L’Evangelo della gloria

(2 Corinzi 3)

John Nelson Darby – Il Messaggero Cristiano (ottobre 1927)

I sottotitoli sono stati aggiunti da BibbiaWeb

1. Introduzione

In questo capitolo l’apostolo ci insegna che oramai non esiste più alcun velo sulla gloria di Dio. È una solenne verità. Tutta la gloria di Dio, tutto ciò che Dio è, brilla nella faccia di Gesù; e non vi è su di essa nessun velo. Il velo è sui cuori. Troviamo questa verità nel capitolo 4. «Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizione, per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio» (2 Corinzi 4:3-4). Se la gloria di Cristo è nascosta, è perché il velo è sui nostri cuori; poiché l’apostolo dice dei cristiani: «E noi tutti, a viso scoperto (o senza velo), contemplando… la gloria del Signore», che è la gloria di Dio manifestata in Cristo.

Ora vedremo quel che è il cristiano, qual’è la sua posizione in questo mondo e come l’ottiene. L’apostolo ci mostra tutto ciò in contrasto con la legge.

2. La lettera di Cristo

I Corinzi avevano messo in dubbio l’apostolato di Paolo; avevano detto che non era uno dei dodici scelti dal Signore. Paolo aveva parlato un poco di se stesso nel capitolo 4; i Corinzi l’avevano forzato a farlo. Nella prima epistola essi avevano camminato male, ora camminavano meglio; Paolo poteva dunque dire che la sua bocca era aperta per essi e che il suo cuore s’era allargato. Egli aveva loro dato molti segni del suo aposto­lato; ma, dopo tutto, ciò non era affatto neces­sario. Egli non aveva bisogno, come altri, o come noi stessi ora, delle lettere di raccomandazione per essi o da parte loro; poiché essi stessi erano la sua lettera di raccomandazione conosciuta e letta da tutti gli uomini. Essi erano i testimoni della verità del suo ministero; e ciò perché essi erano manifestati come essendo la lettera di Cristo — scritta, non con inchiostro, ma dallo Spirito del Dio vivente; non sopra tavole di pietra, ma sopra le tavole di carne del cuore.

Ecco dunque il cristiano: un uomo in cui il mondo può leggere Cristo, perché Cristo è stato scolpito sul suo cuore dallo Spirito Santo. Ricordiamoci che ciò non significa che debba essere così, ma che è così — sia che il credente cammini o non cammini in modo da manifestarlo. Un figlio è sempre un figlio, ch’egli agisca o no conforme a questa relazione. Il cristiano è l’epistola di Cristo, che deve essere letta da tutti gli uomini; è la sua vocazione. Egli deve realizzarla. E ben più; contemplando a faccia scoperta la gloria del Signore, egli è trasformato alla stessa immagine per progressi graduali. È di gloria in gloria e per lo Spirito. Tale è il cristianesimo in contrasto con la legge. La legge mostra ciò che un figlio d’Adamo dovrebbe essere. Il cristiano è la lettera vivente di Cristo. Lo Spirito Santo in­cide Cristo sui nostri cuori, e ciò si manifesta in seguito nella nostra vita.

3. La legge, ministero della morte e della condannazione

Vi è il maggior contrasto possibile fra la legge e l’Evangelo. Paolo chiama la legge il ministero della morte e della condannazione, e l’Evangelo il ministero dello Spirito e della giustizia. Esaminiamo un po’ questo.

Quando Mosè ricevette per la prima volta le tavole di pietra e discese dal monte, non ci è parlato di gloria sul suo volto. Egli non portò mai quelle prime tavole nel campo. Egli sa da Dio come si comportano gli Israeliti; intercede presso Lui per l’amore del Suo gran nome, quando Dio propone di distruggerli e di fare di Mosè una grande nazione; ma allorché fu disceso e vide il vitello d’oro e le danze, gettò a terra le tavole e le ruppe al piede del monte.

