Piccolo commentario della prima parte del libro dei Salmi

Jean Koechlin

Le citazioni bibliche di questo commentario fanno riferimento alla versione Giovanni Luzzi


 

Salmo 1

I Salmi, divisi in cinque libri, costituiscono, in certo qual modo, la raccolta dei cantici ispirati del popolo d’Israele. Sono stati chiamati talvolta «il cuore delle Scritture», perché sotto la loro forma poetica esprimono anzitutto dei sentimenti. Sentimenti dei fedeli Israeliti durante e dopo il regno dell’Anticristo: sofferenza, angoscia, timore… ma anche fiducia, gioia, riconoscenza. E ad un tempo sentimenti e affetti del Signore Gesù che entra in anticipo in simpatia nelle afflizioni di quel «residuo» giudeo (ma Lo vedremo ugualmente nei suoi propri dolori). Infine, sentimenti che i credenti di tutti i tempi possono provare nelle loro circostanze.

I primi versetti del 1° Salmo definiscono i caratteri dei beati che possono cantare questo Salmi. E, cosa notevole, prima d’ogni altro carattere, Dio mette quello della separazione dal male. Quante applicazioni ha questo primo versetto nella nostra vita di ogni giorno! È la condizione indispensabile per godere della Parola (vers. 2) e per «portare del frutto» (vers. 3; parag. Geremia 17:7,8; vedere anche Giovanni 15:5). Cristo, come Uomo, ha realizzato perfettamente quella «messa da parte», quel piacere nella legge dell’Eterno e infine quella pienezza di frutto portato alla gloria di Dio.




 

Salmo 2

Servando d’introduzione all’insieme del libro, i primi due Salmi sono complementari. Constatano i due grandi peccati d’Israele che ha rigettato la doppia testimonianza di Dio al popolo:

  • la disobbedienza alla Sua legge (Salmo 1)
  • il rinnegamento del Suo Figlio (Salmo 2)

 

Troviamo in questo secondo Salmo i pensieri di Dio verso Colui che è «il suo Unto» [cioè Messia o Cristo] (vers. 2), il suo Re (vers. 6), il suo Figlio (vers. 7, 12, citato in Atti 13:33). Altrettanti titoli nei quali si discerne tutto l’amore del Padre per questo Figlio. Dio veglierà affinché Gesù sia onorato su questa terra, ove Egli è stato disprezzato. Un tempo Erode e Ponzio Pilato, con le nazioni e i popoli d’Israele, si sono radunati contro Lui (vedere Atti 4:25 a 28). La sua croce ha portato questa iscrizione oltraggiante: «Gesù il Nazareno, il Re dei Giudei», come per dire a Dio: Ecco quel che facciamo del tuo Re. Ma in un tempo futuro, quando la rivolta delle nazioni si sarà scatenata, allora apparirà il giusto Re che Dio riserba alla terra (Salmo 89:27-28). Così fin dall’inizio dei Salmi, per incoraggiare il fedele nelle sue distrette, Dio si presenta (vers. 6) come dominante la situazione e conducendo tutte le cose a quel glorioso scopo finale.

Riteniamo ancora per noi l’esortazione del vers. 11: «Servite l’Eterno con timore» (vers. 11). «Con gioia», dice anche il Salmo 100:2. «Con tutto il vostro cuore», completa 1 Samuele 12:20.




 

Salmo 3

Molti salmi sono stati composti in circostanze speciali che ne hanno ispirato il contenuto. Davide fuggente dinanzi ad Absalom è stato l’occasione di cui Dio si è servito per darci questo (2 Samuele cap. 15 a 18). Mentre il figlio indegno complotta contro il padre, «il dolce salmista d’Israele» (2 Samuele 23:1), invece di preparar la sua difesa, esprime in un cantico la sua fiducia nel suo Dio. Che importa il numero dei nemici, poiché Dio si è posto come uno «scudo» protettore fra quelle «miriadi di popoli» e il suo diletto? (paragonare Genesi 15:1; Deuteronomio 33:29). Talché quest’ultimo può godere d’un sonno placido tra i più grandi pericoli, sapendo che l’Eterno veglia tu di lui (vers. 5). Un’occasione della vita del Signore illustra questa perfetta tranquillità: durante la tempesta, allorché le onde infuriate già riempiono la barca, «Egli stava a poppa, dormendo sul guanciale» (Marco 4:37-38). Vedete anche l’apostolo Pietro in prigione: Erode stava per farlo comparire l’indomani, senza dubbio per farlo morire, Ma egli, lungi dal preoccuparsene, dormiva tranquillamente in mezzo a due soldati, legato con catene (Atti 12:6). Preziosa fiducia! Ci conceda Dio di realizzarla!

Il versetto 8 ci mostra che, per Davide, la benedizione del popolo ha più valore della propria sicurezza. Israele è sempre il popolo di Dio, benché in rivolta contro il Suo Unto.




 

Salmo 4

Al Salmo 3, l’Eterno era la protezione del fedele; al Salmo 4 Egli è la sua parte. L’uomo pio possiede la certezza che Dio lo ha scelto (vers. 3). Ma si trova ancora in un mondo ove regnano la vanità e la menzogna (vers. 2) e non può che soffrire. «Chi mi farà veder del bene?» (versione corretta), ecco la domanda che si pone in un tale mondo. Questo bene non lo troveremo attorno a noi, né ancor meno in noi! Il solo vero bene è quello che Dio produce. Egli ce ne mostra la perfetta espressione nella vita del suo Figlio, «l’uomo pio», che lo ama, per eccellenza, il solo di cui si potesse dire: «Egli fa ogni cosa bene» (Marco 7:37).

Dio è la sorgente di ogni bene, ma anche di ogni vera gioia, «Tu m’hai messo più gioia nel cuore», dichiara il salmista (vers. 7). Questa gioia non dipende dall’abbondanza dei beni materiali (fine del vers. 7; parag. Abacuc 3:17-18). Lo stesso capitolo dei Filippesi che ci esorta a rallegrarci sempre nel Signore, ci ricorda che un credente può essere felice nelle privazioni come nell’abbondanza (Filippesi 4:4 e 12). La gioia divina può riempir l’anima, anche nella distretta. Le circostanze non lo influenzano, perché essa ha la sua sorgente in Colui che non cambia (Ebrei 13:8). Caro lettore, è questa gioia nel tuo cuore?




 

Salmo 5

Alla fine del Salmo 4 abbiamo visto il credente coricarsi e addormentarsi. Qui lo consideriamo al suo risveglio. La pietà dovrebbe manifestarsi in tutti i momenti della nostra vita. Che cosa vede Dio nella nostra camera, sera e mattino? Pensiamo al suo santo sguardo a cui nulla può sfuggire. E che cosa può udire? È Egli abituato al suono della nostra Voce? Fin dall’alba, all’inizio del giorno (Salmo 63:1), la prima occupazione della giornata, la preghiera del salmista saliva verso il suo Re, verso il suo Dio. Imitiamolo, cari amici credenti, con tanta più prontezza e libertà in quanto il Dio al quale ci rivolgiamo è, in Gesù, il nostro Padre. Nel Salmo 4, la preghiera era un semplice grido (vers. 1 e 3). È sufficiente perché Dio l’ascolti. Ma qui, la richiesta è esposta, formulata in modo preciso. Oramai il fedele può aspettare tranquillamente una risposta, senza scoraggiarsi se essa indugia a venire. E soprattutto senza cercare di ottenerla altrimenti.

Il soggetto della fiducia di fronte alle mire dei malvagi è procacciato: È notevole che il vers. 9 che si applica ai nemici, sia citato in Romani 3:13 per qualificare tutti gli uomini, voi ed io compresi. Questo si spiega per mezzo del cap. 5:10 della stessa epistola: eravamo tutti dei nemici di Dio, nella nostra mente e nelle nostre opere malvagie (Colossesi 1:21).




