Il perdono

di Max Billeter

Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO

Un Dio che perdona

“Ma tu sei un Dio pronto a perdonare (*), misericordioso, pieno di compassione, lento all’ira e di gran bontà, e non li hai abbandonati” (Neemia 9:17).

Dio non si è fatto conoscere soltanto come un Dio santo che non può ritenere il colpevole per innocente (Naum 1:3), ma come il Dio che ama perdonare, fare grazia al colpevole.

Dio è misericordioso. Il Suo cuore è mosso a compassione nel vedere la miseria dell’uomo; se ne preoccupa e ha tutte le risorse per farvi fronte; e, cosa meravigliosa, si interessa di ogni individuo personalmente. La parabola di Luca 10:25-37 illustra che cos’è la misericordia. Il Signore racconta la storia di un uomo che scendeva da Gerusalemme a Gerico; figura di un cammino che scende, che si allontana da Dio. L’uomo è assalito da briganti e lasciato mezzo morto sul bordo della strada; due uomini vedono il ferito, ma lo evitano; ma un terzo, un Samaritano, si ferma presso il malcapitato, si china su di lui e lo salva. È così che il Signore Gesù ha agito nei confronti di coloro che soffrivano delle conseguenze dei loro peccati e che non potevano assolutamente fare niente per liberarsene. Il Signore chiede allora al suo interlocutore: “Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni? Quegli rispose: Colui che gli usò misericordia”. Ecco la misericordia di Dio; si preoccupa di coloro che per i propri peccati si trovano a terra senza nessuna capacità di rialzarsi.

Il “Dio di perdono” è anche lento all’ira. L’uomo che ha peccato ha davanti a sé il giudizio di Dio e la condanna eterna. Dio è santo e deve colpire tutti coloro che hanno peccato; tuttavia impariamo qui che Dio è lento all’ira. Prima di eseguire il Suo giudizio avverte l’uomo e aspetta. Dio è paziente. Non è volentieri che fa venire il giudizio sull’uomo, ma deve farlo a motivo della Sua santità.

In seguito, egli è grande in bontà. La Sua bontà sorpassa ogni misura. Vuole il bene di ognuna delle Sue creature tanto per la vita sulla terra quanto per l’eternità.

Infine leggiamo: “non li hai abbandonati”. Queste parole sono dette per Israele, che si era ribellato contro Dio e aveva trasgredito il Suo patto; ma Dio non lo aveva abbandonato. Così è ancora oggi: Dio si occupa dei peccatori, di tutti coloro che sono indifferenti o che si rivoltano contro di Lui. La Sua bontà li spinge al ravvedimento (Romani 2:4).

Condizioni per ottenere il perdono di Dio

“Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme” (Luca 24:46-47).

Per prima cosa, il pentimento  è la condizione necessaria per ricevere la remissione dei peccati, vale a dire il perdono. Alcuni scambiano il pentimento con le cosiddette penitenze: delle buone azioni, dei pellegrinaggi, dei doni in denaro, delle autopunizioni fisiche, ecc… che avrebbero il potere di compensare o di espiare i peccati commessi; ma questo non è affatto il pentimento secondo il pensiero di Dio! Il passo che segue ci mostra chiaramente che cos’è il pentimento.

Allora, rientrato in sé, disse: “Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!  Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: ‘Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te:  non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi”. Egli dunque si alzò e tornò da suo padre” (Luca 15:17-20).

Il pentimento ha due aspetti: un cambiamento radicale nei pensieri e nel cuore, e un  cambiamento nel comportamento. Sono i due elementi che troviamo in Isaia 55: “lasci l’uomo iniquo i suoi pensieri” (abbandonare tutti i pensieri cattivi avuti fino a quel momento e adottare i pensieri che sono in accordo con la parola di Dio) e “lasci l’empio la sua via” (una conversione visibile, con effetti pratici).

