Quando diciamo Natale…

Alfredo Apicella

Quando diciamo Natale il nostro pensiero va alla ricorrenza del 25 dicembre. Se scriviamo la parola, usiamo la N maiuscola e ci capiamo subito.

A Natale si ricorda la nascita di Gesù. È una convenzione farla cadere proprio in quel giorno, perché il giorno esatto non lo si conosce; comunque la ricorrenza è quella. Il 25 Dicembre di ogni anno il pensiero dei cristiani va a quell’avvenimento unico nella storia del tempo e dell’eternità, unico e irripetibile nella storia dell’uomo. Sì, perché Gesù è Dio, il Creatore della terra e dei cieli. È “Dio manifestato in carne” (1), il Dio unico ed eterno che ha rivestito per un tempo la natura umana (2), ne ha preso forma e immagine, si è sottoposto alle sue necessità e alle sue sofferenze. È vero, in ogni cosa simile a noi, ma a parte il peccato che, dalla disubbidienza del primo uomo, macchia e contamina ogni essere umano.

Il Dio Figlio che si fa uomo è la più grande delle umiliazioni. Il Creatore che si fa creatura è il più grande abbassamento. Inimmaginabile. E tutto questo per salvare noi, peccatori perduti, schiavi del peccato senza alcuna possibilità di autoriscatto.

Natale. È giusto che usiamo la N maiuscola. Non è la nascita del benessere, del consumismo, del progresso tecnologico. È la nascita del Salvatore quand’è venuto in terra come Uomo. È anche giusto, quindi, che ci rallegriamo con parenti e amici, perché la Sua venuta nel mondo, se lo accettiamo come nostro Salvatore, è stata per la nostra salvezza eterna. Così, mentre prepariamo il cenone e ci scambiamo i doni, abbiamo l’obbligo di riflettere sul vero significato di quel giorno. L’obbligo. Perché l’indifferenza è una colpa. È un affronto nei confronti di Dio sorvolare su un fatto così importante. Gesù è il dono “inesprimibile di Dio” (3). Il suo valore è così alto che chi lo respinge ne porterà la pena per l’eternità.

Gesù Bambino. È vero. È stato bambino, come noi, ma per un breve tempo. L’iconografia cristiana ci ha abituati a vedere Gesù, bambino, in braccio a Sua madre, come se fosse rimasto così per sempre, tanto che c’è qualcuno che prega ancora oggi Gesù Bambino. Ma c’è anche chi guarda il crocifisso appeso alla parete o alla catenina, e vede lì un Uomo innocente condannato a morte, un esempio di altruismo e di perfetto amore. E davanti a quel crocifisso prega. A volte niente di più. La conoscenza di Gesù Cristo si ferma lì. Eppure con la Sua morte ha pagato per i nostri peccati. Se crediamo in Lui, “il sangue di Gesù Cristo, Figlio di Dio, ci purifica da ogni peccato” (4).

Ma anche nel giorno di Natale è bene riflettere sul fatto che il Signore Gesù è vivente, risorto dai morti. Alziamo al cielo lo sguardo della fede. Lo vedremo non più bambino, non più crocifisso, ma “seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi” (5), “coronato di gloria e d’onore” (6), “alla destra di Dio dove angeli, principati e potenze gli sono sottoposti” (7).

  1. 1 Timoteo 3:16
  2. Giovanni 1:14
  3. 2 Corinzi 9:15
  4. 1 Giovanni 1:7
  5. Ebrei 1:3
  6. Ebrei 2:9
  7. 1 Pietro 3:22