Chi mi ha toccato?

di  Michael Hardt

(Leggere Marco 5:25-34)

Se il Signore non fosse intervenuto, nel modo meraviglioso che vedremo, questo avvenimento poteva essere definito come l’incontro che non è mai avvenuto.

Ci riferiamo all’episodio della donna che da dodici anni soffriva di “perdite di sangue” (Marco 5:28). Troviamo il suo racconto descritto anche nel vangelo di Matteo al capitolo 9 e in Luca al capitolo 9, ma ci soffermeremo sul brano contenuto nel vangelo di Marco, in quanto troviamo alcuni  dettagli, che vorremmo evidenziare e che sono omessi negli altri vangeli; quindi, se non specificato in modo diverso i versetti a cui faremo riferimento si trovano in Marco al capitolo 5.

La donna soffriva molto a causa della sua malattia (versetti 29, 34). Era ricorsa al consulto di medici, ognuno dei quali aveva acceso in lei un barlume di speranza, che in breve tempo si era trasformata in delusione. Aveva sostenuto dei costi molto elevati senza ricevere nessun beneficio e nessuna guarigione. Un particolare, che troviamo solo nel vangelo di Marco, ci riporta che addirittura la sua condizione era “peggiorata” (v. 26), e non solo il suo stato di salute, ma anche le sue risorse finanziarie si erano esaurite.

La situazione di questa donna è una figura di un peccatore, non nella condizione di cecità (incapacità di vedere la gloria di Dio) o di paralisi (impossibilità di andare a Dio), ma nel suo stato di impurità a causa della contaminazione del peccato (Levitico 15:19-30); inoltre è evidenziata l’incapacità da parte delle risorse umane di risolvere il problema del peccato e questo viene messo in luce  dall’espressione “molto aveva sofferto da molti medici” (v. 26).

Ci è detto che ella aveva “udito parlare di Gesù” (v. 27); non sappiamo che cosa avesse sentito esattamente, ma fu sufficiente per prendere una decisione e mettersi in movimento: “venne” (27). Il momento che scelse era tutt’altro che opportuno. Il Signore era stato appena chiamato da un’altra emergenza, una questione di vita o di morte. Iairo, capo della sinagoga, lo aveva implorato con insistenza di andare a casa sua per guarire la figlia che si trovava sul letto di morte. Nonostante la folla e nonostante sapesse cosa avrebbe trovato una volta giunto a casa di Iairo, il Signore “andò con lui” (24) e questo è molto commovente e confortante. La donna però, con la sua angoscia riuscì in qualche modo ad avvicinarsi al Signore e a toccare la sua veste; fu guarita immediatamente, e lei lo percepì (v. 29).

Potremmo pensare che questa sia la fine della storia: la donna è stata benedetta con la guarigione e se ne torna a casa, mentre il Signore si affretta a raggiungere la casa di Iairo per guarirne la figlia. Il Signore però, per questa donna, aveva in serbo altri propositi e maggiori benedizioni.

A prima vista potremmo domandarci come mai il Signore sia intervenuto in questo modo. Egli domandò “chi mi ha toccato?” (31) e deve averlo fatto in modo tale da attirare l’attenzione della folla che negò (Luca 8:45). Quando la donna realizzò che non vi era una via di fuga e “che non era rimasta inosservata” (Luca 8:47), tremando e piena di timore si gettò ai piedi del Signore (v. 33) e non vi è nessun dubbio che avesse tutti gli occhi puntati su di lei.

Perché il Signore ha fatto in modo che si creasse questa situazione? Possiamo affermare con certezza che non fu per imbarazzarla, piuttosto per benedirla. Se il Signore l’avesse lasciata andare si sarebbe sentita come se avesse compiuto un atto non autorizzato e di aver “carpito con destrezza” una benedizione, inoltre avrebbe perso l’opportunità di incontrare di persona e conoscere il proprio benefattore. Il Signore non voleva solo guarirla, ma che fosse a conoscenza che l’aveva voluta benedire volontariamente e con effetto permanente. Non voleva che se ne andasse via prima di aver udito le Sue parole “va’ in pace” (v. 34), la sua salvezza non doveva basarsi su ciò che aveva provato ma sulla parola del Signore.

