Lo Spirito Santo potenza da alto

(Con alcune considerazioni su Atti cap. 4)

John Nelson Darby – Il Messaggero Cristiano, maggio 1983

[Riunione a Lausanne, 7 luglio 1850]

1. Lo Spirito Santo rende testimonianza

Quando abbiamo acquisito qualche esperienza nel cammino della fede, ci accorgiamo di aver bisogno, oltre che dei veri principi e delle verità dottrinali, della forza. Non è sufficiente essere consapevoli che Dio ci ama; ci occor­re la potenza, per camminare e rendere testimonianza in modo tale che il nemico non possa raggiungere né le no­stre anime, né le nostre coscienze, né la nostra intelligen­za. Questa potenza, questa forza, è lo Spirito Santo. «Rimanete in questa città [Gerusalemme]», dice il Signore ai suoi discepoli, «finché siate rivestiti di potenza dall’alto» (Luca 24:39).

Il nostro cuore naturale tende costantemente ad allonta­narsi da Dio, a perdere il senso della sua presenza e a fare assegnamento su se stesso. Eppure, ciò che mette ogni cosa al suo giusto posto è proprio la presenza di Dio, la fi­ducia in Lui, la relazione con Lui; perché, quello che è gran­de agli occhi del mondo perde di importanza, diviene pic­colo, ed è sostituito da quello che è grande agli occhi di Dio. Questo è prodotto dallo Spirito Santo, potenza di Dio.

Come può agire lo Spirito, rimanere con dei poveri esse­ri peccatori, e comunicare tale forza?

La sua presenza non è come quella del Signore sulla terra, che ha portato i no­stri languori, s’è caricato dei nostri dolori, ha annientato se stesso e s’è umiliato per subire le conseguenze del peccato dell’uomo; per questo le affezioni del cuore erano rivolte a Lui. L’uomo non riceveva però la potenza; Cristo gli apri­va il cuore e gli rispondeva rivelandogli la verità; era il caso della donna Sirofenice, della donna peccatrice, dei disce­poli d’Emmaus e di molti altri. Il Signore Gesù è venuto si­mile a carne di peccato e l’uomo deve, vedendolo, prende­re il suo giusto posto, rendersi conto della propria condi­zione; poiché Dio ha mandato il suo Figlio dove noi era­vamo, e non altrove. Egli non ci vuole ingannare tenendoci nascosto il nostro stato. Al battesimo di Giovanni, coloro che riconoscevano il loro stato di peccato e si pentivano, videro Gesù scendere con loro fin là.

È l’unico principio in base al quale Gesù può incontrarsi con noi: che l’uomo si veda nel suo stato più basso per incontrarlo dov’Egli è disceso e conoscere la sua tenerezza e la sua completa e perfetta condiscendenza. Gesù è stato fatto peccato e l’uomo che non riconosce il suo stato di peccato non lo può incontrare. Il peccato è quello che sono, e non solo quello che ho fatto.

Così Cristo agisce, per incontrarci quando siamo senza forza. Infatti è morto per noi, è disceso nel peccato dove eravamo e lo incontriamo là. Dio non può salvarci ingannandoci. Egli ci mette di fronte alla realtà, ci addita Gesù morto sulla croce, fatto peccato per noi, dove subisce la potenza di Satana e l’ira di Dio, perché noi fossimo nella luce come Lui è nella luce. Sopportando le conseguenze del pec­cato per noi, Egli ha riportato una vittoria completa; dopo essere sceso nelle parti più basse della terra, è risalito al cielo avendo risolto completamente, con Dio, la questione del peccato. Il peccato è espiato, Satana vinto, Dio glorifi­cato dove era disonorato; glorificato in giustizia e in amore, e non solo in amore senza giustizia e senza santità. L’ope­ra è così completamente compiuta; Egli è pronto a giudica­re i viventi e i morti a gloria della sua persona, ma prima Egli ha il diritto di glorificarsi sulla terra per mezzo dell’opera della redenzione, e forma, a questo scopo, dei «vasi» dello Spirito Santo.

Posso ora comprendere e rendere testimonianza che Dio è stato glorificato in me peccatore; invece di scacciar­mi dalla sua presenza Egli s’è occupato di me, dei miei peccati, ed io sono testimone davanti agli uomini, agli an­geli e all’universo, che Cristo ha glorificato Dio e che Dio s’è glorificato in me salvandomi con una grazia che non ha risparmiato il suo proprio Figlio. L’opera della redenzione non è nascosta nel cielo, anzi è una cosa palese, una testi­monianza pubblica all’opera gloriosa di Dio. La croce è lo stendardo di Dio sulla terra! Tutto ciò è qualcosa di più ec­cellente, di più commovente delle lodi celesti, una testimonianza, resa all’opera di Cristo, più sorprendente di quelle.