 

Salmo 6

Le prove del credente sono talvolta le conseguenze dirette dei suoi falli. Egli si trova allora sotto il governo di Dio, che lo riprende e lo castiga (vers. 1; parag. Geremia 31:18). Fu il caso di Davide dopo il terribile fatto di Uria l’Hitteo, come pure dopo il censimento. Ahimè! non si tratta più di gioia e di pace come al Salmo 4:7-8. Invece di meditare nel suo cuore sul suo letto (Salmo 4:4), il colpevole allaga di pianto amaro il suo letto (vers. 6). Sapendo di aver meritato ciò che gli accade, è inseguito dal rimorso e dal sentimento d’aver offeso Dio. Il timore della morte può anche impadronirsi dell’anima sua (vers. 5). Non ha più la felice libertà che una buona coscienza dà. Tuttavia, anche in questa caso, Dio può essere trovato, poiché ama troppo il suo riscattato per lasciarlo nella disperazione; Egli ode la sua supplicazione e riceve la sua preghiera (vers. 9). E, come ad Ezechia, tormentato sul suo letto alla prospettiva della morte, gl’indirizza questa parola consolante: «Io ho udito la tua preghiera, ho veduto le tue lagrime… io ti libererò…» (Isaia 38:5; parag. vers. 5 con Isaia 38:18). Sì, ad un tratto Davide riceve la sicurezza che la sua preghiera è esaudita. Le circostanze non son cambiate, ma già la sua fede trionfa in speranza.




 

Salmo 7

Per comprendere i Salmi e specialmente per non meravigliarci di certe parole severe a riguardo dei malvagi, bisogna tener presente questa cosa: I credenti che così si esprimono non fanno parte della Chiesa. I Salmi si applicano propriamente al periodo che seguirà il rapimento della Chiesa. Certamente, possiamo appropriarci molti preziosi versetti: per esempio, tutti quelli che esprimono la fiducia (vers. 1), la sofferenza dinanzi all’ingiustizia (vers. 9), la lode (vers. 17) e ben altri sentimenti. Ma non è il tempo di invocare il giudicio di Dio come accade nei Salmi (vers. 6 per esempio). La nostra preghiera di credenti non è: «Condannali, o Dio!» (Salmo 5:10); ma alla scuola del nostro divin Modello, impariamo a dire: «Padre, perdona loro…» (Luca 23:34) o come Stefano, suo discepolo: «Signore, non imputar loro questo peccato» (Atti 7:60). Invece, quando il tempo della grazia sarà terminato (e sta per esserlo), pregare per la distruzione dei malvagi sarà secondo il pensiero di Dio. Poi è soltanto così, e dopo il giudicio degli empi, che deve stabilirsi il regno terrestre del Figlio dell’Uomo, di cui ci parlerà il Salmo 8.




 

Salmo 8

Il Salmo 8 comincia con lo stabilire la piccolezza dell’uomo in rapporto con la creazione, cosa che ognuno di noi ha potuto sentire contemplando per esempio la prodigiosa immensità d’un cielo stellato! «Che cos’è l’uomo?» Poi, dopo esser stati, in qualche modo, condotti alla nostra umile proporzione, impariamo che, tuttavia, Dio aveva in vista delle cose magnifiche e gloriose per l’uomo e per mezzo dell’uomo. Ma come realizzarle con un essere peccatore e mortale? Come coronare di gloria e d’onore una creatura immersa nella miseria e nella corruzione? Allora quel che Dio non ha potuto fare per mezzo del primo Adamo, lo ha compiuto in Cristo, il secondo Uomo. Sì, il Creatore stesso ha rivestito il corpo ch’Egli aveva creato. «Egli è stato fatto di poco minor degli angeli.» L’epistola agli Ebrei 2:6 a 9, che cita completandoli i nostri versetti 4 a 6, ne dà il motivo inscrutabile: a causa della morte che Egli ha dovuto conoscere. E questa natura umana che il Figlio ha presa è stata condotta da Lui al suo destino finale che è la dominazione universale (vers. 5 a 8; 1 Corinzi 15:27…). Cristo, Uomo risuscitato, coronato di gloria e d’onore, introdurrà altri uomini con Lui nel cielo e li farà partecipare alla sua gloria.




 

Salmo 9

Dio stesso ha dato il suo unigenito Figlio (Giovanni 3:16). Questi ha lasciato la sua vita (Giovanni 10:18). Ma nulla toglie alla responsabilità di quelli che l’hanno condannato. Così nel Salmo 9 assistiamo al giudicio delle nazioni. E non è certamente senza motivo che le parole ebraiche «Muth Labben», cioè la morte del Figlio (senso probabile) figurano nel suo titolo. Esse ci ricordano la causa di quel giudicio: l’oltraggio fatto a Dio dal mondo crocifiggendo il suo Diletto. Un terribile castigo sta sospeso sul popolo dei suoi uccisori. Paziente da quasi duemila anni, Dio perdona ad ogni peccatore che si pente e si volge verso Lui. Ma è impossibile che Egli non ricordi le sofferenze e la morte dell’Uomo perfetto. La sentenza della sua ira, tanto a lungo contenuta, si eseguirà infallibilmente. «Egli ha preparato il suo trono per il giudicio» (vers. 7). Il mondo che è responsabile della morte del Figlio di Dio dovrà rispondere anche del sangue e delle lacrime versate dai fedeli di tutte le dispensazioni. Dio vendicherà allora l’oppresso (vers. 9), gli afflitti di cui non ha dimenticato il grido (vers. 12). E a tutti quelli che non avranno voluto conoscerLo in grazia, Egli si farà conoscere per mezzo del giudicio (vers. 16).




 

Salmo 10

Sotto il loro aspetto profetico, i salmi 9 e 10 sono strettamente legati:

  • Il Salmo 9 ci descrive il nemico dell’esterno — le nazioni coalizzate contro Israele
  • Il Salmo 10 introduce il nemico interno — gli oppressori empi che perseguitarono il residuo fedele.

 

Però le macchinazioni dei malvagi non sono che per un tempo limitato. Il loro nome sarà cancellato per sempre; le loro devastazioni giungeranno alla fine per sempre. Dio l’ha rivelato al credente nel Salmo 9 (vers. 5 e 6) come per fortificare la sua fede prima di lasciargli fare l’esperienza di tutta la loro malvagità nel Salmo 10: concupiscenza, orgoglio, incredulità, perfidia, violenza…, questi caratteri esistono nel mondo attuale. Ma essi raggiungeranno la loro completa misura quando colui che ritiene (lo Spirito Santo) sarà partito, nei giorni dell’Anticristo di cui questi versetti ci fanno il sinistro ritratto (vedere 2 Tessalonicesi 2:7- 8). Che cosa può fare il credente dinanzi a questa invasione di male? Appoggiarsi su Colui che è seduto per sempre (Salmo 9:7) e realizzare l’esortazione del Signore: «Possedete le anime vostre con la vostra pazienza» (Evangelo di Luca 21:19, versione corretta).

Il vers. 2 pone davanti al fedele provato un’altra verità rassicurante: Il malvagio rimarrà sempre preso nella propria rete (parag. Salmo 7:15; Salmo 9:16).

Il Salmo 9 terminava col pensiero che le nazioni «non son altro che mortali»; il Salmo 10 termina chiamando il persecutore: «l’uomo che è della terra». Credenti, non dimentichiamo mai che siamo del cielo.




 

Salmo 11

Dio mantiene oggi nel mondo delle autorità: governi, magistrati, poliziotti… che son da Dio (Romani 13:1). In modo generale esse assicurano l’ordine, la giustizia e la pace. Ma dopo il rapimento della Chiesa, verrà un tempo chiamato «la grande tribolazione», in cui tutto ciò che contribuisce alla sicurezza degli uomini («i fondamenti») sarà abbattuto e distrutto. La domanda del vers. 3 mette alla prova i giusti di quel tempo. Cederanno forse alla tentazione di fuggire, come l’uccello spaventato vola via per sfuggire al pericolo? No; la loro fiducia non è in un rifugio terrestre (il monte) per quanto potente e stabile possa apparire (vers. 1). Essa riposa su Colui che è immutabile perché il suo trono è nei cieli (vers. 4). Amici, che ne è della nostra fede? Se il Signore dovesse toglierci i nostri principali punti d’appoggio quaggiù: famiglia, amici, salute, beni materiali, si potrebbe vedere in chi ci siamo confidati? E se pensiamo alle fondamenta della verità, constatiamo che sono scosse dappertutto nella cristianità. Che deve fare il giusto? Separarsi di tutto quello che attacca e distrugge i pilastri della verità divina.

Lo sguardo di Dio scruta i figli degli uomini (vers. 5; Salmo 7:9). È così che il Signore leggeva in tutti i cuori (vedere per esempio Luca 7:39-40; 11:17; 22:61). Pensiero molesto e insopportabile per «il malvagio»! Prezioso sentimento per il giusto! È per il suo bene che è così investigato (Salmo 139:23-24).




