2 Samuele
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Capitolo 1, versetti da 1 a 16
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Il caso di Tsiklag ha lasciato Davide umiliato, cosciente della sua debolezza, ma lo ha anche ristabilito in una felice relazione con l’Eterno. E così è stato preparato per il suo regno, su cui si apre ora questo secondo libro di Samuele.
L’uomo che gli annunzia la morte di Saul crede di essere un messaggero di «buone notizie» (cap. 4:10). Per Davide non si trattava forse della morte del suo nemico e della possibilità di salire sul trono? Ma quell’uomo non conosceva colui a cui s’indirizzava. Nel cuore del «diletto» dell’Eterno brillano la grazia, il disinteresse, l’amore per il suo popolo e il rispetto dell’ordine divino. Come potrebbe egli rallegrarsi quando Israele è vinto e il suo prìncipe disonorato dinanzi ai nemici dell’Eterno?
Donde vieni? — Il mentitore è smascherato. È un Amalekita! Cercando di ingannare Davide colla sua narrazione che è un tessuto di menzogne, non ha fatto che ingannar se stesso (vedere Proverbi 11:18). Avrebbe voluto che il nuovo re ricevesse la corona dalle sue mani. In ciò assomiglia al grande Nemico, che sull’alto monte cercava di fare accettare da Gesù — ma senza miglior successo — tutti i regni del mondo e la loro gloria (Matteo 4:8 a 10).
2 Samuele
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Capitolo 1, versetti da 17 a 27
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Ben lungi dal rallegrarsi della sciagura che ha colpito il suo rivale e persecutore, Davide compone per lui una commovente elegia. Questa elegia dell’arco celebra le qualità umane di Saul: la sua forza, la sua magnificenza, la sua popolarità. E, coprendo la malvagità del re da cui aveva tuttavia tanto sofferto, Davide vorrebbe pure, possibilmente, nascondere la sconfitta che provocherà, fra i nemici dell’Eterno, della gioia e del disprezzo. «Non ne recate la nuova a Gath…» (vers. 20).
Altrettanto come ai figli di Giuda (vers. 18) abbiamo bisogno che ci siano insegnate le lezioni di questa elegia dell’arco: Attristarci della sventura altrui — invece di rallegrarcene, forse; rivelare ciò che vi è di buono anche in quelli che non ci amano; guardarci dal raccontare ciò che possiamo sapere di spiacevole sul conto di qualcuno; coprire soprattutto i falli dei nostri fratelli e delle nostre sorelle pensando alla testimonianza del popolo di Dio di fronte al mondo (1 Pietro 4:8).
Poi il cuore di Davide, stretto dal dolore, si esprime a riguardo del suo amico Gionatan. Amore meraviglioso, pieno di dolcezza; e tuttavia pallida figura dell’amore di Gesù; inscrutabile amore, da cui nulla — no, neppure la morte — potrà mai separarci (Romani 8:38-39).
2 Samuele
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Capitolo 2, versetti da 1 a 11
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Davide, al momento di scendere dai Filistei, non aveva consultato Dio, e si era trovato molto male. Ma quest’esperienza amara non è stata inutile. Ora interroga il Signore due volte. — Non insisteremo mai abbastanza su questa regola fondamentale della vita cristiana: la dipendenza. È un dovere, ma anche la sorgente della nostra forza e della nostra sicurezza.
Hebron, ove Dio conduce il suo unto, è un luogo che parla di morte. Vi si trovano i sepolcri dei patriarchi. Cristo, il Diletto di Dio, il vero Davide, prima di prendere ufficialmente il suo regno, è entrato nella morte per obbedienza a Dio. Ed è pure il terreno sul quale conduce i suoi. Il cristiano è morto con Cristo.
Davide non dimentica quegli abitanti di Jabes di Galaad che avevano mostrato benignità verso Saul. E il Signore dimenticherà forse quel po’ di misericordia che Egli ci avrà dato di dimostrare? (Ebrei 6:10).
La sovranità di Davide non si stabilirà che a poco a poco. Per ora soltanto la tribù di Giuda la riconosce. Il rimanente del popolo è sottomesso a Ish-Bosheth, figlio di Saul, sostenuto da Abner, antico aiutante di campo di quest’ultimo.
2 Samuele
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Capitolo 2, versetti da 12 a 32
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Fino al termine del capitolo 4 si tratta del conflitto fra Davide e Ish-Bosheth o piuttosto fra i loro rispettivi generali: Joab e Abner. È una lotta di prestigio, volendo ognuno di questi uomini orgogliosi primeggiare. Terminò con l’uccisione di Abner, poi con quella di Ish-Bosheth. Queste tristi circostanze — si tratta d’una guerra civile — saranno adoperate dall’Eterno per stabilire a poco a poco il regno del suo re!
La violenza, lo spirito di vendetta, si danno libero corso. Presso il serbatoio di Gabaon, la prova di forza incomincia come un gioco. Si vuol semplicemente vedere quali saranno i più abili e i più forti. Ma dall’orgoglio all’omicidio è breve il passo. Ci si appassiona, si perde il controllo di sé, e il gesto criminale è compiuto prima d’aver potuto premeditarlo. I ventiquattro sventurati giovani cadono insieme, trafitti l’uno dall’altro.
Notate che Davide resta estraneo ai combattimenti che Joab pretende condurre nel suo nome. Facciamo la conoscenza di quest’ultimo: uomo astuto e senza scrupoli, che difende la causa di Davide unicamente perché essa gli procura un vantaggio personale.
2 Samuele
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Capitolo 3, versetti da 1 a 5 [Capitolo 4] Capitolo 5, versetti da 1 a 9
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Durante tutti questi avvenimenti, Davide ha atteso pazientemente ad Hebron che Dio stesso lo stabilisse re su tutto Israele. Così Gesù ora in cielo, aspetta che Dio gli dia il suo regno universale.
Per Israele, questo principio del cap. 5 segna una grande data della sua storia. Il trono di Davide è trasferito a Gerusalemme, la città che occuperà d’ora innanzi un posto così importante nella storia del popolo e nei consigli di Dio. Ma sussiste all’interno della cinta della città, sul monte di Sion, una cittadella quasi imprendibile ove i Gebusei si erano mantenuti dal tempo di Giosuè. Nonostante le loro vanterie, Davide se ne impadronisce. Tuttavia dimentica qui la grazia che l’ha così sovente caratterizzato, ed esprime l’odio contro gl’infermi chiudendo loro l’accesso alla casa di Dio. Che differenza col Signore che riceveva nel tempio per guarirli, precisamente i ciechi e gli zoppi (Matteo 21:14), o anche come quel tal uomo (Dio stesso) il quale «fece una gran cena» e, per riempire la Sua casa, costrinse quegl’infelici (voi e me) a prender posto al convito della grazia (Luca 14:21 a 23).
