di F.B. Hole
Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 03-20217
Con l’avvento straordinario del regno di Babilonia sotto Nabucodonosor, cominciarono i tempi delle nazioni. Il capitolo 2 di Daniele si apre con la dichiarazione che nel secondo anno del suo regno questo grande monarca fece un sogno che lo turbò molto. Ne aveva ben ragione, poiché in quel sogno si trovava una rivelazione che veniva da Dio, proprio per umiliarlo. Egli perse il sonno e, peggio ancora, dimenticò completamente il sogno. Così si rivolse ai Caldei e ai loro associati che intrattenevano relazioni con le potenze sataniche, esigendo da loro sia il racconto del sogno sia la sua interpretazione.
Questa richiesta, con la minaccia di distruggerli tutti se non avessero esaudito il suo desiderio, pare senza dubbio, a prima vista, barbara e folle. Ma, riflettendo, possiamo ricordarci che nello stesso tempo, a Gerusalemme, c’erano falsi profeti di false divinità le cui predizioni erano completamente false (Geremia 29:8, 9, 20 a 23, 30 a 32). Certamente era la stessa cosa con gli indovini di Babilonia. Nabucodonosor pensò forse che fosse giunta l’ora di mettere alla prova quegli uomini che lo circondavano e che godevano del prestigio della corte. Se pretendevano di saper interpretare i sogni, avrebbe dovuto essere loro possibile, per lo stesso potere sovrannaturale, ricostruire il sogno dimenticato! Questo avrebbe dimostrato vera la loro pretesa di essere degli indovini; nel caso contrario, il re li avrebbe eliminati dal suo regno!
Daniele e i suoi amici, essendo stati classificati tra i savi di Babilonia, caddero anch’essi sotto quel crudele decreto reale; ma il modo con cui hanno affrontato quella brutta situazione è molto istruttivo per noi. Essi fanno due cose. Subito Daniele supplica umilmente il re di accordargli del tempo, avendo egli la certezza, grazie ad una totale fiducia in Dio, che la risposta non avrebbe tardato. Così, Daniele e i suoi compagni si dedicano alla preghiera finché la risposta concernente il sogno non fu rivelata.
Questi quattro uomini, in mezzo ad una grande idolatria, nella città più celebre del mondo, sono così separati nel loro cuore e nel loro cammino, e hanno una tale relazione con il “Dio dei cieli” che Dio può dare loro delle rivelazioni. Il segreto che hanno ricercato con la preghiera è svelato a Daniele in una visione notturna. Egli vede esattamente ciò che il re aveva visto in sogno qualche giorno prima. Altri uomini di Dio, come Giuseppe, erano stati capaci di interpretare dei sogni, ma qui abbiamo di più. Il sogno che era apparso allo spirito di un uomo è riapparso in modo identico allo spirito di un altro uomo qualche notte dopo! Ecco ciò che Dio solo può fare e che non ha fatto con nessun altro dei Suoi servitori; ma Daniele si era separato interamente per Dio dalla corruzione e dalla contaminazione del mondo e dell’ambiente che lo attorniava.
La prima cosa che Daniele fa è quella di benedire e lodare Dio (v. 19-23). Dio aveva cambiato “i tempi e le stagioni”, aveva deposto dei re per stabilirne altri dimostrando che la sapienza e la potenza sono Sue prerogative. La soppressione dei re nella discendenza di Davide e la salita al trono di Nabucodonosor erano stati atti divini. Daniele non solo si inchina davanti a questi fatti, ma benedice Dio. Lo benedice pure perché comunica la sapienza a coloro che ha preparato per comprenderla e ai quali i segreti sono rivelati.
Abbiamo qui per la prima volta l’espressione “i tempi e le stagioni” che ritroviamo in Atti 1:7 e in 1 Tessalonicesi 5:1. E’ chiaro che quest’espressione si applica alle disposizioni e alle vie di Dio sulla terra. Atti 1 ci dice che i discepoli non dovevano conoscere i tempi nei quali Dio sarebbe intervenuto; i Tessalonicesi però sapevano in quale maniera Dio avrebbe compiuto ciò che aveva predetto, anche se non erano ancora al chiaro sulla venuta del Signore per rapire i santi, di cui tratta il capitolo 4. Ma questa venuta è in rapporto con un appello celeste, mentre “i tempi e le stagioni” sono relativi alla terra.
Conosciuto il sogno, Daniele è subito portato davanti al re e si premura di precisare che nessuna virtù particolare procede da lui, ma dal Dio dei cieli “che rivela i segreti” e il cui scopo è di fargli conoscere i tempi futuri delle nazioni. Questi tempi erano iniziati già con la distruzione di Gerusalemme e la deportazione suo re. E’ chiaramente detto a Nabucodonosor che Dio agiva così verso di lui per fargli realizzare che ha a che fare con un Dio che conosce i suoi pensieri più segreti.
Il sogno che Daniele espone al re lo leggiamo nei v. 31-35: una grande statua, di uno splendore straordinario e terribile.
Ma consideriamo il sogno come Daniele lo interpreta a partire dal v. 37. La testa d’oro di quella grande statua era Nabucodonosor stesso. Egli esercitava un potere assoluto, senza freni e senza limiti, come tanti altri regni e come sarà il regno della “bestia” preannunciato profeticamente in Apocalisse 13. Un solo potere lo supererà: quello del Signore Gesù quando verrà come Re dei re e Signore dei signori. Egli giudicherà e regnerà in giustizia, non come Nabucodonosor che “uccideva chi voleva e conservava la vita a chi voleva”, come dice Daniele (5:19).