 

Salmo 12

Questo Salmo traduce la sofferenza d’un’anima abbattuta dal sentimento dell’ingiustizia che la circonda. Davide, che l’ha composto, aveva avuto molte occasioni di provarlo personalmente. La doppiezza e l’odio geloso di Saul (1 Samuele 18:17…), le vili intenzioni degli abitanti di Keila (cap. 23:12), il doppio tradimento degli Zifei (cap. 23:19; 26:1), e quello più perfido di Doeg l’Edomita (cap. 22:9-10), l’ingratitudine sprezzante di Nabal (cap. 25:10-11), tutto ciò non poteva lasciare Davide indifferente. Certo, ogni volta ha anche potuto fare l’esperienza della preziosa risposta divina: «Io metterò in sicurtà colui contro il quale si sparla» (vers. 5). Ma la sua propria misura della verità non era perfetta (vedere 1 Samuele 20:6; 21:2…). Invece la santità del Signore Gesù lo rendeva interamente sensibile alla falsità e all’astuzia dei suoi avversari (di cui Luca 20:20 ci dà un esempio). Più un cristiano si terrà nella luce, e più soffrirà dell’atmosfera corrotta di questo mondo. E allora la sua penosa esperienza della lingua bugiarda, ipocrita e orgogliosa degli uomini (vers. 2 e 3), quanto più lo farà godere per contrasto della purezza e del valore pratico delle parole del suo Dio (vers. 6). «La tua parola è verità» (Giovanni 17:17; Salmo 119:140).




 

Salmo 13

Il Signore Gesù dichiara, a proposito della tribolazione che il residuo di Giuda attraverserà durante i tempi apocalittici, che non v’è stato l’uguale dal principio della creazione, né mai più vi sarà. Aggiunge che a cagion degli eletti, Dio ha abbreviato quei giorni (Marco 13:20; vedere anche Romani 9:28). Si può dunque comprendere quel grido d’angoscia: «Fino a quando?» ripetuto quattro volte nel nostro Salmo, come pure in parecchi altri. È per rispondere a questo grido che «ha abbreviato quei giorni». Benché il credente non possa mai conoscere una tale distretta (vedere anche la promessa d’Apocalisse 3:10), pure può trovarsi più o meno a lungo nello scoraggiamento e pensare che Dio lo dimentichi o gli nasconda volontariamente la sua faccia (vers. 1). Questo ci è forse accaduto? Come uscire allora da questa buia galleria? Anzitutto cessiamo di tormentarci e di consultare con dolore il nostro cuore (vers. 2). E ricordiamo quell’esclamazione trionfante: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo ? Sarà forse la tribolazione, o la distretta, o la persecuzione…» (Romani 8:35…). Il segreto che rianimerà la nostra fiducia e la nostra gioia, sarà il ricordo della sua bontà e della sua salvezza (vers. 5).




   

Salmi 14 e 15

Stolto veramente, colui che, dinanzi a tutte le testimonianze che Dio ha dato della sua potenza e del suo amore, chiude gli occhi, indura il cuore e dichiara: Non c’è Dio! (vers. 1; Salmo 10:4; Geremia 5:12). Ma se anche tutti gli uomini non sono atei, tutti, senza eccezione, sono sprovvisti della vera intelligenza. Poiché nessuno ricerca quel Dio di cui riconosce l’esistenza — a meno che Egli stesso non operi nel suo cuore.

Non è brillante questo quadro dell’umanità come Dio può contemplarla dai cieli. Ma, non dimentichiamolo, questa razza ribelle e corrotta per natura, è la mia ed è la vostra.

Dopo la triste constatazione del Salmo 14: … «Non v’è alcuno che faccia il bene…», il Salmo 15 può a giusto titolo presentare la domanda: «Chi dimorerà nella tua tenda…?» Il cap. 3 dei Romani, che cita i versetti 1 a 3 del Salmo 14, rivela in seguito la meravigliosa verità che ci concerne: Di mezzo a questi uomini, che si son tutti dimostrati peccatori, Dio giustifica gratuitamente tutti quelli che credono (vers. 10 a 12 e 22 a 26).

I caratteri dell’Israelita fedele sono pure quelli che la grazia può produrre in un cristiano: Giustizia e verità nel cammino, negli atti e nelle parole; bontà verso il prossimo; apprezzamento del bene e del male secondo la misura divina (leggere Isaia 33:15-16).




 

Salmo 16

Come lo mostrano le citazioni nel libro degli Atti (cap. 2:25 e cap. 13:35), questo salmo si applica direttamente all’Uomo Cristo Gesù. D’altronde, chi altro fuor di Lui oserebbe dichiarare: «Io ho sempre posto l’Eterno davanti agli occhi miei»? (vers. 8). Lo contempliamo qui, non come un Salvatore (sarà al Salmo 22), ma come un Modello. Non come Figlio di Dio, ma come l’Uomo di fede per eccellenza. Come Figlio di Dio, non ha bisogno d’essere preservato (vers. 1) e la sua bontà si confonde con quella di Dio stesso (vers. 2; vedere Marco 10:18). Ma la fiducia, la dipendenza, la pazienza, la fede, in breve tutti i sentimenti che vediamo brillare in questo salmo a riguardo d’un Dio conosciuto e onorato sono dei sentimenti umani. Per manifestarli in perfezione, Cristo è venuto a vivere sulla terra (e in quali condizioni!) la vita d’un uomo… ma d’un uomo senza peccato! Egli ci appare sottomesso a Dio, il Signore (vers. 2); che trova la sua gioia nei credenti (vers. 3); nella parte che il Padre Gli ha riserbata (vers. 5 ed Ebrei 12:2); infine nell’Eterno stesso (vers. 8:9 e 11). Egli è fiducioso fin nella morte stessa (vers. 10), cammino ch’Egli ci ha aperto affinché vi camminiamo sulle sue tracce!




 

Salmo 17

Al Salmo 16 abbiamo ammirato la fiducia dell’Uomo perfetto. Al Salmo 17 la sua giustizia è davanti a noi. Ma essa è pure e anzitutto davanti a Dio che vi trova un’intera soddisfazione. Gli uomini vedono soltanto il cammino di qualcuno; ma Dio va più lungi e guarda ai motivi che regolano questo cammino. Il Salmo 11:5 ci ha appreso che «l’Eterno scruta il giusto…». Ora ecco il risultato dell’esame attento del cuore di Gesù: «Tu non hai rinvenuto nulla; la mia bocca non trapassa il mio pensiero» (vers. 3; parag. Giovanni 8:25). Meraviglioso Modello! Vegliamo onde i nostri pensieri siano sempre in perfetto accordo con le nostre parole e reciprocamente.

D’altra parte impariamo a conoscere e adoperare la Parola di Dio come l’ha fatto Lui. Se ne è servito per guardarsi dalle vie dei violenti, da Satana stesso (vers. 4; Matteo 4:4,7,10).

I versetti 14 e 15 sottolineano il contrasto fra «gli uomini del mondo la cui parte è in questa vita» e il giusto (Cristo, ma anche il credente) la cui parte è celeste (Salmo 16:5). Pur soffrendo al presente per la giustizia, egli pensa alla risurrezione e all’Oggetto dei suoi affetti: «Mi sazierò, al mio risveglio, della tua sembianza» (vers. 15; parag. Salmo 16:11).




 

Salmo 18, versetti da 1 a 29

Con alcune varianti, questo Salmo è riprodotto con la sua soprascritta nel cap. 22 del 2° libro di Samuele. Costituisce una grande profezia sulla morte, la risurrezione, l’esaltazione, la vittoria finale e il regno del Messia. I tre primi versetti ci danno il tema, che sarà in seguito svolto a lungo; vale a dire in che modo «il Servitore dell’Eterno» è stato liberato (vedere titolo). Il Signore Gesù ci insegna, con la propria esperienza, ciò che Dio è per chi si confida in lui. «L’immensità della sua potenza» verso di noi che crediamo è stata mostrata nella risurrezione di Cristo, nella sua ascensione, nel posto che gli è stato dato al di sopra di tutti i suoi nemici (leggere Efesini 1:19-21). Ciò che Dio era per Gesù, all’ora della distretta (vers. 6) e della calamità (vers. 18), Dio lo è anche per noi. Così, ricordiamoci: le difficoltà che attraversiamo sono altrettante occasioni per conoscerLo in modo nuovo. Sono forse stanco, languente? Egli è la mia forza. La fede mia è sul punto di vacillare? Egli è la mia Roccia. Un pericolo appare? Egli è la mia fortezza, il mio alto ricetto, ove trovo un rifugio assicurato. Sono io alle prese col Nemico? Egli è lo scudo che mi protegge dai suoi colpi. Ma non dimentichiamo che, per Cristo, la sua liberazione era la conseguenza della sua giustizia (vers. 19…) mentre, per quel che ci concerne, se riceviamo il soccorso divino, non è per i nostri meriti, ma perché siamo suoi.




