Mi hanno forato le mani e i piedi

Salmo 22:16

di G. Pages

Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 08-2020

 

In questo scritto, desidero meditare, con il rispetto dovuto, alcuni aspetti legati al fatto che le mani e i piedi del Figlio dell’uomo sono stati forati sulla croce, e alla realizzazione dei piani divini e della nostra redenzione eterna.

Parola profetica nel Libro dei Salmi

Il Libro dei Salmi è quello che, nelle Scritture, ci presenta con maggiori dettagli i sentimenti del Signore Gesù in relazione alle Sue sofferenze, mentre i Vangeli descrivono piuttosto le sofferenze fisiche e visibili che Gesù ha subito da parte degli uomini.

Il Salmo 22 è davvero unico nell’esprimere quello che l’Uomo dei dolori (Isaia 53:3) ha sofferto nell’anima e nello spirito durante le ore della croce. Sappiamo che Davide, l’autore di questo Salmo, non ha vissuto personalmente quello che scrive; qui c’è l’azione lo Spirito Santo che “anticipatamente testimoniava delle sofferenze di Cristo e delle glorie che dovevano seguirle” (1 Pietro 1:11).

I versetti da 1 a 15 riguardano le sofferenze del Signore dall’ora sesta all’ora nona, quando “si fecero tenebre su tutto il paese” (Marco 15:33-34). I versetti da 16 a 21 si riferiscono alle ore precedenti, cioè dalla terza alla sesta, durante le quali Gesù fu crocifisso dai soldati romani e subì gli scherni della folla e dei capi del popolo (Marco 15:25-32).

La frase “mi hanno forato le mani e i piedi” si riferisce direttamente al supplizio della crocifissione che il Signore ha subito da parte delle Sue creature decadute, il cui odio trova in questo atto la sua massima e peggiore manifestazione. Non si tratta di una frase pronunciata ad alta voce dal Signore sulla croce, come le sette frasi che i Vangeli ci riferiscono, però sono parole che ci rivelano tutto il dolore che ha dovuto provare durante quel supplizio.

Era necessario che il Figlio di Dio diventasse uomo

Da ogni eternità il Signore era la Parola presso Dio. Egli è Dio (Giovanni 1:1), è il Figlio di Dio che condivide la natura del Padre, pur restando una Persona distinta. Ma perché le Sue mani e i Suoi piedi potessero essere forati, Egli doveva essere fatto simile agli uomini per mezzo dell’incarnazione. La manifestazione di Dio in carne, mediante il Figlio, è il grande mistero della pietà (1 Timoteo 3:16) già anticipato da Dio stesso subito dopo la caduta di Adamo ed Eva, quando Dio pronunciò la sentenza della sconfitta del serpente, dichiarando che sarebbe stata la “progenie della donna” a schiacciargli il capo (Genesi 3:15). L’espressione “la progenie della donna” sarà rivelata solo nel Nuovo Testamento, dove si afferma che Gesù Cristo è “nato da donna” (Galati 4:4), ma è stato concepito dallo Spirito Santo (Luca 1:35).

Per venire sulla terra come uomo, Gesù si è “annientato” (Filippesi 2:7-8),

  • divenendo simile agli uomini, cioè rivestendo la natura umana ed apparendo come un uomo in mezzo agli uomini, però senza prenderne la natura peccatrice (il “primo uomo” fu terreno, il secondo uomo “è dal cielo”);
  • prendendo la forma di un servo, cioè condividendo la condizione umana nella sua figura più umile;
  • assoggettandosi, sotto alcuni aspetti, alle limitazioni dello spazio e del tempo e ai vincoli della fisiologia umana;
  • a questo abbassamento Egli aggiunge quello della Sua totale ubbidienza, che lo ha portato alla morte della croce, dove le Sue mani e i Suoi piedi sono stati forati.

Questo è il significato di Filippesi 2, che presenta il Signore prima come Dio – e nessuno gli dava degli ordini – poi come servo, venuto a fare la volontà di Dio e imparando l’ubbidienza dalle cose che soffriva (Ebrei 5:8). Avendo conosciuto personalmente le difficoltà che noi incontriamo per ubbidire, ed essendo stato afflitto (“famigliare con la sofferenza” (Isaia 53:3), il Signore ci può aiutare in tutte le “nostre debolezze” (Ebrei 4:15).

Sulla croce

La crocifissione è il supplizio al quale l’uomo peccatore ha sottoposto Colui che era venuto a portargli, da parte di Dio, la grazia e la verità. Questo atto è la testimonianza del rifiuto totale e definitivo del Salvatore da parte dell’uomo sottomesso a Satana.

La crocifissione di Gesù è una delle scene della vita del Signore che tutti i quattro Vangeli riportano (Matteo 27:35; Marco 13:24-25; Luca 23:33; Giovanni 19:17-18). È stata chiesta a gran voce dalla moltitudine dei Sacerdoti, dei capi e dal popolo giudeo a Pilato, poi eseguita dai soldati romani. Per la condanna a morte del santo Figlio di Dio, il Messia, il Re d’Israele, si sono trovati d’accordo Erode e Ponzio Pilato, con le nazioni e il popolo d’Israele (Atti 4:27).