2 Samuele
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Capitolo 5, versetti da 10 a 25
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Abbiamo ammirato le qualità di fede e di dipendenza spiegate da Davide in tante circostanze (e anche nei nostri versetti 19 e 23 per combattere i Filistei). Sventuratamente la sua vita di famiglia è lungi dal raggiungere lo stesso livello. Nonostante un ordine dell’Eterno rivolto specialmente ai re (Deuteronomio 17:17), Davide prende un gran numero di mogli, dapprima a Hebron, poi a Gerusalemme. Se avesse avuto come sposa soltanto la fedele Abigail (il cui nome significa la gioia del padre, e che è una figura della Chiesa), non leggeremmo tre nomi che diverranno la sorgente di tanti dolori per lui: Amnon, Absalom e Adonija (cap. 3:2 a 4).
La guerra contro i Filistei può riprendere vittoriosamente, secondo le istruzioni dell’Eterno. Prima della seconda battaglia, Davide avrebbe potuto pensare: Facciamo come la prima volta poiché abbiamo avuto buon esito! No, notate invece che egli interroga nuovamente l’Eterno. E bene gliene avvenne, poiché la risposta è del tutto diversa. Così impariamo a diffidare della nostra propria saggezza; chiediamo al Signore le sue direzioni e noi pure potremo riportare le vittorie che Dio ci ha preparate.
2 Samuele
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Capitolo 6, versetti da 1 a 11
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Il primo pensiero di Davide, inaugurando il suo regno, è per l’arca dell’Eterno. Egli raduna 30 000 uomini, il fior fiore d’Israele, questa volta non per un combattimento, ma per scortare degnamente l’arca fino a Gerusalemme. Non renderemo mai troppo onore alla Persona del Signore Gesù. Soltanto quest’omaggio, questo culto, bisogna renderGlielo con intelligenza ed obbedienza. Secondo l’ordine divino, l’arca avrebbe dovuto essere portata a spalla (Numeri 7:9). Ma Davide ed il popolo non ne han tenuto conto. A loro giudizio un carro nuovo, come quello che i Filistei ignoranti avevano adoperato, sarebbe andato molto meglio. Non era forse più pratico che il trasporto a piedi? Ma ecco che Uzza è colpito a morte. Che costernazione! Non l’avremmo creduto così colpevole. Ebbene, Dio vuol farci comprendere, a noi come a Davide, quanto sia grave sostituire ai Suoi insegnamenti i nostri buoni pensieri e i nostri proprii accomodamenti, specialmente quando si tratta del culto.
Triste interruzione di quella bella cerimonia! Davide, ad un tempo irritato e spaventato, non vuole ritirare l’arca dell’Eterno presso di sé e perde così una benedizione di cui godrà invece la famiglia di Obed-Edom.
2 Samuele
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Capitolo 6, versetti da 12 a 23
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L’arca, commovente figura del Signore presente nella casa del credente, è rimasta tre mesi in casa di Obed-Edom, recando la benedizione a quell’uomo e alla sua famiglia, cosa non passata inosservata (vers. 12). Se viviamo abitualmente vicino al Signore, quelli che ci conoscono se ne accorgeranno senz’altro. Ed essi vorranno pure godere delle benedizioni che Egli ci ha largite.
Ora Davide, che ha imparato la lezione di Dio, agisce secondo il Suo pensiero: l’arca è portata dai Leviti, che si sono santificati, ed egli stesso, messa da parte la sua maestà regale, esprime la sua gioia danzando dinanzi ad essa. L’Evangelo ci mostra, non più l’arca, ma Gesù in persona che fa il suo ingresso in quella stessa città di Gerusalemme fra la gioia di quelli che l’acclamano (Matteo 21:9).
Dopo sei passi, il sacrificio era offerto. Si pensa al cammino e al culto del cristiano. L’uno e l’altro provocano il disprezzo degl’increduli di cui Mical è la triste immagine. Il mondo ama ciò che è elevato, brillante. Ma il credente è felice di abbassarsi, «d’essere reso abbietto» (vers. 22), affinché gli sguardi si distolgano da se stesso e si dirigano solo su Gesù (Giovanni 3:30).
2 Samuele
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Capitolo 7, versetti da 1 a 17
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«Quando l’Eterno gradisce le vie d’un uomo, riconcilia con lui anche i suoi nemici» (Proverbi 16:7). Questa parola si realizza ora per Davide. E poiché egli abita in una bella casa di cedro, ha scrupolo di lasciare l’arca sotto una semplice tenda. Nobile sentimento da parte sua! Quelli di noi che hanno una vita comoda non dovrebbero mai dimenticare che il loro Maestro ha attraversato questo mondo come un divino viaggiatore, senza avere un luogo ove riposare il capo.
Davide si propone di edificare una casa degna dell’Eterno. Ora ascoltate ciò che Dio gli risponde in riassunto per bocca del profeta Nathan: Questo carattere di pellegrino, l’ho preso volontariamente per condividere in grazia la sorte del mio popolo. E il momento del mio riposo non è ancora giunto. Ma ciò che tu non puoi fare, lo eseguirà uno dei tuoi discendenti.
Si tratta dapprima di Salomone, figlio di Davide, che costruirà il tempio. Ma il vers. 14 citato in Ebrei 1:5 prova che questo Re, Figlio di Davide, è profeticamente Gesù, il Figlio di Dio. Di Lui solo può essere dichiarato che il suo regno sarà per sempre. Tanto le benedizioni personali (vers. 8 e 9) come quelle collettive (vers. 10) hanno tutte la loro sorgente in quest’incomparabile Persona.
2 Samuele
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Capitolo 7, versetti da 18 a 29
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Davide aveva voluto fare qualche cosa per l’Eterno. Ma la risposta divina è stata: «Sono io che ho fatto tutto per te». Tale è la lezione che ognuno deve imparare. Dio si è occupato della nostra salvezza, del nostro riposo, di tutto ciò che concerne il nostro avvenire (vers. 9). Meravigliosi consigli! «Quanto inscrutabili sono i Suoi giudizi, e incomprensibili le Sue vie» (Romani 11:33). Certo non è questo «il modo di fare degli uomini»! (vers. 19, versione corretta).
