1 Cronache
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Capitolo 1, versetti da 1 a 34
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Poiché l’uomo ha mancato totalmente sul principio della sua responsabilità, vedremo il Dio di grazia riprendere Egli stesso le cose dal principio in questi libri delle Cronache. La storia dell’umanità vi si trova, in certo qual modo tracciata di nuovo, non più mettendo l’accento sul male prodotto dall’uomo (Libri di Samuele e dei Re) ma sottolineando il bene pensato e compiuto da Dio in risposta a quel male. Ecco dunque questa storia dell’umanità ricapitolata risalendo ad Adamo! E si è notato che il significato dei dieci primi nomi permetteva di leggere una frase ben significativa:
Adamo: l’uomo Seth: essendo diventato Enosh: mortale Kenan: piangente, misero Mahalaleel: il Dio beato Jared: discende Enoc: consacrato, ammaestrato Methushelah: la sua morte procura Lamec: (al) trasgressore Noè: consolazione (e) riposo
(G. V. Wigram – Concordanza ebraica).
Non abbiamo forse qui anzitutto una conclusione a tutto ciò che precede, cioè la constatazione della rovina irrimediabile della creatura? E, ad un tempo, una meravigliosa introduzione allo spiegamento dei consigli di Dio, che seguiremo come un filo d’oro, lungo questi due libri!
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Capitolo 2, versetti da 1 a 17
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Non bisogna cercare in queste liste di nomi l’esattezza e la logica che si esige, per esempio, per un registro dello stato civile. Qui, come sempre, la Parola di Dio non risponde alla curiosità né alle ricerche dell’intelligenza umana. Delle omissioni, delle sostituzioni, delle inversioni, si trovano costantemente in questi capitoli per rispondere alle intenzioni dello Spirito di Dio. Ora, quali sono queste intenzioni? Perché quelle lunghe genealogie difficili da leggere? Si tratta anzitutto di provare i diritti delle famiglie d’Israele alle promesse fatte ad Abrahamo. Ogni Israelita poteva, riferendosi ad esse, prevalersi delle proprie origini e dei suoi diritti all’eredità. Purtroppo, sappiamo che i Giudei al tempo del Signore si vantavano di avere Abrahamo per padre, pur rifiutando di riconoscere in mezzo a loro Colui che è prima che Abrahamo fosse (Giovanni 8:58).
Per quanto riguarda il cristiano, avendo ricevuto la vita divina alla nuova nascita, fa parte della famiglia di Dio. La sua genealogia terrena non è più importante; Dio è diventato il suo Padre in Gesù, ed egli può gridare: «Vedete di quale amore ci è stato largo il Padre, dandoci d’esser chiamati figliuoli di Dio!» (1 Giovanni 3:1).
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Capitolo 3, versetti da 1 a 14 Capitolo 4, versetti 9 e 10
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Queste genealogie hanno un altro motivo d’essere: la filiazione del Messia doveva essere stabilita in modo indiscutibile. Discendendo il corso delle età, vediamo che Dio mette a parte successivamente dal mezzo della razza umana: la famiglia d’Abrahamo, d’infra questa la tribù di Giuda, e dal mezzo di questa tribù, la dinastia regale di Davide. È questa che occupa il capitolo 3. E si può pensare con che attenzione Dio seguiva, di generazione in generazione, la discendenza che doveva far capo a «Gesù chiamato Cristo» (Matteo 1:16).
La breve storia di Jabets, «più onorato dei suoi fratelli», è inclusa nella lista dei figli di Giuda. Sentendo il peso del dolore, che è la conseguenza del peccato, quest’uomo chiede al Dio d’Israele di allontanare il dolore dal suo sentiero. Egli è esaudito. Ascoltiamo le quattro richieste della sua preghiera. E imitiamolo per reclamare senza timore:
- Il godimento di abbondanti benedizioni spirituali.
- Dei confini più larghi, per la nostra intelligenza e per il nostro cuore.
- La mano di Dio con noi nelle nostre imprese (Salmo 119:173).
- La messa al riparo dal peccato e dalla tentazione (Matteo 6:13).
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Capitolo 4, versetti da 21 a 43
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Fra i figli di Giuda, dopo i re, dopo le persone ricche e onorate come Jabets, ecco dei modesti artigiani (vers. 14, 21 a 23). Erano operai di bisso, tessitori, vasai, giardinieri. La loro condizione era umile, ma grande era il loro privilegio, poiché «stavano quivi presso al re per lavorare al suo servizio». Guardiamoci di ricercare una posizione elevata nel mondo, se il Signore non vi ci ha chiamati espressamente. Il popolo di Dio conta «non molti potenti, non molti nobili…» (1 Corinzi 1:26, leggere anche Geremia 45:5). Ogni situazione importante implica inevitabilmente delle responsabilità assorbenti, che lasciano generalmente poco tempo per occuparsi della Parola e dell’opera del Signore. Non scegliamo dunque un mestiere che ci impedisca di abitare presso al Re, né di compiere il Suo servizio.
La tribù di Simeone era stata l’oggetto d’un severo giudizio a causa della violenza del suo capostipite (Genesi 49:5 a 7) e dell’idolatria di BaalPeor (Numeri 25:5). Ma qui, secondo il proposito del libro, non si tratta che del bene che la grazia ha prodotto: questa tribù ha esteso i suoi confini e riportato brillanti vittorie.
