Alcuni pensieri sul Salmo 92

di Marco Vaccari

“Salmo. Canto per il giorno del sabato.
È bello celebrare il SIGNORE e cantare le tue lodi, o Altissimo; proclamare al mattino la tua bontà, e la tua fedeltà ogni notte …” (versetti 1-2).
Ecco l’enunciazione di un principio che tutti possono condividere. Cantare al Signore, celebrare le Sue lodi con il canto, esprime tutta la gioia di essere alla Sua presenza, la gioia della salvezza, …. quando va tutto bene. Ma questo canto, previsto per il giorno del sabato, doveva essere cantato sia quando tutto andava bene, sia quando le cose non andavano così bene. Certo cantare al mattino, appena alzati, la grandezza della Sua bontà, appare facile, ma cantare alla fine della giornata constatando la fedeltà con cui il Signore ci ha guardato dai pericoli, ci ha guidato sulla via del bene, ha dimostrato tutto il Suo amore, è cosa ancora più grande. Spesso, infatti, alla fine della giornata, facendo un po’ il bilancio dei fatti accaduti e rivedendo i nostri comportamenti non possiamo che rimetterci alla Sua grazia ed al sangue di Gesù Cristo che ci purifica da ogni peccato (1 Giovanni 1:7).
Potremo allora lodarLo per la Sua fedeltà nell’applicare la Sua grazia anche quando non meriteremmo proprio nulla. Ma si può pensare a questi versetti su scala ancora più ampia. Il mattino ci parla anche del mattino della vita, quando siamo giovani e accettiamo l’opera di grazia del Signore: la croce. Constatiamo allora la potenza della Sua grazia e del Suo amore e Lo lodiamo proclamando la bellezza e la grandezza di questa grazia. Ma la sera, e ancor più la notte, ci parla della vecchiaia, quel periodo buio quando il fisico non è più quello della giovinezza che ci consentiva di fare un milione di cose senza sentirne la fatica. Un periodo caratterizzato dalla debolezza, spesse volte dall’invalidità. Che cosa si deve fare? Disperarsi? Accettare con fatalismo l’amara realtà? No. Se siamo anziani a maggior ragione potremo testimoniare a tutti quante volte il Signore ci ha liberato, quante volte ci ha preservato da brutte cadute anche morali, quante volte le cure della Sua grazia e del Suo amore ci hanno dimostrato la Sua fedeltà e potremo lodarLo per questo.

… sulla lira a dieci corde e sulla cetra, con la melodia dell’arpa!” (versetto 3).
Il salmista quando aggiungeva che Lo lodava sulla lira a dieci corde non faceva solo riferimento all’uso di quello strumento, ma, in figura, alle nostre mani, ovvero le nostre azioni. In altri termini il nostro agire quotidiano. Rispecchia il nostro agire una lode quotidiana? La gioia traspare da ogni nostra azione?
La cetra invece era generalmente a quattro corde, ma poteva essere suonata variando con il dito la lunghezza della corda in modo da produrre più e più note come si fa con la chitarra. Non ci parlerebbe questo delle più diverse situazioni della vita in cui Dio ci ha posto? Siano circostanze belle o brutte riusciamo a trarre da esse una lode per Dio? Se il Signore ha permesso certe situazioni non è forse per la Sua gloria?
Infine, l’arpa. Era lo strumento più completo, con molte corde, che non potevano essere variate nella lunghezza ma potevano consentire di produrre il suono contemporaneo di più note. Mi pare di vedervi la lode corale nell’assemblea dove ogni corda serve e contribuisce a formare la melodia. Là dove il divino Suonatore sa trarre da ogni corda quel suono che, combinato con gli altri, si eleva sino al cielo per lodarLo. Ma ognuno di questi strumenti, per suonare insieme,  ha bisogno di essere accordato.
Era ed è ancora un lavoro lungo e difficile che richiede un orecchio esercitato e una manualità precisa. Come il lavoro del divino Accordatore che è in grado di accordarci  usando la Sua Parola come un diapason. Una volta “accordati” che profonda e ricca armonia sa trarre da ciascuno di noi! Spesso questo lavoro deve essere ripetuto nel tempo.  Pensiamo alla pazienza del nostro Signore che con costanza interviene nelle nostre vite sempre e solo quel tanto che basta perché noi possiamo entrare di nuovo in armonia con Lui. Si può con ragione esclamare: “Come sono grandi le tue opere o SIGNORE! Come sono profondi i tuoi pensieri!”(versetto 5).