Come avrebbe potuto introdurre la legge di Dio fra un popolo che trasgrediva il suo primo comandamento? Quando Mosè supplica il Signore in considerazione del suo governo attuale, questi perdona al popolo il suo peccato. Mosè non può fare propiziazione per loro ed eccoli nuovamente posti sotto la legge: «L’anima (cioè: la persona) che pecca è quella che morirà». Egli prende allora due altre tavole simili alle prime, poi, incoraggiato dalla bontà di Dio a suo riguardo, gli chiede di veder la Sua gloria. Ciò non è possibile, ma Dio fa passare dinanzi a Mosè la sua bontà e proclama davanti a lui il Suo nome di grazia in governo, poi rimette di nuovo il suo popolo sotto la legge. Mosè aveva proposto di fare propiziazione per loro, ma questo era impossibile; e Dio proclama che Egli è Colui che non tiene il colpevole per innocente. Dopo questo, quando Mosè scende dal monte, il suo viso risplende perché aveva parlato con Dio. Ma il popolo non poteva sopportare di vedere neppure il riflesso della gloria del Signore; e Mosè deve mettere un velo sul ’viso.

Vediamo qui che Dio agisce in grazia verso il suo popolo, ma non è fatta nessuna reale pro­piziazione. Dal principio, fin dal giardino d’Eden era stata fatta la promessa d’un liberatore; ma Cristo solo poteva fare questa propiziazione. In ogni occasione in cui Dio rivelava la sua bontà, mancava un punto fondamentale che era la giu­stificazione del colpevole. Israele colpevole chiede dunque a Mosè di mettersi un velo sul viso e da quel giorno il velo resta sui loro cuori, ma, quand’essi si volgeranno verso il Signore, il velo sarà tolto. I numerosi sacrifici della legge non potevano che alludere al solo Agnello perfetto, e Israele non poteva vedere la cosa, nascosta nelle figure; ma il velo ha fine in Cristo. Ormai non c’è più alcun velo sui pensieri di Dio a nostro riguardo, benché il dio di questo mondo possa mantenere ancora il velo sul cuore degli uomini. È appunto perché questo velo non esiste più che l’Evangelo è chi amato l’evangelo della gloria.

Vediamo che Dio agisce secondo due grandi principi: la legge e la grazia. La legge esige da parte di Dio che l’uomo sia ciò che dovrebbe essere. Si occupa di tutte le relazioni stabilite da Dio fra Lui e l’uomo. I doveri esistevano tutti prima che la legge fosse data, ma quest’ultima ne for­nisce la regola e vi annette la sanzione di Dio. La legge reclama l’obbedienza da parte dell’uomo. Il Signore la riassume interamente in due sen­tenze: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, ecc…» e: «Ama il tuo prossimo come te stesso» (Matteo 22:37-40).

La legge non darà né vita, né potenza, né liberazione, né oggetto come movente d’azione; non poteva giustificare un colpevole, non era né un aiuto, né una potenza per agire, benché Dio aiuti il suo popolo in ogni tempo. Ma la legge stessa non poteva far altre che reclamare l’obbedienza; e, siccome l’uomo era un peccatore, incapace d’obbedire ad una legge santa, essa era un ministero di morte e di condanna. Non c’è grazia nella legge (queste due cose sono opposte l’una all’altra), ma la grazia di Dio s’esercitava verso gl’individui. La legge era un ministero di morte e di condanna, perché per essa Dio mo­strava ciò che l’uomo dovrebbe essere e ciò che non è. Quando un uomo non ha il cuore esercitato a riguardo di Dio, la legge lo preoccupa poco.

Pensa che non ha fatto gran che di male; non è peggiore degli altri; non ha commesso alcun peccato grossolano. «D’altronde, dice egli, Dio è misericordioso»; poiché non manca di menzionare un po’ di misericordia, che gli venga in aiuto. Difatti, in fondo al cuore di ogni uomo c’è il sentimento ch’egli ha peccato. Egli si sente abbastanza soddisfatto, e tutto va bene finché si tratta della sua coscienza naturale, e non dell’occhio di Dio che arriva al suo cuore, ed ai suoi pensieri.

