Giustificazione – Una grande salvezza

di F.B. Hole

Essere giustificati vuol dire essere scagionati da ogni accusa che potrebbe essere mossa contro di noi. Che questa sia la definizione precisa, è molto evidente dalle parole dell’apostolo Paolo, riportate in Atti 13:39 “e, per mezzo di Lui (Cristo), chiunque crede è giustificato di tutte le cose, delle quali voi non avete potuto essere giustificati mediante la legge di Mosè. La legge poteva metterci in discussione con grande efficacia, poteva attribuirci i peccati ed emettere una giusta condanna su di noi. Solo grazie a Cristo il credente può essere giustamente scagionato da ogni accusa, in modo che la sentenza di condanna sia cancellata.

La condanna è dunque lo stato e la condizione in cui ci trovavamo prima di essere giustificati. La condanna è l’opposto della giustificazione, così come la colpa è l’opposto del perdono. Tuttavia, la giustificazione, così come ci viene presentata nella Scrittura, ha una portata ben più ampia dell’essere completamente e giustamente liberati dalla condanna in cui ci trovavamo: comporta il fatto di poter stare davanti a Dio in Cristo, rivestiti di una giustizia che è positiva e divina.

Dobbiamo ancora una volta attingere all’epistola ai Romani dove nel capitolo 3 al versetto 19 leggiamo che “tutto il mondo” è condannato “colpevole di fronte a Dio“. Al versetto 20 scopriamo che la legge può solo condannare: non c’è giustificazione per noi attraverso di essa. Nel versetto 21, inizia la spiegazione del modo in cui Dio giustifica gli empi.

Poiché “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio”, non è sorprendente che Dio agisca con giustizia. Avendo l’uomo manifestato il peccato in tutta la sua oscura malvagità, era lecito aspettarsi che, per contrasto, Dio manifestasse la sua giustizia in tutta la sua luminosità, condannando il peccatore e liberandosi così del minimo sospetto di aver in qualche modo condonato il peccato. La cosa meravigliosa è che ora la giustizia di Dio si è manifestata in modo tale da essere “per” o “verso tutti e su tutti quelli che credono”. La giustizia di Dio, sta, per così dire, tendendo le mani in modo benevolo a tutti gli uomini, invece di scagliarsi contro di loro; e per quanto riguarda coloro che credono, scende come una veste, in modo che alla presenza di Dio ne siano rivestiti. E tutto ciò avviene senza che la giustizia perda in alcun modo il suo carattere proprio, o smetta di essere ciò che è.

Al primo ascolto, il nostro impulso potrebbe essere quello di esclamare: “Impossibile! Una cosa del genere è assolutamente impossibile!”. Potremmo essere portati a pensare che, mentre la misericordia potrebbe agire in questo modo, a discapito della giustizia, la giustizia stessa non potrebbe mai farlo.

Eppure la giustizia agisce in questo modo, poiché ora è stata manifestata in Cristo, che è stato indicato da Dio come “sacrificio propiziatorio” (versetto 25). Quando sulla croce il Suo sangue fu versato, si è compiuto nella realtà, ciò che era prefigurato il giorno delle espiazioni quando il sommo sacerdote faceva l’aspersione del sangue sul propiziatorio nel luogo santissimo del Tabernacolo (cfr Levitico 16:15). La redenzione fu operata “in Cristo Gesù” (versetto 24) e si verificò la più grande dimostrazione di giustizia divina di cui l’universo sarà mai testimone. A breve la giustizia di Dio si manifesterà nel giudizio e nell’annientamento allontanamento degli empi. Quell’ora solenne sarà testimone di una forte manifestazione della giustizia divina, non così profonda e meravigliosa come lo è stata nell’ora solenne in cui Dio ha “stroncato con i patimenti” il Suo Unico e diletto Figlio,  affinché diventassimo senza macchia. La croce di Cristo rimarrà per l’eternità la più alta manifestazione della giustizia di Dio. Naturalmente in quel momento anche il suo amore è stato manifestato ma, come dichiara Romani 5:8,  se non avesse manifestato la Sua giustizia questo non sarebbe potuto accadere.

La morte di Cristo ha mostrato la giustizia di Dio in un duplice modo. In primo luogo, riguardo ai peccati dei credenti nella del periodo precedente alla Sua venuta (versetto 25); in secondo luogo, riguardo ai peccati dei credenti in questa epoca presente (versetto 26). Prima della venuta di Cristo, Dio “ha usato tolleranza verso i peccati commessi in passato” (Romani 3:25), anche se non era ancora stata compiuta una perfetta opera di espiazione per essi. In questo tempo presente Egli giustifica chi crede in Gesù. La morte di Cristo ci mostra con certezza che tutte le azioni di Dio sono state compiute con giustizia; quando Dio usava tolleranza durante l’epoca passata era assolutamente giustificato nel farlo, così come è giusto nel giustificare il credente oggi. La morte di Cristo è stata innanzitutto l’offerta di sé stesso a Dio come sacrificio di infinito valore e profumo soave, la propiziazione e la soddisfazione di Dio rispetto al peccato si sono compiute, e le richieste della giustizia divina sono state soddisfatte e rivendicate riguardo l’intera questione del peccato dell’uomo.