Che vi sia lode nel cielo si può comprendere; che vi sia lo­de sulla terra sembra impossibile; ma le lodi salgono a Dio perché la grazia è scesa quaggiù recando il suo favore che sazia l’anima «di midollo e di grasso» in mezzo a un deserto riarso. V’è più gloria nel salvare un peccatore che nel cu­stodire un angelo che non ha peccato. Dalla terra le lodi salgono come un profumo davanti a Dio, come una testi­monianza all’opera di Cristo la cui efficacia rende felici in seno alla miseria totale. Questo è il primo effetto della presenza e della potenza dello Spirito Santo.

Il ministerio dello Spirito Santo è un ministerio di giusti­zia. Cristo elevato in cielo ha mandato il Consolatore per­ché rendesse testimonianza dell’opera sua, in questo mondo e nei nostri cuori. Se Gesù ha dovuto tornare a Dio perché noi godessimo della sua opera, lo Spirito Santo te­stimonia quaggiù, per mezzo di coloro nei quali abita, di tutta l’efficacia dell’opera di Cristo e produce dei desideri e dei bisogni spirituali.

Credete voi di poter glorificare Dio mettendo in dubbio che Cristo abbia cancellato i vostri peccati? Avreste un’opinione troppo buona di voi stessi. Dobbiamo accetta­re di non essere nulla e di non poter far nulla, e che un Altro faccia tutto per noi. Questa è la nostra posizione. La vera umiltà consiste nel rinunciare ad ogni speranza di fare qualcosa riconoscendo che Cristo ha fatto tutto. Soltanto allora Egli può versare la pienezza della sua grazia nei no­stri cuori, mentre lo Spirito Santo ci rende coscienti di una bontà che ci cerca e di una potenza che ci appartiene. L’energia potente di Dio che ha risuscitato Cristo ci ha po­sti nella sua presenza perché siamo felici, liberandoci co­me lo fece per gli Israeliti al Mar Rosso. Nella misura in cui me ne rallegro, già sulla terra, glorifico il suo nome. Questa è la testimonianza, resa su una terra di dolore, di miseria e di debolezza, dallo Spirito Santo disceso quaggiù.

2. Commentario su Atti 4

Ora prenderemo in esame alcuni particolari di Atti capi­tolo 4. I Sadducei si opponevano alla risurrezione di Cri­sto (v. 1 e 2), come i Farisei s’opponevano alla giustizia di Dio. Pietro dice loro: «Quest’uomo è stato guarito… nel no­me di Gesù Cristo il Nazareno». Egli parla senza esitazione, ma il suo ragionamento non ha lo scopo di soddisfare lo spirito dell’uomo. È una testimonianza di ciò che Cristo è, e che gli uomini non possono negare. Questo li irrita poi­ché, loro malgrado, sono raggiunti nella loro coscienza dallo Spirito Santo. Egli è, dice l’apostolo, «la pietra che è stata da voi costruttori rifiutata, ed è divenuta la pietra angolare» (v. 11). La presenza dello Spirito Santo determina un esclusivi­smo assoluto: «In nessun altro è la salvezza» (v. 12).

Lo spirito Santo è venuto per rendere testimonianza a Cristo: è Lui che ci occorre, soltanto Lui, e nessun altro. Il cuore ripieno dello Spirito Santo è deciso e fermo, poiché si tratta della gloria del Signore Gesù. «In nessun altro è la salvezza». Lo Spirito Santo pone l’argomento sulla coscienza: se Cristo è vero, tutto il resto non è che peccato. Questo ci da una grande sicurezza nelle scelte della vita cri­stiana. Questa cosa, o quel­la sono Cristo? No. Quindi non provengono dallo Spirito Santo e sono da rigettare. Egli prende quel ch’è di Cristo e ce lo rivela, allo scopo di glorificarlo. Gli apostoli dipendono da Cristo per la loro salvezza, sanno anche per mezzo dello Spirito che Cristo non condivide la sua gloria con nessuno; e, pur rispettan­do le autorità, non si arrestano nella loro testimonianza. Voi avete sprezzata la pietra angolare, dicono; e il loro corag­gio ferisce la coscienza degli avversari. Anche Pietro ave­va rinnegato Gesù, ma lo Spirito Santo prende il soprav­vento su ogni altro pensiero, e ne fa un uomo stabile. Non sono ragionamenti, ma è la potenza dello Spirito Santo nella testimonianza.