Quando la legge dice: «Ama il tuo prossimo come te stesso», noi siamo convinti di peccato; sappiamo che non agiamo così. Quale uomo sarà altrettanto afflitto delle miserie del suo vicino quanto delle proprie? Ma se, con la legge, riceviamo una rivelazione di Dio, per quanto piccola sia, noi siamo interamente condannati, poiché nessuna carne può sostenere il Suo sguardo.

Accadrà o l’una o l’altra di queste due reazioni (non c’è un’altra alternativa): voi cercherete di nascondervi da Dio, come lo fece Adamo nel giardino d’Eden, oppure cercherete a nascondere Dio da voi, come lo fecero gli Israeliti quando pregarono Mosè di mettersi un velo sul viso; poiché se un uomo, anche per una sola volta, vede Dio, può dire con Giobbe: «Anche se mi lavassi con la neve e mi pulissi le mani con il sapone, tu mi tufferesti nel fango di una fossa, le mie vesti mi avrebbero in orrore» (Giobbe 9:30-31). Checché io possa aver pensato di me prima, vedo che agli occhi di Dio sono simile ad un uomo che è stato tratto da una fossa, cioè che è interamente impuro. Sotto la legge un’anima può sentirsi a suo agio quando non ha da fare con Dio; ma nessuno può sopportare la Sua presenza, poiché nel suo cuore vi è la concupiscenza.

Secondo il principio della legge, ciò che Dio è per me dipende da ciò che sono per Lui. Ma Dio ha dimostrato che sono un peccatore, poiché la conoscenza del peccato deriva dalla legge. È un ministero di morte e di condanna e null’altro. La legge non procurerà mai la pace. Essa non è la grazia, non guarda a ciò che il Signore ha fatto per me, ma a ciò che trovo in me stesso per Lui.

Ora posso essere sotto la legge, pur considerando la croce. Così io constaterò un amore perfetto spiegato a mio riguardo alla croce, mentre io vedo nel mio cuore una così debole risposta al Suo amore, che io mi metto a dubitare se l’amo realmente. È verissimo che desidero amarlo; ma questo non è l’Evangelo e voi non otterrete mai la pace con questo mezzo.

Voi mettete così in dubbio la vostra relazione con Dio e la fondate sulla vostra condotta. Che confusione avverrebbe in una famiglia se i figli si domandassero se sono o no i figli del loro padre! Ciò che posso domandarmi è se cammino secondo la mia relazione di figlio di Dio; ma la questione contraria è la legge, benché presentata sotto una forma più fine. Io cerco ancora d’ottenere la pace per mezzo della mia condotta verso Dio e non per mezzo di ciò che Dio è per me. Questa condizione d’un cristiano che non ha an­cora la pace è simile a quella del figlio prodigo che, lontano da suo padre, chiede d’essere trat­tato come uno dei suoi mercenari. Non parla più così quando si trova nella Sua presenza: conosce la sua relazione di figlio. Prima pensava soltanto a quel che egli era per suo padre e non a ciò che suo padre era per lui.

Nelle due prime parabole del capitolo 15 di Luca, vediamo la grazia che va a cercare ciò che era perduto, e l’accoglienza che le è riserbata; nella terza il Signore mostra l’opera prodotta nel cuore e come le anime sono sovente ancora su un principio di legge, dicendo che non sono ciò che vorrebbero essere. Guardano a loro stesse per vedere se amano Dio e quando non scoprono dei segni d’affezione nei loro propri cuori, cominciano a dubitare dell’amore del Signore. È una forma più fine della legge; ma è ancora lo stesso principio: guardare a ciò che io sono per Dio e non a ciò che Egli è per me.

4. L’Evangelo della gloria

Ed eccomi ora all’Evangelo della gloria.

