Emmanuele, Gesù

di H. Nunnerley

“…tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati”
“La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al qual sarà posto nome Emmanuele, che tradotto vuol dire <<Dio con noi>>” (Matteo 1:21, 23)

Il mistero della persona di Gesù va totalmente al di là della capacità di comprensione di una creatura. L’uomo non può spiegare come il divino e l’umano – la divinità e l’umanità – si uniscono in Cristo Gesù, “e nessuno conosce il Figlio, se non il Padre” (Matteo 11:27). Noi, però, possiamo riconoscere Cristo Gesù come vero Dio e vero uomo e adorare Colui che, diventando uomo, non ha mai smesso di essere Dio.

Miracolosamente concepito dallo Spirito Santo, Gesù è nato da una vergine ed ha partecipato “al sangue e alla carne” (Ebrei 2:14). Con la sua nascita è diventato ciò che non era prima, ma senza cessare di essere Dio, ciò che è sempre stato. Nella sua incarnazione, non era soltanto Dio sotto forma umana – un uomo quanto all’apparenza esteriore soltanto – come l’Angelo del Signore che è apparso a Manoah e ad Abramo, ma un uomo con un corpo, un’anima e uno spirito, come abbiamo noi, ma senza peccato. Lo possiamo vedere stanco nel suo corpo al pozzo di Sicar, fremere nel suo spirito alla tomba di Lazzaro e turbato nella sua anima al Getsemani nell’anticipo delle sofferenze del Calvario. Era sensibile alla mancanza di riguardo, agli oltraggi, all’ingratitudine, all’incomprensione che riceveva. Benché Egli abbia profondamente sentito queste cose, le ha sopportate con spirito di dolcezza e di umiltà. Egli era realmente uomo nel senso pieno del termine. Le sue affezioni umane perfette sono evidenti verso la famiglia di Betania; si rallegrava di potersi recare in quel luogo, dopo le difficoltà quotidiane e di poter gustare un po’ di riposo tra coloro che lo amavano e lo apprezzavano. Trovava la sua gioia nella compagnia dei discepoli. Ha portato con sé tre di loro sul “monte santo”, affinché potessero contemplare la sua gloria. Li ha portati con sé anche nella stanza dove riposava il corpo della figlia di Iairo, affinché fossero testimoni della sua potenza di risurrezione, che dimostrava che egli era il Figlio di Dio. Ha desiderato la loro compagnia e ha ricercato la loro simpatia quando la sua anima era angosciata nel Getsemani. I discepoli non sono stati capaci di testimoniargliela, e le parole a loro indirizzate “così, non siete stati capaci di vegliare con me un’ora sola?” (Matteo 26: 40) – dimostrano quanto dispiacere abbia provato per questa mancanza. Egli era sempre dipendente da Dio e viveva di ogni parola che proveniva dalla bocca di Dio (Matteo 4:4). Non esercitava alcuna volontà al di fuori di quella del Padre. Non cercava la propria gloria, ma la gloria di Colui che l’aveva mandato (Giovanni 7:18). Il suo cibo era di fare la sua volontà e di compiere l’opera sua (Giovanni 4:34). In lui vediamo un uomo – un vero uomo – in tutto ciò che l’uomo doveva essere per Dio e in tutto ciò che l’uomo doveva essere verso i suoi simili. In effetti, egli amava il suo Dio con tutto il suo cuore, e il suo prossimo come sé stesso.

Pur essendo l’uomo perfetto, non ha cessato di essere Dio. Questa è la meraviglia delle meraviglie. Il grande mistero davanti al quale ci inchiniamo e adoriamo va totalmente al di là della nostra comprensione, al di là di ogni analisi e di ogni spiegazione. Soltanto il Padre conosce il mistero della persona del Figlio. Tutta la pienezza della deità abitava in lui quando camminava sulla terra come un uomo umile, quando è morto e quando è stato risuscitato. Essa dimora sempre in lui, l’uomo che è ora glorificato nel cielo.

Egli è stato udito, visto, toccato dai suoi discepoli dopo la sua risurrezione. Ha mangiato e ha parlato con loro, li ha benedetti ed è stato elevato in cielo. Egli è sempre “l’uomo Cristo Gesù”, il solo mediatore tra Dio e gli uomini. Benché egli sieda a pieno diritto alla destra della Maestà nei cieli, è e sarà sempre l’uomo Cristo Gesù. Egli è il primogenito tra molti fratelli. Tuttavia, in lui contempleremo eternamente lo splendore della gloria di Dio, l’espressione perfetta della sua sostanza. I quattro evangelisti lo presentano come Dio manifestato in carne. Matteo dice che il figlio della Vergine è “Emmanuele”, cioè “Dio con noi” (1:23), Marco lo chiama il Signore del quale “i sentieri devono essere raddrizzati” (1:3), il Figlio diletto nel quale il Padre trova il suo compiacimento (1:11). Luca lo presenta come il figlio dell’uomo la cui genealogia può essere tracciata fino ad Adamo (3:23-38) e, nonostante ciò, dichiara che è il Figlio di Dio (1:35). Giovanni risale fino al principio e afferma che in quel momento la Parola (il Figlio), non era soltanto con Dio, ma era Dio, e che tutte le cose sono state fatte per mezzo di lei e che la Parola è diventata carne, cioè un uomo vero che ha abitato in mezzo a noi. Gesù è cresciuto dalla sua infanzia fino all’età adulta sperimentando tutte le pene che sono collegate alla condizione umana a parte il peccato. Il peccato non aveva in lui parte alcuna.

