“Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome, tu sei mio!” (Is. 43:1).
Queste parole d’incoraggiamento furono indirizzate anticamente da Dio ai credenti d’Israele e nel futuro serviranno ancora di consolazione, quando la persecuzione minaccerà di annientare il residuo fedele. Ma anche oggi quanto sono consolanti per noi credenti, che attraversiamo un mondo nemico di Dio dove i pericoli, le sofferenze e le prove ci assalgono quotidianamente e dove le tentazioni sono sempre in agguato!
Quale benedizione per l’anima del credente che può appropriarsi delle parole “non temere, io ti fortifico, io ti sostengo”! Ricordiamoci che il nostro Dio, il grande Dio creatore dei cieli e della terra, vuole il nostro bene.
Il presente e l’avvenire sono nella sua mano; cosa potrà privarci o separarci dal suo amore? Eppure il timore s’impossessa così facilmente del cuore e produce un penoso sentimento di tormento e d’insicurezza.
Sappiamo che in Dio non vi è timore, e non è lui che ha messo questo sentimento nell’uomo; è il peccato che l’ha introdotto nel mondo. Prima della disubbidienza di Adamo ed Eva, in Eden, il timore era sconosciuto; l’uomo viveva in comunione con Dio, godeva del suo amore e della sua bontà ed era un felice abitante del paradiso terrestre. Ma dopo la disubbidienza lo vediamo fuggire davanti a quel Dio d’amore che l’aveva colmato delle sue benedizioni. La gioia aveva fatto posto all’angoscia e alla paura del castigo. Ma i figli di Dio non devono temere, perché Egli ha eliminato la sorgente del timore, cioè il peccato, per mezzo di Gesù Cristo, il quale è diventato il nostro Salvatore e il nostro Redentore per la fede in lui, in virtù della sua morte in croce.
Il timore dell’incredulo è giustificato; egli ha paura di se stesso e degli altri, paura del futuro, della morte e soprattutto, anche se dice di non crederci, del giudizio di quel Dio che lo condannerà per i suoi peccati. Tutto questo sarà però positivo se lo spingerà verso Dio nel quale troverà subito il soccorso necessario, perché solo lui può dare al cuore timoroso la pace, il riposo e una gloriosa speranza futura.
Alla nascita del Signore, l’angelo ha detto ai pastori di Betleem: “Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore che è Cristo, il Signore” (Luca 2:10). Il nostro Signore è sceso dal cielo ed è venuto su questa terra maledetta per distruggere l’opera di Satana, espiare il peccato, annientare la morte, e portare all’uomo la salvezza e la vita; e tutto questo l’ha compiuto per mezzo della sua morte e della sua risurrezione.
Quando il popolo d’Israele, ancora in Egitto, fu messo al riparo del giudizio per mezzo del sangue dell’agnello pasquale, e poi fu condotto dalla potente mano di Dio fuori dal paese di schiavitù, come arrivò sull’altra riva del mar Rosso intonò un magnifico canto di lode.
Ma noi che abbiamo creduto in Cristo non abbiamo forse sperimentato una liberazione molto più grande? Noi abbiamo una salvezza eterna, poiché Egli ci ha liberati dal peccato, dalla morte e dal giudizio di Dio.
Di che cosa possiamo temere visto che Dio è per noi? “Non temere, io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome, tu sei mio”.
Sebbene i riscattati non siano perfetti su questa terra, e il loro cammino sia purtroppo costellato di cadute e mancanze, essi sanno di essere considerati santi, in virtù dell’opera di Cristo. Come afferma Ebrei 10:14: “Con un’unica offerta Egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati”. Se dobbiamo umiliarci profondamente quando commettiamo una disubbidienza, è comunque una cosa grande e meravigliosa la certezza della salvezza che Dio ci ha data per mezzo di Gesù Cristo! Il credente può gioire, con piena sicurezza, del perdono dei suoi peccati e guardare al futuro con fiducia.
Siamo noi riconoscenti per questa grazia inesprimibile? Rendiamo a Dio che ce l’ha data quel tributo di lode e di adorazione che gli è dovuto, e quell’impegno fedele e costante che richiede da noi? Se ci ricordassimo ogni momento di ciò che Dio ha fatto per noi dando alla morte Gesù Cristo, il suo amato Figlio, i nostri cuori sarebbero più gioiosi e noi saremmo, in questo mondo malvagio, in mezzo a una generazione storta e perversa, quei “figli di Dio senza biasimo”, “irreprensibili e integri” (Fil. 2:2:15), che onorano il Suo nome.
La salvezza non è opera nostra, ma di Dio, e quello che Egli compie è solido e sicuro; per questo i credenti possono rallegrarsi della pienezza delle ricchezze della sua grazia.
Il credente non deve peccare, ma vegliare scrupolosamente sui propri comportamenti perché siano in armonia col pensiero del Signore. Ma quanto dobbiamo essere riconoscenti a Dio d’averci dato in Cristo un avvocato per mezzo del quale è possibile il ristabilimento dopo che, commessa un’infedeltà, l’abbiamo confessata a Lui con un pentimento vero e profondo! Possiamo paragonare questa intercessione allo scettro d’oro che il re Assuero stese verso Ester (Ester 5:2); è un’espressione del favore di Dio e il credente, per la fede, tocca questo scettro.
Al tempo della carestia in Egitto, coloro che avevano fame, dovevano andare da Giuseppe e i loro bisogni erano soddisfatti. La misura del favore di Dio verso di noi è Cristo. Noi lo ringraziamo continuamente per la sua fedeltà nel procurarci il necessario per la vita sulla terra e nel sostenerci nelle prove e nei pericoli; tutto questo ci mostra la provvidenza e la misericordia del nostro Padre. Nelle nostre svariate circostanze com’è consolante sentirsi ripetere: “Non temere perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio”; “Tu non temere, perché io sono con te;… io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia” (Isaia 43:1 e 41:10).
Chi tocca i santi, “tocca la pupilla dell’occhio suo” (Zaccaria 2:8). Nessuna potenza celeste o terrestre può avvicinarsi a loro senza il consenso di Dio; quando Dio permette al nemico di porre degli ostacoli sul loro cammino, è sempre per far loro del bene alla fine, come vediamo nel caso di Giobbe. Il riscattato che cammina con Dio si rallegra nella speranza e attende dai cieli il Signore che lo condurrà nella gloria.
Ma qualcuno potrebbe obiettare: Come possiamo in questi tempi di crisi morale, di guerre e di violenze, guardare verso il futuro con dei cuori pieni di speranza e di gioia? Certo, se dipendesse da noi che siamo deboli impotenti, ci sarebbe davvero da preoccuparsi, ma Dio nella sua bontà, vuole prendere in mano le nostre difficoltà. Il credente fedele che cammina nel timore di Dio, fissa gli occhi su Cristo nella gloria al quale ogni autorità è stata data in cielo e in terra. Il Signore dice: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente” (Matteo 28:20). Se dovremo attraversare momenti difficili di sofferenza e di preoccupazione, Egli ci consola con queste rassicuranti parole: “Non temere… Io non ti lascerò e non ti abbandonerò”. A queste parole di incoraggiamento noi rispondiamo: “Il Signore è il mio aiuto, io non temerò”. Dobbiamo ascoltare la sua voce, e credere a quello che dice.
In ogni fase della nostra esistenza possiamo contare su Lui. “Fino alla vostra vecchiaia io sono lo stesso, fino alla vostra canizie io vi porterò; io vi ho fatti e io vi sosterrò” (Isaia 46:4).
“Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e in Eterno” (Ebrei 13:8). Continuiamo fiduciosi il nostro cammino!