Dio è venuto in grazia in mezzo ad un mondo trasgressore. Prima della venuta di Gesù, Dio non era uscito verso l’uomo e l’uomo non era entrato verso Dio. Questi aveva dato all’uomo la legge e le promesse, ma non era venuto Lui stesso verso l’uomo. Ora il grande fatto che ci è presentato, è che Dio è venuto a noi. «La Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi» (Giovanni 1:14). L’uomo è entrato direttamente nella presenza di Dio. Dicendo l’uomo intendo dire Cristo stesso, che entra per noi come Precursore dentro alla cortina. Trovo che Dio è venuto in perfetta grazia e non nella manifestazione della Sua gloria. È venuto quando eravamo dei peccatori e dei trasgressori, quando eravamo ben lungi da Lui. «Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio» (Giovanni 3:16). Troviamo la manifestazione dell’amore più puro nella vita del Signore quaggiù. I suoi miracoli non erano soltanto una testi­monianza della Sua potenza, ma della Sua potenza in amore per rispondere ad ogni bisogno di ciascun uomo. La sua presenza aboliva tutti i risultati del peccato; Egli era la manifestazione di Dio in perfetta grazia, e l’uomo perciò gli sputò in viso e lo rigettò.

Il Signore ci dia di ricordarci sempre che siamo in un mondo che ha rigettato Dio quando Egli era venuto in grazia. Il mondo è cattivo ora come allora; non ha una più intima relazione con Dio di allora; le anime non sono oggi per natura più vicine a Dio di allora. In realtà, quando guar­diamo attorno a noi, vediamo che tutte le cose sono in condizione peggiore di prima. Il peccato ha raggiunto il colmo. L’uomo ha rigettato Dio quando Egli è venuto in questo mondo. Gesù stesso ha detto: «Se non avessi fatto tra di loro le opere che nessun altro ha mai fatte, non avrebbero colpa; ma ora le hanno viste, e hanno odiato me e il Padre mio» (Giovanni 15:24). Il Signore ha traversato questo mondo in grazia, «guarendo tutti quelli che erano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (Atti 10:38). Dio s’è rivelato a noi nella persona del suo Figlio allorché eravamo dei peccatori. Gesù mostra la sua santità perfetta nella sua vita. Egli è in mezzo di peccatori senza essere contaminato da loro, ma mostrando un amore perfetto. Questo ci è manifestato in modo commovente quando il povero lebbroso va a lui (Matteo 8:2-3).

Quest’uomo andava, conscio della Sua potenza, ma dubitando del Suo amore. Qual’è la Sua risposta? Lo rimprovera forse? No, egli dice: «Lo voglio, sii purificato»; e stesa la mano, lo toccò (Matteo 8:3). Ogni uomo che toccava un lebbroso era impure come lui; ma Cristo non contrae alcuna impurità con questo contatto; Egli purifica in grazia l’uomo peccatore e contaminato. Era la potenza divina in contatto col peccato per toglierlo; espressione particolarmente bella della Sua grazia. Tuttavia, Egli fu rigettato dagli uomini; e con quest’atto di rigettamento il peccato fu pienamente manifestato, poiché voleva dire rigettare Dio venuto in grazia. Ma Dio si serve di quest’atto, coronamento del peccato dell’uomo per la salvezza dell’uomo stesso.

Cristo era l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo; e qui arriviamo alla croce. L’opera è compiuta, espressione completa della perversità dell’uomo giunta al colmo; ma manife­stazione perfetta della supremazia della grazia divina. Ora Dio è perfettamente glorificato; la Sua giustizia a riguardo del peccato è pienamente manifestata. Tutta la potenza di Satana e la malvagità dell’uomo sono state spiegate, ma hanno fatto risaltare l’amore perfetto di Dio per il peccatore. Dove il peccato abbondava, la grazia ha soprabbondato.

Se non volete venire a Cristo, vuol dire che gli preferite altra cosa: ma questo fa sorgere una domanda molto solenne per voi alla quale dovete rispondere. Dove passerete l’eternità? Questa questione dev’essere regolata in questa vita. Gli uomini temono il pensiero dell’eternità; e quelli che hanno dei pensieri increduli a riguardo di Dio la negano o almeno sperano che non ve ne sarà.

