Il perdono – una grande salvezza

F. B. Hole.

Quando lo Spirito di Dio ha iniziato ad agire dentro di noi, abbiamo preso consapevolezza dei nostri peccati e della colpa che ne derivava, e di conseguenza abbiamo iniziato a ricercare il perdono. Volevamo essere perdonati ed esserne consapevoli.

Siamo certi che il lettore abbia piena conoscenza del perdono, ma forse, è bene iniziare a fare una panoramica dell’insegnamento delle Scritture su questo argomento, per arrivare ad una chiara comprensione di questa grande e fondamentale benedizione del Vangelo.

Prima di tutto notiamo che quando il peccato entrò nel mondo con la trasgressione di Adamo, la razza umana precipitò in una condizione di decadenza e peccato. Le conseguenze furono però molteplici e andarono ben oltre l’insorgere della colpa. Il primo e più evidente effetto fu che Adamo divenne un uomo colpevole e con una coscienza che lo accusava. Man mano che gli uomini si moltiplicavano, si dovette affermare che “tutto il mondo” era “colpevole di fronte a Dio” (Romani 3:19), e che ogni individuo che fa parte dell’umanità, ognuno di noi, è colpevole, dato che la colpa è una condizione prevalentemente individuale.

La Scrittura ci parla di  quelli che per spirito di contesa, invece di ubbidire alla verità ubbidiscono all’ingiustizia.” (Romani 2:8). Se ne trovano molti, che non sono affatto disposti a riconoscere la propria colpa, ma anzi contestano le basi su cui poggia l’idea stessa di essere colpevoli davanti a Dio, affermando al contrario l’innata bontà di tutti gli uomini, che, a loro dire, lottano per migliorarsi. Alcuni di questi contestatori si spingono fino a negare tutti i concetti basilari di giusto e sbagliato. Bene e male sono parole che hanno solo una forza relativa, poiché per loro “bene” è ciò che è approvato dalla cerchia delle persone più sapienti dell’umanità in una determinata epoca, e “male” è ciò che la loro mente ripudia. Ne consegue che “giusto” e “sbagliato” sono valori che fluttuano a seconda delle mode dell’epoca in materia di moralità. La mente umana è quindi l’unico arbitro accettabile per tali questioni e, di conseguenza, l’unica colpa che riconoscono è quella che può essere commessa davanti agli uomini come risultato della violazione degli standard eretti dai più illustri ed evoluti tra loro. Il massimo verdetto che possono approvare è quindi: colpevole davanti agli uomini.

L’epistola ai Romani, invece, inizia con DIO e non è necessario addentrarci troppo nel suo contenuto prima di imbatterci nel verdetto espresso contro di noi: “colpevoli davanti a Dio”.

Nel capitolo iniziale leggiamo:
“Il Vangelo di Dio”
“Il Figlio di Dio”
“La potenza di Dio”
“La giustizia di Dio”
“L’ira di Dio”
“La gloria di Dio”
“Il giudizio di Dio”

e Dio, la cui potenza, giustizia, ira, gloria e giudizio sono rivelati, è “il Creatore” (Romani 1:25). Pertanto, dissociamoci subito dal caos delle norme e delle opinioni umane per afferrare la roccia sicura della verità divina e trovarci alla presenza del Creatore, che è caratterizzato da una giustizia permanente ed immutabile.

Potrebbe occorrere molto tempo, prima che la convinzione di colpevolezza agisca efficacemente sulla coscienza del singolo peccatore. Questo è sicuramente meno complicato, invece, per i popoli caduti nella barbarie che accompagna spesso il paganesimo: nello specifico i popoli di cui è parlato in Romani 1:18-32 che non hanno scusanti e di conseguenza le loro bocche sono chiuse. È sufficiente enunciare i grandi mali in cui erano caduti, come risultato dell’allontanamento dalla conoscenza di Dio. Nel loro caso non è necessario alcun ragionamento per condannarli, e metterli a tacere. Nel corso dei secoli, però, le nazioni, anche se pagane, hanno dato vita a sistemi di cultura naturale e di civiltà, come ad esempio gli antichi Greci, ai quali si rivolge Romani 2:1-16. Nel loro caso, l’oscurità causata dall’iniquità era coperta in parte da raffinati sistemi di pensieri filosofici ed insegnamenti etici. Condannavano il barbaro povero ed illetterato, per poi agire allo stesso modo ma in maniera più raffinata. Anche di costoro è detto che sono “inescusabili” (vedi Romani 2:1). Tuttavia prima che questa convinzione sia raggiunta è necessario un ragionamento più articolato, unito ad un’attenta analisi della verità. In queste argomentazioni viene ricordato loro che “il giudizio di Dio è conforme a verità”, che il giorno della rivelazione del “giusto giudizio di Dio” sta per compiersi e che “davanti a Dio non c’è favoritismo”.