L’impero babilonese, anche se magnifico, ha dominato la scena del mondo per poco tempo. Sotto Baldassar ha perso la sua orgogliosa supremazia. Al v. 39 leggiamo “dopo di te sorgerà un altro regno”. Questo doveva essere inferiore in potenza (l’impero medo-persiano) è rappresentato nel sogno dal petto e dalle braccia d’argento al quale sarebbe seguito un terzo regno (l’impero macedone con Alessandro Magno) simboleggiato dal ventre e dalle cosce di rame. Ma sia Nabucodonosor sia coloro che l’hanno seguito hanno fallito riguardo alla responsabilità che era loro affidata. Il governo sarà realizzato perfettamente in giustizia, ma anche in bontà, soltanto da Cristo, durante il regno del Millennio.
E’ da notare che in questo capitolo Daniele parla più di una volta del “Dio del cielo” indicando in questo modo la Sua autorità sui regni della terra. Ciò spiega, probabilmente, quello che l’apostolo insegna in Romani 13.1. La potenza che esisteva al suo tempo, l’impero Romano, era il quarto degli imperi menzionati nel nostro capitolo, ma i potenti delle nazioni esercitano la loro autorità perché sono delegate dal “Dio dei cieli”.
Non ci è detto molto del secondo e terzo impero. La nostra attenzione si sofferma sul quarto, caratterizzato dalla forza, come suggerisce il ferro della statua di cui è composto. L’impero romano ha “calpestato” e “ schiacciato” il mondo civilizzato, e nella sua forma unificata è durato secoli. Benché sia decaduto, è visto nel sogno come esistente in un certo modo fino al suo ultimo sviluppo. Alla fine della sua storia, è un insieme di dieci regni rappresentati dai piedi di argilla mescolata al ferro, perché sarà regno in parte forte e in parte fragile.
L’argilla e il ferro sono materiali molto diversi. Il ferro è un metallo di minor valore che l’oro, benché più solido; l’argilla non è un metallo e il suo utilizzo in senso figurato nelle Scritture evoca ciò che è umano in contrasto con ciò che è divino (Giobbe 10:9 e 33:6). Anche l’uomo è paragonato all’argilla nelle mani di Dio (il vasaio) che lo plasma e gli dà forma.
Il sogno indicava dunque che il quarto impero, nei suoi ultimi giorni, avrà dieci “re” e che, pur rimanendo forte, avrà un componente forse dovuto al ruolo incerto e fragile della volontà del popolo. E’ sui piedi della statua che cadde la pietra. E’ detto che questa si staccò “senza intervento umano” (v. 45). Questa pietra era dunque di origine divina e non umana. La prima volta che si fa allusione al Signore Gesù come a una “pietra” è in Genesi 49:24. Giacobbe, diventato vecchio, benedice i suoi figli e a proposito di Giuseppe dice: “Le sue braccia e le sue mani sono state rinforzate… da colui che è il pastore e la roccia di Israele”. Cristo appare nuovamente sotto questo aspetto nel Salmo 118 (v. 22-23) e in Isaia (v. 16), e poi nel Nuovo Testamento.
Nel sogno che consideriamo, la pietra è interpretata come “un regno che non sarà mai distrutto” (v. 44) e sappiamo chi sarà il Re di questo regno. Noi lo conosciamo come la pietra vivente e siamo già venuti a Lui, come ci ricorda 1 Pietro 2:5. Gli apparteniamo già, partecipiamo alla Sua natura in quanto pietre viventi, e siamo edificati come essendo sotto la Sua autorità per formare un edifico spirituale e un sacerdozio santo. Quando verrà come Re di questo futuro regno predetto in Daniele 2, sarà per giudicare il mondo. Nel frattempo, noi conosciamo il Suo amore che attira le anime e edifica i credenti. Che immenso favore, che benedizione di conoscerlo così!
E’ un pensiero molto solenne: il giudizio deve cadere alla fine su questa statua maestosa che rappresenta la potenza delle nazioni sulla terra, per ridurla in polvere. Nulla rimarrà di tutta la potenza e di tutta la gloria esteriore dell’uomo. La conoscenza di questo fatto dovrebbe avere su di noi un’influenza santificante. Non saranno distrutti solo il ferro e l’argilla, ma anche l’oro, l’argento e il rame. Il Dio che rivelava queste cose era infinitamente più grande di quel re di Babilonia che pure appariva grande agli occhi degli uomini. La grandezza di Dio garantiva la certezza di ciò che il sogno preannunciava.
Leggendo 1 Corinzi 1:19 e 2:6 comprendiamo che non saranno distrutti solo i potenti regni delle nazioni, ma che saranno annientate, nel giorno in cui Dio si leverà in giudizio, anche le intelligenze più eccelse di questo mondo e tutta la loro sapienza.
La rivelazione comunicata da Daniele al re ha su di lui un effetto immediato, come lo vediamo negli ultimi versetti del capitolo. Invece di essere irritato per la predizione di questo disastro finale, Nebucodonosor si sente gratificato di essere alla presenza del sopranaturale, di un potere che non aveva trovato nei Caldei e nei maghi. Così, coerente con la sua educazione pagana, si interessa principalmente dell’uomo che detiene questo potere e cioè di Daniele. Egli riconosce che il Dio di Daniele è “il Dio degli dèi, il Signore dei re”, ma la lode la rivolge a Daniele piuttosto che a quel Dio nel nome del quale Daniele ha parlato. Troviamo qui un’illustrazione di ciò che è scritto in Romani 1:25: i pagani “hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore”.
In seguito, Daniele non è solo onorato, ma è elevato alla dignità di capo dei consiglieri e governatori del re, e alla sua richiesta anche i suoi compagni ricevono grandi onori e accedono a posizioni eminenti.
Ma questo spiegamento della potenza divina, avrà un effetto salutare su Nabucodonosor? Purtroppo no, come ci mostra il capitolo successivo.
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