Influencer, io?

di Hartmut Mohncke

Qualche tempo fa, una rivista di informazione cristiana ha pubblicato un servizio su due giovani ragazze cristiane, conosciute per essere delle “influencer” di successo. Come hanno fatto in poco tempo ad avere oltre 15 milioni di abbonati che li seguono sui canali social? Tutto è iniziato da un breve video…

Il mondo dei media che ci distrae

I media hanno considerevolmente modificato la società. Circa 25 anni fa, sarebbe stato impensabile che degli adolescenti “normali”- cioè senza essere in posizioni particolari e senza avere compiuto degli exploit, potessero diventare delle celebrità nel mondo intero, potendo entrare in contatto con milioni di persone ogni giorno.

Gli influencers

Che sia YouTube, Instagram, Snapchat o TikTok, gli influencers sono le stars del mondo digitale. Sui loro canali raccontano ai loro giovani abbonati i loro viaggi, le loro relazioni, parlano di moda o danno dei consigli sul trucco, sulla salute, la cucina, i giochi , lo sport. Fare un reportage, o parlare di qualcosa, è di fatto presentare delle immagini o dei video. Spesso si tratta di ogni tipo di intrattenimento, distrazione o divertimento – basta che le persone guardino, poco importa se è qualcosa di superficiale. L’aspetto morale non gioca più (quasi) alcun ruolo.
Quali sono le qualità richieste per diventare un influencer? Certamente non esiste un profilo standard, ma occorre almeno una bella apparenza (look), molta sicurezza e per cominciare una forte fiducia in sé stessi e un modo giocoso di presentarsi. Infine,  soprattutto la forza di persuasione è una qualità di prim’ordine: dopo la distrazione e l’intrattenimento, la persuasione entra in azione. È ciò che cercano gli esperti di marketing per avere successo nella diffusione dei loro prodotti.

è immediato?

Alcuni si domanderanno che rapporto hanno certe cose mondane  con una rivista cristiana, immagini, reel, video e parlare di sé. Tutto questo non serve forse a nutrire la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita? Non sarebbe piuttosto il caso di attirare l’attenzione sulla buona Parola di Dio e su Colui che è “il più bello dei figliuoli degli uomini”? Certamente! Siamo però confrontati alle tendenze della nostra epoca – i giovani sono impregnati da questa atmosfera mediatica – siamo anche invitati ad esaminare ogni cosa e a ritenere il bene (1  Tessalonicesi 5:21). Vegliamo che questi fenomeni del mondo, non diventino dei fenomeni dei credenti.

Cristiani in modo diretto è meglio?

Le due giovani cristiane menzionate, postano di tanto in tanto un versetto della Bibbia tra due clip di video che riguardano la vita quotidiana, come ad esempio preparare delle pizze o dei piccoli balletti (con la base di una canzone qualunque). Esse vorrebbero restare fedele alla loro fede e mostrarla: essere credenti non è forse “mega-cool”? Essere riscattati e avere il perdono dei peccati è veramente un motivo di gioia reale (Luca 10:20). Ma è questo motivo di gioia che rende le due ragazze cristiane così felici? È una domanda legittima perché esse, tra l’altro, affermano di non volere pubblicare alcun video a tema cristiano. Questo fa drizzare le orecchie. Ciò che esse dicono è che una parte dei loro followers sono persone che hanno delle altre credenze e non vogliono infastidirli o dare l’impressione che soltanto loro hanno “la fede giusta” e quella degli altri è sbagliata.    

Cristiani di nome o di fatto?

Ciò che oggi qualifica qualcuno che professa di essere cristiano, spesso non corrisponde a ciò che è biblico. La Bibbia ci mostra con chiarezza qual è lo stato dei cristiani nati di nuovo in questo mondo: essi non ne fanno parte e sono degli stranieri “per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto Lui” (1 Giovanni 3:1). I veri discepoli di Cristo sono coloro che seguono il loro Signore e si lasciano influenzare da Lui e dal Suo “stile di vita”. Notate la parola seguire che corrisponde a seguace (= Follower o Fan di uno Youtuber) e la parola “influenzare” che corrisponde a influencer. I veri discepoli (seguaci) non devono farsi alcuna illusione: essi faranno, in principio, la stessa esperienza del loro Signore, forse sotto una forma leggermente diversa. Poiché il mondo non è cambiato. Esso stima che i discepoli di Gesù sono da compatire, li ignora, o addirittura li rigetta attivamente. Chi è celebrato dal mondo, deve mettere in discussione la sua vita di fede.