Nei versetti 12-19 lo Spirito Santo produce nel cuore una grande semplicità. Obbedire a Dio: cosa c’è di più semplice? La cosa è detta con ogni modestia. L’uomo si cancella e lo Spirito Santo presenta la cosa alla coscienza degli avversari: «Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio». Lo Spirito Santo li pone dinanzi a Dio, e si sente qui cos’è che dovrebbe sempre avere la supremazia su ogni coscienza d’uomo, chiunque egli sia.

Il sinedrio li libera. Essi tornano «dai loro» e non vanno di­cendo: «Abbiamo risposto bene». Nella loro semplicità non pensano a se stessi. Lo Spirito Santo unisce gli apostoli a quelli che sono moralmente nella medesima posizione. Essi sono di comune accordo con i discepoli che domanda­no ogni franchezza nella testimonianza. Innalzano tutti insieme la voce a Dio e pensano a Lui. Dio domina sui loro cuori e questo è molto importante nella pratica.

Quante volte le circostanze ci dominano, sia che tutto vada bene o male! Vediamo qui quanto i discepoli siano strettamente dipendenti da Dio solo. Questo atteggiamen­to infonde in loro una calma che non può essere confusa con l’insensibilità. Riconoscere Dio in ogni circostanza, quanto questo ci manca! Non si crede abbastanza che Dio è un Dio presente, un Dio vivente, che agisce, che intervie­ne e governa, e che Cristo è «Figlio sopra la sua casa». Questa incredulità porta con sé tristi conseguenze. Se non facciamo intervenire Dio nei nostri affari, Egli che tie­ne le fila che fanno muovere tutto, agirà secondo il suo pensiero e il suo governo. Egli che dà la fede, risponde an­che alla fede; e dispone il suo governo in modo da avere le coscienze sotto la sua autorità. Quando non è così è se­gno che la preghiera è poco praticata; nel nostro cuore v’è un fondo d’incredulità e sono poche le preghiere fondate sulla verità che Dio agisce, che interviene, che ha ogni co­sa nella sua mano. Ma quando si ha la certezza che Dio è presente in tutto, si prega.

E i discepoli hanno raggiunto questo livello; Dio è per loro un Dio vivente e, nella sua dipendenza, gioiscono, felici. Quanta pace! I nemici hanno fatto «tutte le cose che la tua volontà e il tuo consiglio avevano prestabilito che avvenissero. Adesso, Signore, considera le loro minacce» (v. 28). Lo Spirito Santo mette l’anima in relazione con l’opera di Dio; non chiedono a Dio di togliere le minacce, ma di dar loro franchezza per glorificare il suo Figlio Gesù.

«Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti, tremò; e tutti furono riempiti dello Spirito Santo, e annunziavano la Parola di Dio con franchezza» (v. 31). Non ci sono qui i miracoli, ma c’è la testimonianza potente di Dio che versa la pace e la gioia nel cuore; ed hanno la forza per annuncia­re la Parola di Dio con franchezza.

Il fatto che essi erano d’un sol cuore e d’un’anima sola, e che «grande grazia era sopra tutti loro» agisce sulla moltitudine.

Questa grazia pensava ai bisogni materiali di coloro che appartenevano al Signore, e i discepoli rendevano testi­monianza con forza alla risurrezione del Signore Gesù.

Questo è in poche parole l’effetto individuale e collettivo della presenza dello Spirito Santo che rende testimonian­za in questo mondo dell’efficacia dell’opera di Cristo in mezzo al male. I discepoli erano deboli, ma dicono a Dio: «Stendi la tua mano per guarire», facendo assegnamento sulla potenza del Dio vivente.

Fino a quale punto lasciamo spazio all’azione dello Spi­rito Santo in noi per agire come lui fa agire?

Abbiamo soltanto dei motivi d’umiliazione a questo ri­guardo; ma ringraziamo il Signore perché lo Spirito Santo dimora in eterno. La sua azione non è passeggera come i miracoli. Lo Spirito Santo produce oggi gli stessi effetti che produceva allora nell’anima dei discepoli; e questo è essenziale. Abbiamo oggi un Dio vivente che opera; e un Dio vivente che rimane con noi per mezzo del suo Spirito.

Il Signore ci dia, nel ricordo della sua grazia e dei diritti del suo amore sui nostri cuori, di ricercare la potenza del suo Spirito, riconoscendo che Dio stesso agisce in seno alle nostre circostanze per produrre dei frutti degni di Co­lui che ne è la sorgente.

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