di Fritz Kietzel
Tratto da “Ecco l’uomo” Edizioni Il Messaggero cristiano di Fritz Kietzel
Contempliamo il Signore Gesù appeso alla croce, esposto ai raggi del sole d’Oriente, agli sguardi sprezzanti della folla, come pure ai sarcasmi incessanti dei suoi nemici, a cui si aggiungevano le torture fisiche della crocifissione. Abbiamo difficoltà a rappresentarci l’intensità delle sofferenze morali che Egli risentì nell’anima Sua divinamente sensibile sotto l’effetto del “veleno mortale” (Giacomo 3:8) distillato dalla lingua affilata dei suoi avversari. “L’anima mia è in mezzo a leoni: dimoro tra gente che vomita fiamme, in mezzo a uomini i cui denti sono lance e frecce e la cui lingua è una spada affilata” (Salmo 57:4).
“Grossi tori mi hanno circondato; potenti tori di Basan m’hanno attorniato; aprono la loro gola contro di me, come un leone rapace e ruggente. Io sono come acqua che si sparge, e tutte le mie ossa sono slogate; il mio cuore è come la cera, si scioglie in mezzo alle mie viscere. Il mio vigore s’inaridisce come terra cotta, e la lingua mi si attacca al palato; tu m’hai posto nella polvere della morte” (Salmo 22:12-15).
Quanto è commovente udire, per bocca del Salmista, queste espressioni che descrivono le sofferenze fisiche e morali ch’Egli sopportato alla croce! Queste sofferenze rendono ancor più indegna la crudeltà delle ingiurie di cui i suoi nemici gli hanno riservato. A parte i pochi fedeli che erano “presso la croce” (Giovanni 19:25), tutti gli spettatori di quella scena hanno la loro parte in quel concerto ignominioso: il popolo, i capi, i soldati e i briganti crocifissi con Gesù. Anche i terrori delle tre ore tenebrose non chiudono loro completamente la bocca (Matteo 27:47, 49).
Una gran folla proveniente, da ogni regione del paese, era venuta a Gerusalemme per la festa, “assisteva a questo spettacolo” (Luca 23:48). Sia il popolo che stava là a guardare, o chi sfilava davanti alla croce, tutti ingiuriavano “l’uomo di dolore”, si beffavano di lui e lo coprivano di oltraggi (Matteo 27:39, 41, 44; Luca 22:35). “Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga il labbro, scuote il capo” (Salmo 22:7).
Come la Parola di Dio è ammirevole! Ciò che era scritto in questo salmo si realizza alla croce: “E quelli che passavano di là, lo ingiuriavano, scotendo il capo e dicendo: «Tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi giù dalla croce!…» (Matteo 27:39-40).
Riprendono le menzogne di cui si erano serviti la notte precedente per puntellare le loro false testimonianze contro Gesù. Quale infamia di imputargli nuovamente delle parole che non aveva pronunciate! “Fraintendono sempre le mie parole; tutti i loro pensieri sono volti a farmi del male” (Salmo 56:5). “Salva te stesso se tu sei il Figlio di Dio, e scendi giù dalla croce” (Matteo 27: 39-40). Queste parole ci ricordano il linguaggio di Satana alla tentazione di Gesù nel deserto. Non deve sorprenderci se i “figliuoli della disubbidienza” si esprimono come il loro padre. “E anche i magistrati si facevano beffe di lui” (Luca 23:35). “Le persone sedute alla porta sparlano di me” (Salmo 69:12). Essi avevano detto in una occasione precedente: “ma questo popolino che non conosce la legge, è maledetto” (Giovanni 7:49), ma ora facevano causa comune con esso. E le umiliazioni che Pilato ed Erode avevano inflitte alla loro vittima innocente li avevano fatti riconciliare. E così era del popolo e dei suoi capi. “Così pure, i capi dei sacerdoti con gli scribi e gli anziani, beffandosi, dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare sè stesso! Se lui è il re d’Israele, scenda ora giù dalla croce, e noi crederemo in lui”.(Matteo 27:41).