1 Cronache
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Capitolo 5, versetti da 18 a 26
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Questo capitolo 5 tratta dei figli di Ruben, di Gad e della mezza tribù di Manasse. Più preoccupati del loro benessere che del possesso del paese della promessa, queste tribù si erano stabilite al di qua del Giordano. La loro mancanza di fede, di perseveranza, il loro materialismo, sono altrove messi in evidenza. Ma qui (a parte il vers. 25, necessario per comprendere la narrazione) com’è commovente vedere di nuovo che la Parola rileva soltanto tutto il bene possibile a dirsi! Il loro coraggio e la loro fiducia sono particolarmente sottolineati (Salmo 146:5). Essi gridarono a Dio nella battaglia (questa battaglia proveniva da Dio — vers. 22) e Dio li esaudì, perché avevano confidato in lui (vers. 20; conf. 2 Cronache 32:8).
Il cuore di Dio è sempre il medesimo. Dei suoi deboli discepoli che l’avrebbero abbandonato alcuni istanti dopo, il Signore Gesù poteva dire al Padre suo: «Essi hanno osservato la tua parola… hanno creduto che tu mi hai mandato» (Giovanni 17:6 a 8). Tale è l’amore del nostro caro Salvatore! Dove noi non sappiamo vedere che rovina e miseria, Egli scopre qualche cosa che gli è gradito. Che meraviglioso Modello per noi! Prima di formulare un giudicio, prima di fare una critica, ricordiamoci del modo in cui il Signore parla dei suoi nella loro assenza.
1 Cronache
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Capitolo 6, versetti da 1 a 3 versetti da 48 a 65 (Capitoli 7 e 8)
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Consacrato ai figli di Levi e ai sacerdoti, figli di Aaronne, questo capitolo è il riscontro del capitolo 3 dove abbiamo trovato i re. Famiglie privilegiate in Israele! Ma, nel popolo attuale di Dio, queste funzioni sono la parte di ogni credente: «Voi siete una generazione eletta, un real sacerdozio… affinché proclamiate le virtù di Colui che vi ha chiamati…» (1 Pietro 2:9, vedere anche Apocalisse 1:6). Esprimere al Signore la nostra lode, annunziare le sue virtù ad altri, tale è il doppio servizio del cristiano. I Leviti ce lo ricordano. Alcuni erano preposti al canto (vers. 31 a 33). Altri servivano nella Casa di Dio sotto la direzione di Aaronne e dei suoi figli (vers. 48 e 49).
Troviamo in seguito ai capitoli 7 e 8 le genealogie di Issacar, di Beniamino, di Neftali, dell’altra mezza tribù di Manasse, infine di Efraim e d’Aser. Notiamo la negligenza di Neftali, tribù così poco pensosa dei suoi privilegi, che la sua storia è ricordata in un solo versetto (cap. 7:13). E sottolineiamo in quest’occasione l’interessamento che dovremmo avere alla storia della Chiesa, al ricordo di quelli che furono dei fedeli conduttori. Poiché, noi siamo, spiritualmente, per la maggior parte i loro eredi ben responsabili.
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Capitolo 9, versetti da 17 a 34
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Altri Leviti sono menzionati in questo capitolo 9. Sono i portinai. Le loro funzioni sono molto importanti. Si riassumono in un ordine breve e preciso; ricordato dal Signore in una piccola parabola: «Ed egli (il padrone) comandò al portinaio di vegliare» (Marco 13:34).
Vegliare sui vasi e sugli utensili, sui sacrifici, sul vitto, sull’ingresso nella Casa! (vers. 28; leggere 2 Corinzi 8:20-21). A questo servizio corrisponde nel Nuovo Testamento quello dei sorveglianti, pastori o anziani. Sono essi in particolare che, nelle assemblee, dovevano (e tuttora ancora) aver cura delle anime e mantenere la sana dottrina. Posto di fiducia e d’onore, di cui dovranno rispondere al ritorno del loro Signore!
Questi portinai erano dei discendenti di Core il ribelle (Numeri 16). Ma essi preferivano stare sulla soglia nella casa del loro Dio, che abitare nelle «tende di malvagità», dove aveva abitato il loro padre. Conosciamo il bel salmo 84 composto da questi Coriti? «Oh! quanto sono amabili le tue dimore, o Eterno degli eserciti… Poiché un giorno nei tuoi cortili val meglio che mille altrove» (Salmo 84:1 e 10). A chi affida Dio le cure della Sua casa, della Sua Assemblea? A quelli che hanno dell’affetto per essa (Giovanni 21:15-17).
1 Cronache
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Capitolo 10, versetti da 1 a 14
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Da questo capitolo, le Cronache riprenderanno la storia di Davide e dei suoi successori, dopo la morte di Saul. Ma la narrazione avrà numerose differenze con quella dei Libri di Samuele e dei Re. Alcuni fatti sono aggiunti, altri son passati sotto silenzio. Ognuno di questi mutamenti corrisponde allo scopo che Dio si è proposto scrivendo di nuovo questa storia sotto un altro aspetto: quello della sua sovrana grazia. Per lo stesso motivo, ci ha dato quattro volte, in quattro evangeli, la storia del suo Figlio, onde permetterci di considerarlo in diverse glorie.
Così, non stanchiamoci di rileggere delle cose conosciute, ma cerchiamo piuttosto di notare quel che lo Spirito aggiunge e ciò che omette volontariamente.
E neppure non scoraggiamoci di udire sempre nuovamente che Dio ha messo fine all’uomo nella carne. Saul ne è l’immagine con la sua razza. Egli cade sotto la mano dei Filistei, ed è spogliato sul monte Ghilboa. La sua rovina è completa, la sua morte constatata, prima che appaia sulla scena Davide, l’uomo che risponde ai consigli divini, immagine del Signore Gesù.
