“Abbiamo visto il Signore”

di Marco Vaccari

Nell’Evangelo di Giovanni al capitolo 20 l’apostolo riporta la risurrezione del Signore e come sia apparso ai suoi discepoli. Erano stati avvertiti dalle donne che erano andate al sepolcro con gli aromi per ungere il corpo del Signore. Poi erano stati avvertiti da Maria Maddalena e infine dai due discepoli di ritorno da Emmaus. Eppure non avevano ancora creduto alla risurrezione del Signore. Certo non era facile credere una cosa del genere. Il Signore li aveva preavvertiti, ma forse, in fondo al cuore, non lo avevano ritenuto possibile.

Il Signore appare loro a porte chiuse, li saluta e poi mostra loro le mani ed il costato. In Giovanni è riportato che finalmente credettero e il loro cuore, triste per la sua morte, si riempì di gioia (v.20).

Mancava però uno degli apostoli: Tommaso detto Didimo. Cosa fanno gli altri? L’ora era tarda, ma forse appena possibile lo hanno cercato per dirgli: “Abbiamo visto il Signore”. Giovanni riporta solo queste quattro semplici parole, tuttavia dense di significato. Tommaso non crede, ma pronuncia molte più parole per proclamare che avrebbe creduto solo a tre precise condizioni: vedere il segno dei chiodi nelle sue mani, mettere il dito in queste ferite, mettere la mano nel suo costato.

Il Signore si indigna forse per questa incredulità manifesta? Assolutamente no. Al contrario,  con molta pazienza, si presenta loro la settimana successiva e subito risponde punto per punto alle tre richieste del suo discepolo.

Tommaso ne è completamente convinto e, con sincera devozione, gli risponde “Signore mio Dio mio”. Il Signore allora proclama beati coloro che credono senza vedere.

Il racconto permette di sottolineare con forza la risurrezione del Signore al di là di ogni ragionevole dubbio allor quando una persona fortemente decisa a controllare la presunta risurrezione viene convinta a ricredersi e a adorare un Signore veramente risorto.

In questo racconto però brilla come una gemma il messaggio degli apostoli a Tommaso: “Abbiamo visto il Signore”. Non raccontano altro, non esprimono in modo esplicito la loro gioia, ma proclamano l’incontro con la divina persona con la quale avevano vissuto tre anni e mezzo e questo per loro bastava. Potevano aggiungere che aveva mangiato con loro, potevano aggiungere che li aveva mandati nel mondo per annunciare l’Evangelo avendo soffiato il suo Spirito su di loro, ma si limitarono a dire l’essenziale: “Abbiamo visto il Signore”.

Penso che queste parole, così importanti allora, siano allo stesso modo importanti oggi per noi. Le abbiamo esaminate nel loro contesto di quella prima domenica in cui il Signore risorto fu con i Suoi riuniti, ma hanno un importante valore spirituale per noi oggi.  Ogni volta che siamo radunati davanti al Signore, Lui ha promesso di essere presente in mezzo a noi. Siamo coscienti di questa preziosa verità? Come impatta sulla nostra vita? Possiamo proclamare con gioia “Abbiamo visto il Signore”? Certamente oggi non lo vediamo fisicamente presente in mezzo a noi, ma la fede ci assicura che Lui mantiene quella promessa, per questo quelle quattro parole sono ancora valide.

Cosa ci spinge a presenziare alle riunioni della chiesa locale? Passare qualche ora in un ambiente sereno? Incontrare persone simpatiche e aperte? Tutto questo non significa nulla se non possiamo dire al termine di esse: “Abbiamo visto il Signore”. Poter dire “siamo stati edificati” oppure “siamo stati consolati”, anche se questo è vero, non basta. L’unica cosa che conta è che lì vi abbiamo incontrato una persona che rappresenta l’essenza stessa della verità, dell’edificazione e della consolazione. Veramente in Lui possiamo trovare tutto quello che necessita per la nostra felicità in modo completo e incondizionato.

I discepoli hanno immediatamente premura di riferire a Tommaso. Questo dimostra come gli volessero bene e come volevano farlo partecipe della stessa gioia. Abbiamo anche noi delle persone che amiamo? Siamo pronti a raccontar loro che abbiamo incontrato una persona che è diventato il “Signore” della nostra vita? La samaritana ha lasciato il secchio al pozzo ed è corsa a dire a tutto il villaggio “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto” (e non era un comportamento di cui andar fieri) “non potrebbe essere lui il Cristo?”. In lei vi fu la stessa premura, lo stesso desiderio di condividere una gioia straordinaria, di presentare una persona che aveva risposto ai bisogni del suo cuore.

Possiamo fare ancora un’ultima riflessione. I discepoli dicono: “Abbiamo visto il Signore”. L’uso del plurale li accomuna. Infatti, tutti erano concordi, tutti gioivano e tutti lo annunziavano. Possiamo dire la stessa cosa anche oggi? L’Oggetto dei nostri cuori è sempre lo stesso e la sua presenza è sicuramente certa. Siamo tutti uniti, gioiamo della stessa gioia e siamo pronti a proclamarlo insieme attorno di noi?

“Abbiamo visto il Signore”. Se questa dichiarazione è valida per noi oggi, se quella divina persona rappresenta tutto per noi, il Signore stesso ci proclama beati, perché pur senza vedere fisicamente il Signore abbiamo creduto e abbiamo quindi gioito di una allegrezza ineffabile e gloriosa.

Benché non lo abbiate visto, voi lo amate; credendo in lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa” (1 Pietro 1:8).

E questo ci sembra poco?

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