 

Salmo 18, versetti da 30 a 50

Il Signore Gesù si compiace di farvi conoscere il suo Dio, la cui via è perfetta e la cui Parola è purgata (vers. 30; Proverbi 30:5). Nella prima parte del salmo, Egli ci insegna ad invocarLo nelle nostre afflizioni. Qui ci insegna ad appoggiarci su Lui per il cammino (vers. 33 a 36) e per il combattimento (vers. 34,35,39).

Sappiamo noi per esperienza ciò che vuol dire camminare sui nostri alti luoghi? (parag. Habacuc 3:19). Possiamo noi mettere più ardore ad impadronirci dei nostri beni celesti di quel che un alpinista ne adoperi per conquistare una nuova cima.

Da un punto culminante, si gode d’una vista più spaziosa e più lontana (vedere Isaia 33:17). Consideriamo quella che si offre a noi alla fine di questo salmo. Gli sguardi si dirigono verso l’avvenire, al momento in cui Dio distruggerà tutti i nemici del suo Figlio. All’orizzonte vediamo spuntare l’aurora del suo regno. Egli sarà stabilito Principe sul suo popolo Israele, ma anche Capo delle nazioni. Con gli occhi dell’anima nostra, contempliamo questo gran Re dei re, che regna in potenza su tutto l’universo, e con la sua presenza, spezza ogni ferro. Era necessario per la gloria di Dio che le nazioni lo lodassero e tutte lo faranno durante il Regno. Però è il nostro privilegio fin d’ora, noi che siamo tratti dalle nazioni, di cantare dei cantici alla gloria del suo nome (vers. 49 citato in Romani 15:9).




 

Salmo 19

Dio si è rivelato successivamente con una doppia testimonianza: la prima è quella della sua creazione (vers. 1 a 6), il cui linguaggio è silenzioso, ma quanto eloquente! Fa conoscere fino agli estremi termini del mondo la sua potenza e la sua sapienza (Atti 14:17). Pensiamo all’alternarsi necessario dei giorni e delle notti. La corsa regolare e benefica del sole, che versa su tutta la creazione luce e calore, è una prova costante della bontà di Dio verso tutte le sue creature (Salmo 136:8; Matteo 5:45).

La seconda testimonianza è quella della Parola (vers. 7 a 11). Santa, giusta e buona, anche se si trattasse soltanto della legge data ad Israele (Romani 7:12), quanto essa è più preziosa ancora adesso che è completa.

Tuttavia questa Parola eccellente non è soltanto un oggetto d’interesse e d’ammirazione. Essa ammaestra il servitore (vers. 11). Soprattutto: colpisce la sua coscienza che costituisce all’interno di ogni uomo una terza testimonianza! Mette in luce sia i suoi falli nascosti (commessi per errore: vers. 12), sia i peccati volontari: la volontà propria, frutto della fierezza, dell’orgoglio (notate questa distinzione in Numeri 15:27 a 30). È soltanto in seguito a quest’opera che la Parola potrà veramente rallegrare anche il suo cuore (vers. 8).

All’inizio dell’epistola ai Romani, la stessa tripla testimonianza della creazione (cap. 1:20), della coscienza (cap. 2:15) e della legge (cap. 2:17…) è posta davanti all’uomo per evidenziare il suo stato e condurlo alla salvezza.




 

Salmo 20

Dio ha dato al mondo più che le testimonianze della creazione e della legge menzionate nel Salmo 19: un Testimonio vivente: Gesù Cristo! Noi sappiamo come Egli è stato, o piuttosto come non è stato ricevuto. «Ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto Egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio» (Giovanni 1:10 a 12; 5:43).

Il Salmo 16 vers. 3 ci ha mostrato l’Uomo perfetto che trova tutte le sue delizie nei credenti, quei «santi» e quella «gente onorata» della terra. Inversamente in questo Salmo 20 vediamo Cristo, centro dell’interesse e delle affezioni dei suoi riscattati. Ciò che concerne il vostro Salvatore: le sue passate sofferenze, la sua vittoria, la sua gloria presente e futura, tutto ciò v’interessa forse? Egli pensa a voi, vi ama. E voi, L’amate?

«Gli uni confidano in carri, e gli altri in cavalli; ma noi ricorderemo il nome dell’Eterno, del Dio nostro» (vers. 7). Vi è forse oggi qualcosa di cambiato? No, l’uomo moderno pone più che mai la sua vanità nei suoi mezzi di locomozione potenti e veloci, e purtroppo, in molte altre cose. Ma la gloria del cristiano è di appartenere al Signore, di portare il suo nome, quel bel nome di Cristo che è stato invocato su di noi (Giacomo 2:7).




 

Salmo 21

Al Salmo 20 i fedeli si erano rivolti al loro Re. Ora parlano all’Eterno di questo Re (vers. 1 a 7). Soggetto che piace al cuore di Dio! Non dimentichiamo che l’oggetto principale del culto cristiano è la presentazione al Padre di Colui che Gli è infinitamente gradito: il suo Figlio Gesù Cristo.

Le «benedizioni eccellenti» che sono ora sue sono messe in rilievo di fronte alle sofferenze e agli oltraggi che furono la sua parte. Così, alla corona di spine risponde una corona d’oro finissimo; alla spartizione dei suoi vestimenti, la maestà e la magnificenza di cui Dio l’ha rivestito (Salmo 45:6 a 8); alla onta della croce succede la gloria della sua risurrezione (vers. 4). Sì, Colui che fu fatto maledizione per noi, è posto per benedizioni in perpetuo. E Colui, da cui Dio distolse per un momento lo sguardo, è ormai ripieno di gioia nella Sua presenza (vers. 6). Possiamo allora chiederci perché lo Spirito non ha invertito l’ordine dei Salmi 21 e 22. Non è forse precisamente perché Dio ha «prevenuto» il suo Figlio con queste benedizioni già preparate per Lui; gliene ha fatto dono in anticipo (parag. Giovanni 17:4-5). Ed anche perché Egli non vuole trattare il soggetto solenne dell’abbandono del suo Diletto (Salmo 22) senza averci dapprima fatto conoscere le sue glorie.




 

Salmo 22, versetti da 1 a 21

Questa parte delle Scritture dev’essere trattata, più di qualsiasi altra, con «piedi scalzi».. Poiché contiene i soggetti più inscrutabili: i sentimenti e le preghiere di Cristo durante le ore della croce. Esposto dapprima alla malvagità degli uomini, soffrendo per la giustizia, Egli conosce in seguito, durante tre ore di tenebre impenetrabili, l’abbandono del suo Dio forte. Completamente solo, l’Uomo perfetto attraversa questa prova senza pari con l’unico sostegno interiore del suo meraviglioso amore. Ed Egli non cessa un istante di confidarsi in Colui che per un momento non può darGli nessuna risposta. Proclama pubblicamente il suo obbrobrio e la sua debolezza (vers. 1, 2, 6), ma nulla che assomigli a impazienza, a disperazione né a reazione di difesa.

Alla croce l’uomo ha dato la sua completa misura; ha mostrato fin dove era capace di giungere nel suo odio, nella sua violenza, nel suo cinismo, nella sua bassezza morale (vers. 6 a 8, 12 e 13, 16 a 18). Ma nello stesso tempo, Dio ha dato pure Lui tutta la misura di ciò ch’Egli è: in giustizia perfetta contro il peccato; in amore perfetto verso il peccatore. La croce ha tutto magnificato. Ah! possa questa contemplazione di Gesù morente per noi produrre nell’anima nostra umiliazione e riconoscenza, amore e santo raccoglimento.