In secondo luogo, però, la Sua offerta era per noi, cioè per tutti quelli che avrebbero creduto,  che  hanno il diritto di considerare il Salvatore come il loro Sostituto e di “tradurre” Romani 4:25 dal plurale al singolare, dicendo che “è stato dato a causa delle mie offese ed è stato risuscitato per la mia giustificazione”. È stato messo a morte e sottoposto al giudizio a causa dei nostri peccati, è stato risuscitato dai morti in vista della nostra giustificazione.

Molti sono coloro che su questo tema considerano il Vangelo come diviso in due parti ed ignorano la seconda, causando una grave perdita per loro stessi. Non si può godere della piena certezza se si trascura il significato della risurrezione di Cristo. L’espiazione dei nostri peccati e della loro pena è stata adempiuta nella Sua morte, ma la dichiarazione e la prova della nostra liberazione è nella Sua risurrezione. Senza questa seconda parte, fondamentale non si può gustare della pace definitiva.

Per illustrare il concetto, supponiamo che un uomo sia condannato a sei mesi di reclusione per un reato e che un altro, come sostituto, possa prendere il suo posto. Quando le porte della prigione si aprono, chiudendo il sostituto all’interno e lasciando il colpevole in libertà all’esterno, quest’ultimo potrebbe esclamare a proposito del suo amico: “È stato messo in prigione per il mio reato”, ma non può andare oltre per il momento. Sarebbe prematuro per lui aggiungere: “e di conseguenza è impossibile che io veda mai l’interno di quella prigione, come pena per ciò che ho fatto”, se ad esempio il suo buon amico morisse dopo due mesi, lasciando quattro mesi di pena in sospeso, cosa succederebbe? Le autorità metterebbero giustamente le mani sul colpevole originale e gli chiederebbero di scontare il resto della pena. D’altra parte, però se una settimana o poco più prima dello scadere dei sei mesi si imbattesse improvvisamente nel suo gentile sostituto mentre cammina per strada e, esprimendo la sua sorpresa, venisse a sapere che, essendosi guadagnato con la sua buona condotta un piccolo condono della pena, è stato davvero rimesso in libertà, sarebbe immediatamente in grado di dire: “Sei stato rilasciato dal carcere per la mia giustificazione!”, e potrebbe  argomentare nella sua mente, a giusta ragione: “Se è stato scarcerato, ritenuto libero da ogni ulteriore responsabilità e completamente scagionato in merito al  mio reato, allora sono libero, sono scagionato!”. Vista in quest’ottica, la risurrezione di Cristo è la dichiarazione divina della completa liberazione di chi crede in Lui. Inutile dire che rappresenta anche molto altro.

Assodato questo, è doveroso constatare che Dio stesso non solo è la fonte della nostra giustificazione, ma anche Colui che ci giustifica. “Dio è colui che li giustifica” (Romani 8:33). Dalle sue labbra è stata emessa la sentenza contro di noi come peccatori ed allo stesso modo, Egli stesso dichiara giusti come i credenti in Gesù. La nostra giustificazione è quindi completa e inattaccabile, nessuno può condannarci. Dobbiamo però avere fede, perché solo i credenti sono giustificati, “giustificati dunque per fede” (Romani 5:1). Solo con “l’obbedienza della fede” al Signore Gesù entriamo a far parte dei benefici della sua opera. Egli è “Autore di salvezza eterna” solo per “tutti quelli che gli ubbidiscono” (Ebrei 5:9). La fede è il legame che ci unisce a Lui e ai meriti giustificativi del suo sangue.

Un’ulteriore considerazione sulla giustificazione ci viene presentata in Romani 5:18. In quasi tutti gli altri passi in cui viene menzionata, la giustificazione è in relazione ai nostri peccati  “il dono diventa giustificazione dopo molte trasgressioni, come dice Romani 5:16. Nel versetto 18, tuttavia, appare un altro aspetto della questione, e il peccato, la radice, piuttosto che i peccati, i frutti d è in relazione alla radice del peccato rispetto al frutto. La sola giustizia della croce è estesa a tutti gli uomini per la giustificazione della vita.

Per comprendere questa frase, occorre considerare l’intero passo, dal versetto 12 alla fine del capitolo. Per natura tutti gli uomini sono legati ad Adamo, come capostipite della loro razza. Per grazia, attraverso la morte e la risurrezione di Cristo, tutti i credenti sono in relazione con Lui, come capo e origine della razza (famiglia) spirituale a cui ora appartengono. Come innestati in Cristo, se così si può dire, partecipano alla Sua vita e alla Sua natura; e come nella vita di Cristo sono liberati in riferimento al giudizio da tutte le conseguenze che prima gravavano su di loro in qualità di figli di Adamo. Una cosa meravigliosa, questa, che troppo spesso viene trascurata da tutti noi. La giustificazione, così come è presentata nell’ epistola ai Romani, non significa soltanto una completa liberazione da tutti i reati e dalla condanna meritata, ma si spinge fino a una completa liberazione da tutta la condanna legata alla nostra natura adamitica decaduta, in quanto ora, per atto di Dio, siamo in Cristo risuscitato dai morti. Sia benedetto Dio per questa liberazione!

Tradotto e adattato da “So great Salvation” di F. B. Hole
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