. Questa marcia per mezzo dello Spirito è condizionata da un’adesione sincera e profondamente sentita al giudizio che Dio ha pronunciato contro la vecchia natura alla croce di Cristo.
3. Domande e risposte
Esaminiamo ora, sotto forma di domande e risposte, alcuni dei più frequenti interrogativi che potrebbero sorgere su questo soggetto.
D. : Si direbbe che certe persone, fin dalla nascita, siano piene di buoni sentimenti e religiose. Hanno bisogno anche loro di ricevere la nuova natura?
R. Certamente sì! L’uomo a cui il Signore Gesù rivolse quelle parole memorabili: “Bisogna che nasciate di nuovo” era proprio di questo genere di persone. Tutto in lui parlava in suo favore dal punto di vista morale, sociale e religioso. Eppure il Signore gli pone degli interrogativi pressanti, non solo per degli insegnamenti astratti (Giovanni 3:3,10), ma per presentargli la verità sotto una forma concreta e personale: “Bisogna che nasciate di nuovo” (v. 7).
Ecco ciò che chiarisce la questione. Persino la carne animata da sentimenti amabili e religiosi non è che carne e non può sussistere davanti a Dio.
D. Secondo un’opinione molto diffusa, in ogni uomo c’è una piccola parte di bene che sarebbe sufficiente sviluppare tramite la preghiera e il controllo di sé stessi. Questo è conforme alla Parola?
R. La risposta diretta è contenuta in questo passo: “L’Eterno vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo” (Genesi 6:5).
L’apostolo Paolo esprima la stessa verità in altri termini: “Io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene” (Romani 7:18) – nemmeno la più piccola parte.
Per quelli che credono la Parola di Dio, queste dichiarazioni sono convincenti. Non c’è nulla da aggiungere.
D. La nuova nascita ha l’effetto di liberarci dalla vecchia natura, o bisogna ammettere che il credente possiede in sé la vecchia e la nuova natura?
R. La questione è già stata trattata prima, perciò ci limiteremo a ripetere che la vecchia natura non è estirpata dalla nuova. Altrimenti la Parola di Dio non direbbe: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1 Giovanni 1:8).
Non è nemmeno vero che questa vecchia natura è trasformata in nuova natura. La nuova natura non è una specie di “pietra filosofale” che, secondo gli antichi alchimisti, cambierebbe in oro tutto ciò che essa tocca. Giovanni 3:6 lo dimostra: “Quello che è carne è carne”… e rimane carne.
Le due nature coabitano nel credente, come l’albero selvatico innestato: il giardiniere non lo considera più un albero selvatico, ma lo definisce in relazione al frutto prodotto dall’innesto. Per il credente è la stessa cosa: possiede le due nature, ma Dio non riconosce che la nuova, e noi che abbiamo lo Spirito Santo non siamo nella carne, ma nello Spirito (Romani 8:9).
D. Poiché la vecchia natura abita in noi credenti, dobbiamo lottare contro essa? Come dobbiamo trattarla?
R. Certamente non dobbiamo rimanere indifferenti per la sua presenza in noi, né lasciarci influenzare dalla sua attività. Ma non c’è fermo proposito o sforzo umano che possa essere di qualche utilità.
La nostra saggezza si manifesta in quanto ci uniformiamo al pensiero di Dio. Cominciamo col riconoscere che Egli ci vede ora nella nuova natura e che possiamo a pieno titolo rinnegare la vecchia. “Non sono più io che lo faccio (quello che non voglio), ma è il peccato che abita in me” (Romani 7:17). La nuova natura costituisce la mia vera personalità davanti a Dio, non la vecchia.
Stando così le cose, dobbiamo comportarci in modo molto semplice: imitiamo il giardiniere che osserva con occhio attento l’albero innestato. Se dal tronco selvatico spuntano dei getti, li taglia subito. Allo stesso modo, applichiamo costantemente alla nostra vecchia natura e ai suoi impulsi colpevoli la croce di Cristo, come un coltello tagliente. “Fate dunque morire ciò che in voi è terreno” (lett. “Mortificate dunque le vostre membra che sono sulla terra” – Colossesi 3:5). Le parole in corsivo corrispondono esattamente ai getti che compaiono sul tronco vecchio. La seconda parte del citato versetto 5, come anche i versetti 8 e 9, fanno l’elenco dei peccati di cui si tratta. Mortifichiamoli tutti – uno dopo l’altro!
Occorre energia spirituale, coraggio, fede, decisione del cuore; tutte qualità che non possediamo in noi. Dobbiamo semplicemente guardare al Signore e abbandonarci senza riserva all’azione dello Spirito Santo: ecco l’unica sorgente di potenza di cui disponiamo.
“Ma se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, voi vivrete” (Romani 8:13).
D. Possiamo ricevere la potenza dello Spirito con una decisione, e riportare così la vittoria sul peccato, o è sufficiente “abbandonarci” a Dio?
R. Lasciamo che la Scrittura stessa risponda a questa domanda.
“Presentate voi stessi a Dio (oppure: abbandonatevi a Dio), come di morti fatti viventi, e le vostre membra come strumenti di giustizia a Dio” (Romani 6:13).
“Prestate ora le vostre membra a servizio della giustizia per la santificazione” (Romani 6:19).
“Ma ora, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, avete per frutto la vostra santificazione e per fine la vita eterna” (Romani 6:22).
Voler acquisire la forza necessaria con un atto della nostra volontà, non sarebbe altro che un nuovo e inutile tentativo di riconoscere malgrado tutto qualche merito alla carne, invece di considerarla come condannata senza appello e di dare gloria a Dio.
D. La nuova natura può svilupparsi in un modo così perfetto nel credente fino a renderlo indifferente alle concupiscenze della vecchia natura?
R. 2 Corinzi 12 ci mostra chiaramente che questo non succede. L’apostolo Paolo era stato oggetto d’un favore che non è stato concesso a nessun altro credente: era stato rapito fino al terzo cielo, nella presenza stessa di Dio. Dopo aver “udito parole ineffabili che non è lecito di pronunziare”, doveva proseguire quaggiù la sua vita quotidiana. Così Dio, da quel momento, gli diede una “spina nella carne”– cioè una particolare infermità – perché non s’inorgoglisse a causa delle rivelazioni straordinarie che aveva ricevuto.
Certamente il cristianesimo di Paolo era straordinario. Eppure, dopo essere stato rapito temporaneamente fino al terzo cielo, non era al riparo dall’orgoglio, frutto della vecchia natura.
Noi lo saremmo di più?
D. Come si può distinguere fra le suggestioni che emanano dalla vecchia natura e quelle che procedono dalla nuova?
R. Occorre l’aiuto della Parola e un cuore retto, esercitato davanti a Dio, nella comunione col Signore.
È “la parola di Dio che è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio”. Solo essa può discernere i pensieri e le intenzioni del cuore (Ebrei 4:12). L’accesso al trono della grazia ci è sempre aperto: là troviamo la grazia per avere soccorso al momento opportuno (v. 16). È il sommo sacerdote di Dio che conferisce a quel trono la sua caratteristica: è il trono della grazia.
La Parola di Dio e la preghiera ci sono dunque indispensabili per discernere la sorgente dei nostri pensieri e dei nostri desideri.
Ricordiamoci pure che, come l’ago della bussola è sempre orientato verso il nord, la nuova natura si volge verso Dio, mentre la vecchia è continuamente occupata di se stessa. La domanda è questa: il motivo segreto che mi spinge ad agire in un certo modo, è la gloria di Cristo o la mia?
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