La combinazione di questi tre fattori rende impossibile sfuggire al giudizio di Dio. Se quest’ultimo invece, si fondasse sulle futili apparenze esteriori, se occasionalmente si scostasse dalla rettitudine, o deviasse a causa di favoritismi o altre considerazioni personali, potrebbe esserci qualche possibilità di scampo, ma sappiamo che è conforme a verità(Romani 2:2), e quindi la perfetta realtà delle cose verrà alla luce. È “giusto” (Romani 2:5), per cui prevarrà una giustizia assoluta ed inflessibile. Non c’è “favoritismo” (Romani 2:11), quindi nulla distoglierà Dio da un giusto giudizio alla luce della verità. Tutto ciò toglie diritto di replica ai più progrediti ed ai più colti, anzi condanna anche essi come “colpevoli davanti a Dio”.

Infine, vi erano i Giudei, un popolo caratterizzato da una cultura non solo naturale, ma di origine divina. Romani 2:17 – 3:20 si rivolge a loro, e in questi passi troviamo non solo dei ragionamenti, ma la prova evidente si trova nelle loro stesse Scritture. L’accusa contro di loro è formulata con termini tratti dalla loro stessa legge e, alla fine, il peso di questa prova scritturale è inculcato nelle loro coscienze dal fatto che “ciò che la legge dice, lo dice a coloro che sono sotto la legge (Romani 3:19), cioè ai Giudei. Le accuse e le condanne ad ampio spettro della legge erano quindi rivolte non al barbaro o al greco, ma al giudeo presuntuoso, affinché fosse messo a tacere e tutto il mondo diventasse “colpevole davanti a Dio” (3:19).

Una volta accertata la colpa, il perdono diventa una necessità impellente. Per questo motivo lo troviamo al primo posto nelle istruzioni date dal Signore risorto, ai suoi discepoli. In Luca 24:45-48: Egli disse agli undici   che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti“. In Atti 26:16-18 troviamo il racconto dell’apostolo Paolo che, in una visione celeste, udì la voce del Glorificato che lo mandava ai Gentili, “per aprire loro gli occhi… affinché ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati”. Proseguendo nel libro degli Atti, abbiamo la testimonianza di come sono stati portati a compimento questi incarichi: Pietro alla folla in Gerusalemme, che fu compunta nel cuore, nel giorno della Pentecoste,  parlò del perdono dei vostri peccati” (Atti 2:38). Di nuovo davanti al Sinedrio attestò il perdono dei peccati” (Atti 5:31). Ancora a Cornelio e ai suoi amici, che facevano parte dei gentili, annunciò che “chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati mediante il suo nome” (Atti 10:43). Alla folla nella sinagoga di Antiochia, Paolo dichiarò: Vi sia dunque noto, fratelli, che per mezzo di lui vi è annunciato il perdono dei peccati (Atti 13:38).

La parola perdono significa semplicemente  “allontanamento” o “liberazione” e questo è proprio ciò di cui ha bisogno un peccatore colpevole in relazione ai suoi peccati, e cioè che questi siano allontanati o cancellati da Colui contro il quale è stata commessa la colpa, che meravigliosa liberazione! Ogni figlio di Dio ha il diritto di goderne. “Figlioli vi scrivo”, disse l’anziano apostolo Giovanni, “perché i vostri peccati  sono perdonati [sono allontanati e mandati via] in virtù del suo nome” (1 Giovanni 2:12).

È nell’epistola ai Romani, come abbiamo visto, che lo Spirito Santo pronuncia il verdetto di “colpevolezza davanti a Dio” contro l’intero genere umano. Ci saremmo quindi naturalmente aspettati di trovare subito dopo la piena dispensazione del perdono. In realtà, però, la parola perdono ricorre solo una volta in tutta l’epistola, quando l’Apostolo cita le parole di Davide dal Salmo 32. La beatitudine dell’uomo a cui Dio imputa la giustizia senza opere è descritta da Davide dicendo: “Beati quelli le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti” (Romani 4:6-7). Questo ci mostra però che l’imputazione della giustizia, cioè la giustificazione, è in questo passo, praticamente equivalente al perdono.