Allora che cosa rimane da fare a Davide? Ringraziare Dio semplicemente. Il re entra nella presenza di Dio, si siede e adora, proprio come può farlo oggi il credente nel radunamento, con la tranquilla sicurezza di avere il diritto di trovarsi quivi e godervi già di quel riposo divino. «Chi sono io, o Eterno, e che è la mia casa?» Né Davide, semplice pastore (vers. 8), né Israele, tratto d’Egitto (vers. 6) ha alcun merito proprio, alcun titolo, per occupare una tale posizione! Soltanto la grazia ha «fatto arrivare fino a questo punto» Davide ed il suo popolo. E la preghiera del re, espressione d’una completa comunione, si riassume così: Fa’come hai detto; e che il Tuo nome sia magnificato (vers. 25, 26).
Si porrebbe anche volentieri nella sua bocca a quel momento, il Salmo 23, particolarmente i vers. 5 e 6.
2 Samuele
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Capitolo 8, versetti da 1 a 18
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Fortificato dalle promesse dell’Eterno, il nuovo re stabilizza il suo trono con delle vittorie che sottometteranno i suoi nemici. I primi sono i Filistei. Tutto il paese può essere finalmente sottomesso. In seguito Moab è soggiogato, in parziale esecuzione della profezia di Balaam (Numeri 24:17). Hadadezer ed i Siri che lo sostengono sono vinti a loro volta. Infine Edom è sottomesso, secondo una profezia ancor più antica: quella di Isacco che benedice Giacobbe (Genesi 27:29 e 25:23). Il Salmo 60 ci mostra che queste vittorie non sono stato ottenute senza preghiere. Davide realizza qui in figura ciò che è scritto del Signore Gesù il cui regno glorioso si stabilirà quando tutti i suoi nemici saranno stati assoggettati (vedete Salmo 110 sovente citato nel Nuovo Testamento).
Ora che la pace è acquistata e la dominazione di Davide riconosciuta all’esterno e all’interno, l’organizzazione del regno è abbozzata (vers. 15 a 18). Il re ne è il centro, esercitante il diritto e la giustizia. Attorno a lui, ognuno, al proprio posto, compie le sue funzioni d’amministrazione. I sacerdoti sono là, che assicurano le relazioni con Dio. Sicurtà, stabilità, giustizia e pace: gloriosi caratteri che saranno, in misura ben più eccellente, quelli del Regno futuro!
2 Samuele
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Capitolo 9, versetti da 1 a 13
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Nel capitolo 8, abbiamo considerato la gloria del re Davide. Ma c’è qualcosa che la supera: è la sua grazia. L’ha imparata alla scuola di Dio. È forse infatti «il modo di fare dell’uomo» ricevere alla corte, alla propria tavola, l’ultimo rappresentante della razza rivale, l’erede del proprio nemico? (leggere 2 Samuele 4:4). No, vero? Si tratta d’una «bontà di Dio». Poiché Davide non si accontenta di compiere la sua promessa a Gionatan e a Saul (1 Samuele 20:14-15; 24:22-23); fa sovrabbondare questa grazia divina verso il povero Mefibosheth, il quale è perfettamente edotto del sentimento della propria indegnità. Inoltre quest’uomo era zoppo e per questo attiravasi l’ira del re (cap. 5:8). Ora vedete in che modo è cercato, chiamato per nome, rassicurato, arricchito, invitato come un membro della famiglia alla tavola del re, e infine preso a carico dal re stesso per sempre. Che bella figura dell’opera di Gesù per un peccatore!
Mefibosheth non cesserà d’essere un infermo. Il vers. 13 lo ripete intenzionalmente. Ma quando sarà seduto alla tavola regale, la sua infermità non sarà visibile. Non è forse così del credente quaggiù? La sua natura peccatrice non gli è ancora tolta. Ma rimanendo nella comunione del Signore, può non manifestarla.
2 Samuele
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Capitolo 10, versetti da 1 a 19
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Dopo Mefibosheth che ha accettato la grazia regale, ecco l’esempio di quelli che non la comprendono e non vogliono riceverla.
Davide ha mostrato della bontà verso Hanun cercando di consolarlo. Nello stesso modo Gesù desidera oggi rivelarsi agli uomini come Colui che simpatizza con loro nelle loro pene e che si è caricato dei loro dolori (Isaia 53:4). Vi è forse oltraggio maggiore di quello di respingere un tale amore? Come Davide dovette soffrire per l’accoglienza fatta ai suoi servitori! A ben più forte ragione, il cuore perfettamente sensibile del Salvatore è ferito dal disprezzo di quelli che, ogni giorno, rigettano i suoi più teneri appelli! (Giovanni 5:40; Matteo 22:6).
Hanun e il suo popolo avrebbero ancora avuto tempo di umiliarsi quando videro che il loro caso era grave. L’esperienza di Abigail ci dà la sicurezza che il giudicio meritato avrebbe potuto essere distolto (1 Samuele 25). Invece l’orgoglio e l’accecamento dei figli di Ammon, li spingono ad una guerra aperta contro colui che aveva voluto far loro del bene. Ma questo fornisce a Davide l’occasione d’una nuova vittoria, più gloriosa di quella del cap. 8, su Hadadezer ed i Siri che avevano prestato aiuto agli Ammoniti.
2 Samuele
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Capitolo 11, versetti da 1 a 27
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Vorremmo poterci fermare sulle vittorie del cap. 10 e passare sotto silenzio ciò che viene ora. Poiché Davide vi subisce, dal nemico delle anime, la disfatta più crudele della sua esistenza. Tuttavia questa triste narrazione è nel libro di Dio come un solenne avvertimento per ciascuno di noi. Il credente più pio possiede un cuore corrotto, largamente aperto a tutte le sue concupiscenze. E se non veglia sulle entrate che danno accesso a questo cuore malvagio — e particolarmente sui suoi occhi — Satana sarà pronto a presentargli un oggetto seduttore che penetrerà nei suoi pensieri segreti. Purtroppo è quel che avvenne a Davide! Questa storia tragica ci mostra un re che divenne schiavo: schiava delle sue concupiscenze, preso nell’ingranaggio terribile del peccato.
Invece d’essere al combattimento coi suoi soldati, si riposa a Gerusalemme, poi passeggia ozioso sul terrazzo del suo palazzo. L’ozio, la pigrizia, ricordiamocene bene, sono per il credente delle occasioni di caduta. Nell’inattività la vigilanza si allenta infallibilmente; e il diavolo, che non si rilassa mai, sa come trarne partito. Sappiamo dunque essere occupati. E che i nostri occhi ci mostrino piuttosto in che modo possiamo renderci utili.