Il giovane della parabola reclama la sua parte di eredità e lascia la casa del padre pensando: più lontano sarò da mio padre, meglio starò! La conseguenza è che ha perso tutto, e si è trovato in una tale miseria da desiderare di potersi saziare con il cibo dei maiali che era costretto a pascolare. È allora che inizia il cambiamento: “rientrato in sé”, ecco la prima fase, il cambiamento del cuore. Ora i suoi pensieri riguardo al padre sono completamente diversi: desidera essere presso di lui e dice: “Io mi alzerò andrò da mio padre e gli dirò: Padre ho peccato…”. Ma non si ferma ad una buona intenzione; si alza e se ne torna dal padre confessando il suo peccato. Questo è il cambiamento pratico che si mostra nel modo di agire. Un giorno tutti avevano visto quel giovane andarsene dalla casa del padre, e più tardi l’hanno visto tornare pentito e umiliato.

Bisogna sottolineare che il pentimento implica necessariamente la fede, la fede che dà fiducia a Dio e alla Sua Parola.

Il fondamento del perdono di Dio

I versetti che seguono ci mostrano su quale fondamento Dio può perdonare colui che si pente; essi mettono davanti a noi il Signore Gesù Cristo e la sua opera espiatoria:

Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti” (Isaia. 53:5).

“Egli ha portato i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce” (1 Pietro 2:24).

 “Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio” (1 Pietro 3:18).

“Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture” (1 Corinzi 15:3).

Questi passi orientano il nostro sguardo verso il Signore Gesù. Alla croce Egli ha posto il fondamento che permette al Dio santo di perdonare i peccati. Dio ama fare grazia, ma non potrebbe perdonare,  rimanendo nello stesso tempo giusto, se il peccato non ricevesse la giusta condanna. Il profeta Isaia annuncia in anticipo  che il Signore Gesù avrebbe subito alla croce il castigo che meritavano i nostri peccati. Pietro dice che Egli ha sofferto per i peccati; Paolo, nel versetto indicato, ci ricorda la necessità della morte di Cristo per i nostri peccati. È in virtù di questo che Dio può perdonarci.

Le conseguenze del perdono di Dio

Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo. Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati;  e camminate nell’amore come anche Cristo vi ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave” (Efesini 4:32, 5:1-2).

 “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Giovanni 1:9).

Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri” (Giacomo 5:16).

Poiché Dio ci ha perdonato, noi dobbiamo perdonarci gli uni gli altri. Dio vuole vedere in noi un atteggiamento disposto a perdonare le offese, che sono poi insignificanti se paragonate a quelle che Egli stesso ha perdonato a noi.

Fare questo non è sempre facile ma è una necessità. Purtroppo, nelle chiese ed anche nelle coppie e nelle famiglie può avvenire che uno pecchi contro l’altro. Quando si è profondamente feriti da un credente da uno dei propri famigliari, non è facile manifestare questa disposizione a perdonare perché non ci è stata data come un dono di nascita. Soltanto se si è profondamente coscienti del modo meraviglioso in cui Dio ci ha perdonati possiamo farlo a nostra volta.

“Siate benevoli gli uni verso gli altri”. Noi che abbiamo fatto l’esperienza della bontà di Dio verso di noi, dobbiamo avere questa stessa disposizione d’animo alla bontà gli uni verso gli altri  e cercare sempre il bene del nostro prossimo.

“Siate misericordiosi”. Le meravigliose compassioni di Dio verso di noi devono  spingerci a usare misericordia gli uni verso gli altri, ad avere delle attenzioni per le loro sofferenze e le loro debolezze.

Perdonare e dimenticare                  

Se abbiamo veramente perdonato, non deve rimanere nella relazione con colui che ci ha offeso nessuna traccia degli errori passati. Non è giusto dire che si è perdonato e poi lasciare che  sussistano delle conseguenze, come per esempio della freddezza e del distacco da coloro ai quali diciamo di aver perdonato. Sia fra credenti che hanno avuto delle divergenze, di chiunque sia l’errore, sia in una famiglia, c’è il grande pericolo di staccarsi nell’intimo gli uni dagli altri. E questo non deve avvenire.

Se un mio fratello pecca contro di me non soltanto una volta, ma a più riprese, cosa devo fare? Pietro si era già preoccupato di questo quando ha chiesto al Signore: “Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?» E Gesù a lui: Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.” (Matteo 18:21-22). Questo equivale a dire: sempre. Non esiste nessuna situazione che ci dia il diritto di non perdonare!