Se vado alla croce sapendo che i miei peccati vi hanno condotto Cristo, ve lo troverò? No. E dov’è che la fede m’insegna a trovarlo? So che i miei peccati l’hanno condotto la, ma la mia fede lo vede alla destra di Dio e perciò questo Evangelo è chiamato l’Evangelo della gloria. Cri­sto non è forse entrato nella gloria per me? Egli ora è là, seduto alla destra di Dio; ma ora non porta più i miei peccati su di Sé. È seduto là perché tutti i miei peccati sono interamente e per sempre cancellati. Per mezzo d’un solo sacrificio per il peccato, Egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati. Quando vado dinanzi al tribunale per rendere conto di me stesso, chi vi trovo come giudice? Colui che ha fatto per Sé stesso la purificazione dei miei peccati.

Per un’anima perfettamente stabilita nella gra­zia, non c’è pensiero più felice di quello del tribunale di Cristo; poiché sarò manifestato da­vanti a Lui, nel mio corpo glorificato, simile al Signore stesso. Egli ha detto: «È compiuto» (Giovanni 19:30). L’opera è compiuta, e chi mi giudica è Colui stesso che ha portato ed abolito i miei peccati. L’Evangelo della gloria — ed è là che incomincia nella sua pienezza — mi annunzia che Colui che è morto per i miei peccati si trova nella gloria, perché tutti i miei peccati sono stati aboliti per sempre. Soltanto quando Cristo si fu seduto alla destra di Dio, scese lo Spirito Santo quaggiù, ed i di­scepoli poterono proclamare questo Evangelo. La giustizia di Dio lo ha stabilito alla sua destra perché Egli ha portato i miei peccati. Egli è là non avendo più i miei peccati sopra di Sé; e lo Spirito Santo attesta, con la sua presenza quaggiù, che Colui che ha compiuto ogni cosa è ora esaltato alla destra di Dio.

Vedo un uomo nella gloria; il Precursore che vi è entrato per me. Non abbiamo altra parte a quest’opera meravigliosa che coi nostri peccati ed il nostro odio che l’ha messo a morte. Egli è morto e Dio l’ha stabilito nella gloria perché ha compiuto un’opera che ha perfettamente glorifi­cato Dio. Il Signore dice nell’Evangelo di Gio­vanni, a proposito dello Spirito Santo: «Egli convincerà il mondo… quanto alla giustizia, perché vado al Padre» (Giovanni 16:8-10). La giustizia di Dio l’ha posto nella gloria agli occhi di tutti, perché l’opera è perfettamente compiuta. Lo Spirito Santo con­vince anche di peccato, perché è il mio peccato che ha condotto Cristo alla croce dove ha portato tutto ed ha perfettamente soddisfatto la giustizia di Dio.

La legge non può dar la vita, può soltanto convincere di peccato. L’opera è stata fatta fra Dio e Cristo; e tutta la questione del peccato è stata definitivamente regolata ed Egli è la mia giustizia davanti a Dio. La giustizia di Dio si è manifestata stabilendo l’Uomo che ha portato i miei peccati, alla sua destra nella gloria. Lo Spi­rito Santo viene è mi dice: «Tu non hai giustizia per Dio». Allora mi sforzo di crescere in santità. È giustissimo in sé ch’io vi aspiri; ma ciò non serve a nulla come mezzo d’ottenere la pace. Solamente in Cristo io posseggo una giustizia divina atta ad introdurmi nella gloria.

«Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio» (Romani 8:14). Nella croce di Cristo non vi è soltanto il fatto che il mio debito è pagato; ma Dio mi ha fatto coerede di Cristo, ed ora io vivo quaggiù nella speranza della Sua venuta per prendermi con Sé, affinché io sia per sempre con Lui nella Sua propria gloria!

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