Possiamo rilevare una seconda ragione. Per rispondere alla domanda del Signore, la donna appena guarita “gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità” (v. 33); questo avvenne “in presenza di tutto il popolo” (Luca 8:47) in quel modo non solo confessava l’azione che aveva fatto, ma anche il motivo per cui l’aveva compiuta e il risultato ottenuto: “per quale motivo lo aveva toccato e come era stata guarita in un istante (Luca 8:47). In questo modo la sua confessione divenne una testimonianza per tutto il popolo e soprattutto per i discepoli che non sembravano ancora essere pienamente consapevoli della grandezza della persona del Signore Gesù e della Sua onniscienza. Furono sorpresi dalla domanda del Signore “chi mi ha toccato le vesti?” (v.31) o come ci riporta Luca, “chi mi ha toccato?” (Luca 8:45), al punto da commentare che la folla era talmente stretta intorno a Lui che era impossibile che non venisse toccato da qualcuno.

Sicuramente il Signore era a conoscenza di chi lo avesse toccato, del motivo, e del fatto che una virtù era uscita da Lui. La domanda dei discepoli però solleva un punto importante: se con tutta questa folla che premeva e pressava il Signore continuamente, come mai solo per questa donna vi fu una virtù emanata dal Signore che ebbe addirittura il potere di cambiarle la vita? Era l’unica in mezzo a quella folla che aveva un bisogno? Certamente no, fu il suo atteggiamento a fare la differenza. Era andata al Signore cosciente del proprio bisogno, consapevole della propria incapacità nel poterlo risolvere e che solo la fede in Gesù, in Lui solo, avrebbe potuto guarirla, ed è dimostrato dalle sue stesse parole: “Se riesco a toccare almeno le sue vesti, sarò salva” (v. 28) e questo viene confermato dalle parole del Signore Gesù: “La tua fede ti ha salvata” (v. 34).

Ancora oggi esistono folle che premono o pressano, e sono coloro che hanno solamente un contatto esteriore con il Signore Gesù. Grazie a Dio il vangelo è proclamato attraverso molti mezzi e molti testimoniano sia pubblicamente che privatamente, ma il punto chiave è se Gesù viene toccato con fede, con lo stesso sentimento che ha avuto questa donna sofferente.

Inoltre, come credenti, quante volte andiamo alle riunioni o ascoltiamo prediche e insegnamenti, ma viene davvero sempre fatto con un reale senso di bisogno? Tocchiamo il lembo dei Suoi vestiti con fede? Il Signore può affermare che “una virtù è uscita da Lui”? Accettiamo la sfida di non essere semplicemente parte della folla ma di toccarLo con fede.

La risposta del Signore alla donna è stupenda. Innanzitutto non la rimprovera e si rivolge a lei chiamandola “figliola” (v. 34). Poi riconosce la sua fede “la tua fede ti ha salvato” (v . 34). Infine usa la parola “guarita” (v. 34) mentre il termine originale del versetto 29 non sembra essere guarita ma “curata”, cioè una guarigione fisica. Il Signore utilizza la parola “sozo” che normalmente viene tradotta come “salvata” ed in questo modo ci mostra come la sua fede l’abbia portata dal pensiero della guarigione alla salvezza. Dopo, il Signore dice: “va in pace” (v. 34) e questo indica che non vi era in lei una cattiva coscienza e che sarebbe potuta tornare a casa in pace. Infine il Signore aggiunge: “sii guarita dal tuo male” (v. 34), dandole la certezza che non avrebbe sperimentato solo ed esclusivamente un sollievo temporaneo, bensì una guarigione con effetto permanente.

Il Signore non è cambiato e chiunque va a Lui con un senso di bisogno può essere sicuro che il “tocco della fede” riceverà una ricca ricompensa.

Articolo tratto da Truth&Testimony  01 – 2018. Tradotto e pubblicato con il permesso dell’editore.

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