Qualche volta si sente dire: io perdono, ma non potrò mai dimenticare. Certamente può avvenire che non riusciamo a cancellare certe cose nella nostra mente, ma è importante che le dimentichiamo nei nostri cuori. Dio dice: “Non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità” (Ebrei 10:17). Meraviglioso carattere di Dio! Dimentica i peccati che ha perdonato, una volta che sono stati regolati. Quanto a noi dobbiamo dimenticarli nei nostri cuori senza che rimanga né risentimento né amarezze. Efesini 5 dice che dobbiamo essere “imitatori di Dio”. La nuova vita in noi ce ne rende capaci, perché mette in noi il desiderio di imitare Dio che ci ha perdonati.

Così, siamo chiamati a perdonare ai nostri fratelli e sorelle i torti che ci possono aver fatto, e a sopportarci a vicenda gli uni gli altri malgrado, talvolta, i caratteri poco piacevoli. Tuttavia, questo spirito di perdono che Dio ci chiede non deve mai portarci ad accettare insegnamenti o pratiche contrarie alla Parola di Dio. Quando si tratti delle nostra persona, dei nostri diritti o interessi, possiamo ben metterli da parte, ma il principio “l’amore copre moltitudini di peccati” (1 Pietro 4:8) non ci deve portare ad accettare le cose che pregiudicano la Verità e la gloria di Cristo. Su questo dobbiamo essere irremovibili.

Confessare i propri errori

I due versetti di 1 Giovanni 1:9 e Giacomo 5:16 che abbiamo citato prima, ci insegnano che dobbiamo riconoscere i nostri peccati, sia davanti a Dio sia davanti a coloro contro cui abbiamo peccato. Il perdono, nel senso più ampio del termine, può essere effettivo soltanto quando il colpevole riconosce la propria colpa. Dobbiamo fare  molta attenzione a questo principio quando abbiamo fatto un torto ai nostri fratelli; ma, nello stesso tempo, non ci deve rendere esigenti nel pretendere di vederlo applicato da coloro dai quali possiamo aver subito un torto. Per contro, se abbiamo avuto un cattivo pensiero riguardo a un fratello, ma questo è rimasto dentro di noi a livello di pensiero, non è opportuno andare a confessarlo. I peccati commessi solo con il pensiero non hanno bisogno di essere raccontati e confessati a nessuno fuorché a Dio.

Ci siamo forse  già trovati in una situazione di dover confessare un nostro peccato a qualcuno?  Se questa persona dà prova di una buona disposizione a perdonare, la confessione è molto più facile; ma è invece molto difficile se dobbiamo farlo verso una persona ostinata, dal cuore duro e con uno spirito di giudizio.

La disposizione al perdono favorisce la confessione del peccato. Ma ricordiamoci che dobbiamo anche essere disposti a confessare a Dio i nostri propri errori e a pentirci. Al momento della conversione l’abbiamo certamente fatto, ed è allora che il Signore ha potuto agire verso di noi in grazia. Ma c’è il pericolo che nel corso della nostra vita cristiana non siamo disposti né a pentirci né a confessare i nostri errori e le nostre cadute. Un credente dovrebbe conservare nel proprio cuore, per tutta la vita,  quell’umiltà che accetta di riconoscere i propri peccati senza cercare di giustificarsi o di scusarsi. E’ lo stato del cuore che piace a Dio: “Ecco su chi avrò lo sguardo, su colui che è umile, che ha lo spirito afflitto  e trema alla mia parola” (Isaia 66:2).

Coltiviamo dunque il perdono e la confessione. Sono disposizioni d’animo interiori che avranno degli effetti sulla nostra vita pratica: contribuiranno alla felicità della coppia e della famiglia, daranno risultati benefici nelle nostre assemblee, e la nostra vita sarà ad onore del nostro Signore.

(*) L’espressione “Dio pronto a perdonare” letteralmente è: “Dio di perdono”. Sono interessanti le varie espressioni bibliche nella forma “Dio di …”. Dio è definito  Dio di gloria, Dio d’eternità, Dio di giudizio, Dio di verità, Dio di pace, Dio della speranza, Dio di ogni grazia, Dio di ogni consolazione, Dio d’amore e di pace, Dio di pazienza e consolazione, Dio di misura. E qui Dio di perdono.