I veri seguaci di Gesù

Il Signore  un giorno ha detto: “se uno vuole venire dietro a me rinunci a se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua” (Luca 9:23). Noi abbiamo appena fatto qualche cenno alla seconda parte del versetto, continuiamo. All’epoca dell’Impero Romano, chiunque portava una croce sulle sue spalle, attraversando la città, era qualcuno sul quale era stata pronunciata una sentenza di morte. Il Signore vuole dunque dirci che seguendolo dobbiamo essere pronti ad accettare l’obbrobrio da parte del mondo. Cosa vuol dire il Signore quando fa della rinuncia a se stessi una condizione per essere suoi discepoli? Significa “dire no a se stessi”. Detto in altre parole è come se noi ci facessimo da parte, compresi i nostri desideri e le nostre idee. Non si tratta più di me, del mio onore, ma soltanto di Lui. È lui che ha diritto alla parola e il mio ego non ha più nulla da dire. È Lui che deve essere onorato. Se io voglio seguire Gesù mi metto da parte. Rinunciare a se stessi è in forte contraddizione con lo stile di vita proposto oggi, in particolare dalle numerose presentazioni di sé contenute nei social media “gli uomini saranno egoisti” ha annunciato Paolo a riguardo degli ultimi giorni del cristianesimo. Questo caratterizza la nostra epoca. L’egoismo è la prima caratteristica della lista dei vizi che ci è presentata in 2 Timoteo 3. Questi caratteri sono tutti fuori luogo per un discepolo di Gesù. Possiamo chiederci se noi siamo già abituati a questi caratteri o se ne abbiamo già adottati alcuni.

Dove sono gli eroi cristiani?

  1. Significato del successo
    “Il nostro successo è il dono di Dio”. Ecco l’apprezzamento che le due giovani donne dichiarano riguardo la loro carriera. Cosa si nasconde dietro il loro successo? Le influencers insistono sul fatto che questo dimostra che presentano se stesse, le loro idee, le loro attività in modo affascinante. Lo scopo è di ottenere una grande popolarità (numerosi click o like). Questo permette di valutare il successo con precisione. La qualità del contenuto esposto è secondaria e, in generale, non è esaminata con occhio critico. Sia che immettiamo o riceviamo dei messaggi in rete, dobbiamo essere coscienti dei principi che sottintendono a queste tendenze.  Coloro che traggono profitto da contenuti cristiani non devono essere abbagliati: ciò che ha un valore eterno è soltanto ciò che ha l’approvazione di Dio, o detto in altre parole, ciò che è in accordo con la Bibbia ed è fatto secondo lo spirito di Gesù. Ogni altra cosa non ci farà fare progressi spirituali e peggio ancora ci allontanerà dalla verità.
  2. Perdenti o vincenti? Come fortificarsi per perseverare
    Paragonato a certi vincenti di oggi, l’apostolo Paolo era un perdente o un “loser”. Egli non si vantava delle sue forze e dei suoi successi spirituali (quanto avrebbe potuto farlo!), ma evidenziava le sue debolezze. Nella seconda lettera ai Corinzi, noi troviamo tre passi che raccontano in dettaglio le sue sofferenze per Cristo (2 Corinzi 4; 6; 11). Ciò che i destinatari delle sue lettere avevano perso di vista è che i servitori di Cristo non si riconoscono in primo luogo dal loro successo visibile e la loro grandezza spirituale non si manifesta con un’entrata in scena piena di fiducia in se stessi. La prima caratteristica di un vero servitore è la perseveranza nelle circostanze sfavorevoli (2 Corinzi 6:4). Anche degli avvenimenti e delle esperienze sovrannaturali non sono necessariamente la prova della potenza effettiva di Dio: possono essere generate da altre forze. In contrapposizione a questo si può essere “fortificati in ogni cosa dalla sua gloriosa potenza per essere sempre pazienti e perseveranti” (Colossesi 1:11).
  3. Di cosa vantarsi? Esempio dell’apostolo Paolo
    La vita dell’apostolo Paolo potrebbe essere riassunta da 2 Corinzi 11:33 che dice: “e da una finestra fui calato, in una cesta, lungo il muro, e scampai dalle sue mani”. Potremmo dire che, in un certo senso, scendeva sempre,  ma una volta fu permesso a Paolo di salire in alto, più in alto di tutti, fino al terzo cielo, al paradiso (2 Corinzi 12:2,4). E il Signore gli apparve personalmente a più riprese (Cfr. Atti 18:9; 22:18; 23:11). Egli era però reticente a raccontare questi fatti, perché voleva evitare a tutti i costi di essere stimato al di sopra di ciò che appariva quotidianamente e di ciò che si udiva di lui (2 Corinzi 12:6). Egli preferiva vantarsi delle sue “debolezze”, poiché la sua vita era caratterizzata dal lavoro, dalle fatiche, da povertà e preoccupazioni. Anche se parecchie volte nella sua vita era stato salvato in diverse maniere, si trattava generalmente di “evasioni”. E alla fine della sua vita Paolo era rimasto praticamente solo, senza riconoscenza da parte degli uomini e senza una sepoltura degna.

