Generazione futura – Agur, servitori nell’ombra

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Se provi a fare una ricerca sul tuo smartphone nell’app della Bibbia troverai 164 versetti che contengono il nome di “Paolo”, 153 versetti con quello di “Pietro” e ben 792 versetti che contengono il nome di “Mosè”. Invece “Tichico” compare solo cinque volte, “Epafra” tre volte e “Trifena” solo una volta. Sai dirmi dove sono menzionati questi nomi?
In ogni collettività ci sono uomini più in vista di altri. Alcuni sono conosciuti da tutti, ma ci sono anche quelli meno in vista, che si trovano per così dire “nell’ombra”.
Se sul piano umano sei ignorato, come se fossi solo un numero, perso nella massa, sappi che non è assolutamente così che Dio ti considera. Se Dio cita una persona nella sua Parola – anche se per una volta soltanto – è per insegnarci qualcosa.

Nell’articolo che segue e, a Dio piacendo, in altri che seguiranno in futuro, incontrerai personaggi della Bibbia che non sono “in primo piano”.

Anche se la Parola non ci dice molto su queste persone possiamo cercare comunque di trarre insegnamenti utili per la nostra vita di fede dall’esempio che ci hanno lasciato.
Non è importante che il tuo nome compaia sulla testata di un giornale o sui social network: quello che importa è che il tuo

nome sia scritto nel cielo. Se questo è il tuo caso, deve essere motivo di gioia!

“Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.”   Luca 10:20

AGUR – UN UOMO CON RICHIESTE SAGGE PROVERBI 30

Diverse ipotesi sono state fatte sull’identità di Agur. Si tratta di Salomone sotto un altro nome? Potrebbe essere un fratello di Lemuel, che troviamo menzionato in Proverbi 31? La Parola di Dio non dice nulla su questo ma descrive quest’uomo raccontando i suoi pensieri e le sue dichiarazioni.

Agur è umile, non è pieno di sé: “Certo, io sono più ignorante di ogni altro, e non ho l’intelligenza di un uomo. Non ho imparato la saggezza, e non ho la conoscenza del Santo.” (Proverbi 30:2-3).

Questo è ciò che dice prima di porre delle domande alle quali la saggezza umana non trova risposta:

“Chi è salito in cielo e ne è disceso? Chi ha raccolto il vento nel suo pugno?
Chi ha racchiuso le acque nella sua veste?
Chi ha stabilito tutti i confini della terra?
Qual è il suo nome e il nome di suo figlio? Lo sai tu? ” (Proverbi 30:4).

Un profondo timore di Dio lo assale quando, messo davanti alla grandezza e alla preminenza di Dio, si rende conto del proprio limite. Questo timore di Dio è “il principio della scienza” (Proverbi 1:7), sì, è “scuola di saggezza” (Proverbi 15:33).
Agur sottolinea che l’unica fonte di saggezza è “ogni parola di Dio” a cui nulla può e deve essere aggiunto (Proverbi 30:5-6).
Questa è la base delle altre dichiarazioni che farà e delle due cose che sta per chiedere (v.7).
“Allontana da me vanità e parola bugiarda; non darmi né povertà né ricchezze, cibami del pane che mi è necessario, perché io, una volta sazio, non ti rinneghi e dica:
“Chi è il SIGNORE ?” oppure, diventato povero, non rubi, e profani il nome del mio Dio.” (Proverbi 30:8-9).
Agur parla in tutta semplicità e sincerità di alcuni pericoli di fronte ai quali potrebbe soccombere e fa delle richieste a Dio per essere preservato.
La prima parte riguarda pericoli sull’atteggiamento morale:
– la “vanità”, cioè il fatto di nutrire pensieri troppo elevati di sé; ma anche di aspirare alle cose del mondo che alla fine si mostreranno inutili o addirittura dannose.

– la “parola bugiarda” che è l’opposto della verità e l’espressione della perversità e della perfidia del cuore umano.

La seconda parte riguarda invece pericoli relativi agli aspetti materiali della vita.
Agur si rende conto che, se da un lato la ricchezza e il benessere possono spingerci ad avere fiducia in noi stessi e ad essere indipendenti da Dio, dall’altro la povertà può esporre a comportamenti peccaminosi (come il furto) – che in queste situazioni di bisogno, sbagliando, si tende a giustificare davanti a Dio.
Agur desidera essere protetto da questi pericoli e completa la sua preghiera con la richiesta a Dio di fornirgli, nella sua bontà, tutto ciò che ha pianificato per lui secondo la sua saggezza.
Si tratta di un esempio di fiducia in Dio e di vita in dipendenza da Lui.
L’uomo che si qualifica “più ignorante di ogni altro” (v.2) è in realtà più saggio di tutti per la sua fiducia in Dio e per la sua umiltà. “Non me le rifiutare, prima che io muoia” (v.7): questa è la sua richiesta per poter onorare Dio nella vita che è ancora davanti a lui.

PER NOI
Come sempre, quando ci mettiamo davanti alla Parola di Dio è bene chiederci cosa abbiamo imparato “per noi” non lasciando che tutto resti un’esperienza vissuta da altri o una serie di belle parole dette da qualcuno. Se ci pensiamo bene le riflessioni e le richieste di Agur sono molto attuali!
Leggendo questo breve articolo su Agur la prima domanda che dobbiamo porci è sicuramente: sono un servitore di Dio? Qualsiasi altra conclusione che potremmo trarre sarebbe altrimenti sterile.
Sia che si tratti di un servizio “meno in vista” sia di uno “più in vista” l’importante è aver preso la decisione di servire Dio.
Agur conosce sé stesso (v.2-3) ed i suoi limiti, sa che il suo cuore può essere malvagio ed indirizza delle precise richieste a Dio.
Noi, invece? Siamo pronti a riconoscere le nostre debolezze e a fare affidamento su Dio?
Agur si rende conto del pericolo che ricchezza e povertà possono comportare.
Corriamo anche noi il rischio di avere il sentimento che tutto ci appartiene, tutto ci è dovuto e che è grazie alla nostra intelligenza che abbiamo ottenuto ciò che possediamo, dimenticando Dio.
Allo stesso tempo, quando la vita è troppo difficile corriamo il pericolo di allontanarci da Dio.
Gli uomini oggi sono sempre più caratterizzati dal desiderio di avere e di arricchirsi per soddisfare sempre nuovi bisogni e in molti casi sono spinti dalla società dei consumi.
Molte persone ricche desiderano arricchire sempre di più. Fondano le loro sicurezze sulle ricchezze acquisite, a volte in modo illecito, ed esaltano le capacità che li hanno portati a scalare i gradini della scala sociale. Dio è fuori dalla loro vita.
Altri fanno qualsiasi cosa per potersi procurare ciò che non gli è consentito dalle loro disponibilità. Non si tratta delle cose essenziali di cui parlava Agur, come “il pane”, ma spesso di ciò che è superfluo.
Sappiamo bene che il credente deve imparare ad essere soddisfatto di ciò che ha e che gli viene elargito da Dio nella sua bontà.

“La pietà con animo contento del proprio stato, è un gran guadagno. Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e neppure possiamo portarne via nulla; ma avendo di che nutrirci e di che coprirci saremo di questo contenti”. 1 Timoto 6:6-8
Dobbiamo imparare ad essere riconoscenti per le cose che abbiamo e a non lasciarci dominare dall’ insoddisfazione. I credenti, già da quando sono giovani, devono apprendere queste lezioni per poter vivere per le cose che durano, senza sprecare il loro tempo per ciò che è vanità ed essere contenti delle cose che si hanno, che Dio ci ha donato.
Pensiamo anche ad altri insegnamenti che possiamo imparare da Agur.
Viviamo nella società dell’immagine e delle immagini. Siamo preoccupati di come apparire agli altri e i nostri sguardi sono continuamente attratti da qualcosa che cattura la vista. Pensiamo a cosa passa sui display dei nostri cellulari, sugli schermi dei nostri computer. Dobbiamo ammettere che siamo esposti a contemplare continuamente la “ vanità”. Anche il salmista esprimeva la stessa richiesta di Agur:
“Distogli gli occhi miei dal contemplare la vanità” (Salmo 119:37).

Esaminiamo noi stessi, le nostre abitudini, la gestione del nostro tempo e cerchiamo di fissare i nostri sguardi sulle cose che sono eterne. Impariamo dalla vita di Agur, restiamo alla dipendenza del Signore per essere felici e, come Paolo, poter dire:

“…ho imparato ad accontentarmi dello stato in cui mi trovo. So vivere nella povertà e anche nell’abbondanza; … Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica.” (Filippesi 4:11-13)

 

 

 

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