Davide prende la moglie di Uria, e, per nascondere il suo peccato, ne commette un secondo complottando la morte del suo nobile e devoto soldato.
2 Samuele
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Capitolo 12, versetti da 1 a 10
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«Non concupire la moglie del tuo prossimo» — diceva la legge. «Non commettere adulterio». «Non uccidere» (Esodo 20:17,14,13). Davide, che al Salmo 19:7 dichiarava: «La legge dell’Eterno è perfetta», ha successivamente trasgredito tre dei suoi comandamenti. Tuttavia la sua coscienza non lo riprende. Occorre che l’Eterno gli mandi Nathan. E la commovente parabola della pecora rubata, ben atta a raggiungere il cuore di colui che fu pastore, lo aiuterà a misurare l’orrore del suo fallo. Ma vedete! Davide non si riconosce subito. È senza pietà per l’uomo ricco. Così siamo noi! Il fuscello nell’occhio del nostro fratello non ci sfugge, mentre non distinguiamo neppure la trave che si trova nel nostro. Allora il dito di Dio lo designa solennemente: «Tu sei quell’uomo». Poi tutto il triste intrigo, così accuratamente nascosto, è messo allo scoperto senza alcun riguardo: Tu hai fatto questo, hai fatto quello! Infine, per confondere il cuore di Davide, Dio gli ricorda tutto quel che la Sua grazia aveva fatto per lui. Era forse poca cosa? Davide al cap. 7 vers. 19 aveva detto il contrario. Più abbiamo ricevuto e meno le nostre concupiscenze sono scusabili. E noi abbiamo tanto ricevuto!
2 Samuele
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Capitolo 12, versetti da 13 a 25
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La coscienza di Davide, così a lungo addormentata, è colta ora da una profonda convinzione di peccato. Realizza che il suo peccato non riguarda soltanto Uria e la moglie sua; in primo luogo è un peccato contro l’Eterno.
Dobbiamo comprendere che i nostri falli verso i fratelli, le sorelle, i genitori o qualsiasi altra persona, sono anzitutto un peccato contro Dio. Non basta riparare il male verso la persona a cui abbiam fatto torto… quando ciò è possibile (Davide non lo poteva più); bisogna pure confessarlo a Dio.
È quel che Davide fa al Salmo 51, scritto in quel momento di amara distretta (vedere anche Salmo 32 vers. 5, 1 e 2). In verità Dio «non sprezza un cuor rotto e contrito» (Salmo 51:17). Egli perdona il suo povero servitore; lo perdona completamente. Davide è «più bianco che neve» poiché è lavato in anticipo dallo stesso prezioso sangue di Gesù versato per lui, per voi, per me. Ma ciò che non può essere cancellato, sono le conseguenze del male commesso. Esse sono ben dolorose. In primo luogo il suo bambino deve morire. Talché ognuno saprà che, pur perdonando il peccatore, Dio condanna assolutamente il peccato, anche e specialmente quando è commesso da uno dei suoi servitori.
2 Samuele
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[Capitolo 13] Capitolo 14, versetti da 25 a 33
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Corruzione, violenza: tali sono i titoli che si potrebbero dare ai cap. 11 e 13. Dal principio della Genesi, sono i caratteri del mondo. Ed esso è il medesimo oggi. Ma che cosa terribile quando questi caratteri si manifestano nella famiglia dell’uomo di Dio. Davide aveva dato corso a queste due forme del male prendendo Bath-Sheba e ordinando la morte di Uria. Ora queste s’introducono nella sua casa. Fino alla fine della sua vita, Davide farà l’esperienza amara che «quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà» (Galati 6:7).
Ammon è morto. Sull’intervento di Joab, Absalom, l’omicida del fratello, ritorna a Gerusalemme. Ma non c’è in lui nessun rimpianto, nessun sentimento d’umiliazione. Astuzia, orgoglio, ambizione, assenza di pietà e d’affezione naturale, ecco ciò che troviamo in quest’uomo, e il seguito di questa storia renderà questo ritratto ancor più fosco. Absalom è un uomo tanto brutto moralmente, quanto bello e seducente fisicamente. Come mai un personaggio così malvagio può essere figlio del re diletto? Ahimè! e tuttavia è così! Noi non ereditiamo la fede dei nostri genitori. Bisogna possederla noi stessi. La 2e epistola a Timoteo 3:1 a 5 ci riferisce la triste prova che possono anche esservi degli Absalom nelle famiglie cristiane!
2 Samuele
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Capitolo 15, versetti da 1 a 12
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Absalom aveva preparato il suo colpo di stato. Ogni giorno si recava alla porta della città per incontrarvi quelli che avevano un affare da giudicare. Porgeva loro la mano, li abbracciava e li interrogava sul motivo che li faceva venire alla porta per ottenere giustizia. In seguito faceva loro capire che suo padre non era capace di rendere convenevolmente giustizia. Egli invece — soggiungeva — se ne avesse avuto il potere, non avrebbe mancato di far giustizia a tutti quelli che sarebbero andati da lui. Criticare i proprii genitori e pretendere di saperne più di loro è sempre un cattivo segno.
Ipocrita e adulatore, Absalom riusciva tuttavia in tal modo a farsi presso il popolo una fama di benevolenza, d’amabilità, di giustizia, alle spese del re suo padre. «Egli rubò il cuore della gente d’Israele» al loro vero signore (vers. 6). Non ci sono forse ancora oggi delle persone (e delle cose) atte a rubare i nostri cuori? Ricordiamoci, cari lettori, che questi cuori appartengono al Signore Gesù Cristo; almeno è quel che speriamo per ognuno di voi. Egli ha pagato un prezzo sufficientemente grande per possederli senza riserva e per sempre.
2 Samuele
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Capitolo 15, versetti da 13 a 29
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Finché tutto andava bene per il re ed il suo seguito, era impossibile distinguere quelli che erano veramente affezionati a Davide da quelli che restavano con lui semplicemente per interesse personale. La prova dimostrerà ora ciò che vi è nei cuori. Vi sono quelli che seguono Absalom (vers. 13) e quelli che seguono Davide (vers. 18). La neutralità non è possibile.
