Incoraggiamento, esempio per i giovani e un appello a loro

di Cesare Casarotta

Introduzione

Ho suscitato dei profeti tra i vostri figli e dei nazirei, tra i vostri giovani. Non è forse così, o figli d’Israele?» dice il Signore. «Ma voi avete dato da bere del vino ai nazirei e avete ordinato ai profeti di non profetizzare!” (Amos 2:11-12)

Il profeta Amos ci presenta uno stato molto triste del popolo di Israele che stava andando ineluttabilmente incontro al giudizio di Dio. Oppressione, corruzione, ingiustizia, immoralità, questi erano i tratti che caratterizzavano il popolo in quel tempo. A questi misfatti si aggiungeva un ulteriore elemento di responsabilità: si mettevano a tacere coloro i quali potevano richiamare a un ritorno a Dio (i profeti) e si sviavano coloro che volevano essere d’esempio con un cammino di santità e separazione dal male (i nazirei).

Partendo da questo passo, possiamo fare un’applicazione morale di questi versetti per la realtà del nostro tempo in mezzo al popolo di Dio. Egli, nella Sua grazia, si compiace ancora oggi di suscitare dei servitori nelle nuove generazioni; utilizzando il linguaggio di Amos “dei profeti tra i nostri figli, dei nazirei tra i giovani”. Cosa è accaduto nel popolo al tempo di Amos? I profeti sono stati messi a tacere e i nazirei sviati. Questo è un monito per quanti tra noi sono più avanti negli anni. Quando Dio mette nel cuore dei più giovani di servirLo, non dovremmo “metterli a tacere”, né tantomeno sviarli con i nostri comportamenti, con un esempio negativo che li possa scoraggiare e allontanare da un cammino di consacrazione.

I ragazzi che hanno fatto delle scelte di fede, devono essere accompagnati e supportati in un percorso di crescita, affinché i doni che hanno ricevuto da Dio possano essere sviluppati ed esercitati nel migliore dei modi. Essi devono essere formati per poter essere utili nell’assemblea locale e nella diffusione del messaggio dell’Evangelo.

Cosa fare? Occorre innanzitutto conoscerli, curarli, considerarli adeguatamente, avere discernimento, saggezza per comprendere quali sono i carismi di cui sono stati dotati dallo Spirito e soprattutto non scoraggiarli e non scandalizzarli.

È una buona cosa cercare di coinvolgerli in attività che stiamo svolgendo a livello personale o nella chiesa locale, facendolo nella giusta misura, senza sovraccaricarli di responsabilità, perché potrebbero essere schiacciati dal peso eccessivo, da qualcosa che al momento potrebbe essere al di là della loro portata.

Seguire qualcuno in un percorso di crescita vuol dire necessariamente esortarlo, incitarlo, spronarlo, senza scoraggiarlo ed essere di esempio. Dobbiamo dire che in primo luogo tutto ciò deve avvenire nella famiglia.

Esaminiamo qualche insegnamento a questo riguardo tratto dalla Parola di Dio.

Il caso Timoteo

Sappiamo che Timoteo era un giovane discepolo di cui rendevano buona testimonianza due assemblee (Atti 16:2). Paolo passando da Listra “volle che egli partisse con lui” (16:3). Egli lo prese con sé, perché lo accompagnasse nei suoi viaggi missionari. Primo passo: Paolo insieme ai fratelli aveva identificato qualcuno con delle qualità spirituali, perché potesse affiancarlo come collaboratore. Quante cose da apprendere e che scuola in questo percorso! Evangelizzazione, insegnamento, situazioni pubbliche, private, difficoltà di ogni tipo e persecuzioni. Tutto questo ha contribuito in modo determinante alla formazione di questo servitore.

È interessante notare che nella prima lettera indirizzata a Timoteo, scritta da Paolo, è indicato che gli era stato affidato l’incarico “di rimanere a Efeso, per ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse” (1 Timoteo 1:3). Nello stesso capitolo Paolo gli scrive “Ti affido questo incarico, Timoteo, figlio mio, in armonia con le profezie che sono state fatte in precedenza a tuo riguardo, perché tu combatta in virtù di esse la buona battaglia” (1:18). Questo ci fa pensare che l’incarico era stato conferito sulla base di un carisma spirituale che era stato manifestato in maniera evidente ai credenti; pertanto in quel momento Timoteo, sotto la guida dello Spirito, era in grado di svolgerlo. Un’altra cosa da evidenziare riguarda lo scopo che Timoteo doveva perseguire: combattere la buona battaglia. Dobbiamo fare presente ai giovani che la vita del credente è una battaglia da un punto di vista spirituale, ma è una buona battaglia, perché viene combattuta per il Signore.  

Nella stessa lettera tra le tante esortazioni che gli vengono rivolte è scritto “Non trascurare il carisma che è in te…” (1 Timoteo 4:14). Nella seconda lettera, Paolo esorta ancora Timoteo “ti ricordo di ravvivare il carisma di Dio che è in te”, evidentemente sta ripetendo un’esortazione già fatta in altre occasioni; inoltre aggiunge: “Dio infatti ci ha dato non uno spirito di timidezza, ma di forza, d’amore e di autocontrollo” (2 Timoteo 1:7). Possiamo pensare che il lavoro di incitamento, sprone, esortazione continua nel tempo. Timoteo aveva bisogno di questo. Tutti noi e in particolare i più giovani hanno bisogno di esortazioni e incitamento alla costanza. Alcuni tratti caratteriali, quali timidezza, titubanza, debolezza, possono condizionare in maniera negativa. Quanto queste cose si rendono evidenti in qualcuno, soprattutto nei giovani, occorre essere perseveranti nell’esortare e nell’indicare ciò che Dio vuole che i suoi manifestino nello svolgimento di un servizio: forza, amore, autocontrollo.

Nell’ultima parte della seconda lettera a Timoteo, Paolo descrive i caratteri degli uomini “negli ultimi giorni” (2 Timoteo 3:1). Parla di qualcuno che ha “l’apparenza della pietà, mentre ne ha rinnegato la potenza” (3:5) e invita Timoteo ad allontanarsi da queste persone.

In contrapposizione a questo dice: “Tu invece hai seguito da vicino il mio insegnamento, la mia condotta, i miei propositi, la mia fede, la mia pazienza, il mio amore, la mia costanza le mie persecuzioni, le mie sofferenze…e il Signore mi ha liberato da tutte” (2 Timoteo 3:10-11).

La Parola ci suggerisce ancora qualche considerazione. Timoteo aveva seguito “da vicino” Paolo. Ci sono delle persone più giovani di noi con le quali abbiamo una stretta relazione di comunione, amicizia fraterna, con le quali camminiamo nel sentiero della fede?

Queste persone che cosa ascoltano? Siamo impegnati a trasmettere loro un insegnamento sano secondo le verità bibliche? Il nostro comportamento è per loro un vero esempio di pietà, di separazione dal male in tutti gli ambiti della nostra vita? Guardandoci possono scorgere che abbiamo dei propositi nell’opera del Signore e una visione chiara degli obiettivi spirituali nel campo di Dio per il servizio da svolgere, in modo da stimolarli e coinvolgerli? Oppure facciamo trasparire che abbiamo piuttosto una visione legata alle cose della terra?

La nostra fede è qualcosa di visibile nelle varie circostanze della vita? La pazienza è una caratteristica del nostro comportamento riguardo alle circostanze che attraversiamo e alle persone che incontriamo? Il nostro amore è “con i fatti e in verità” e non “a parole e con la lingua” (1 Giovanni 3:18)?

La costanza è un tratto caratteristico della nostra condotta? Le nuove generazioni vedono in noi di coloro che portano a termine ciò che hanno intrapreso, oppure notano dell’instabilità, dell’inconsistenza?

Esaminiamoci, riflettiamo se queste qualità sono presenti nella nostra vita, perché Dio possa essere glorificato e perché possiamo essere di esempio e incitamento per tutti coloro che sono più giovani e desiderano servire il Signore in un percorso di fede.

Maestre nel bene

Le sorelle non devono assolutamente pensare di essere escluse da tutto questo; al contrario! Le esortazioni preziose che troviamo nella lettera a Tito ci permettono di fare una riflessione particolare proprio per loro.. Paolo scrive: “anche le donne anziane abbiano un comportamento conforme a santità, non siano maldicenti, né dedite a molto vino, siano maestre nel bene, per incoraggiare le giovani ad amare i mariti, ad amare i figli, a essere sagge, caste, diligenti nei lavori domestici, sottomesse ai loro mariti, perché la parola di Dio non sia disprezzata” (Tito 2:2-4).      

Che compito importante hanno davanti al Signore le donne più anziane nei confronti delle giovani!

Anche in questo caso, come in quello di Paolo e Timoteo, entrano in gioco diversi elementi.
– La condotta: “un comportamento conforme a santità”. Non solo deve risultare evidente la separazione dal male in ogni sua forma, ma dovrebbe brillare davanti agli occhi delle più giovani una consacrazione al Signore in ogni cosa. La loro condotta non è frivola, caratterizzata da pensieri e azioni incentrate su cose futili, bensì esse ricercano un ornamento “intimo e nascosto nel cuore, la purezza incorruttibile di uno spirito dolce e pacifico, che agli occhi di Dio è di gran valore” e hanno cura di dedicarsi a “opere buone, come si addice a donne che fanno professione di pietà” (1 Pietro 3:4; 1 Timoteo 2:10).

– Il parlare: “non siano maldicenti”. Quante volte la maldicenza ha creato difficoltà, contese, o addirittura divisioni nell’ambito di una chiesa locale. Capiamo bene quindi quanto sia importante che vi sia un insegnamento e uno sforzo nel tenere a freno la lingua.

– Sobrietà: “non dedite a molto vino”.  

Insegnamento: l’espressione “maestre nel bene” è la traduzione letterale di un termine che si trova solo una volta nel Nuovo Testamento (kalodidaskalos). Mi sembra significativo questo fatto. Care sorelle avete un compito unico: essere maestre nel bene.

– “Insegnare ad amare i mariti, ad amare i figli”. È di fondamentale importanza insegnare il modo di amare. Un amore reciproco ed incondizionato nei confronti del marito, in modo che poi insieme a lui, in pieno accordo questo amore si possa direzionare verso i figli. Viviamo in una società dove l’istituzione della famiglia è sempre più sotto attacco. Quanto è importante che le nuove famiglie e, nel caso in esame, le giovani mogli/madri abbiano, oltre all’immutabile insegnamento della Parola, anche degli esempi sani per mezzo di sorelle con più esperienza nel cammino della fede. 

– “Insegnare… a essere sagge”. Nelle scelte quotidiane, nelle scelte di vita, nei comportamenti e nelle relazioni è necessario ricercare e applicare i pensieri di Dio e per questo occorre avere un santo timore. Il libro dei Proverbi ci ricorda che “Il timore del SIGNORE è il principio della saggezza” (Proverbi 9:10).

– “Insegnare… a essere caste”. Oggi viviamo nel mondo “del selfie”, dell’apprezzamento dell’immagine, della promozione di sé e della trasgressione. Quale contrasto con modestia, castità e purezza. Che questi comportamenti e valori possano essere trasmessi e consolidati nelle nostre famiglie, grazie anche all’insegnamento di sorelle che hanno già fatto un tratto di strada seguendo il Signore.

– “Insegnare ad essere diligenti nei lavori domestici”: in una società dominata dal consumismo e dal carrierismo, l’ambito familiare dove le mogli/madri esercitano la loro sfera di influenza può essere trascurato. Che ci possa essere anche in questo un insegnamento ad un comportamento sano ed equilibrato.

Chiediamo a Dio che le sorelle con maggiore esperienza nell’onorare il Signore, possano sentire con forza la necessità di operare un sano insegnamento nei confronti delle più giovani.

Una parola a giovani e meno giovani: l’esempio dei Leviti.

Nel libro dei Numeri troviamo che nel popolo di Israele i Leviti erano stati messi a parte per svolgere il servizio sacro.

Al capitolo 4, Dio ha indicato a Mosè e Aaronne di fare il censimento delle famiglie dei figli di Levi: dall’età di trent’anni in su fino all’età di cinquant’anni, di tutti quelli che possono assumere un incarico per servire nella tenda di convegno” (4:2-3).

È utile notare come bisognava essere messi a parte per servire Dio e che dunque è necessaria una scelta consapevole di consacrazione e di servizio davanti al Signore. Inoltre, occorreva avere un’età stabilita, trent’anni, per poter entrare nel servizio della tenda di convegno e assumere un incarico.

Proseguendo, al capitolo 8 di questo stesso libro, è riportato che “Il SIGNORE disse a Mosè: «Questo è ciò che concerne i Leviti: dai venticinque anni in su il Levita entrerà per assumere un incarico nel servizio della tenda di convegno…”.

Tra i due passi sembra esservi un’apparente contraddizione in riferimento all’età di entrata nel servizio. In realtà possiamo dire che è evidenziata la necessità di un tempo di apprendistato per poter essere pronti a svolgere il servizio che Dio ci ha assegnato. Certamente in un’ottica neotestamentaria non vi è un’età anagrafica che viene indicata per il servizio, piuttosto si hanno delle indicazioni relative a una maturità spirituale. Questo però non impedisce di fare delle considerazioni solenni: “se a venticinque anni resteremo inattivi, non sarà certo a trent’anni che saremo in grado di compiere ciò a cui il Signore ci ha destinati” (G. A.).

Allo stesso tempo questi passi ci forniscono dei principi anche per coloro che sono più avanti d’età. Un particolare servizio attivo può non essere per sempre. Che possiamo avere il discernimento spirituale per comprendere quando è il momento di ritirarci per passare ad una sorveglianza attiva, volta a consigliare, esortare e, se è il caso, riprendere chi in quel servizio ci ha succeduto.

Proseguendo nel corso della storia del popolo di Israele, al capitolo 23 del primo libro delle Cronache, Davide stabilisce Salomone come re di Israele. In questo momento viene identificata una nuova organizzazione del servizio. Innanzitutto ci si è resi conto che alcune tipologie di lavoro non erano più necessarie, in quanto non si dovevano più trasportare gli arredi del tabernacolo, vi sono però dei nuovi servizi. Viene fatto un nuovo censimento e parlando dei Leviti è detto “Essi erano addetti a fare il servizio della casa del SIGNORE dall’età di vent’anni in su” (2 Cronache 23:24). Durante il suo regno, Salomone costruì il tempio.

Qualche secolo più avanti, nel libro di Esdra, un residuo delle tribù di Giuda e Beniamino ritorna a Gerusalemme sotto la guida di Zorobabele con lo scopo di ricostruire il tempio che era stato distrutto dall’esercito di Nabucodonosor, re di Babilonia. Coloro che erano tornati dalla deportazione “si misero all’opera; incaricarono i Leviti dai vent’anni in su di dirigere i lavori della casa del SIGNORE” (Esdra 3:8).   

Questi due episodi ci fanno pensare a situazioni molto diverse tra loro. Da una parte l’inizio del regno di Salomone, un periodo caratterizzato da pace e stabilità e nel quale il tempio di Dio doveva essere costruito. Il secondo è un momento nel quale in Israele non vi è più il regno, il popolo è debole e in cattività. Solo un piccolo residuo è tornato. Il contesto ci parla di distruzione, macerie, necessità di ricostruire proprio quel tempio che era stato edificato al tempo di Salomone.

Due riflessioni. I tempi di pace come quello del regno di Salomone favoriscono l’inserimento di giovani nel servizio della casa di Dio che si stava per costruire. Ciò significa che se la chiesa locale, è edificata e si cammina nel timore del Signore, i giovani possono crescere nelle sue vie ed essere coinvolti e stimolati nel servizio per il Signore. Quando ci sono lotte e contese le nuove generazioni possono essere scandalizzate ed allontanarsi dal cammino della fede. Impegniamoci perché questo non accada, piuttosto “cerchiamo di conseguire tutte le cose che contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione” (Romani 14:19).
D’altro canto, i tempi difficili come quelli descritti in Esdra rendono evidente che per ricostruire è necessario l’apporto di tutti e quindi anche dei giovani. Pertanto cari giovani c’è bisogno di voi e del vostro contributo!


Non vogliamo nasconderci. I tempi sono difficili, la chiesa, per la parte affidata alla responsabilità dell’uomo, è sempre più in uno stato di rovina, ma nell’ambito delle testimonianze locali ricerchiamo la pace, diamo un esempio sano, siamo maestri nel bene, perché i giovani siano resi partecipi di un risveglio spirituale e di una ricostruzione, perché tutti insieme possiamo onorare Dio. Che possiamo sentire tutti questa responsabilità!
“Riflettete bene sulla vostra condotta! Salite nella regione montuosa, portate del legname e ricostruite la casa: io me ne compiacerò e sarò glorificato, dice il Signore” (Aggeo 1:7-8).
Il Suo compiacimento e la Sua gloria siano la motivazione per noi e per i nostri giovani.