Essere riconosciuti, si! Ma da chi?
Pressati dall’amore di Cristo, non per piacere agli uomini

L’ultima lettera di Paolo a Timoteo appare tutto tranne che mega-cool. La sua vita era una rara eccezione? Per molti aspetti noi non possiamo paragonarci a lui. Inoltre noi oggi viviamo in Europa in una società relativamente tollerante, per queste motivazioni la nostra vita di cristiani non è difficile come era quella che Paolo ha vissuto. Una cosa però è importante per noi; Paolo, nel suo servizio per il Signore, non utilizzava mezze misure e innanzitutto non era duro nelle relazioni con gli altri credenti. Il suo cuore ardeva per il suo Signore. Cristo doveva essere glorificato nel suo corpo (Filippesi 1:20). Allo stesso tempo, “l’amore di Cristo” lo pressava (lo costringeva) per presentare “ogni uomo perfetto in Cristo”. Egli si adoperava a questo con tutte le sue forse (Colossesi 1:28-29). Non si trattava mai di piacere agli uomini, era rigoroso a questo riguardo “se cercassi ancora di piacere agli uomini non sarei servo di Cristo” (Galati 1:10).

Gioiosi e riconosciuti dal Signore

Malgrado tutti i suoi sforzi e le sue delusioni Paolo era un uomo infinitamente felice, eppure sempre allegro, poteva dire ai Corinzi (2 Corinzi 6:10). Lui, e il nostro Signore ancora di più, hanno mostrato nella loro vita che si può  da una parte non essere considerati per niente e, d’altra parte vivere nell’amore del Padre celeste. Avere l’approvazione del nostro Signore e essere ripieni della sua gioia sopravanza tutta la mancanza di riconoscenza della quale si può soffrire da parte degli altri. Il nostro scopo è “il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo” (Filippesi 3:14). Vedere presto il nostro Signore e essere là dove Egli è, nella Sua gloria è una grazia incommensurabile. Noi possiamo dunque rinunciare, senza timore, agli applausi delle persone, anche se è così lusinghiero avere su questa terra centinaia o migliaia di spettatori.

Da seguace o fan a influencer

Un proverbio di questo mondo dice: “dimmi chi frequenti e ti dirò chi sei”; se so ciò di cui ti occupi so ciò che tu puoi diventare. Anche se pronunciate da increduli, queste parole hanno un fondo di verità. La persona della quale mi occupo di più è quella che mi influenza fortemente. Se per me Colui che è prezioso al di sopra di ogni cosa è il Figlio di Dio io sarò trasformato nella sua immagine (2 Corinzi 3:18). Allora non mancherò di diventare un influencer ma:

– non per la moda

– non per i cosmetici

– né per nessun’altra cosa,

ma per

-il più grande Signore che il mondo possa conoscere e

-il migliore messaggio che si possa annunciare nel mondo.

Pensiamo ai Tessalonicesi: essi erano allo stesso tempo degli imitatori (“follower”, fans) e dei modelli (“influencer”). La cosa stupefacente è che la parola del Signore echeggiava a centinaia di chilometri di distanza “la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo” (1 Tessalonicesi 1:8). E all’epoca non avevano certo i canali e i social media!

Tratto da Folge Mir Nach