Abbiamo già pensato a ciò che faremmo se domani i cristiani dovessero essere perseguitati, puniti con la prigione o con la morte, come lo sono stati anticamente… e come lo sono ancora in certi paesi? Allora si vedrebbe se veramente amiamo Gesù, se Lo seguiamo non soltanto quando il cammino è facile, ma ugualmente quando bisogna abbandonare tutto e sopportare qualsiasi cosa per dimorare con Lui.
Ittai era uno straniero venuto da poco tempo presso il re. Si è sovente visto dei convertiti da poco tempo, venuti da ambienti ove vi è poca luce, manifestare una grande fede e una grande dedizione. Altri cristiani, invece, da cui ci si aspettava molto per la loro conoscenza e la loro educazione, indietreggiare al momento della prova. Potessimo noi tutti assomigliare a Ittai il Ghitteo!
2 Samuele
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Capitolo 15, versetti da 30 a 37 Capitolo 16, versetti da 1 a 4
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I dolori che Davide deve conoscere ora sono il risultato dei suoi propri falli. Non possono paragonarsi alle sofferenze del Signore Gesù che erano tutte la conseguenza dei nostri propri peccati. Tuttavia, ci permettono di comprendere meglio, in certo qual modo, ciò che il nostro Salvatore ha attraversato. Vedete Davide, in compagnia di alcuni cuori fedeli, che sale piangendo lungo il pendio del monte degli Ulivi. È in quello stesso luogo che si trovava il giardino di Getsemane, ove l’Uomo di dolori, nell’angoscia del suo combattimento, doveva offrire, «con gran grida e con lagrime, preghiere e supplicazioni a Colui che lo poteva salvare dalla morte» (Ebrei 5:7).
È quivi che Davide viene a conoscenza del tradimento di Ahitofel, suo compagno, suo consigliere (ma il cui nome significa fratello di follia! — vedere Salmo 3:1 e il titolo). — Ed è quivi pure che si avanzerà Giuda alla testa dei soldati e degli uscieri.
L’esclamazione desolata di Davide al Salmo 55:13 può senza dubbio situarsi a quel momento: «Sei stato tu, l’uomo ch’io stimavo mio pari, il mio compagno e il mio intimo amico: Insieme avevamo dolci colloquii…» Pensiamo con quale tristezza il Signore ha chiesto al suo sciagurato discepolo: «Amico, a far che, sei tu qui?» (Matteo 26:50).
2 Samuele
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Capitolo 16, versetti da 5 a 19
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Mentre Davide percorre il suo sentiero di dolore e d’umiliazione, un Beniaminita, Shimei, ne approfitta vilmente per gettargli sassi e proferir maledizioni. Contro il Signore Gesù, non vi sarà un accusatore ma tutta una muta di «cani» (Salmo 22:16) che si raduneranno attorno alla croce e approfitteranno della sua sofferenza per beffarsi di Lui, scuotendo il capo e insultandolo. Non soltanto Egli non risponde loro, ma si volge allora verso il suo Dio (Salmo 22:19). E, in una certa misura, è anche quel che Davide fa dinanzi alle accuse ingiuste. Si rivolge a Colui che conosce la verità (paragonate Salmo 7, titolo e vers. 3 e 4). Inoltre riceve questa nuova prova, come proveniente dalla mano divina e accetta l’ingiusta maledizione come una cosa che Dio ha giudicata necessaria. E riprende Abishai, il cui zelo ardente si manifestava nella vendetta (vers. 9 — come in 1 Samuele 26:8). Non è forse anche quel che ha fatto in perfezione il nostro Salvatore, quando, nello stesso giardino ove l’abbiamo già considerato, ha potuto dire a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero; non berrò io il calice che il Padre mi ha dato?» (Giovanni 18:11).
2 Samuele
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Capitolo 17, versetti da 1 a 14
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Hushai era stato rimandato da Davide a Gerusalemme affinché annullasse presso Absalom il consiglio di Ahitofel. E Dio, in risposta alla preghiera del re (cap. 15:31), interviene per fare riuscire questo stratagemma. Sembra che Dio non potrebbe più benedire oggi un tal modo di fare, poiché venendo il Signore Gesù quaggiù ci ha rivelato una misura della verità e della dirittura secondo Dio del tutto nuova.
Il consiglio di Hushai permetteva a Davide d’essere informato a tempo, di allontanarsi e preparare la sua difesa.
Tutta questa narrazione ha una portata profetica. Ci parla di un tempo a venire in cui, in Israele, un certo numero di fedeli, un «residuo» sarà perseguitato e costretto a fuggire, inseguito dai nemici di Cristo. Costoro: il Re e il falso profeta (o Anticristo) sotto la figura di Absalom e del suo consigliere Ahitofel, faranno la guerra al povero residuo, di cui i Salmi ci fanno comprendere la distretta. Ma, dopo una persecuzione di breve durata, i due complici avranno una fine spaventosa e subitanea: Il re chiamato «la Bestia» e il falso profeta saranno i primi uomini gettati vivi nello stagno di fuoco, che è la seconda morte (Apocalisse 19:20).
2 Samuele
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Capitolo 17, versetti da 15 a 29
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I Salmi 3 a 7 si riferiscono a questa oscura pagina della storia di Davide. Non era nulla per lui fuggire d’innanzi a Saul in paragone di questa fuga d’innanzi al suo proprio figlio ribelle.
Ma se il suo cuore è straziato, la sua sottomissione e la sua fiducia restano irremovibili. Ascoltiamo queste sue belle parole: «Tu, Eterno, sei uno scudo per me». Mentre Ahitofel propone un’imboscata per piombare di notte sul re stanco e spaventarlo (vers. 2) che cosa sta dicendo Davide in quel momento? «Io mi son coricato e dormirò; poi mi risveglierò poiché l’Eterno mi sostiene. Io non temo le miriadi di popolo…» (Salmo 3:3,5,6).
Notate l’affezione di quelli che sono rimasti fedeli a Davide. Vi sono anzitutto quei due giovani Ahimaats e Gionathan le cui gambe — e lo spirito di decisione — son preziosi al servizio del re. — Tali servizi sono pure dinanzi a noi, non credete? Approfittiamo di tutte le occasioni che abbiamo per aiutare! Siamo al servizio del «Re»! E poi, alla fine del capitolo, abbiamo l’esempio di altre attività per il Signore e per il suo popolo: occuparsi del benessere e del conforto di quelli che sono stanchi, esercitare l’ospitalità…
2 Samuele
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Capitolo 18, versetti da 1 a 18
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La battaglia sta per impegnarsi. Purtroppo si tratta di una guerra civile! E il povero re è in una situazione tragica. Può egli desiderare la vittoria quando significa la sconfitta e la morte possibile del figlio che non ha cessato di amare?
«Quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà» (Galati 6:7). L’ora di questa solenne «mietitura» è sonata per il misero Absalom. A lui si applica ugualmente quel versetto che ci agghiaccia di spavento: «L’occhio che si beffa del padre e disdegna d’ubbidire alla madre, lo caveranno i corvi del torrente, lo divoreranno gli aquilotti» (Proverbi 30:17). Il crudele Joab è lo strumento per cui il giudicio di Dio si compie. Ma questo non lo scusa affatto. Nonostante gli ordini del re, non teme di commettere freddamente questo nuovo omicidio.
Rizzando uno stele, un monumento alla sua propria gloria, Absalom non aveva previsto che un altro monumento sarebbe stato eretto a sua vergogna: quel gran mucchio di pietre sulla fossa ove sarebbe stato gettato il suo cadavere (come per Acan: Giosuè 7:26), mucchio sul quale ciascuno verrebbe a lanciare la propria pietra in segno di disprezzo.
2 Samuele
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Capitolo 18, versetti da 19 a 33
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Al capitolo precedente Ahimaats era corso per obbedienza e il suo servizio era stato prezioso. Qui la sua propria volontà appare in gioco: «Voglio correre», dichiara egli (vers. 23). E per conseguenza, la sua azione sarà inutile, trascinando persino della dissimulazione. Così è, non solo delle nostre buone gambe, ma di tutte le nostre facoltà; esse sono utili, o non lo sono, secondo se siamo o no sottomessi al Signore Gesù.
La dolorosa notizia trafigge il cuore del povero padre: «O Absalom figliuolo mio, figliuolo mio!» Abbiamo qui uno dei gridi più terribili di tutta la Scrittura, atto a far fremere tutti i genitori cristiani. Poiché esprime la spaventevole certezza d’una separazione definitiva, eterna. Ben diversa fu la morte del bambino di Bath-Sheba! Davide, invece di desolarsi, aveva allora dichiarato con la convinzione dell’arrivederci nella risurrezione: «Io me ne andrò a lui…» (cap. 12:23). Ma per Absalom, sarebbe stato meglio per lui che non fosse mai nato, come per Giuda (Matteo 26:24).
Ah! non possa mai, mai, risuonare un simile grido da parte di quelli che vi amano, un grido senza eco, un grido senza speranza: «Figliuolo mio Absalom… Absalom, figliuolo mio, figliuolo mio!»
2 Samuele
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Capitolo 19, versetti da 1 a 15
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Non tutti quelli che han seguito Davide l’hanno fatto per fede. Joab ne è un esempio. Per quest’uomo ha valore soltanto il proprio interesse. È senza scrupoli e non indietreggia davanti ad un delitto se qualcuno costituisce un ostacolo ai suoi piani. I rimproveri che rivolge a Davide scandalizzano, tanto più che nell’uccisione di Absalom, è lui stesso responsabile del dolore del povero re. Nondimeno aiutano questi a riprendersi per pensare all’interesse del popolo piuttosto che al proprio dolore.
Le sventure di Davide hanno ora prodotto i loro frutti. La prova gli ha permesso di conoscere il suo Dio in modo più reale, più intimo. Ha incontrato la tribolazione, la distretta, la persecuzione… il pericolo, la spada. Ma tutte queste cose sono state altrettante occasioni per meglio comprendere le inesauribili risorse dell’amore divino (vedere Romani 8:35).
Fra il popolo, notiamo ora delle dispute (vers. 9); in Giuda un’incresciosa mancanza di prontezza. Ma Davide agisce con spirito di grazia. E i cuori si piegano verso lui, come più tardi si sottometteranno al Signore Gesù quando, dopo la sua definitiva vittoria sui nemici, Egli apparirà per regnare in gloria.
2 Samuele
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Capitolo 19, versetti da 16 a 30
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Ora notiamo come si comporta Davide vincitore di fronte a quelli che non l’hanno seguito. Shimei, l’accusatore, viene ad implorare il perdono del re. Questi glielo accorda, benché possa dubitare della sincerità di questo pentimento. Poi è la volta di Mefibosheth. Tsiba lo aveva accusato con malvagità a Davide (cap. 16:3). Non ci accade forse talvolta, per darci dell’importanza, di supporre in altri delle cattive intenzioni e accusarli ingiustamente? È la calunnia e la maldicenza.
Mefibosheth ha dimostrato la propria affezione per il vero re facendo pubblicamente cordoglio durante la sua assenza (vers. 24). Come avrebbe potuto rallegrarsi mentre il suo signore e benefattore era disconosciuto e rigettato? Pensiamo a quel che Gesù diceva ai suoi discepoli mentre stava per lasciarli: «Fra poco non mi vedrete più… voi sarete contristati, ma la vostra tristezza sarà mutata in letizia» (Giovanni 16:19-20 — vedere anche Marco 2:20). La gioia di Mefibosheth lo fa passare ora al disopra di tutte le ingiustizie. Può abbandonare senza rimpianto tutti i suoi beni. La presenza del re gli basta (vers. 30). Di che cosa ha egli bisogno poiché mangia alla sua tavola?
2 Samuele
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Capitolo 19, versetti da 31 a 43
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Barzillai era uno di quegli uomini devoti che abbiamo visto, al capitolo 17:27, adoperare per il re e per il popolo le ricchezze di cui disponeva. Davide non l’ha dimenticato. E il gran Re che verrà nella Sua gloria si ricorderà pure dei «benedetti del Padre suo». Potrà dir loro nel giorno delle ricompense: «Ho avuto fame e m’avete dato da mangiare…» (Matteo 25:34-35).
Pieno di delicatezza, Barzillai non vuol essere a carico del re, ma gli affida il figlio Kimham. Il più grande desiderio dei genitori cristiani è di vedere i loro figli seguire il Signore ed esser presi a carico e benedetti da Lui. E Davide promette a Barzillai: «Io farò per te tutto quel che desidererai da me» (vers. 38; paragonate Giovanni 14:14 dove il Signore dice ai suoi: «Se chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò»).
Davide ripassa ora il Giordano. Godrà nuovamente di Canaan, immagine del cielo, di cui era stato privato per qualche tempo a causa del suo peccato. È lo stesso per il riscattato. Ogni fallo lo priva della gioia presente del cielo e gli fa rifare le tappe del cammino, ripassare «il Giordano» (la morte) fermarsi a Ghilgal (il giudicio di se stesso) per potere ritrovare questa gioia.