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Capitolo 11, versetti da 1 a 14
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I lunghi anni di sofferenze e di rigettamento sono terminati per Davide. I suoi diritti al trono sono riconosciuti da tutto Israele. Egli s’impadronisce della fortezza di Sion, celebrata in tanti Salmi (per esempio Salmo 87:1 a 3) e che ci parla di grazia regale. Ma non vi abiterà solo. Gli uomini di fede che, con lui, avevano errato nei deserti e sui monti, dimorando nelle spelonche e nelle grotte della terra (di loro il mondo non era degno) potranno ora dimorare con lui per sempre in quella città (Neemia 3, fine del vers. 16; Ebrei 11:16 a 38). Figli di Dio, la vediamo noi spuntare all’orizzonte, la meravigliosa Città d’oro verso cui Gesù conduce i nostri passi? Che questa prospettiva ci fortifichi per il cammino ed il combattimento cristiano!
Il valoroso Eleazaro si è battuto con i Filistei per preservare un campo d’orzo. Ci fa pensare a quei servitori del Signore che han dovuto lottare per assicurare il nutrimento al popolo di Dio. Parecchi hanno sostenuto dure controversie contro i nemici della verità. Dobbiamo esser loro riconoscenti e pronti a nostra volta a difendere la sana dottrina che ci hanno conservata (Giuda 3).
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Capitolo 11, versetti da 15 a 25
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Nel giorno della sua assunzione al potere, Davide non ha dimenticato i suoi compagni di Adullam. Dimenticherà il Signore quelli che cercano quaggiù di seguirLo e di servirLo? Sappiamo bene che è impossibile. Nel momento stesso in cui Egli stava per dare la propria vita per i suoi discepoli, e mentre questi erano occupati di sapere chi di loro sarebbe stimato il maggiore, che cosa dichiara loro il Maestro adorabile? «Voi siete quelli che avete perseverato meco nelle mie prove; e io dispongo che vi sia dato un regno, come il Padre mio ha disposto che fosse dato a me…» (Luca 22:28-29).
Vi è fra questi uomini forti una gerarchia. Non è basata sulla forza, poiché tutti sono uomini forti; ma sulla devozione. È la stessa cosa fra i credenti. Certi, in tutti gli ambienti cristiani, superano gli altri nello zelo e nell’attaccamento al Signore. Un giorno, nel cielo, conosceremo i loro atti di valore. Non desiderereste trovarvi fra loro? «Poiché così vi sarà largamente provveduta l’entrata nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo» (2 Pietro 1:11). Largamente, riccamente, e non scarsamente!
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Capitolo 12, versetti da 1 a 18
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La disfatta di Saul era stata provocata dagli arcieri filistei che egli non era stato in grado di respingere. Siamo tuttavia informati qui che egli avrebbe potuto trovare abili guerrieri, maneggianti meravigliosamente l’arco e la fionda, fra i suoi propri fratelli della tribù di Beniamino. Sì, soltanto questi avevano lasciato il re condannato per unirsi a Davide a Tsiklag. Avevano messo la loro abilità a disposizione di colui che riconoscevano per la fede come loro vero signore. Che cosa facciamo dei talenti che Dio ci ha dati? Al servizio di qual padrone sono adoperati? Per Cristo o per il mondo?
D’infra i Gaditi si sono pure uniti a Davide undici uomini prodi. Davide affida loro delle responsabilità. — Giungono anche degli uomini di Giuda e di Beniamino. Il re investiga le loro disposizioni.
Non è forse magnifica, la risposta che per lo Spirito, Amasai, capo dei principali capitani, dà a Davide?: «Noi siamo tuoi, o Davide, e siam con te, o figlio d’Isai…!» Possa ognuno di noi dire pure per lo stesso Spirito: Io sono tuo, o Gesù…»
Tuo, ma anche con te! Purtroppo, molti riscattati appartengono al Signore, ma non sanno trovar piacere in Sua compagnia.
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Capitolo 12, versetti da 19 a 40
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Davide, centro di radunamento, vede venire a sé, d’infra tutte le tribù, i cuori fedeli che lo riconoscono. Di qui, di là, delle truppe giungono, le une più sollecite delle altre, finché un immenso campo si trova riunito. Tsadok, giovane forte e valoroso, vi si trova nominato particolarmente. Chi il Signore potrebbe designare così fra il suo popolo, oggi?
Ogni soldato che viene a Davide possiede il proprio carattere particolare: alcuni hanno più forza e coraggio, altri più discernimento e saviezza, altri ancora più ordine o più dirittura… E così è fra i figli di Dio. Diversi gli uni dagli altri, ognuno brillerà particolarmente per un dato o l’altro del suo carattere: energia, saggezza, pazienza, fede, amore, perseveranza… E ognuna di queste virtù è conosciuta dal Signore che la sottolinea, Lui che solo le ha tutte manifestate.
La scena che termina questo capitolo ci fa pensare a Luca 12:37. Ma il Maestro incomparabile non lascerà a nessun altro la cura di occuparsi dei suoi servi fedeli, dei suoi combattenti stanchi. Egli stesso si cingerà, «li farà mettere a tavola e, avanzandosi, li servirà».
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Capitolo 13, versetti da 1 a 14
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Un buon desiderio è sorto nel cuore del nuovo re: ridare all’arca il suo posto d’onore in Israele ed associare l’intero popolo a questo avvenimento. Tutto sembra svolgersi nel miglior modo possibile. La gioia è generale. Sventuratamente un particolare (ma un particolare di somma importanza) era stato dimenticato, e bastò a provocare la morte di Uzza, e ad un tempo la più grande confusione. Ad un tratto, nel cuore del re, la gioia fa posto allo spavento, l’irritazione sostituisce la lode.