 

Salmo 22, versetti da 22 a 31

La risposta perviene a Colui che è «fra le corna dei bufali» (parag. versetti 2 e 21). È la risurrezione e ad un tempo la gioia della comunione ristabilita. Ma, nel suo amore, Cristo ha fretta che questa gioia sia condivisa. Così il suo primo pensiero è di far conoscere ai «suoi fratelli» la nuova relazione in cui la sua opera li ha posti, parlando loro del suo Padre che diventa il loro Padre, del suo Dio che diventa il loro Dio (vers. 22; Giovanni 20:17). Contrariamente non si tratta in questo di giudicio. Gesù vi porta i peccati, e per conseguenza tutto non è che grazia e benedizione. Benedizioni per l’Assemblea (composta al suo inizio di discepoli giudei: vers. 22, citato in Ebrei 2:12); per Israele ristorato, chiamato al vers. 25 «la grande assemblea»; per «tutte le famiglie delle nazioni» sotto il regno di mille anni (vers. 27 e 28); infine per tutto il popolo che nascerà durante questo regno glorioso. Come le onde si allargano attorno al centro ove sono state provocate, così le meravigliose conseguenze dell’opera della croce si estendono a tutta la creazione. Talché comprendiamo un poco perché Gesù fu abbandonato (parag vers. 1).




 

Salmo 23

Il buon Pastore ha messo la sua vita per le sue pecore (Salmo 22; Giovanni 10:11). Ora va dinanzi ad esse. Le pascola con tenerezza, non le lascia mancare di nulla. Le pecore ne fanno ogni giorno l’esperienza (vedere Isaia 40:11; 49:10). La riconoscenza constata: non mi è mancato nulla (Luca 22:35), ma la fede afferma: nulla mi mancherà — nulla di necessario all’anima mia.

Tuttavia non sono i verdeggianti paschi né le acque chete che le trattengono in quel gregge. È il fatto che l’Eterno stesso, il Signore Gesù ne è il Pastore. Così, dal vers. 4, l’anima si rivolge a Lui direttamente in un’intima comunione: «Tu sei con me…» In tua compagnia, mio Salvatore, non temo neppure la valle dell’ombra della morte. Poiché, tu l’hai vinta, questa morte… e per me, non è più ormai che un’ombra (1 Corinzi 15:55). Rassicurato in tal modo, posso, nonostante la presenza dei nemici potenti, sedermi alla tavola divina ove è stato messo il mio posto. Non per un invito occasionale, bensì tutti i giorni della mia vita (parag. 2 Samuele 9:13). E questo nella casa stessa del Dio di bontà e di grazia #151; del mio Padre — presso il quale dimoro per la fede, aspettando di abitarvi in realtà per sempre.




 

Salmo 24

Al Salmo 22 troviamo un Salvatore. È il passato, la croce ove tutto ha inizio. Il Salmo 23 corrisponde al presente: ivi facciamo l’esperienza d’un Pastore. Il Salmo 24 ci apre l’avvenire: vi contempliamo il Re di gloria.

Tutti questi salmi sono di Davide, uomo che conobbe il rigettamento e la sofferenza, ma che fu pure il pastore d’Israele (2 Samuele 5:2) e re glorioso in Sion. Il Salmo 24 comincia con 1’affermazione dei diritti dell’Eterno sulla terra. La croce vi è stata rizzata (Salmo 22). Essa è al presente una valle oscura (Salmo 23). Ma bentosto l’Eterno vi stabilirà il suo trono. Il mondo e quelli che l’abitano dovranno allora riconoscere Colui a cui essi appartengono e sottomettersi al suo dominio; Gli obbediremo noi fin da oggi?

Per partecipare al Regno, i cittadini debbono possederne i caratteri (vers. 3 a 6). Gesù li ha fatti conoscere fin dal principio del suo ministero (parag. vers. 4 con Matteo 5:8). Egli era il Re, il Messia d’Israele. Ma il suo popolo lo ha rigettato, così Egli è uscito, portando la sua croce (Giovanni 19:5 e 17). Vedetelo ora, entrare come l’Eterno stesso, il Re di gloria, nel suo regno di giustizia e di benedizioni.




 

Salmo 25

I Salmi 16 a 24 ci hanno occupati specialmente di Cristo, il Messia. Il Salmo 25 comincia una nuova serie (Salmo 25 a 39), in cui si tratta del «residuo» e del fedele in generale. In certe edizioni della Bibbia, ci sono degli asterischi * che segnalano il principio d’una nuova serie di salmi e che anche, nel testo, separano i pensieri principali. Ci aiutano in questo Salmo 25 a notare due preghiere: vers. 4 a 7 e 16 a 22. Prendiamo specialmente per noi le richieste dei vers. 4 e 5: «…Fammi camminare nella tua verità» (Salmo 43:3). Era un gran soggetto di gioia per l’apostolo Giovanni l’aver trovato nella famiglia della «signora eletta» dei figli che camminavano nella verità (2 Giovanni 4).

Ma come camminare senza conoscere la via e i sentieri? Dio li insegna; e notate come l’anima vi progredisce (vers. 8 a 10 e 12). Tuttavia è richiesta una condizione: «Il segreto dell’Eterno (cioè le sue intime comunicazioni) è per quelli che lo temono» (vers. 12 e 14). Vale a dire che Dio non rivela i suoi pensieri e non fa conoscere la sua Parola se non a quelli che sono disposti a sottomettervisi. Ecco soprattutto perché vi è molta ignoranza nella cristianità … e anche sovente nella nostra propria mente.




 

Salmo 26

Al Salmo 25 il fedele aveva dei peccati da confessare (vers. 7, 11, 18). E la sua preghiera era: «Fammi camminare nella tua verità». Qui il tono cambia. Il credente sta davanti a Dio con una buona coscienza (vers. 1, 2) e può dichiarare: «Cammino nella tua verità» (vers. 3). Egli è uno di quei beati che, secondo il Salmo 1:1, non si sono associati a quelli che fanno il male (vers. 4, 5). Ha dinanzi a sé un’occupazione ben preziosa, che assorbe tutti i suoi pensieri: quella dei versetti 6 e 7. — Fare il giro dell’altare di Dio! (vers. 6). A che cosa corrisponde questo per noi? Non è forse considerare sotto tutti i suoi aspetti l’opera della croce e le varie glorie di Colui che fu il perfetto Sacrificio? Possiamo allora «far risonare voci di lode» e raccontare tutte le meraviglie operate dalla grazia (vers. 7).

La vita cristiana non consiste soltanto a ritirarsi dall’iniquità. Dopo essersi purificato dai vasi a disonore, il riscattato trova quelli che, con lui, invocano il Signore di cuor puro (2 Timoteo 2:21 e 22). Qui il fedele, che «odia l’assemblea dei malvagi» (vers. 5), gode della dimora della gloria del suo Dio e benedice l’Eterno «nelle assemblee» (vers. 12). La presenza del Signore nel radunamento dei due o tre radunati nel suo Nome, è forse una gioia per il vostro cuore? (Matteo 18:20)




 

Salmo 27

In questo salmo brilla tutta la fiducia del credente in Colui che è la sua luce, la sua salvezza, il baluardo della sua vita (vers. 1; parag. Salmo 18:27, 28, 29). L’epistola agli Efesini lo conferma: il Signore è ad un tempo la luce e la forza del cristiano (Efesini 5:14; 6:10). Chi ha realizzato questa fiducia verso Dio come il Signore Gesù? Come il Salmo 22 è quello della croce, questo si è potuto chiamare «il Salmo del Giardino degli Ulivi». Il vers. 2 evoca in modo sorprendente quella folla, armata di spade e bastoni, che si avanza, condotta da Giuda, per impadronirsi del Signore. Alla sua sola parola «Sono io», essi retrocedono e cadono a terra (Giovanni 18:6).

È nella casa dell’Eterno che il salmista cerca il suo rifugio (vers. 3 a 5; parag. 2 Re 19:1 e 14), preziosa figura della comunione, «una cosa» per eccellenza che dobbiamo chiedere e ricercare. Ora questa comunione non è soltanto per il tempo della prova, ma per «tutti i giorni della mia vita». Essa è «il clima» necessario per discernere la bellezza del Signore e fare progressi nella sua conoscenza.

L’ultimo versetto, come una risposta divina, viene a calmare tutti gli allarmi del credente: «Sì, spera nell’Eterno».




 

Salmo 28

Le supplicazioni che udiamo in questo salmo non hanno nulla di paragonabile con le preghiere fiduciose che un cristiano può oggi rivolgere al suo Dio Padre. Timore di non ricevere risposta, spavento dinanzi alla morte, paura d’essere trascinato con i malvagi, infine appello del giudicio su questi; tali son qui i sentimenti del fedele Israelita dei tempi della fine. Ma questa grande distretta fa risaltare maggiormente la risposta che ottiene e la gioia che ne prova (vers. 6 a 9). «L’Eterno è la mia forza», dichiara egli al vers. 7.

