Ecco l’Agnello di Dio!

di M. Allovon

“Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!” (Giovanni 1:29).
“Quando la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini sono stati manifestati, egli ci ha salvati” (Tito 3:4). Eppure, già molto prima che il Salvatore apparisse sulla terra, sin da quando il peccato e la morte sono entrati nel mondo, Dio ha parlato di Lui in molte maniere. Consideriamo due argomenti delle Sue comunicazioni che hanno trovato la loro piena rivelazione e il loro compimento in Cristo:.
– la promessa di Colui che sarebbe venuto;
– i sacrifici per mezzo dei quali l’uomo peccatore può avvicinarsi a Dio.

La promessa di Colui che sarebbe dovuto venire
Prima ancora di confermare ad Adamo la condanna “sei polvere e in polvere ritornerai”, Dio annuncia la venuta della progenie della donna, l’uomo che avrebbe schiacciato la testa del serpente e distrutto il suo potere. Lui avrebbe liberato dal potere della morte coloro che ne erano assoggettati a causa della trasgressione di Adamo.
In seguito appaiono, nella discendenza che avrebbe portato a quella “progenie”, alcuni uomini che portano dei caratteri che prefigurano quelli dell’Uomo che sarebbe venuto:
– Abele, che si avvicina a Dio con un sacrificio gradito,
– Enoc, che cammina con Dio,
– Noè, l’uomo giusto, lo strumento di cui Dio si serve per salvare la famiglia della fede quando il livello di peccato nel mondo è tale da richiamare un giudizio inappellabile sull’umanità.
Più tardi, Dio chiama Abraamo e gli fa la promessa di una discendenza che sarebbe stata in benedizione per tutti. Tra i suoi discendenti, diversi presentano alcuni caratteri di Colui che sarebbe venuto:
– Isacco, il figlio promesso, e atteso a lungo;
– Giuseppe, colui che è rifiutato dai fratelli e soffre molto prima di essere innalzato in gloria e salutato come “salvatore del mondo”.
– Mosè, Aaronne, Giosuè, mandati da Dio per liberare il suo popolo dalla schiavitù e condurlo verso la terra promessa. Mosè annuncia al popolo: “Il Signore, il tuo Dio, farà sorgere in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta come me” (Deuteronomio 18:15).
– Davide, scelto da Dio come l’uomo “secondo il suo cuore”, stabilito re di Israele. E’ lui che riceve la promessa di un erede che avrebbe regnato per sempre: “Io innalzerò al trono dopo di te la tua discendenza, uno dei tuoi figli, e stabilirò saldamente il suo regno. Egli mi costruirà una casa, e io renderò stabile il suo trono per sempre” (1 Cronache 17:12).
– Salomone che regna con giustizia e in pace.

Molte cadute segnano la storia di Israele e la posterità di Davide. I profeti mandati dall’Eterno devono costantemente denunciare il male e avvertire il popolo e i suoi capi dei giudizi che li avrebbero colpiti. Nonostante questo, la parola profetica conferma sempre il disegno divino anche attraverso i periodi più tristi della storia di Israele.

Nello stesso tempo, i profeti svelano il carattere di Colui che sarebbe venuto. Descrivono la Sua perfetta bellezza morale e lo presentano sotto molteplici aspetti. Egli riveste sempre, nelle circostanze più difficili come in quelle più gloriose, la stessa perfezione morale, fatta di integrità, di giustizia, di bontà, di umiltà. Peraltro, le circostanze esteriori in cui ci viene presentato possono essere assai in contrasto tra loro. Appare a volte rivestito di gloria regale… e in altre sotto un’apparenza umile, come quella di un pastore o di un uomo disprezzato dalla sua famiglia, talvolta perseguitato sino alla morte, ma oggetto di liberazione divina.

I sacrifici per avvicinarsi a Dio
Subito dopo aver pronunciato il giudizio su Adamo ed Eva, Dio riveste entrambi con indumenti di pelle per coprire la loro nudità. E’ la prima indicazione della necessità di un sacrificio, fornito qui da Dio stesso, perché la sua creatura decaduta possa sussistere davanti a Lui.

Poco dopo, Abele offre a Dio “dei primogeniti del suo gregge e del loro grasso”, un’offerta gradita. Dio rifiuta invece quella di Caino, i “frutti della terra”, ma gli dice anche: “Se agisci male, il peccato sta spiandoti alla porta (altra possibile traduzione: un sacrificio per il peccato è alla porta)” (Genesi 4:7).

Dopo il diluvio, Dio accetta gli olocausti di Noè che per Lui sono “un odore soave” (Genesi 8:21).