La Parola prescriveva ai Leviti di portare l’arca a spalla e non era stato fatto così. Probabilmente per pura ignoranza! Si era fatto per il meglio, perché non si sapeva di più. Ma tanto il re, che doveva copiare il libro della legge (Deuteronomio 17:18), quanto i Leviti che dovevano insegnarlo, avrebbero dovuto conoscere l’ordine a questo riguardo. Essi erano dunque inescusabili. Noi che abbiamo la Bibbia fra le mani, siamo responsabili di camminare e servire il Signore secondo gli insegnamenti che contiene.
L’arca è deposta nella casa di Obed-Edom e vi rimarrà tre mesi «con la famiglia» di quest’uomo. Essa vi porta la benedizione, come lo fa sempre la presenza del Signore nelle nostre case e nei nostri cuori.
1 Cronache
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Capitolo 14, versetti da 1 a 17
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La gloria e la prosperità di Davide hanno la loro risonanza presso i suoi vicini. Gli uni, come Hiram ed il suo popolo ricercano il favore e l’amicizia del re d’Israele; gli altri, come i Filistei, non hanno disarmato.
Notiamo che, in accordo con il carattere delle «Cronache», non è parlato qui della collaborazione di Davide con Akis (1 Samuele 27 a 29), eccetto l’allusione discreta in 1 Cronache 12:19.
Il vincitore di Goliath sale dunque a due riprese contro i Filistei, non senz’aver anzitutto ogni volta interrogato Dio. Insistiamo di nuovo su quest’attitudine d’umiltà. Davide non ha fiducia nelle sue capacità di capo, non si fida della sua esperienza militare per decidere quale tattica gli convenga adottare.
È forse così che noi agiamo quando il Nemico «sale contro di noi»? Il nostro primo pensiero è forse quello di interrogare Dio sul modo in cui possiamo vincerlo? Non fidiamoci della nostra propria saggezza e, prima di affrontare l’Avversario, come anche prima di prendere qualsiasi decisione, chiediamo al Signore Gesù le sue direzioni e il suo soccorso. La maggior parte delle nostre sconfitte davanti al nostro forte Nemico non hanno altra spiegazione di questa: avevamo dimenticato di ricercare il pensiero del Signore.
1 Cronache
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Capitolo 15, versetti da 1 a 24
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Bisogna aver il coraggio di riconoscere i nostri falli dinanzi al Signore e dinanzi agli uomini. Noi non abbiamo ricercato Dio «conformemente alle regole stabilite» (vers. 13), dichiara Davide ai Leviti incaricati di portare l’arca. E tutte le disposizioni sono prese questa volta per farla salire «secondo la parola dell’Eterno». Scena di gioia e di lode! Notate il posto che vi occupa Obed-Edom. Avrebbe potuto lagnarsi egoisticamente di veder l’arca lasciar la sua casa. Non perdeva forse con essa una sorgente di benedizione? (cap. 13:14). Ma a questo egli non pensa. La benedizione sarà la parte di tutto Israele, ed egli stesso, Levita d’infra i figli di Core, unirà in sé le funzioni di cantore, di maestro di canto, e di portinaio dell’arca. Quindi non abbandona quest’ultima. Fedele in ciò che era piccolo, Dio gli affida ciò che è grande (Luca 16:10); avendo vegliato per il bene della propria casa, Dio gli affida un incarico nella Sua casa (1 Timoteo 3:5).
Kenania, capo dei Leviti, era preposto al canto, dirigeva la musica, perché era competente (o intendente) in questo (vers. 22). Ci ricorda la parola dell’apostolo: «Io salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza (1 Corinzi 14:15).
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Capitolo 15, versetti da 25 a 29 Capitolo 16, versetti da 1 a 6
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I vers. 24 e 25 del Salmo 68 fanno allusione alla festa che si svolge sotto i nostri occhi: «Essi hanno veduto la tua entrata, o Dio! (l’entrata, o la marcia del Figlio di Dio che l’arca rappresenta)… Precedevano i cantori, dietro venivano i sonatori…» Ma è soprattutto il Salmo 132 che ci permette di conoscere i pensieri di Davide in quella solenne occasione. L’entrata dell’arca nel luogo del suo riposo rispondeva al suo ardente desiderio (Salmo 132:3-5 e 8).
Possa anche il nostro cuore vibrare al pensiero del riposo celeste nel quale Gesù ci ha preceduti. Come le promesse divine di questo bel Salmo 132 vanno al di là della scena del nostro capitolo! «I suoi sacerdoti li vestirò di salvezza e i suoi fedeli giubileranno con gran gioia» (parag. cap. 15:27-28 con Salmo 132:16).
Io benedirò largamente i suoi viveri, sazierò di pane i suoi poveri (parag. cap. 16:3 con Salmo 132:15).
I riscattati del Signore sono chiamati ad esprimere la loro gioia e la loro lode senza aspettare il riposo celeste. Già sulla terra, essi possiedono un Centro di radunamento: Cristo. Essi sono preposti per fare il servizio, per ringraziare, lodare e celebrare (vers. 4) il Padre e il Figlio.
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Capitolo 16, versetti da 7 a 22
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I cantori e i musici sono stati designati. Oggi il canto non è più soltanto la parte di alcuni. Tutti noi dovremmo amare cantare con riconoscenza e in particolare essere felici, durante il culto, di unire la nostra voce ai canti d’adorazione (Efesini 5:19; Colossesi 3:16). Ora Davide consegna ad Asaf «questo salmo, il primo, per celebrare l’Eterno». Quanti motivi aveva l’Israelita per benedirLo: il suo nome, le sue opere, la sua gloria, le sue relazioni coi santi! Per noi che conosciamo Gesù e la sua opera della croce, quanto più numerosi sono i nostri soggetti d’adorazione! Sì, cantiamo con intelligenza: riflettiamo sulle parole che pronunziamo. I nostri inni, composti secondo la Bibbia, sviluppano molteplici aspetti delle glorie del Padre e del Figlio. È importante e prezioso distinguerli gli uni dagli altri.