Benché lo facessero l’uno all’altro (Marco 15:31), la loro attitudine era tanto più riprovevole, in quanto si parava delle forme ipocrite care ai benpensanti.
“Ha salvato altri e non può salvare sè stesso! Se lui è il re d’Israele, scenda ora giù dalla croce, e noi crederemo in lui” (Matteo 27:42).
Pochi giorni prima, essi avevano complottato di far morire Lazzaro, la cui risurrezione attestava che Gesù “aveva salvato altri”; volevano perciò far sparire questo testimonio, “perché, a causa sua, molti Giudei andavano e credevano in Gesù” (Giovanni 12:11). Ora pensavano di aver raggiunto il loro scopo, essi riconoscevano con una franchezza piena di cinismo che Egli aveva salvato altri. Non avrebbe potuto salvar Sé stesso? Certamente! Ma il nostro Salvatore non l’ha voluto. Per poter salvare altri, dovette rinunciare a salvar Sé stesso. Non c’era altro mezzo che permettesse di ricondurre a Dio i colpevoli caduti lungi da Lui. Come il servitore di Esodo 21, Egli ha detto: “Io amo il mio padrone, mia moglie e i miei figli; io non voglio andarmene libero”(versetto 5). Egli non voleva salvar Sè stesso; e non lo poteva, perché voleva glorificare il Padre e salvarci. Era venuto quaggiù “per cercare e salvare ciò che era perduto”; non per cercare qualcosa per Sè , ma “per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Matteo 20:28).
“Allo stesso modo anche i capi sacerdoti con gli scribi, beffandosi, dicevano l’uno all’altro: “Ha salvato altri e non può salvare sé stesso! Il Cristo, il Re d’Israele, scenda ora giù di croce, affinché vediamo e crediamo!”. Anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano” (Marco 15:31-32). Tale era stato il loro linguaggio sempre. “Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno e segno non le sarà dato, tranne il segno del profeta Giona. Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così starà il Figlio dell’uomo nel cuore della terra tre giorni e tre notti. I Niniviti risorgeranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c’è più che Giona!” (Matteo 12:39 e seguenti). Ma neppure quel segno è bastato. Poiché dopo che il Figliuol dell’Uomo fu stato “nel cuore della terra tre giorni e tre notti”, come Giona era stato “nel ventre del pesce”, essi videro, ma non cedettero. Sddirittura ricorsero alla corruzione e alla menzogna, onde nascondere “fino ad oggi” al popolo la verità irrefutabile della risurrezione di Gesù. È a riguardo di quei capi religiosi che si compì la profezia di Isaia, confermata dalle parole di Gesù: “Udrete con i vostri orecchi e non comprenderete; guarderete con i vostri occhi e non vedrete”. Il loro accecamento è particolarmente evidente quando pronunciano parole della Scrittura, senza accorgersi che il Salmista la mette in bocca ai nemici del Messia: “Si è confidato in Dio: lo liberi ora, se lo gradisce” (Matteo 27:43; Salmo 22:8).
“Le mie ossa sono trafitte dagli insulti dei miei nemici che mi dicono continuamente: “Dov’è il tuo Dio?” (Salmo 42:10).
Nessuna parola umana potrebbe descrivere meglio i sentimenti dell’Uomo perfetto, così oltraggiato. La misura della sua umiliazione è colma quando i soldati stessi ed i briganti crocifissi con Lui aggiungono le loro ingiurie a quelle del popolo e dei suoi capi (Luca 23:36-37; Matteo 27:44). Lo udiamo esclamare per lo Spirito profetico: “Quelli che mi odiano senza motivo sono più numerosi dei capelli del mio capo; sono potenti quelli che vogliono distruggermi e che a torto mi sono nemici;
ho dovuto restituire perfino quello che non avevo rubato”(Salmo 69:4).
“O SIGNORE, quanto sono numerosi i miei nemici! Molti sono quelli che insorgono contro di me, molti quelli che dicono di me: «Non c’è più salvezza per lui presso Dio!» Ma tu, o SIGNORE, sei uno scudo attorno a me,
sei la mia gloria, colui che mi rialza il capo” (Salmo 3:1-3).