Quando la posterità di Abraamo è chiamata ad uscire dall’Egitto per ricevere il paese promesso, Dio dà il mezzo del Suo riscatto nell’agnello della Pasqua. Il sangue dell’agnello mette il popolo al riparo dal giudizio e lo distingue dai suoi oppressori idolatri e ribelli.
Nel deserto, Dio dà per mezzo di Mosè le istruzioni dettagliate circa i sacrifici che sono alla base delle Sue relazioni col popolo d’Israele:
– l’olocausto: il sacrificio interamente riservato a Dio;
– il sacrificio di oblazione: le perfezioni del sacrificio messe in evidenza;
– il sacrificio di riconoscenza: la comunione di Dio col Suo popolo;
– il sacrificio per il peccato: il mistero dell’espiazione.

Certi sacrifici dovevano essere offerti ogni giorno. Altri sono prescritti solo per certi giorni solenni istituiti da Dio per convocare il popolo alla Sua presenza. Altri ancora erano offerti per persone singole, e alcuni per tutto il popolo.
La storia d’Israele ricorda molte occasioni in cui quei sacrifici vennero offerti; ma ci mostra anche, purtroppo, quanto il popolo disubbidiente abbia trascurato di offrirli e si sia lasciato trascinare all’idolatria.

Qual è il legame tra “Colui che doveva venire” e “i sacrifici”?
In tutto l’Antico Testamento questi due temi della rivelazione divina sono presentati apparentemente senza legame. Ognuno dei due è meraviglioso e, nello stesso tempo, umanamente incomprensibile. Molti interrogativi si pongono.
Colui che doveva venire avrebbe portato la benedizione e avrebbe regnato per sempre, ma doveva anche passare per la sofferenza e la morte.
Dio ha prescritto dei sacrifici, però fa dire che “non possono mai togliere i peccati” (Ebrei 10:11).
In qualche occasione, i due temi si sovrappongono, ma il loro mistero non viene spiegato prima della venuta di Cristo.
Vediamoli in qualche passo che ci parla di Lui “nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi”, cioè le tre parti dell’Antico Testamento così come ce le presenta il Signore stesso (Luca 24: 44).

Un raggio di luce nella “legge di Mosè”
Abraamo ha ricevuto il figlio promesso, atteso per anni, ed ecco che Dio gli dà quell’ordine sorprendente e terribile: “Prendi ora tuo figlio, il tuo unico, colui che ami, Isacco, e va’ nel paese di Moria, e offrilo là in olocausto sopra uno dei monti che ti dirò” (Genesi 22: 2). Abraamo obbedisce, con la sicurezza che  Dio stesso avrebbe provveduto “l’agnello per l’olocausto”.

Quest’immagine brilla di una luce particolare. Vediamo Isacco prefigurare il Figlio unico, l’erede, Colui che il Padre ama. Dio però risparmia Isacco. Solo suo Figlio, colui che Dio stesso donerà, l’unico sacrificio gradito ed efficace, non sarà risparmiato.

 

Un raggio di luce nei Libri dei profeti
Nel profeta Isaia questi due aspetti si uniscono in modo eloquente per ritrovarsi nella medesima Persona:
– la straordinaria gloria del Servitore dell’Eterno che sarebbe venuto: “Ecco, il mio servo prospererà, sarà innalzato, esaltato, reso sommamente eccelso” (Isaia 52:13);
– il suo profondo abbassamento, come “uomo di dolore” (53:3); il fatto che avrebbe dovuto essere “l’agnello condotto al mattatoio” e dare “la sua vita in sacrificio per il peccato” (53:7,10).

Un raggio di luce nei “Salmi”
In che modo gli uomini di fede ricevevano simili rivelazioni? Già Davide aveva compreso che i sacrifici levitici non potevano togliere i peccati (Salmo 51:16); però dichiara: “Beato l’uomo a cui il Signore non imputa l’iniquità” (Salmo 32:2). Quella fede aspettava Colui che era annunciato in tutta la Scrittura e di cui è detto profeticamente, nel Salmo 40: “Tu non gradisci né sacrificio né offerta; m’hai aperto gli orecchi. Tu non domandi né olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo! Sta scritto di me nel rotolo del libro. Dio mio, desidero fare la tua volontà, la tua legge è dentro il mio cuore»… Mali innumerevoli mi circondano; i miei peccati mi pesano e non posso più guardarli. Sono più numerosi dei capelli del mio capo e il mio cuore vien meno!»” (v. 6, 7, 12).

Com’è possibile che Colui il cui piacere è di fare la volontà di Dio possa essere schiacciato dal peso di peccati non Suoi, e che questo fatto sia presentato come rimedio all’insufficienza dei sacrifici?

La parola di Dio rimane valida
Nel volgere di pochi secoli, la famiglia sacerdotale, il regno, il popolo di Israele, tutti avevano fallito e Dio aveva dovuto castigarli severamente. Avevano perso ogni diritto alle promesse divine. E se anche la misericordia di Dio aveva ricondotto un “residuo” in Palestina, questo viveva in una grande miseria morale, assoggettato a degli stranieri, dei nemici. Tutto quello che era stato annunciato appare come sepolto sotto i detriti della rovina di un Israele disubbidiente. Nonostante tutto, fino a Malachia, i profeti hanno ricordato al popolo la promessa della venuta del Messia: “«Ecco… il Signore, che voi cercate, l’Angelo del patto, che voi desiderate, entrerà nel suo tempio. Ecco egli viene», dice il Signore degli eserciti” (Malachia 3:1). Dopodiché, quattro secoli scorrono nel silenzio totale da parte di Dio; ma neppure una delle Sue parole può cadere a terra.