Che cosa sono i figli di Dio in rapporto al mondo che li circonda? «Poca gente, pochissimi e stranieri nel paese» (vers. 19). Sono essi miseri? Anzi, tutt’altro! «Gloriatevi nel santo suo nome» (vers. 10). Il nome di Gesù, la nostra relazione col suo Padre per mezzo di Lui, ecco la nostra gloria, la nostra ricchezza, la nostra gioia e anche la nostra sicurtà (1 Corinzi 1:30-31)!
1 Cronache
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Capitolo 16, versetti da 23 a 43
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Come la prima «strofa» di questo cantico (vers. 7 a 22) corrisponde ad una parte del Salmo 105 (vers. 1 a 15), quella che segue riunisce una parte del Salmo 96 (vers. 2 a 12) con tre versetti del Salmo 106 (vers. 1, 47, 48). Ma una cosa è ben notevole. Tutto quel che non risponde in questi tre primi salmi al carattere della grazia, è stato lasciato da parte. Qui non è fatto menzione né di falli commessi, né di giudizio meritato.
Quando i riscattati circonderanno il trono dell’Agnello e risuonerà il cantica nuovo, potrebbe esso contenere un richiamo opprimente ai loro peccati (come nel Salmo 106:6, 7, 13-43 per Israele)? È impossibile, poiché Dio l’ha promesso: «Io non mi ricorderò più dei lor peccati né delle loro iniquità» (Ebrei 8:12). Si tratterà soltanto di dire: «A Colui che ci ama e ci ha lavati dei nostri peccati nel suo sangue… a Lui la gloria e la forza nei secoli dei secoli! Amen» (Apocalisse 1:5-6).
Questa scena termina con lo stabilimento definitivo del servizio davanti all’arca. Ognuno adempirà d’ora innanzi le sue sante funzioni, figura di quelle che appartengono fin d’ora ai veri adoratori.
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Capitolo 17, versetti da 1 a 15
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Questo capitolo riproduce quasi testualmente 2 Samuele 7. Ma non valeva forse la pena di rileggere questa meravigliosa «conversazione» fra Dio ed un uomo, oggetto della sua grazia? Dio parla per mezzo di Nathan al re diletto; poi quest’ultimo Gli risponde. Conosciamo noi per esperienza queste conversazioni con Dio (e col Signore Gesù)? È essenzialmente per mezzo della Sua Parola che Egli comunica con noi. E noi abbiamo completa libertà di risponderGli per mezzo della preghiera.
Tuttavia in accordo col carattere del libro, alcune parole sono state cancellate a proposito del figlio di Davide. L’espressione: «se fa del male, lo castigherò…» (2 Samuele 7:4) non si trova nel nostro capitolo, prova che si tratta di uno più grande di Salomone.
«Io sarò per lui un padre, — dice l’Eterno, — ed egli mi sarà figlio» (vers. 14). La citazione di questo versetto in Ebrei 1:5 conferma anche che questo figlio è proprio Gesù in cui la grazia ci è stata rivelata. Così il prezioso soggetto delle conversazioni che abbiamo con Dio, è Gesù, il suo diletto Figlio. «La nostra comunione è col Padre…» vale a dire: noi possiamo avere uno stesso pensiero con Lui, uno stesso pensiero concernente il suo Figlio Gesù Cristo (1 Giovanni 1:3).
1 Cronache
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Capitolo 17, versetti da 16 a 27
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Davide sente di non aver meritato nulla. Confuso, egli rammenta la bontà di Dio verso lui, Gli rende omaggio, Lo ringrazia. — Dire grazie! Quando qualcuno commette una tale mancanza verso noi, chiamiamo ciò della scortesia o dell’ingratitudine. Pensate voi che Dio vi sia insensibile quando i suoi figli dimenticano di farlo? Ebbene, riflettiamo a tutti i benefizi a lato dei quali passiamo ogni giorno senza pensare di ringraziarLo o anche senza averli neppure notati. Come il Salmista, incoraggiamo l’anima nostra a non dimenticare nessuno dei suoi benefici (Salmo 103:2). Quante cose vi sono che troviamo naturalissime, almeno finché le possediamo: la salute, il cibo…! Prima dei pasti, le famiglie cristiane hanno l’abitudine (e il dovere) di rendere grazie. Ma bisogna che ci associamo veramente di cuore alle parole pronunziate dal capo famiglia. Più ancora che per le sue cure materiali, benediciamo Dio per i nostri privilegi cristiani: la Parola, il radunamento, l’educazione secondo il Signore (Efesini 5:20). E soprattutto, non stanchiamoci di renderGli grazie per la sua grande salvezza, per il suo grande Salvatore. Ripetiamo con l’apostolo: «Ringraziato sia Dio per il suo dono inesprimibile» (2 Corinzi 9:15).
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Capitolo 18, versetti da 1 a 17 (Capitolo 19) Capitolo 20, versetto 1
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I capitoli 18, 19 e 20 riferiscono le guerre di Davide. Raggruppano dei fatti che nel 2° Libro di Samuele, sono sparsi in diverse circostanze della storia del re. Li abbiamo già considerati e non ci sono differenze notevoli fra i due testi. Ad eccezione di una sola: il silenzio totale fatto al principio del cap. 20 sul terribile peccato di Davide e sulle sue tragiche conseguenze. Né il tenebroso caso di Uria, né il peccato di Amnon seguito dal suo assassinio, né la cospirazione di Absalom, né il fatto criminale di Joab, trovano posto in questo Libro delle Cronache. «Beato colui la cui trasgressione è rimessa e il cui peccato è coperto», dirà Davide nel Salmo 32. — Ciascuno di nostri lettori è uno di quei beati?
