Il frutto dello Spirito nella vita di coppia

Tratto da un testo in inglese

Articolo apparso nel mensile  IL MESSAGGERO CRISTIANO del 11-2018

 “Il frutto dello Spirito invece è amore, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Galati 5:22).

L’ambito delle relazioni di coppia è il primo nel quale si deve manifestare il frutto dello Spirito quale risultato pratico della vita divina in quelli che sono condotti dallo Spirito (cfr. 5:18). Più i due coniugi – che si presume siano ambedue credenti, secondo il volere di Dio (2 Corinzi 6:14) – progrediranno nella realizzazione di questo frutto, più la loro unione sarà solida e fonte di gioia.

L’amore

Dio non ha amato il mondo per ricevere in cambio altro amore. Se manifestiamo dell’amore con l’idea di ricavarne qualcosa, non è vero amore; in ogni caso, non è l’amore con il quale Dio ci ha amati. I due problemi di coppia più frequenti sono l’egoismo e l’indifferenza. Il primo si manifesta quando il marito o la moglie, pur essendo ambedue figli di Dio, amano soprattutto se stessi, il secondo quando gli sposi si preoccupano poco l’uno dell’altro.

Marito cristiano, ami tua moglie? L’ami con abnegazione, come Cristo ha amato la Chiesa al punto di dare Se Stesso per lei? (Efesini 5:25). Sei pronto a rinunciare a parte del tuo tempo, a certe tue occupazioni preferite, forse anche a qualche amico, per far piacere a tua moglie? Ti sei preoccupato di sapere che cosa la rende felice? Se sai che tua moglie non apprezza qualche tua occupazione, tienine conto e accetta di rinunciarvi.

E tu, sposa cristiana, ami tuo marito? Come può funzionare il matrimonio, se è solo uno quello che dà? Forse dovresti fare più attenzione alle piccole testimonianze d’amore di tuo marito e mostrarti riconoscente. E se anche hai l’impressione di ricevere poco in cambio, ti resta il grande privilegio di amare ugualmente e di donare, come ha fatto Cristo. Egli è morto per noi quando eravamo “empi”, “peccatori” e “nemici” (Romani 5:6-10).

Cari fratelli, care sorelle, “non ci scoraggiamo di fare il bene; perché, se non ci stanchiamo, mieteremo a suo tempo” (Galati 6:9).

La gioia, la pace

Se marito e moglie conoscono entrambi “la gioia del SIGNORE”, che è la forza dei credenti (Neemia 8: 10), e se “la pace di Cristo” regna nei loro cuori (Colossesi 3:15), non sarà difficile vivere insieme nell’intimità e nella fiducia, in ogni situazione. Ognuno dei due si sentirà bene quando è con l’altro; conoscerà la libertà di condividere i pensieri e i sentimenti più intimi, senza paura di essere criticato o umiliato o redarguito.

Gli sposi cristiani dedichino del tempo per leggere la Parola di Dio e pregare insieme! Molte coppie hanno sperimentato che, in questo modo, i loro rapporti sono sensibilmente migliorati. In questo modo, si scoprono i mezzi migliori per risolvere eventuali difficoltà e possibili contrasti. Forse si incomincia anche a servire il Signore insieme. Coltivare una vita spirituale comune porterà di certo ad una vita matrimoniale nella gioia e nella pace.

Se, nel prendere ogni decisione, ricorriamo al Signore e cerchiamo insieme quale sia la Sua volontà, eviteremo inutili discussioni. Invece di far prevalere il nostro punto di vista, ci sforzeremo di trovare insieme quello che il Signore desidera per noi.

La longanimità

Questa parola esprime “la paziente sopportazione di torti o provocazioni, unita al rifiuto di rinunciare alla speranza che i rapporti tesi possano migliorare”. Nella vita di coppia, si tratta di accettare pazientemente le differenti abitudini e le differenze di cultura, di temperamento e di carattere del coniuge, senza cercare ad ogni costo di cambiarlo secondo il proprio ideale. Se c’è qualcosa che ci delude, meglio pregare il Signore e confidare in Lui, anziché discutere senza sosta finendo, il più delle volte, col peggiorare la situazione.

La fedeltà

La Bibbia ci mette ripetutamente in guardia contro l’infedeltà coniugale, alla quale saremmo portati per natura. Il Signore Gesù rende ancor più severo, per così dire, l’insegnamento della legge: “Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Matteo 5:28). Poi, nei versetti che seguono, ci indica un mezzo per salvaguardarci: “Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te… Se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te” (v. 29, 30). Ci sono delle situazioni in cui la tentazione è fortissima e la salvezza si trova solo nella fuga, come ci insegna la storia di Giuseppe (Genesi 39:7-12). C’è anche il danno subdolo e permanente dei “desideri cattivi”, che la Parola ci presenta come ciò che in noi “è terreno”, e che dobbiamo far “morire” (Colossesi 3:5).

La mansuetudine

La mansuetudine è il carattere di chi non insiste sui propri diritti; il che include anche la disposizione a non rendere male per male (cfr. Romani 12:17; 1 Tessalonicesi 5:15). La vita in comune presenta innumerevoli occasioni di scontro, che il nostro comportamento può aggravare o smorzare. L’azione dello Spirito nelle coppie di sposi credenti porta a regolare davanti al Signore, nell’amore e nella pace, i problemi che possono nascere.

Chi è mansueto è pronto a riconoscere i propri torti. La disponibilità a confessare con umiliazione le parole fuori luogo che ci sono sfuggite o i comportamenti offensivi che abbiamo avuto è un elemento decisivo per la felicità della coppia. Quando siamo stanchi, stressati, irritati per qualche ragione, oppure semplicemente di cattivo umore, ci può capitare di dire o fare cose sciocche, che fanno torto al nostro coniuge e lo feriscono. Spesso si prendono le cose alla leggera, dicendo: “Lui/lei mi conosce, lui/lei sa come sono fatto”. Invece di giudicare il proprio comportamento, lo si prolunga con scambi di parole poco gentili e si rende stabile una situazione di conflitto. Se poi ci si trincera nel più assoluto mutismo, è forse anche peggio.

In questi casi – che non sono certo alla gloria di Dio – è indispensabile riconoscere i propri torti. Bisogna prendere coscienza che si tratta di peccati di cui siamo colpevoli davanti a Dio e davanti alla persona che abbiamo offeso. Dobbiamo riconoscere i nostri errori, non soltanto usando una  formula generica, come: “Mi dispiace se quel che ho detto ti ha offeso”, ma chiedendo scusa con sincerità; e che non trapeli mai il tentativo di gettare indirettamente la colpa sull’altro, come se  avesse capito male quello che abbiamo detto.

L’autocontrollo

Il membro del nostro corpo che controlliamo con più fatica è la lingua (cfr. Giacomo 3:2-11). Le ferite inferte con la lingua sono spesso più dolorose e durature di quelle inferte con un’arma. “C’è chi, parlando senza riflettere, trafigge come spada” (Proverbi 12:18). Il libro della saggezza dice anche: “La risposta dolce calma il furore, ma la parola dura eccita l’ira” (15:1).

“Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela, affinché conferisca grazia a chi l’ascolta… Via da voi ogni amarezza, ogni cruccio e ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria” (Efesini 4:31). Le parole offensive e le continue umiliazioni sono un motivo frequente di separazione delle coppie. Come il salmista, chiediamo a Dio l’aiuto per controllare le nostre parole: “SIGNORE, poni una guardia davanti alla mia bocca, sorveglia l’uscio delle mie labbra” (Salmo 141:3).

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