2 Samuele
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[Capitolo 20] Capitolo 21, versetti da 1 a 11
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Alla fine del capitolo 19, abbiam visto sorgere una disputa fra la tribù di Giuda e le altre tribù d’Israele. Sheba, un nuovo nemico, ne ha approfittato per trascinare il popolo alla rivolta. È così che Satana trae partito delle nostre dispute e si rallegra dei disaccordi che avvengono fra i figli di Dio.
Morto Sheba, tutto è tornato in ordine. L’organizzazione del regno del. cap. 8:15 a 18 è allora ricordata (cap. 20:23 a 36), con questa differenza che i figli di Davide non sono più i principali ufficiali. Dopo il fatto di Absalom, ne comprendiamo il motivo.
La nostra lettura ci riferisce ancora una triste storia. Saul aveva violato il giuramento fatto un tempo da Israele ai Gabaoniti (Giosuè 9:15). Molto tempo dopo il suo delitto è rimesso in mente e reclama una espiazione secondo Numeri 35:19. Il tempo, siamone certi, non cancella i peccati commessi. Essi sono sempre davanti a Dio. Ma, per il credente, il sangue di Cristo ha fatto sparire interamente tutti i suoi falli. Gesù, appeso al legno (Atti 5:30 e 10:39), portando la maledizione, ha espiato i nostri peccati, Lui il Giusto per noi ingiusti. A Lui la nostra riconoscenza e la nostra adorazione, da ora in eterno!
2 Samuele
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Capitolo 21, versetti da 12 a 22
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Una volta ancora Davide onora Saul ed i suoi discendenti. Egli vigila personalmente sulla loro sepoltura.
Poi Dio ci dà ancora una pagina gloriosa. Sono insorti quattro nemici terribili, figli del gigante. Ma sono stati abbattuti l’uno dopo l’altro dai compagni di Davide. Questi ha dato l’esempio ai suoi uomini trionfando per primo sul vero Goliath, il più grande e il più pericoloso di tutti gli avversari. Egli ha loro mostrato quel che può fare la fiducia in Dio. Il gran combattimento della croce ha avuto luogo una volta per sempre. Satana è vinto. Ma se siamo discepoli di Cristo, dei combattimenti si presenteranno anche dinanzi a noi. In contrasto con Davide, il nostro Signore è sempre con noi e non è mai stanco. Ci darà la vittoria, poiché noi lottiamo per il Suo nome e per la Sua gloria; sovente vinceremo per la semplice e perseverante preghiera della fede. E questi nemici, di apparenza sovente così spaventevole e mostruosa, se ne fuggiranno come un’ombra davanti al Nome onnipotente di Gesù col quale ci presenteremo. Abbiamo noi voi provato talvolta l’invincibile potere di questo nome di Gesù?
2 Samuele
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Capitolo 22, versetti da 1 a 19
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Gli ultimi nemici del re sono stati annientati. Come Israele dopo aver attraversato il mar Rosso (il vers. 16 vi fa allusione), come Debora con Barak dopo la loro vittoria, e Anna dopo la risposta divina, Davide può ora celebrare le liberazioni dell’Eterno. Per mezzo d’un cantico, egli ringrazia il suo Salvatore (vers. 3). Accade anche a noi di cantare la nostra riconoscenza? Nelle riunioni o in famiglia, senza dubbio! Ma facciamolo anche quando siamo soli.
Questo cantico riproduce quasi esattamente il Salmo 18. E come tutti i Salmi, esso va ben al di là delle esperienze di chi l’ha composto. Che cosa sono infatti le sofferenze di Davide in paragone di quelle del Signore? Che cosa sono la violenza e la malvagità di Saul in paragone dell’odio di Satana, l’uomo forte? Quest’ultimo ha cercato di spaventare Gesù con la prospettiva dell’ira di Dio, poi di ritenerlo nei «legami della morte» (vers. 6). Ma in Getsemane, Cristo è stato esaudito «a causa della sua pietà» (Ebrei 5:7). Certamente, Dio non poteva risparmiare la croce al suo Figlio e «far passare il calice lungi da Lui». Ma Gli ha tuttavia risposto liberandolo dal suo «potente nemico» il diavolo (vers. 18) e traendolo (per mezzo della risurrezione) dalle «grandi acque» (vers. 17), sì, da quelle terribili «onde della morte» (vers. 5).
2 Samuele
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Capitolo 22, versetti da 20 a 32
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Le liberazioni che Dio ci concede (anzitutto la nostra salvezza) non dipendono dai nostri meriti, ma soltanto dalla sua grazia. Invece, quando si tratta del Figlio di Dio, vi era in Lui una tale eccellenza che Dio non poteva non liberarlo. Fra tutti gli uomini, Cristo è il solo che abbia meritato, se così si può dire, la sua risurrezione.
A quelli che contemplavano Gesù sulla croce, il suo abbandono sembrava un segno della disapprovazione di Dio. Gli schernitori scuotevano il capo: «Lo liberi dunque, Lo salvi poiché Lo gradisce» (Salmo 22:8) o «…s’Ei lo gradisce» (Matteo 27:43). Dio ha raccolto questa sfida risuscitando Gesù. E il Figlio che conosce il cuore del Padre, risponde aldilà della morte: «Egli mi liberò perché mi gradisce.»
Seguono ora i meravigliosi motivi che Gesù ha dati a Dio per gradirLo: La sua giustizia e la purezza delle sue azioni (vers. 21:25), la sua fedeltà (vers. 22), la sua obbedienza (vers. 23), la sua santità (vers. 24), la sua grazia (vers. 26), la sua dipendenza (vers. 29-30), la sua fiducia (vers. 31); riassumendo: la sua perfezione (vers. 24). Veramente, lo sguardo del Padre poteva posarsi con assoluta soddisfazione su «l’uomo perfetto» (vers. 26).
2 Samuele
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Capitolo 22, versetti da 33 a 51
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Abbiamo visto in questo cantico della liberazione ciò che concerne Davide e ad un tempo il credente; poi ciò che concerne Cristo di cui Davide è il «tipo». Ci rimane da considerare il lato di Dio. «La via di Dio è perfetta…» comincia il versetto 31. Gesù desidera che conosciamo l’Autore della sua liberazione (rileggere vers. 17-18 — vedere Salmo 40:2). Notate quel che è stato il suo primo messaggio ai discepoli, mandato da Maria subito dopo la Sua risurrezione (paragonate: Salmo 22:22 e Giovanni 20:17). È come se avesse loro detto: Il Padre che mi ama, il Dio potente che mi ha liberato, diventa il vostro Padre, il vostro Dio. Egli ama voi pure, e per la sua stessa grande potenza, vi libera con me dal potere di Satana e della morte.