Davide trionfa successivamente sui Filistei, sui Moabiti, sui Siriani, sugli Edomiti; poi anche sui figli di Ammon (cap. 19 e 20). Tutti i nemici tradizionali di Israele sono soggiogati, figura del momento in cui Dio sottometterà ogni cosa a Cristo e metterà i suoi nemici per sgabello dei suoi piedi (Ebrei 1:13 e 2:8).
1 Cronache
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Capitolo 21, versetti da 1 a 13
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Ci si potrebbe chiedere perché Dio, che ha coperto i falli precedenti di Davide, ricordi qui quello del censimento. Questo peccato ci mostra anzitutto la distanza che separa questo re da Colui di cui non è stato che una debole figura. Bisognava che Israele non potesse confondere il suo Messia, anche col più grande dei suoi re. Il Figlio di Davide era ad un tempo il suo Signore (Matteo 22:41 a 45). D’altronde, era necessario spiegare il castigo divino e la grazia che vi avrebbe messo fine. Altrimenti la narrazione non si capirebbe. Davide appare qui né più né meno che come un colpevole, tale come voi e me. Ma egli conosce il cuore di Dio. La sua risposta a Gad ne è la prova: «Che io cada nelle mani dell’Eterno, giacché le sue compassioni sono immense» (vers. 13). Conosciamo noi per esperienza personale la ricchezza e la varietà di queste compassioni del Signore? (leggere Lamentazioni di Geremia 3:22,23,32). Per ciò che riguarda l’espiazione dei nostri peccati, non poteva trattarsi di scegliere fra tre anni di carestia, tre mesi di guerra o tre giorni di malattia. Ma Cristo, in vece nostra, ha conosciuto durante le tre ore oscure della croce la totale misura dell’ira di Dio; Egli ha portato l’eternità del nostro castigo.
1 Cronache
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Capitolo 21, versetti da 14 a 30
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Su questa stessa montagna di Moriah, Abrahamo un tempo aveva offerto il suo figlio Isacco (Genesi 22:2; 2 Cronache 3:1). Ma Dio aveva fermato la sua mano, come ora ritiene quella dell’angelo. Il giudizio divino distolto così, cadrà sotto forma di fuoco sull’olocausto che Davide offre (vers. 26). Abrahamo, dopo aver presentato anche lui un sacrificio in sostituzione di Isacco, aveva chiamato quel luogo «Jehovah-ireh, cioè: Al monte dell’Eterno sarà provveduto» (Genesi 22:14).
Per quel che ci riguarda, sappiamo in che modo solenne «doveva esservi provveduto» e sappiamo anche chi doveva ricevere, in vece nostra, i colpi del giudizio di Dio. La voce che qui dice all’angelo: «Basta»; poi gli ordina di rimettere la spada nel fodero, questa voce è la stessa che dovrà dire un giorno: «Spada, risvegliati contro il mio pastore, e contro l’uomo che mi è compagno…; colpisci il pastore…» (Zaccaria 13:7). Mistero inscrutabile e meraviglioso! Il castigo che noi meritavamo è stato per sempre allontanato, perché è caduto su Colui che è stato colpito in vece nostra: Gesù, nostro buon Pastore, il «compagno dell’Eterno».
1 Cronache
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Capitolo 22, versetti da 1 a 19
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La casa che Davide intravvede, e che Salomone costruirà, è l’immagine della futura abitazione di Dio in mezzo ad Israele. Tuttavia molti particolari relativi alla sua preparazione e alla sua costruzione ci aiuteranno a comprendere meglio le grandi verità del Nuovo Testamento a riguardo della Chiesa. Nello stesso modo per cui l’aia di Ornan, ove il sacrificio è stato offerto, diventerà la base della Casa, così l’opera di Cristo alla croce sarà il fondamento dell’Assemblea. La stessa verità appare sotto un’altra forma se consideriamo insieme Davide e Salomone come un solo tipo del Signore Gesù. Davide ci parla d’un Cristo sofferente e rigettato, che ha preparato — nella sua afflizione (vers. 14) — tutto ciò che era necessario per l’edificazione della Casa di Dio. Salomone rappresenta Cristo glorificato, che costruisce la sua Assemblea ed è pronto a comparire con lei per regnare sull’universo. I materiali, in particolare le «pietre vive» che sono i credenti, non potevano essere radunati senza le sofferenze e la morte del Signore Gesù. Ma occorreva la sua esaltazione onde la Chiesa potesse essere costruita. Quest’edificio non è oggi ancora terminato. Può darsi che manchi soltanto una sola pietra. Sareste voi questa pietra?
1 Cronache
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Capitolo 23, versetti da 1 a 6 versetti da 24 a 32 (Capitolo 24)
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Davide fa sedere Salomone con sé sul suo trono. Nessuna menzione è fatta qui, né della cospirazione d’Adonija, né delle circostanze dell’incoronazione del nuovo re. Possiamo da questo fatto elevarci più in alto che nel 1° Libro dei Re e considerare in figura il Figlio seduto con il Padre sul suo trono (vedere Apocalisse 3:21). Ora una delle attività di Gesù nella gloria ci è data in Efesini 4:8 a 12: «Salito in alto, Egli… ha fatto dei doni agli uomini… gli uni come apostoli; gli altri come profeti; gli altri come evangelisti; gli altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministerio, per l’edificazione del corpo di Cristo».
Qui, e nei capitoli che seguono, assistiamo alla designazione di ogni operaio: sorveglianti, intendenti, giudici, portinai, musici, ripartiti secondo le tre famiglie dei Leviti. Le loro funzioni sono precise e specialmente per ciò che concerne il servizio essenziale della lode. Celebrare e lodare Dio ogni mattina e ogni sera (vers. 30)! Servizio ben invidiabile… che è alla nostra portata!