Le glorie divine e le perfezioni della sua umanità si concentrano in lui; egli è “l’Io sono”, colui che ha vita in se stesso, il Signore di Davide e allo stesso tempo il figlio di Davide. Noi getteremo le nostre corone ai suoi piedi e ci prostreremo davanti a lui, che è il Figlio di Dio e il Figlio dell’uomo. L’adorazione dovuta a Dio gli appartiene di diritto ed è per questo che ha accettato senza riserva l’omaggio che gli è stato reso da coloro che lo hanno riconosciuto. I magi si sono prostrati davanti al piccolo bambino e gli hanno presentato le offerte che rappresentavano le sue varie glorie (Matteo 2:11); gli eserciti celesti hanno celebrato la sua prima venuta realizzando ciò che è scritto: “tutti gli angeli di Dio lo adorino” (Ebrei 1:6). Durante il suo soggiorno sulla terra le voci si sono levate una dopo l’altra per lodarlo e rendergli gloria. I discepoli nella barca, impressionati dalla dimostrazione della sua potenza, gli rendono omaggio dicendogli: “Veramente tu sei figlio di Dio” (Matteo 14:33). Il lebbroso guarito si getta con la faccia a terra ai piedi di Gesù, gli rende grazie e così dà gloria a Dio (Luca 17:15-18). Il cieco nato, ricevendo la rivelazione che Gesù è il Figlio dell’uomo, gli rende omaggio (Giovanni 9:35). Dopo la sua risurrezione, Tommaso riconosce chi è dicendogli: “Signor mio e Dio mio” (Giovanni 20:28). Alcune donne, gettandosi ai suoi piedi, lo adorano (Matteo 28:9). I discepoli contemplando la sua ascensione al cielo, lo adorano (Luca 24:52). Ora che è seduto alla destra di Dio, Paolo, Pietro e Giovanni, nei loro scritti, gli rendono onore attribuendogli “la gloria nei secoli dei secoli” (2 Timoteo 4:18), “Gloria ora e in eterno” (2 Pietro 3:18), “la gloria nei secoli dei secoli” (Apocalisse 1:6). Nella gloria futura Egli sarà universalmente adorato; tutte le creature riconosceranno la sua autorità. Gli anziani si prostreranno davanti a lui e getteranno le loro corone ai suoi piedi, riconoscendogli i caratteri che sarebbe blasfemo attribuire a qualcuno che non fosse “sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno” (Apocalisse 4:10-11; Romani 9:5).

Il piccolo bambino portato da Giuseppe e Maria in Egitto per sfuggire alla persecuzione di Erode è lo stesso che i Magi hanno adorato mettendo i loro tesori ai suoi piedi. L’Uomo che ha conosciuto la fame, che ha risposto alle tentazioni di Satana per mezzo della Parola e che ha riportato la vittoria grazie alla sua dipendenza totale da Dio, è lo stesso che che ha annullato la potenza del diavolo nella sua morte. L’uomo stanco per il suo servizio senza sosta, che aveva appoggiato la testa su un guanciale a poppa di una barca e dormiva tranquillamente mentre la tempesta infuriava, è la stessa persona che ha dimostrato di essere Dio ordinando ai venti di tacere e calmando la tempesta con la sola parola.

L’uomo compassionevole che ha pianto alla tomba di Lazzaro é l’essere onnipotente la cui voce ha ridato la vita al morto. L’uomo, che aveva sete al pozzo di Sicar e chiedeva l’acqua a una donna samaritana, è pronto a darle “dell’acqua viva” che estingue la sete per sempre – una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna. La sua morte e la sua vita dimostrano la meravigliosa complessità del suo essere. Egli è stato crocifisso in debolezza nel suo abbassamento, nel non far valere i suoi diritti e nonostante ciò ha avuto la forza di gridare con voce potente nel momento in cui ha reso il suo spirito. La sua vita è stata “tolta dalla terra”, eppure nessuno poteva togliergliela senza la sua espressa volontà (Giovanni 10:18). Un uomo normale non può rendere il suo spirito, ma lui l’ha fatto. Allo stesso tempo, nella perfezione della sua dipendenza come uomo, ha rimesso il suo spirito alle cure di Dio suo Padre, con una fiducia perfetta. Il suo corpo è stato tolto dalla croce, deposto in una tomba, sorvegliato con grande cura in un modo che solo l’ingegnosità dell’uomo e la malvagità di Satana potevano concepire. Ciò nonostante, la tomba vuota, con i panni a terra e il sudario piegato in un luogo a parte dimostrano che Egli aveva vinto la morte. Durante il suo servizio sulla terra, nel ridare la vita a dei morti, aveva testimoniato che la potenza di risurrezione era in lui, ma la sua risurrezione è stata la dimostrazione piena e finale che egli è stato dichiarato “figlio di Dio con potenza” (Romani 1:4). Ammirando le meraviglie che troviamo nella sua persona adorabile, ci rallegriamo sapendo che non cesserà mai di essere un uomo, un vero uomo, nel quale contempleremo eternamente la pienezza della deità. Ci inchineremo davanti a Lui ed esalteremo la Parola che è diventata carne e che ha abitato fra di noi.

Tradotto e adattato da Le Messager Evangélique (Edition Bibles et Littérature Chrétienne)