Secondo la legge di Mosè, l’Israelita colpevole di un peccato che richiedeva la pena capitale doveva essere lapidato (Levitico 24:14-16) mentre Gesù è stato crocifisso; secondo l’uso romano, la crocifissione era di solito riservata agli schiavi e agli assassini. Essa consisteva nell’inchiodare le mani e i piedi del condannato su un palo verticale con una traversa orizzontale; l’esito era la morte per soffocamento dopo ore di dolori atroci. Nel caso del Signore Gesù, tuttavia, non è stato questo che ha provocato la Sua morte, perché Egli ha volontariamente dato la propria vita dopo le sofferenze della crocifissione (Matteo 27:50; Luca 23:46; Giovanni 19:30; 10:18).

Oltre alle sofferenze fisiche, il Signore ha conosciuto una realtà morale più terribile ancora: quella di essere “divenuto maledizione per noi (“maledetto chiunque è appeso al legno”, Galati 3:13) e di essersi caricato delle nostre colpe affinché noi ricevessimo, per la fede, il perdono di Dio e il dono dello Spirito Santo (Galati 3:14), e fossimo “benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti” in Lui (Efesini 1:3).

Dopo la Sua risurrezione

Gesù è risuscitato dai morti il terzo giorno, per la gloria del Padre (Romani 6:4). Da quel momento, Egli ha rivestito il corpo glorificato e si è seduto alla destra di Dio.

Quando si è presentato ai discepoli come Figlio dell’uomo risuscitato, le Sue mani e i Suoi piedi forati hanno avuto un ruolo determinante. In mezzo ai dieci discepoli (Giuda si era impiccato e Tommaso era assente) la sera del giorno della Sua risurrezione, Egli mostra loro le mani e anche il costato, per tranquillizzarli e convincerli, nonostante la loro incredulità, che era proprio Lui, il Signore, quello che stava davanti a loro (Luca 24:38-40; Giovanni 20:19-20). Una simile sicurezza produce nei discepoli un cambiamento totale dei sentimenti: la pace si sostituisce al timore e la tristezza lascia il posto alla gioia.

Tommaso, assente quando Gesù si presenta la prima volta ai discepoli riuniti, è incredulo; ha stabilito che solo se potrà mettere il suo dito sul segno dei chiodi e la sua mano nel costato ferito del Signore, avrà la prova convincente della Sua risurrezione. Il comportamento del Signore davanti a un tale atteggiamento è pieno di bontà; Egli accondiscende alla proposta del suo discepolo e, la domenica successiva, quando si presenta di nuovo ai discepoli (questa volta tutti e undici), invita Tommaso a toccare le Sue ferite e a mettere la mano nel Suo costato (Giovanni 20:27). Non sappiamo se Tommaso l’abbia fatto, ma siamo sicuri che, da quel momento, ha avuto una piena fiducia tanto da riconoscere e dichiarare senza riserve che Colui che gli sta davanti era il Suo Signore e il Suo Dio.

Queste due scene ci ricordano che la fede non è un salto nel buio, ma è come un balzo verso una Persona conosciuta ed amata, anche se invisibile: la Persona di Colui che per noi è morto ed è risuscitato.

Quando apparirà in gloria per stabilire il regno di mille anni

In futuro, dopo il rapimento dei “santi” (i veri credenti dell’Antico e del Nuovo Testamento) e alla fine della grande tribolazione, le nazioni assedieranno Gerusalemme e combatteranno contro il residuo fedele di Giuda. Allora il Signore apparirà in gloria con le Sue armate per distruggere quelle nazioni e liberare i Suoi fedeli e gli abitanti di Gerusalemme. Cristo sarà visto da tutti come giudice (Apocalisse 1:13-16). Tuttavia, ciò che attirerà l’attenzione di quelli che l’hanno ucciso (Apocalisse 1:7; Zaccaria 12:10) saranno proprio le ferite alle mani che gli sono state fatte nella casa dei Suoi amici (Zaccaria 13:6). La vista delle mani ferite del Signore farà capire ai credenti di allora il delitto terribile commesso dalla nazione giudea, che ha crocifisso e ucciso il suo Messia. Questo produrrà in ciascuno di loro un vero pentimento e una confessione sincera. Ne faranno cordoglio come per la morte di un figlio unico (o di un primogenito, Zaccaria 12:10) perché riconosceranno che Colui che hanno crocifisso è il diletto Figlio del Padre, il Primogenito di ogni creatura. Infine, lo riconosceranno come l’erede del trono di Davide, secondo la scritta che avevano messo sulla croce: “Gesù Nazareno Re dei Giudei” (Giovanni 19:19).

Nel cielo avremo un corpo glorificato, simile al corpo della gloria del nostro Signore (Filippesi 3:21); saremo simili a Lui e lo vedremo come Egli è (1 Giovanni 3:2). Forse vedremo le Sue mani e i Suoi piedi forati, testimonianza eterna e permanente delle sofferenze che ha sopportato per amore noi, per darci la vita eterna.

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