Le parole usate più sovente nei primi capitoli di Romani sono giustizia e giustificazione, e sono nel complesso parole di grande significato. Non si può avere il perdono dei peccati senza essere giustificati, né viceversa; tuttavia, l’accezione principale del perdono è negativa, siamo stati scaricati dai nostri peccati, mentre quella della giustificazione è positiva, otteniamo la giustizia.

Alcune domande ricorrenti

È stato affermato che tutti sono perdonati. Esiste un senso in cui tale affermazione è vera?
No. Naturalmente è un fatto straordinario che “Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe” (2 Cor. 5:19). Di conseguenza comprendiamo le parole che il Signore ha detto  alla donna peccatrice: “Neppure io ti condanno” (Giovanni 8:11). La misericordia di Dio, manifestata per mezzo di  Cristo sulla terra, fu tuttavia respinta. Nonostante questo rifiuto, Egli, per mezzo della morte e della risurrezione di Cristo ha inviato un messaggio di perdono a tutto il mondo, ed oggi tramite il Vangelo il perdono è predicato a tutti ed Egli viene presentato come un Dio che perdona. (Vedere Luca 24:46-47).

Invece di far seguire al rifiuto di Cristo una dichiarazione di guerra e dare corso alla Sua ira, contro un mondo ribelle, Dio ha, per così dire, stabilito un lungo armistizio. Durante questo periodo è proclamata un’amnistia per i ribelli: ogni ribelle che umilia sé stesso e si rivolge al Salvatore con fede, è perdonato. È vero quindi che il perdono è per tutti, ma non è vero che tutti sono perdonati.

È vero che quando un peccatore si pente e crede riceve il perdono una volta per tutte?
Certamente è così. Nell’argomentazione sul tema del sacrificio, che troviamo  in Ebrei dal capitolo 9 versetto 1 e al capitolo 10 versetto 18 questo fatto è uno dei punti principali. In questo passo fondamentale si afferma non meno di sei volte che il sacrificio di Cristo è stato unico e offerto una volta e per sempre. Si afferma anche che coloro che si avvicinano a Dio come adoratori sulla base del suo sacrificio sono purificati una volta sola, e di conseguenza si avvicinano con una coscienza sgravata dai peccati (Ebrei 10:1-2). La perfezione di cui parla il primo versetto è inerente alla coscienza (Ebrei 9:9), e si fonda sull’unica perfetta purificazione, raggiunta, possiamo quindi comparire  davanti a Dio in una condizione di perdono eterno.

Alcuni obiettano sul fatto che se si insegna a un credente che con la conversione ha ottenuto il perdono completo, si rischia di indurlo alla negligenza. Non sarebbe meglio dire che tutto è perdonato fino al momento della conversione?
Nessuno farebbe un’obiezione di questo tipo, se non coloro che negano, o almeno trascurano, il fatto che non ci si converte senza essere nati di nuovo e quindi senza possedere una natura che odia il male. Se si dà il giusto peso a questo fatto, l’intero caso assume un aspetto diverso. Inoltre, non solo nasciamo di nuovo e veniamo perdonati, ma riceviamo lo Spirito Santo di Dio che abita in noi e veniamo sottoposti all’insegnamento della grazia, di cui parla Tito 2:11-14. Dobbiamo ricordare che, anche se il perdono ci viene concesso quando crediamo, è una conseguenza del sacrificio di Cristo; e tutti i nostri peccati, non solo quelli fino al momento della conversione, ma anche quelli futuri, sono stati espiati, quando Egli è morto per poi risuscitare.

Dobbiamo anche ricordare che Dio, come Padre, si occupa di noi, suoi figli, anche quando pecchiamo. Al momento della confessione siamo perdonati e purificati, perché “abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo il giusto” (1 Giovanni 1:9 – 2:1). Ma questo è il perdono del Padre, che ci ristabilisce nella comunione, e non il perdono eterno, che riceviamo all’inizio da Lui in qualità di Giudice supremo.

Tradotto e adattato da So Great Salvation di F.B. Hole

1 commento su “Il perdono – una grande salvezza”

I commenti sono chiusi.

Scopri di più da BibbiaWeb

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading