Ades, Sheol
di Giampiero Bulleri
Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 09-2016
Esiste, ed è largamente diffuso, un insegnamento che credo vada assolutamente rifiutato perché non diventi, come è purtroppo già diventato in larga parte della cristianità, base di ulteriori insegnamenti errati, pericolosi ed anche offensivi verso la Persona del Signore.
Nel Salmo 16, al v. 10, è scritto:
“Tu non abbandonerai l’anima mia in potere della morte, né permetterai che il Tuo santo subisca la decomposizione” (v 10).
In Atti 2, al v. 27 si legge: “perché tu non lascerai l’anima mia nell’Ades…”
E’ facile essere portati a concludere che il versetto del Salmo e la sua citazione nel Libro degli Atti non sembrino trasmettere esattamente lo stesso pensiero, tanto più che i traduttori mettono note a fondo pagina per spiegarci che nel Salmo la parola ebraica tradotta con “potere della morte” (o del soggiorno dei morti) è Sheol mentre il termine greco che ricorre negli Atti e che viene comunemente tradotto proprio con “potere della morte” o “soggiorno dei morti” è Ades; non mancano anche osservazioni un po’ diverse.
Cosa significano quelle espressioni?
Alcuni hanno spiegato che l’anima del Signore Gesù, una volta morto sulla croce, è stato per tre giorni “in potere della morte”; altri dicono che in quei tre giorni andò a predicare a quelli che erano morti prima del diluvio (e citano 1° Pietro 3:19), altri che è entrato nell’Ades (o Sheol) per liberare i credenti e portarli con Sé nel cielo (e citano Efesini 4:8). Il ‘Credo’ cattolico recita addirittura “scese all’inferno”. E non sono le sole interpretazioni.
Cerchiamo allora di capire esaminando cosa dice veramente la Parola di Dio.
Essa dice esattamente quello che poi è avvenuto, e cioè: “Tu non abbandonerai l’anima mia all’Ades (traduzione letterale)” (Salmo 16:10); e per meglio comprendere propongo di rivivere, con ogni riverenza, sia il momento unico in cui questo è storicamente accaduto proprio riguardo al Signore, sia nei milioni di occasioni in cui qualcosa di molto simile si è verificato per quelli che Gli appartengono.
Il nostro Salvatore è morto sulla croce, condannato come un malfattore, in mezzo a due malfattori, ed è naturale che l’Ades che, se vogliamo personificarlo, si presenta sempre per prendere possesso delle anime degli uomini, fosse presente anche alla croce per “reclamare” l’anima del Signore.
Ma l’“Ades”, le cui porte si aprono per ricevere ‘anime’ di uomini nello stesso istante in cui lasciano il corpo, non sempre le ottiene.
In Luca 23 leggiamo due frasi uscite dalla bocca del Signore mentre era sulla croce:
“Oggi tu sarai con me in paradiso”, rivolto al ladrone pentito, e: “Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio”.
Pertanto, non ci stupiamo che quando l’Ades si è fatto avanti per reclamare l’anima dell’Uomo Cristo Gesù, il Padre si sia interposto e, per così dire, abbia dichiarato: “la Sua anima è mia”. Ma forse un po’ di meraviglia l’avvertiamo se pensiamo che subito dopo, quando i due crocifissi col Signore sono spirati, ecco che l’Ades si è nuovamente fatto avanti e questa volta uno di loro gli è stato concesso (*), ma l’altro, quello che aveva creduto, sia stato preso in consegna dagli angeli di Dio, che lo hanno portato subito in Paradiso (**), dove già lo attendeva il suo Salvatore.
Ma il ladrone pentito è una eccezione? No.
E’ avvenuto, avviene e avverrà sempre così; infatti così fu per Abele (e io penso addirittura per Adamo), così è avvenuto per tutti i santi morti prima della morte del Signore; e poi, senza alcuna differenza, per gli apostoli, per i martiri e per qualunque credente menzionato o non menzionato personalmente nel Nuovo Testamento, e per i milioni di credenti di cui ignoriamo il nome e di tutti quei nostri cari fratelli e sorelle che hanno vissuto un tempo con noi, poi ci hanno lasciato e ora sono ‘col Signore’.
Quello dunque che avvenne per Abele, per il ladrone pentito, per Pietro, per Paolo ecc… vale anche per tutti noi ora viventi che, uno per volta o tutti insieme, passeremo da questo mondo alla nostra celeste destinazione, e per tutti quelli che moriranno in fede anche dopo il “rapimento” (1 Tessalonicesi 4:17).
E’ proprio il nostro Signore che, in Luca 16:19 a 26, ci ha narrato cosa avvenne quando due uomini, il “ricco” e Lazzaro, lasciarono questo mondo.
A partire dal v. 22 ci è detto che quando Lazzaro morì gli angeli si presentarono, presero la sua anima e la portarono nel seno di Abramo; poi morì il ricco, che venne sepolto (ovviamente il suo corpo) e nell’Ades, dove la sua anima venne a trovarsi nei tormenti, inizia un’interessantissima conversazione proprio con Abramo.
Così impariamo che il ricco vide Abramo “da lontano”, mentre Lazzaro gli era vicinissimo perché era nel suo seno, e che il luogo dove si trovava ‘il ricco’ e quello dove si trovava Lazzaro erano separati da una grande voragine, tanto che il ricco, per vedere Abramo, dovette alzare gli occhi (lui si trovava molto in basso!); e impariamo anche che non si può passare dal luogo dove era il ricco al luogo dove era Lazzaro.
Qualche tempo fa ho ascoltato, in una trasmissione che purtroppo raggiunge milioni di persone, un esponente ‘religioso’ che, ostentando una chiaramente falsa preoccupazione per la gloria di Dio, si diceva meravigliato dal fatto che, nell’inferno, i sudditi del dio-Satana potrebbero essere in maggior numero rispetto ai sudditi del vero Dio nel cielo, per cui concludeva che alla fine Satana, sotto certi aspetti, risulterebbe il ‘vincitore’! Che assurdità e che offesa per la gloria di Dio!
E’ bene ricordare che non sono né Satana né i demòni che si presentano a reclamare le anime dei perduti; il potere di Satana è grande, ma si esercita solo durante il tempo della vita terrena dell’uomo. Dopo la morte, Satana non ha alcun potere; anzi, ben lungi da essere una specie di re dell’inferno, nell’inferno (o fuoco eterno creato proprio per lui e i suoi angeli – Matteo 24:41) la sua sorte sarà la più terribile, come evidentemente è giusto che sia.
Se pensiamo a Satana e gli applichiamo la descrizione che troviamo in Ezechiele 28 (“tu mettevi il sigillo alla perfezione… di una bellezza perfetta… eri in Eden, il giardino di Dio… eri un cherubino dalle ali distese… stavi sul monte santo di Dio… fosti perfetto nelle tue vie dal giorno che fosti creato” ecc. v. 12-15), verrebbe da pensare che nessuna punizione potrebbe essere più terribile che dover occupare l’ultimo o almeno uno degli ultimi posti dopo aver occupato il primo o uno dei primi. Se ragionassimo così, dimenticheremmo che a Satana, ai demoni, agli spiriti immondi – per quanto ne sappiamo – non è offerta alcuna possibilità di ravvedimento. Sicuramente il nostro Signore Gesù Cristo non è morto per loro; per cui – sempre con la prudenza richiesta dalla particolarità dell’argomento – possiamo dire che, tenendo conto della responsabilità di chi rifiuta il dono di Dio, il messaggio della grazia che offre il perdono, e calpesta così facendo il sangue di Colui che venne e diede Se stesso proprio per evitare all’uomo quelle sofferenze, forse il ‘rimorso’ delle creature umane nell’inferno potrebbe produrre in loro un tormento persino maggiore di quello che sarà la parte delle creature angeliche condannate.
E’ onesto comunque riconoscere che la Parola, o quello che conosciamo della Parola, ci rivela poco del cielo e ancor meno dell’inferno; ma una cosa sappiamo per certo, che la sorte di ogni vero credente, nella casa del Padre, è un’eternità di gloria e di gioia.
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(*) L’Ades è la “sede” temporanea degli spiriti dei soli increduli. Lo capiamo da Apocalisse 20: 13-14 dov’è scritto: “La morte e l’Ades restituirono i loro morti (la morte rese i corpi e l’Ades gli spiriti); ed essi furono giudicati, ciascuno secondo le sue opere. Poi la morte e l’Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda”.
(**) “Seno d’Abramo”, “paradiso”, “col Signore”, “casa del Padre”, sono alcuni dei termini con cui la Parola di Dio indica il “luogo”, ma evidenziandone probabilmente anche l’aspetto morale, affettivo e spirituale che lo caratterizza. Non trovo niente che autorizzi a ritenere che “seno d’Abramo”, del racconto di Luca 16, sia termine inferiore a “casa del Padre”, o che “Paradiso” sia meno bello di “col Signore”. Mi sembra sia doveroso parlarne come di un unico luogo, il luogo dove ora si trovano sia Abele che Paolo, sia Mosè che Pietro, sia Daniele che il ladrone salvato all’ultimo momento, perché lì vanno le anime dei figli di Dio in attesa della risurrezione del corpo
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