Ci ricordiamo un episodio della storia di Davide, autore del nostro salmo. Di ritorno a Tsiklag, dopo aver corso il rischio di combattere contro Israele a lato dei Filistei, trova la città incendiata e tutti i suoi abitanti condotti in cattività. Egli è in grande distretta. Ma che cosa ci è detto di lui?: «Ma Davide si fortificò nell’Eterno, nel suo Dio» (1 Samuele 30:6). Per realizzare che tutta la nostra forza è nel Signore (2 Corinzi 12:10) è talvolta necessario fare, come lui, l’esperienza della nostra completa debolezza.

Notiamo pure che la risposta divina produce la lode nel cuore del credente. E non dimentichiamo mai di esprimergliela (Isaia 25:1)!




 

Salmo 29

Questo salmo ha anzitutto un valore profetico. Verrà il momento in cui le potenze della terra dovranno sottomettersi all’Eterno. La dominazione delle nazioni (questi «figli dei potenti») su Israele avrà fine, poiché è al suo popolo che il Signore darà la forza, quando si sederà re in perpetuo (vers. 10 e 11).

Non è forse potente e magnifica questa voce del Creatore che tutti gli uomini hanno occasione di udire? Dio parla loro attraverso i fenomeni naturali: vento, tuono, valanghe o terremoti… che colpiscono l’anima con un sentimento di grandezza e terrore… purtroppo, in generale, ben passeggero! Ma anzitutto è per mezzo di Gesù Cristo, la Parola fatta carne, che Dio s’è rivolto al mondo (Giovanni 1:14; 18:37). Fu la voce della potenza divina «sulle grandi acque» (vers. 3), quando con una parola Egli faceva cessare la tempesta (Marco 4:39). Ma anche il suono dolce e sommesso (1 Re 19:12) della voce dell’amore che dice al povero peccatore: «La tua fede t’ha salvato, vattene in pace» (Luca 7:50; 8:48…).

Date all’Eterno gloria e forza! (vers. 1). Riscattati del Signore, è proprio quel che abbiamo il privilegio di fare fin d’ora, dinanzi a «Colui che ci ama» (Apocalisse 1:5 e 6).




 

Salmo 30

I tre primi versetti di questo Salmo 30 possono, come la seconda metà del Salmo 22, essere messi in bocca a Cristo dopo la sua risurrezione. Questa è sempre considerata nei salmi come una liberazione operata da Dio (parag. Giovanni 10:18).

«Un momento nella sua ira… una vita nel suo favore…». Veri per il residuo d’Israele, questi vers. 1 a 5 sono atti ad incoraggiare tutti i riscattati, ricordando loro che, se devono passare per una «leggiera tribolazione d’un momento», questa produce per loro «un peso eterno di gloria» (2 Corinzi 4:17). Alle lacrime che sono la parte di molti nella buia notte di questo mondo, subentreranno bentosto i canti di gioia, al mattino del giorno eterno. Però, anche nella notte, nelle prove, colui che conosce il Signore possiede una gioa interiora che gli permette di cantare (Salmo 42:8; Giobbe 35:10).

Scoraggiarsi nella prova è un pericolo! Inversamente, un credente nella prosperità rischia di appoggiarsi su questa (il mio monte, dice il Salmista) e obbliga talvolta Dio a nascondere la sua faccia per condurre il fedele a ricercarLo (vers. 6 a 8). Qual è il mezzo per sfuggire a questi pericoli? Guardare al di là della notte presente e più in alto del «nostro monte»; considerare tutte le cose nella prospettiva della beata eternità.




 

Salmo 31, versetti da 1 a 14

«O Eterno, io mi son confidato in Te», tale è ora la ferma dichiarazione del fedele (vers. 1). Poi al versetto 6: «Quanto a me confido nell’Eterno». E anche alla fine della nostra lettura: «Ma io mi confido in Te, o Eterno». In mezzo alla tempesta scatenata dagli uomini, egli si aggrappa sempre a questa certezza. Ha trovato il suo rifugio, non più sul suo proprio monte (Salmo 30:7), ma sull’Eterno, sulla sua forte Rocca (vers. 3). «Siimi una forte rocca…», dice al vers. 2. Ma al vers. 3: «Tu sei la mia rocca». Nulla potrà mai abbattere ciò che la fede ha stabilito sopra un tale fondamento (Matteo 7:25). Caro amico, è forse su questa rocca che avete edificato?

Ora, vi è un momento dell’esistenza in cui questa fiducia è più necessaria che in qualsiasi altro. È l’ultimo, quello in cui bisogna lasciar tutto per passare per la morte. In questo oscuro passaggio, nessun appoggio sussiste per l’anima, se non il Dio in cui, ora e per sempre, avremo messo la nostra fede (Proverbi 14:32). Consideriamo il nostro incomparabile Modello. Al momento della sua morte, Cristo esprime questa meravigliosa fiducia nelle sue ultime parole sulla croce (vers. 5). «Padre! io rimetto il mio spirito nelle tue mani» (Luca 23:46; parag. Atti 7:59 — vedere anche l’espressione «nelle tue mani» al vers. 15).




 

Salmo 31, versetti da 15 a 24

«Per tutto vi è il suo tempo — ci dice l’Ecclesiaste — …un tempo per nascere e un tempo per morire…; un tempo per far cordoglio e un tempo per saltar di gioia…» (Ecclesiaste 3:1 a 8). Ma tutti i nostri tempi sono nella mano del nostro Dio. Ne ha stabilito in anticipo la successione e la durata, e particolarmente ciò che concerne il tempo della prova. E non dimentichiamo quel vers. 15 ogni volta che facciamo dei piani (parag. Giacomo 4:13 a 15).

Con la protezione e la liberazione, l’anima trova presso l’Eterno qualcosa di ancora più prezioso: una bontà grande (vers. 19), ammirevole (vers. 21); una bontà «messa in serbo» per quelli che temono Dio e si confidano in Lui. Non temete di esaurire quella riserva divina. Ma anche come rispondere ad una tale bontà? Il vers. 23 ce l’insegna: «Amate l’Eterno, voi tutti i suoi santi». Questo comandamento è «il grande e primo» della legge (Matteo 22:37 e 38). Ma non è penoso (vedere 1 Giovanni 5:2 e 3). Poiché, comprendere la bontà del Signore, vuol già dire amarLo! Sì, affinché l’amore verso Lui sia prodotto e mantenuto nel nostro cuore, siamo molto occupati dell’amore Suo per noi (1 Giovanni 4:19).




 

Salmo 32

Quanto più l’anima gemette un tempo sotto il peso dei suoi peccati, tanto più gode la felicità di cui ci parlano i versetti 1 e 2. Siete voi uno di questi beati? Altrimenti il vers. 5 ci traccia la via per diventarlo: quella del pentimento e della confessione (Luca 15:18). «Io non ho coperta la mia iniquità» vale a dire: confessare tutto è sempre il mezzo per cui Dio copre il mio peccato (vers. 1). Invece, se cerco di nasconderlo, bisognerà presto o tardi che Dio lo metta in luce (Matteo 10:26). Il lavoro di Dio comincia con il risveglio della coscienza. Egli fa pesare la sua mano finché il peccatore non sia condotto al ravvedimento, seguito subito dopo dal perdono. Questo perdono ci è presentato qua sotto tre aspetti: il ritiro d’un fardello (vers. 4), il fatto di coprire la sozzura (vers. 1), l’annullamento del debito (vers. 2).

Poi viene il cammino nei vers. 8 e 9. Non c’è animale più focoso del cavallo. Noi gli assomigliamo sovente con la nostra prontezza ad avanzare senza riflessione e senza, anzitutto, pregare. Ebbene! Tutta l’energia spiegata così si rivelerà alla fine cosa vana (Salmo 33:17). Al contrario, rischiamo anche di assomigliare al mulo: il più ostinato degli animali. Ora la caparbietà quanto la precipitazione svelano la nostra volontà naturale. La briglia e il morso illustrano la pressione delle circostanze che Dio utilizza allora per guidarci, quando non vogliamo avvicinarci a lui (v. 9; vedere Proverbi 26:3). Quanto è più prezioso di lasciarci ammaestrare, insegnare, consigliare direttamente dalla Parola e dalla comunione col Signore.