Il popolo che camminava nelle tenebre vide una gran luce
Giunge il momento in cui Dio manda l’angelo Gabriele ad annunciare la nascita di Giovanni, il messaggero, precursore del Messia, inviato “per preparare al Signore un popolo ben disposto” (Luca 7:1); e poco dopo l’angelo annuncia anche la nascita del Messia. Così si rivolge a Maria: “Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre. Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine” (1:31-33).

Gesù nasce in grande povertà, ma la Sua nascita è annunciata e celebrata dagli angeli. La Sua venuta illumina la fede degli umili Pastori e di un piccolo numero di fedeli che parlano di Lui nell’attesa della liberazione (2:38).

Trascorrono circa trent’anni nei quali Giovanni, il messaggero, e Gesù, il Messia, rimangono nell’ombra. Finalmente, “la parola di Dio fu diretta a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto” (3:2). Da quel momento, il Battista predica “il battesimo del ravvedimento”, e annuncia: “Dopo di me viene colui che è più forte di me; al quale io non sono degno di chinarmi a sciogliere il legaccio dei calzari. Io vi ho battezzati con acqua, ma lui vi battezzerà con lo Spirito Santo” (Marco 1:7-8).

Il saluto di Giovanni Battista
Viene il giorno in cui Gesù cammina verso quel profeta che battezza nel Giordano coloro che confessano i loro peccati. Giovanni lo guarda, e grida: “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo!” (Giovanni 1:29). Meravigliosa rivelazione per coloro che odono questo messaggio. L’angelo aveva annunciato a Giovanni, a proposito di Gesù: “E’ lui che salverà il suo popolo dai loro peccati” (Matteo 1:21). Tutto quello che Dio aveva annunciato si concentra e si compie in Colui che adesso è venuto, perché è Egli stesso l’Agnello che Dio si è provveduto, “già designato prima della creazione del mondo” (1 Pietro 1:19-20).
Lui è l’unico sacrificio che Dio può gradire e che può togliere per sempre il peccato. Questo saluto ci fa comprendere che, dando nelle Scritture la promessa del Messia e le istruzioni circa i sacrifici, Dio aveva costantemente in vista quell’“agnello senza difetto né macchia”, che sarebbe stato “manifestato negli ultimi tempi”.

Le glorie dell’Agnello
Giovanni ha ricevuto da Dio la rivelazione della grandezza del Signore che lui aveva il compito di annunciare: “Io non lo conoscevo, ma colui che mi ha mandato a battezzare con acqua, mi ha detto: «Colui sul quale vedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quello che battezza con lo Spirito Santo». E io ho veduto e ho attestato che questi è il Figlio di Dio” (Giovanni 1:34).Che gloria morale brilla in ogni passo, in ogni parola di Colui che è la “Parola fatta carne”! Giovanni, meravigliato, lo guarda camminare e grida di nuovo “Ecco l’Agnello di Dio” (Giovanni 1:36). Udendo la sua testimonianza, i suoi stessi discepoli lo lasciano e iniziano a seguire Gesù. Giovanni non cerca per nulla di trattenerli. Compie il suo devoto servizio in umiltà, fino a che la prigione e la morte gli pongono fine.

Istruito da Dio, sembra persino anticipare la scena di Apocalisse 19 e la gioia della cena delle nozze dell’Agnello, quando dichiara: “Colui che ha la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, si rallegra vivamente alla voce dello sposo; questa gioia, che è la mia, è ora completa. Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca” (Giovanni 3:30).

Giovanni non dice nulla a proposito dell’umiliazione e delle sofferenze che avrebbe dovuto sopportare l’Agnello di Dio. Forse ne accetta a fatica la prospettiva (cfr. Matteo 11:3). Ma noi, che viviamo dopo che l’opera della croce è stata compiuta, ne riceviamo la testimonianza dalle Scritture. Il ricordo di quanto ha sofferto, insieme alla contemplazione delle Sue glorie, produce e produrrà in eterno la lode e la riconoscenza di tutti i riscattati.

“A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo, a lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen”. “Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione” (Apocalisse 1:5-6; 5:9).

Anche gli angeli, che hanno visto il loro Creatore in Gesù di Nazaret e seguito con attenzione ciascuno dei Suoi passi, proclameranno: “Degno è l’Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la lode” (Apocalisse 5:12).

Persino tutte le creature dell’universo, compresi gli uomini che avranno cercato invano di sfuggire all’“ira dell’Agnello”, dovranno riconoscere l’autorità e la gloria di Colui che porta un simile titolo: “A colui che siede sul trono, e all’Agnello, siano la lode, l’onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli” (Apocalisse 6:16; 5:13).

Edizioni Il Messaggero Cristiano