I versetti 33 e seguenti ci mostrano Dio ugualmente potente per sostenere nella loro marcia e nelle loro lotte, quelli che si confidano in Lui. Egli ha così condotto Gesù, la cui fiducia è stata totale.
E la fine di questo cantico si apre sul futuro. Ci mostra quel che Dio farà per distruggere definitivamente i nemici di Cristo sulla terra, per mettere i popoli sotto il Suo dominio e stabilirlo infine come Re su tutto l’universo.
2 Samuele
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Capitolo 23, versetti da 1 a 12
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La vita di Davide volge al termine. E le sue ultime parole ispirate ci sono riferite. Il «dolce salmista d’Israele» considera il passato: Ahimè! egli non ha diretto la sua famiglia come avrebbe dovuto! Ma si riposa interamente sulla grazia di Dio. Questa ha preparato per Israele e per il mondo un avvenire di gloria sotto il dominio di Cristo, il Re di giustizia e di pace. Egli sarà come il giorno radioso che sorge dopo la buia notte, spazzando via le tenebre che regnano ora sul mondo. Sotto questo dominio gli uomini temeranno e serviranno Dio, producendo del frutto come quello che una terra fertile e ben adacquata fa germogliare.
Senza aspettare la fine della nostra vita, è necessario fare ogni tanto il punto, come il marinaio sulla sua nave. Il passato: è la mia triste storia, ma ad un tempo la preziosa storia della pazienza e della grazia del Signore verso me. Il presente è marcato da due principali doveri: Obbedire al Signore e confidarmi in Lui solo. Quanto al futuro dei credenti, lo sappiamo, è la gloria. Cristo condividerà la sua gloria con loro come Egli l’ha detto al Padre suo (Giovanni 17:22).
2 Samuele
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Capitolo 23, versetti da 13 a 23
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Abbiamo qui il «libro d’oro» dei compagni del re. Essi hanno combattuto e sofferto con lui. Ora essi regnano anche con lui (2 Timoteo 2:12). Pagina gloriosa ove ogni nome, ogni impresa è fedelmente registrata! È così che nulla sarà dimenticato di tutto ciò che il Signore ci avrà concesso di fare per Lui. Non ha forse promesso: «Chi avrà dato da bere soltanto un bicchier d’acqua fresca ad uno di questi piccoli,… non perderà punto il suo premio»? (Matteo 10:42). Considerate la spedizione dei tre prodi uomini al pozzo di Bethlehem. Arrischiare la propria vita per un po’ d’acqua fresca, non è forse a prima vista una follia? Ma il minimo desiderio del capo ch’essi amano merita secondo loro un tale sacrifizio. «Questo fecero quei tre prodi» (vers. 17). E noi? Siamo noi pronti, per un Maestro più grande, a degli atti di devozione?
Il Signore valuta esattamente la difficoltà di ciò che è fatto per Lui: uccidere due leoni è un’impresa di per sé poco ordinaria, ma che la neve rendeva più penosa ancora per il coraggioso Benaia. Ebbene! questo giorno di neve è menzionato specialmente!
Viene in seguito la lista dei nomi di questi eroi. Tutti vi sono, preziosi al cuore del re, sì, compreso il fedele Uria (vers. 39). Però, malgrado la sua attività, Joab non compare sulla lista, mentre il suo scudiero ci figura (vers. 37)!
2 Samuele
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Capitolo 24, versetti da 1 a 14
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Davide commette un nuovo fallo: fa il censimento del popolo! Questo non vi pare forse eccessivamente grave. Mosè l’aveva fatto due volte. Ma l’Eterno allora gliel’aveva comandato (Numeri 1:2 e 26:2). Mentre qui l’Eterno lascia Satana agire e tentare Davide (1 Cronache 21:1), che è spinto dall’orgoglio! È fiero di dominare sopra un popolo numeroso e disporre d’un potente esercito. L’orgoglio! È lusingarci della nostra importanza, dimenticando che soltanto la grazia di Dio ci ha fatto ciò che siamo e ci ha dato ciò che possediamo. In tempi migliori Davide l’aveva riconosciuto: «Chi son io, o Signore, o Eterno… E qual popolo è come il tuo popolo, come Israele?» (cap. 7:18,23). La gloria d’Israele non consisteva né nella sua forza, né nel numero dei suoi guerrieri, come per le altre nazioni. Essa era nel nome dell’Eterno di cui era il popolo (vedere Salmo 20:7)! Nello stesso modo il solo titolo di gloria del cristiano è il bel nome di Cristo «invocato» su lui (Giacomo 2:7).
Joab, benché non tema Dio, vede più chiaramente di Davide e cerca di dissuaderlo. Invano! Il censimento è fatto… ma, appena furono note le cifre, il re comprende la sua follia. Nonostante il suo pentimento, deve, una volta ancora, aver da fare col «governo di Dio» (Amos 3:2).
2 Samuele
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Capitolo 24, versetti da 15 a 25
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Il castigo divino passerà sul popolo. Vedete, appena terminato il censimento degli uomini guerrieri, il loro numero è già ridotto dall’epidemia. È come se Dio dicesse: «A me appartiene di aumentare o diminuire in tre giorni questo popolo quando a te son stati necessari dieci mesi per censirlo». È bella la risposta di Davide alla difficile scelta che gli è imposta: «Che cadiamo nelle mani dell’Eterno, giacché le sue compassioni sono immense…» (vers. 14). Egli conosce il cuore di Dio e, anche sotto la disciplina, la sua fiducia nell’amore divino non è scossa. Questa fiducia, non sarà delusa. Una volta ancora, il peccato dell’uomo è l’occasione per Dio di mostrare le meravigliose risorse della sua misericordia e del suo perdono. «Basta!» — dice Egli, quando il frutto che si aspettava è prodotto nei cuori.
Un sacrifizio è offerto. E l’aia d’Arauna comprata dal re diverrà, come lo vedremo in seguito, l’area ove il tempio sarà edificato. — Davide non vuole presentare all’Eterno «degli olocausti che non costano nulla». Pensiamo all’offerta di Maria nell’Evangelo. Anche lei aveva voluto portare, a Colui che ella stimava infinitamente, un profumo del più gran prezzo (Giovanni 12:3).
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