 

Salmo 33

Il primo versetto del Salmo 33 riprende il pensiero finale del Salmo 32. Colui che è diventato un giusto a causa del perdono dei suoi peccati è invitato a rallegrarsi e a lodare l’Eterno. Sì, cari amici credenti, cantiamo la nostra riconoscenza a Colui che ci ha lavati dai nostri peccati nel suo sangue. Bentosto, attorno al suo trono, uniremo le nostri voci alla lode eterna. Tuttavia, non dimentichiamolo, questo salmo si applica direttamente e collettivamente all’Israele futuro, quando il rigettamento del suo Messia gli sarà stato perdonato. La sua lode avrà tre temi:

  • la fedeltà di Dio (vers. 4-9): Egli è il creatore di tutte le cose;
  • la saggezza di Dio (vers. 10-17): Egli prende conoscenza di tutto e governa le nazioni;
  • la bontà di Dio (vers. 18-22), che si manifesta verso tutti quelli che si confidano in Lui.

 

Il cantico nuovo è qui in rapporto con una terra nuova da cui Dio avrà spazzato via l’ingiustizia e che avrà riempita della sua bontà. Il consiglio delle nazioni, i disegni dei popoli, saranno stati annientati onde si compiano i consigli eterni di Dio e i disegni del suo cuore (vers. 10 e 11). La sua Parola ha creato i cieli (parag. vers. 6 ed Ebrei 11:3). Essa ora ci rigenera ed opera in noi, in attesa di adempiersi anche in un mondo restaurato. Dio guarda dai cieli e considera tutti gli abitanti della terra (vers. 13-14). Ma, secondo la sua promessa al Salmo 32:8, Egli segue in modo particolare col suo occhio vigilante quelli che Gli obbediscono e s’aspettano al suo amore (vers. 18; vedere anche Salmo 34:15).




 

Salmo 34

Per mostrarci che tutte le nostre circostanze, anche le più umilianti, possono condurci in definitiva a benedire Dio, lo Spirito di Dio si è servito d’un episodio della storia di Davide per dettargli le parole di questo salmo (vedere 1 Samuele 21:10 a 15). Imitiamo «quest’afflitto»: sappiamo come lui magnificare in ogni tempo e dappertutto il nome del nostro Dio!

Al vers. 11, è come se, con amore, il Signore ci radunasse attorno a Sé per rivolgersi a noi: «Venite, figli, ascoltatemi… (vers. 11). Egli ha per ciascuno una parola d’incoraggiamento. Rassicura chi è in pericolo con i vers. 7, 15 e 17 (vedere Isaia 63:9). C’è qualcuno che abbia dei bisogni materiali? Egli risponde alla sua preoccupazione coi vers. 9 e 10. Traversa forse qualcuno il lutto o la sofferenza? Gli indica dove trovare la consolazione (vers. 18). Soprattutto, il suo desiderio è di infonderci fiducia nel Padre suo onde Lo lodiamo con Lui (vers. 3). Gustate — ci dice — quanto l’Eterno è buono (parag. 1 Pietro 2:3). Ma il Signore sa pure che noi abbiam bisogno della sua esortazione: «Guarda la tua lingua dal male… dipartiti dal male e fa il bene; cerca la pace e procacciala» (vers. 13-14; vedere 1 Pietro 3:10 a 12).




 

Salmo 35, versetti da 1 a 16

L’Angelo dell’Eterno che «s’accampa intorno a quelli che Lo temono e li libera» (Salmo 34:7) è chiamato qui a scacciare e inseguire i nemici del giusto (vers. 5 e 6). Dopo un tempo di pazienza e di grazia infaticabile, d’una grazia rimasta senza risultati, invece di vendicarsi, il residuo si rimetterà a Dio per ottenere la liberazione. Questa liberazione del credente giudeo sarà accompagnata infallibilmente dal giudicio dei malvagi.

Invece, per i cristiani, la loro liberazione non si compirà per mezzo della distruzione degl’ingiusti, bensì per il loro rapimento incontro al Signore! I credenti e gl’inconvertiti non rimarranno sempre insieme. Quando il Signore verrà sulla nuvola, i primi saranno ritirati dalla terra, e gli altri vi saranno lasciati per la terribile «ora della prova» (Apocalisse 3:10). Al contrario, alla Sua apparizione in gloria, i credenti di quel tempo saranno lasciati per il regno, mentre i malvagi saranno tolti (Luca 17:34 a 36).

Che ingratitudine quella dell’uomo naturale! Davide ne parla per esperienza, lui che l’ha provata così sovente (vers. 12 a 15). Ma quanto più profondamente l’ha conosciuta e risentita Cristo questa ingratitudine! «Mi hanno reso male per bene, e l’odio per il mio amore» (vers. 12; Salmo 109:5). Tuttavia, in contrasto con gli appelli al giudizio che udiamo qui, la sua preghiera sulla croce stessa fu: «Padre, perdona loro, poiché non sanno quel che fanno» (Luca 23:34).




 

Salmo 35, versetti da 17 a 28

Se, in quel che ci concerne, non abbiam quasi da fare, come il fedele di questo salmo, con la malvagità degli uomini, non dimentichiamo che la persecuzione è stata ed è oggi ancora la parte di molti cristiani. Come possiamo essere riconoscenti se la libertà di coscienza e di radunamento continua ad esserci concessa nel nostro paese! Il giusto desiderio del credente è di celebrare il Signore in mezzo al suo popolo di riscattati (vers. 18). Apprezziamo questo privilegio, noi che lo possediamo ancora?

In Giovanni 15:25, Gesù si riferisce a quest’odio senza cagione di cui è stato l’oggetto (vers. 19). Certamente senza cagione!… e tuttavia l’odio del mondo contro Cristo ed i suoi non deve meravigliarci (1 Giovanni 3:13). È l’odio che Satana ispira agli uomini contro Colui che lo ha vinto. Possiamo forse immaginare sentimenti più terribili di quelli dei vers. 21, 25 e 26? Poche espressioni sono tanto forti per mettere a nudo in tutto il loro orrore le profondità di malvagità del cuore umano: gioia perversa di veder soffrire un innocente. Un innocente che era il Figlio del Dio d’amore, venuto per salvare gli uomini! «Ah, ah! l’occhio nostro l’ha visto» — gridano i schernitori. «Ogni occhio lo vedrà» annuncia Apocalisse 1:7 — non più su una croce, ma in tutta la sua gloria giudiziaria.




 

Salmo 36

Paragoniamo la fine del vers. 4 con l’esortazione di Romani 12:9: «Aborrite il male». L’uomo del mondo, non solo è indifferente al peccato, poiché giudicandolo condannerebbe se stesso. Ma se ne compiace e ne fa il tema favorito della sua letteratura e dei suoi spettacoli. Inoltre questa insensibilità al male lo conduce a vantarsi e a «lusingarsi ai suoi occhi», anche in presenza dell’iniquità più vergognosa (vers. 2; Romani 3:18; Deuteronomio 29:19). Obbligati a vivere in una tale atmosfera, la nostra coscienza di cristiani rischia alla lunga di smussarsi. Ma avremo sempre orrore del male se ci ricordiamo della croce e del terribile prezzo che dovette essere pagato per abolirlo. La bontà di Dio è nei cieli, fuori dell’attacco dei disegni dei malvagi (vers. 7). Nello stesso tempo essa si stende come ali protettrici per mettere al riparo i figli degli uomini (vedere Salmo 17:8). Purtroppo, come gli abitanti di Gerusalemme al tempo del Signore, molti non vogliono saperne del rifugio offerto (Matteo 23:37).

La sorgente della vita e la luce divina, associate nel vers. 9, ci riportano a Cristo, la Parola di cui è scritto: «In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini» (Giovanni 1:4).




 

Salmo 37, versetti da 1 a 22

Il Salmo 37 non è, come la maggior parte dei precedenti, una preghiera dei fedeli a riguardo dei malvagi che lo tormentano. Anzi è la risposta divina che gli giunge. Non gli reca ancora la liberazione attesa, ma le preziose risorse e le istruzioni per far fronte al male che lo circonda! E quante volte facciamo quest’esperienza!: In risposta alla preghiera, il Signore, invece di toglierci la prova, ci dà ciò che abbisogna per attraversarla. Secondo la promessa del Salmo 32:8: «Io t’ammaestrerò e t’insegnerò;… ti consiglierò…» Noi riconosciamo la voce del tenero Maestro. Egli stesso ha messo in pratica gl’insegnamenti che dà qui. E, conoscendo i nostri poveri cuori, Egli sa che la vista del male attorno a noi, può produrvi due sentimenti cattivi: l’irritazione: e la gelosia (vers. 1,7,8; Proverbi 24:1,19). Perciò abbiamo quelle esortazioni che dovremmo leggere sovente: «Non irritarti; confidati; fa’ il bene; rimetti la tua sorte nell’Eterno; sta’ tranquilla,…» Che preziose promesse anche: «Egli ti darà quel che il tuo cuore domanda…; Egli opererà». LasciamoLo solo agire! Bentosto, il Dio di pace triterà Satana sotto i nostri piedi (parag vers. 10,17,20 con Romani 16:20).




 

Salmo 37, versetti da 23 a 40

I passi dell’uomo son diretti dall’Eterno» (vers. 23). L’indipendenza ci caratterizza per natura. Riconoscere che abbiamo bisogno di Dio per ogni passo della nostra vita quotidiana è una verità che non ammettiamo volentieri. Non aspettiamo d’aver fatto numerose cadute per esserne convinti e per accettare il soccorso del Signore.

In questo salmo si tratta del giusto (o dei giusti). È il nome dato al residuo giudeo fedele; questi possederà il paese (vers. 9, 11, 22, 29 e 34) dopo lo sterminio dei malvagi, affermato anch’esso a cinque riprese (vers. 9, 22, 28, 34 e 38). Il riscattato oggi ha il diritto di portare lo stesso titolo (Romani 5:19). Da che cosa il giusto si fa riconoscere? È pietoso e dona (vers. 21). La sua bocca proferisce sapienza e la sua lingua pronunzia giustizia; la legge del suo Dio è nel suo cuore (vers. 30 e 31). Si possono forse osservare, nel nostro cammino di ogni giorno, amore, sapienza, verità, attaccamento alla Parola? Contiamo sulla forza, sull’aiuto, e sulla liberazione di Dio (vers. 39 e 40). Vedere un giusto abbandonato è infatti qualcosa di inconcepibile (vers. 25). E tuttavia sappiamo che fu necessario fosse così del «Giusto per eccellenza» (Giobbe 34:17; Salmo 22:1).




 

Salmo 38

L’insegnamento del Salmo 37 sembra essere stato capito. Il fedele non reclama più lo sterminio dei malvagi, che gli è stato espressamente promesso. Invece di irritarsi a cagione di quelli che fanno il male, sente profondamente il proprio peccato (vers. 3 e 4). E ad un tempo egli realizza di trovarsi nella mano di Dio che lo riprende e lo castiga. Ed è in Lui che spera (vers. 15).

Non tocca a lui rispondere a quelli che lo perseguitano; ancora meno vendicarsi. «Tu risponderai, o Signore, Dio mio!» In questi versetti riconosciamo gli insegnamenti del Nuovo Testamento: «Non rendete ad alcuno male per male… Non fate le vostre vendette… io darò la retribuzione, dice il Signore.» (Romani 12:17,19). La sola risposta che abbiamo il diritto di dare al male che ci è fatto, è… il bene; al contrario dei «nemici» (vers. 19), di questi «avversari» che «rendon male per bene» (vers. 20). E il loro motivo ci è svelato qui: «… perché seguo il bene». La gelosia, il desiderio perverso di togliere ciò che metteva in evidenzia, per constrato, la propria malvagità, erano gli orribili sentimenti che hanno condotti gli uomoni a uccidere il Santo e il Giusto (Giovanni 10:32, leggere anche 1 Giovanni 3:12).




 

Salmo 39

Per frenare la volontà propria d’un credente, Dio deve talvolta servirsi della briglia e del morso (Salmo 32:9). E per trattenere la sua lingua, questo piccolo membro indomabile, una «musoliera» può essere necessaria (vers. 1; vedere Giacomo 3:2…). Strumento poco onorevole, ma di cui avremmo bisogno sovente, non lo pensate? Lo Spirito vuole imporre il silenzio alla natura per far portare frutti alla vita nuova e farla parlare.

Noi che abbiamo tanta difficoltà a tacere, soprattutto quando ci vien fatto un torto, pensiamo al perfetto esempio dell’Agnello che non ha aperto la bocca (vers. 9; Salmo 38:13; Isaia 53:7; 1 Pietro 2:23).

«Tu hai ridotti i miei giorni alla lunghezza di qualche palmo…» (vers. 5). Breve esistenza… e nondimeno così follemente sprecata da tante persone, in vana agitazione per accumulare dei beni terrestri! (vers. 6; Ecclesiaste 2:21-23). Non soltanto l’uomo non è che vanità (vers. 5 e 11), ma anche «passeggia fra quel che non ha che apparenza…» (versione corretta). Sulla scena di questo mondo ove il dramma umano sta per finire, i personaggi e la decorazione saranno bentosto messi da parte. «La figura di questo mondo passa» (1 Corinzi 7:31). Ciò che è vero, stabile, imperituro, è quel che appartiene al dominio invisibile e celeste (1 Pietro 1:4). Quando capisce che non si può aspettare niente da questo mondo, il fedele chiede: «E ora, o Signore, che aspetto?». Ed egli stesso dà la risposta: «La mia speranza è in te» (vers. 7).




 

Salmo 40

Salmo glorioso! Cristo, Uomo risuscitato, vi prende la parola per spiegare «le opere meravigliose» e «i pensieri» di Dio (vers. 5) come in quattro quadri successivi. Il primo ci trasporta nell’eternità passata (vers. 6 e 7 citati in Ebrei 10:5 a 9). Lui solo capace di regolare la questione del peccato, il Figlio, si presenta per essere il servitore obbediente: «Ecco, io vengo…» — «Ed è venuto…» dice Efesini 2:17.

Il quadro seguente ci mostra Gesù sulla terra, che annunzia e compie «ogni giustizia» (Matteo 3:15) rendendo una perfetta testimonianza al Dio di bontà e di verità, parlando della sua fedeltà e della sua salvezza. Tutta la vita di Cristo è in questi versetti 8 a 10.

Poi il Salvatore è davanti a noi nell’ora solenne in cui deve esclamare: «Le mie iniquità m’hanno raggiunto…» (vers. 12). Le mie iniquità…? Ma erano le mie e le vostre! Esse sono troppo numerose. Al Salmo 38:4 esse erano troppo pesanti.

E infine, l’ultimo quadro per cui ritorniamo ai vers. 1 a 3 (come il Salmo 21 precede il Salmo 22): la «fossa di perdizione» e il «pantano fangoso» hanno fatto posto alla roccia della risurrezione. Cristo, liberato dalla morte per la potenza di Dio ch’Egli ha atteso pazientemente, canta la sua lode e invita gli uomini a volgersi verso Lui per celebrarLo anch’essi (vers. 3).




 

Salmo 41

Per lo Spirito profetico, Cristo, alla fine del Salmo 40 ha dichiarato: «Quanto a me son misero e bisognoso». Povertà volontaria, destinata ad arricchirci! (2 Corinzi 8:9). Beato dunque colui che comprende questo Povero! Ma anche che sa mettersi al posto di tutti i poveri, degli umili, di quelli che soffrono… E beato colui che, in ispirito se non in realtà, prende come il suo Maestro questa posizione di povero! (Matteo 5:3).

Che incoraggiamento porta il vers. 3 ai malati!: anzitutto la promessa del soccorso divino! Anche se l’uomo esterno si disfa, l’uomo interno si rinnova di giorno in giorno per le cure del gran Medico delle anime (2 Corinzi 4:16). Ma inoltre, «tutto il letto» del malato si troverà miracolosamente trasformato. Poiché la presenza del Signore al suo capezzale ha il potere di cambiare il suo languore in gioia. Preziosa visita, atta a far dimenticare l’incomprensione o l’indifferenza di cui il malato ha potuto essere l’oggetto (vers. 8)!

Sappiamo quando il vers. 9 si è adempiuto. Con quale tristezza ha dovuto citarlo il Signore, prima di dare al traditore Giuda «il boccone», che lo faceva riconoscere (Giovanni 13:18 e 26).

Questo 1° libro dei Salmi termina con una lode eterna a cui, amici credenti, possiamo unire il nostro amen!

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