Al capitolo seguente sono i sacerdoti, figli d’Aaronne, che sono ripartiti in ventiquattro classi.
1 Cronache
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Capitolo 25, versetti da 1 a 8 Capitolo 26, versetti da 13 a 19
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I doni, gl’incarichi e i diversi servizi sono, come l’abbiam visto ieri, distribuiti dal Capo della Chiesa. Ma il credente è invitato a desiderare questi doni e a chiederli al Signore. «Ricercate i doni spirituali, e principalmente il dono di profezia… Chi profetizza parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione (1 Corinzi 14:1 e 3). È forse il nostro desiderio di essere così adoperati dal Signore? Allora chiediamoGli di concederci uno di questi doni spirituali. Non per darci dell’importanza, ma per il bene dell’Assemblea e per la gloria del Signore Gesù. Dopo quelli che profetizzavano (cap. 25:1 vedere la nota: «cantavano gli inni sacri», in ebreo «profetizzavano») sono di nuovo nominati i portinai o sorveglianti o vescovi (cap. 26). Servizio ugualmente desiderabile! «Se uno aspira all’ufficio di vescovo (ossia sorvegliante) desidera un’opera buona»(1 Timoteo 3:1).
Ritroviamo qui Obed-Edom con i suoi otto figli e i suoi sessantadue discendenti. Egli aveva onorato l’arca. Ora è Dio che l’onora e lo benedice (cap. 26:4 a 8 e 15). Egli affida a questa famiglia la casa degli approvigionamenti o magazzini. Da essi dipenderà l’alimento dei sacerdoti, figura dell’insegnamento nell’Assemblea. Importante responsabilità! (vedere Matteo 24:45 e 46).
1 Cronache
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Capitolo 26, versetti da 20 a 32
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Fra i Leviti, alcuni erano preposti ai tesori della Casa dell’Eterno e ai tesori delle cose sante. L’uno d’essi, Scebuel, «sovrintendente dei tesori» era un discendente di Mosè. Sapiamo che a noi pure, sono stati affidati dei tesori? Il più grande è la divina Parola. Le sue ricchezze sono inesauribili. Che caso facciamo noi della nostra Bibbia? La consideriamo veramente come un tesoro?
«Custodisci il buon deposito», raccomanda Paolo ad un giovane, Timoteo (2 Timoteo 1:14). E nella sua 1a epistola, dopo aver messo in contrasto le vane ricchezze di questo mondo con il tesoro che è un buon fondamento per l’avvenire, l’apostolo supplica il suo giovane discepolo: «O Timoteo, custodisci il deposito…» (1 Timoteo 6:19-20). Che ognuno di noi rilegga questo vers. 20 mettendo il suo nome al posto di quello di Timoteo.
Altri Leviti sono nominati nei vers. 29 a 32. Essi erano intendenti, giudici, amministratori. Stabiliti «per tutti gli affari che concernevano l’Eterno», (vers. 30 e 32; 2 Cronache 29:11), ci fanno pensare a Colui che, all’età di dodici anni, prima di qualsiasi altra cosa, metteva «gli affari del Padre suo» (Luca 2:49).
1 Cronache
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Capitolo 27, versetto 1 versetti da 22 a 34
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Il capitolo 27 ci insegna che a lato degli intendenti, anche i soldati sono necessari. Per conservare i nostri tesori bisognerà forse combattere spiritualmente e dobbiamo esserne capaci.
I versetti 25 a 31 informano che esistevano altri tesori, meno nobili di quelli del santuario, ma che dovevano essere pure accuratamente custoditi, perché erano dei beni del re (vers. 31). Pensiamo a tutto quel che il Signore ci ha affidato. Come quel Padrone che, andandosene, aveva dato dei talenti ai suoi servi, il Signore ha prestato ad ognuno di noi un certo numero di beni o di attitudini da far valere per Lui (Matteo 25:14…).
Qui si tratta specialmente dei lavori dei campi. Quelli di noi che abitano in campagna non disprezzino la parte che il Signore ha dato loro. Quel che è stato loro affidato sono anche dei tesori, dei «talenti». Non si tratta di paragonarli a quelli che altri hanno ricevuto, ma di amministrarli con fedeltà. Facciamo in modo che, dove siamo stati posti, il Maestro possa dirci un giorno questa parola di grazia: «Bene, buono e fedel servitore; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo signore.»
1 Cronache
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Capitolo 28, versetti da 1 a 10
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Al capitolo 22:17, Davide aveva già adunato i capi del popolo. Ora raduna con loro tutti quelli che hanno un incarico o una responsabilità in Israele. Senza dubbio, tutti gli uomini i cui nomi riempiono i capitoli 23 a 27 si trovano là per ascoltare il loro signore. Nessuno avrebbe voluto mancare a quell’incontro.
Anche il Signore ci invita alle riunioni ove Egli vuole ammaestrarci. Non saremmo colpevoli se ce ne astenessimo per una causa futile? (Ebrei 10:25).
A tutti quegli uomini radunati attorno a sé, il re comunica i suoi pensieri più intimi è più preziosi. Li esorta a ricercare e osservare tutti i comandamenti dell’Eterno. Egli conversa con loro della Casa gloriosa che deve essere costruita. E soprattutto parla loro del suo Figlio nel quale e per mezzo del quale tutto il suo disegno s’adempirà. Soggetti che corrispondono a quelli di cui lo Spirito ci occupa nelle riunioni d’edificazione!
Poi Davide s’indirizza a Salomone. Ascoltiamo attentamente queste parole d’un padre al suo figlio. Esse potrebbero essere rivolte a noi: «Figlio mio, riconosci il Dio di tuo padre, e servilo con cuore integro e con animo volenteroso… Se tu lo cerchi, egli si lascerà trovare da te» (vers. 9).
1 Cronache
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Capitolo 28, versetti da 11 a 21
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Ora Davide consegna solennemente al figlio Salomone tutto quel che ha preparato per la casa di Dio. Pensiamo a quella meravigliosa dichiarazione del Vangelo: «Il Padre ama il Figlio e gli ha dato ogni cosa in mano» (Giovanni 3:35).
Dal portico sino alla minima coppa, tutto è oggetto di istruzioni precise e particolareggiate. L’intelligenza in queste cose era stata data a Davide per iscritto, dalla mano dell’Eterno che era stata sopra lui (vers. 19). Per comunicare i suoi pensieri, Dio si è servito di scrittori ispirati. I sessantasei libri della Bibbia sono stati redatti da autori molto differenti, durante un periodo di circa 1600 anni. Ma un solo e medesimo Spirito ha dettato tutte le pagine del Santo Libro. Così non dimentichiamo mai, quando leggiamo che Dio ci parla in esso.
Il capitolo termina con una nuova raccomandazione del padre al figlio. Salomone ha ricevuto tutto quel che occorreva. Ora sta a lui di agire contando sul soccorso dell’Eterno. — Anche noi abbiamo molto ricevuto; verrà un momento in cui bisognerà agire secondo quel che il Signore aspetta da ognuno di noi! Ci sarà domandato conto di ciò che, per timidezza o pigrizia, avremo trascurato di compiere.
1 Cronache
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Capitolo 29, versetti da 1 a 9
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Davide ha consacrato tutta la sua forza (vers. 2) a preparare un palazzo per l’Eterno. Chiediamoci se veramente il palazzo del nostro cuore «non è destinato ad un uomo» (che sovente è l’io), ma al Signore (vers. 1).
«L’affezione» del re per questa casa l’ha condotto a dare per essa grandi ricchezze che gli appartenevano in proprio. Quanto è più grande l’amore di Gesù! L’Evangelo ci parla di quel mercante che ha venduto tutto ciò che aveva, onde comperare una perla di gran prezzo (Matteo 13:45-46). Parabola di cui Efesi 5:25 dà il significato meraviglioso: «Cristo ha amato l’assemblea e ha dato se stesso per lei» (vedere anche 2 Corinzi 8:9). Ed è stato solo a far questo. Ma riguardo al servizio d’amore, Egli ci dice come ai suoi discepoli: «Io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come v’ho fatto io» (Giovanni 13:15). Vedete che frutto ha prodotto l’esempio di Davide. Tutti gli uomini che l’hanno udito offrono a loro volta volontariamente dell’oro, dell’argento e delle pietre preziose per edificare la Casa di Dio (vedere 1 Corinzi 3:12). Grande gioia per Davide… e anche per il Signore quando il nostro cuore è così all’unisono col suo!
1 Cronache
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Capitolo 29, versetti da 10 a 20
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Dopo essersi indirizzato al popolo, Davide si volge verso l’Eterno. Metterà forse in valore tutto ciò che lui ed i capi hanno dato? Tutt’altro! Egli rende gloria a Dio a cui tutto appartiene, e si umilia dinanzi a Lui. Questi due sentimenti son sempre uniti.
«Noi t’abbiam dato quello che dalla tua mano abbiam ricevuto» — dichiara il re. Il Signore ci affida dei beni per darci la gioia di offrirgliene qualcosa. Egli non ha bisogno di nulla (Salmo 50:10 a 12). Ma quel che è recato volontariamente, con gioia ha del pregio per il suo cuore. Dare per forza o con spirito legale non esercita né l’amore né la fede. È in tal modo che i farisei pagavano le decime (Matteo 23:23). Invece, i Macedoni di cui parla l’apostolo avevano agito «spontaneamente, abbondando nelle ricchezze della loro liberalità» (2 Corinzi 8:1 a 3).
Non è forse magnifica la lode di Davide? (vers. 10 a 13). Val la pena di leggerla ad alta voce pensando a chi ci indirizziamo. «A te, o Eterno, la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore, la maestà; poiché tutto quello che sta in cielo e sulla terra è tuo. A te, o Eterno, il regno; a te che t’inalzi come sovrano al disopra di tutte le cose…» Su tutte le cose? Sul nostro cuore, compreso!
1 Cronache
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Capitolo 29, versetti da 21 a 30
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È un gran giorno di festa e una data memorabile nella storia d’Israele! Dei sacrifici sono offerti; il popolo mangia, beve e si rallegra alla presenza di Dio. Allora, per la seconda volta, Salomone è stabilito re, e unto per l’Eterno. Egli si siede sul «trono dell’Eterno». La maestà e il dominio ricevuti dal figlio di Davide prefigurano quel periodo di mille anni in cui Cristo regnerà per Dio sul mondo.
La morte di Davide «in prospera vecchiaia, sazio di giorni, di ricchezze e di gloria» (vers. 28) chiude questo 1° Libro delle Cronache a cui daremmo volentieri per titolo un’espressione di Isaia 55:3: «Le grazie stabili promesse a Davide». La citazione che ne fa Paolo (Atti 13:34) mostra che si tratta in particolare della risurrezione che quest’uomo di fede aspetta ormai con la moltitudine dei santi addormentati. Ma non è forse stato, lungo tutta la sua vita, un oggetto di grazie stabili promesse da Dio stesso? Cari amici credenti, anche noi, per il presente e per l’avvenire, godiamo di grazie stabili in Cristo. «Infatti, è della sua pienezza che noi tutti (non solo Davide) abbiamo ricevuto e grazia sopra grazia» (Giovanni 1:16).
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