 “L’uomo insensato non conosce e lo stolto non intende questo: che gli empi germogliano come l’erba e tutti i malfattori fioriscono per essere distrutti in eterno”(versetti 6-7)
Qui il Salmo nelle sue figure si ispira alla botanica. Gli empi sono visti germogliare come l’erba e fiorire come il fiore dell’erba. Bisogna capire che in quelle zone semi desertiche anche l’erba era ricercata per servire da foraggio alle bestie. Nei climi temperati e in vicinanza dell’acqua l’erba cresce invece rigogliosa. Sembra strano che la Parola di Dio prenda proprio questa figura per designare gli empi. Penso che la risposta sia da ricercarsi nel gran numero di fili che compone un prato verde. Cosi sono gli empi, ce ne sono tanti in gran numero e addirittura fioriscono. In altri termini sono come dire: “belli” da vedere. Ma in breve sfioriscono e sono distrutti.

Il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del Libano. Quelli che sono piantati nella casa del SIGNORE fioriranno nei cortili del nostro Dio!” (versetti 12-13).
Il giusto fiorisce anche lui, ma come la palma e cresce come il cedro del Libano. In molti commentari si descrive la palma come l’albero del quale si utilizza tutto. Si possono fare tetti con le foglie, i frutti (copiosi una volta all’anno) sono i datteri che mangiati freschi sono dolci e molto nutrienti. Intrecciando le foglie si possono fare delle corde resistenti, ma le caratteristiche più interessanti sono nella forma e nelle dimensioni dell’albero. Il tronco infatti presenta la caratteristica di essere delle stesse dimensioni dalla base sino alla cima. Non ha rami, ma solo foglie lunghe sino a 3 metri. Esse, come i fiori e il frutto sono sulla cima. Che bella figura del credente che cresce diritto  verso il cielo, porta foglie, fiori e frutto che Dio dal cielo può vedere ed apprezzare. Non solo, in genere la palma vive da cento a duecento anni e porta frutto sino alla vecchiaia. Nel Salmo l’esempio è  rivolto proprio alla fioritura che è, poi, garanzia del frutto. Da terra, quando la pianta è cresciuta, quasi non si vede, ma dall’alto Dio vede il fiore e poi il frutto ed è là a ricordarci che dobbiamo portare frutto per Lui.
Poi, del giusto è detto che crescerà come il cedro del Libano. Il cedro è una specie di pino. È una pianta maestosa ed ha la caratteristica di essere infestante. In altri termini, da un cedro dopo qualche anno è possibile che si formi intorno un bosco. Non solo, ma i rami resinosi spesso si incollano tra loro e formano come un tetto per chi cammina alla base di questi alberi. Ecco allora una bella figura per il credente che con la sua testimonianza può condurre anime a Cristo.

 “Quelli che sono piantati nella casa del SIGNORE fioriranno nei cortili del nostro Dio. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia; saranno pieni di vigore e verdeggianti, per annunciare che il SIGNORE è giusto;egli è la mia rocca e non v’è ingiustizia in lui”(versetti 13-15).
Ma la cosa bella è, certamente, il finale di questo salmo. Quel giusto che fiorisce come la palma e cresce come il cedro del Libano è piantato nella casa del Signore e fiorisce là davanti a Lui. In altri termini è solo per grazia che  Lui ci pianta e ci ha piantato nella casa del Signore e lì possiamo fiorire per Lui. Ma non è finita: portano frutto sino alla vecchiaia. Penso allora che portare frutto con costanza sino alla vecchiaia significa vivere ogni giorno vicino a Lui in una profonda comunione. E anche se vecchi, con problemi e capacità che ogni giorno limitano sempre più il nostro quotidiano, che grazia poter portare ancora frutto per Lui! Ma in che modo? Come detto prima, annunciando le grandi cose che il Signore ha fatto per noi; senza lasciarsi andare ai rimpianti per l’epoca d’oro della gioventù, ma continuando a raccontare tutte le volte che il Signore ci ha soccorsi proprio per stimolare la fede dei più giovani che ci circondano.