Salvati per grazia, o per opere?

Chissà quante volte avrete sentito porre questa domanda. E’ un tema molto dibattuto  e importante; è necessario quindi  un esame attento e corretto della Scrittura, la Parola di Dio per avere la certezza della corretta interpretazione.

Iniziamo con la citazione di alcuni versetti della Bibbia:

  • Giovanni 5:24 “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.”
  • Giovanni 5:29 “…quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; quelli che hanno operato male, in resurrezione di giudizio.”
  • Efesini 2:8 “…è per grazia che siete stati salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù d’opere affinché nessuno se ne vanti…
  • Giacomo 2.24 “…voi vedete dunque che l’uomo è giustificato per opere e non per fede soltanto.”

Questi versetti – estrapolati dal loro contesto –  sembrano ognuno dire il contrario dell’altro, ma poiché crediamo fermamente che la Parola di Dio è perfetta e non ha contraddizioni, dobbiamo approfondire meglio la Scrittura e capire il perché di questa apparente contrasto.

Salvezza per grazia mediante la fede

Citiamo alcuni versetti che confermano la salvezza per grazia per mezzo della fede.

Romani 3:23,24 e 28 “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. …Dov’è dunque il vanto? Esso è escluso. Per quale legge? Delle opere? No, ma per la legge della fede; poiché riteniamo che l’uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge”.

Romani 5:1 “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore”.

Romani  4:2-4 “Poiché se Abraamo fosse stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che vantarsi; ma non davanti a Dio. Infatti che dice la Scrittura? “Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia”. Ora a chi opera il salario non è messo in conto come grazia ma come debito; mentre a chi non opera ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede è messa in conto come giustizia”.

Romani 10:9 “…perché se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato…”.

2 Timoteo 1:9 “Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall’eternità…”.

Tito 3:5 “…egli ci ha salvato non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia…”.

Dai versetti citati (ma ce ne sono molti altri) appare evidente che la salvezza si ottiene per grazia mediante la fede.  La grazia è ciò che Dio ci dà senza che lo meritiamo. In qualche versione della Bibbia il termine grazia è tradotto “immeritata benignità” che rende molto bene il concetto. Al carceriere di Filippi che chiedeva cosa avrebbe dovuto fare per essere salvato, Paolo ha risposto “credi e sarai salvato” (Atti 16:30,31). Ma potremmo chiederci: credere (avere fede) in chi e che cosa?

Romani 4:5 “a chi non opera ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede è messa in conto come giustizia.

a chi non opera…” :

cioè chi non fa. Come potrebbe l’uomo naturale compiere qualcosa di gradito a Dio? Dio vede l’uomo nella sua condizione di peccato come morto:

  • Morto nelle colpe e nei peccati” – Efesi 2:1
  • Morti nei peccati” – Colossesi 2:13
  • Lascia che i morti seppelliscano i loro morti” – Matteo 8.2

Un morto non può compiere nulla!

“…ma crede in colui che giustifica l’empio…” :

chi può giustificare un empio? Nessuno, neppure Dio. Ma Dio ha trovato il modo di farlo senza essere ingiusto, senza abbassare il livello (se mai esistesse) della sua santità. Il Signore Gesù, fattosi uomo, ha subito Lui – il solo santo e giusto – il giudizio che doveva cadere sugli uomini. Lui è stato il perfetto sostituto avendo soddisfatto pienamente le esigenze di giustizia e santità di Dio. Così tutti coloro che,  riconoscendosi peccatori meritevoli di giudizio, accettano il dono di grazia che Dio offre in Gesù Cristo, sono salvati, resi giusti, giustificati.

“…la sua fede è messa in conto come giustizia.”:

L’opera della croce è accettata per fede, cioè si crede alla dichiarazione di Dio che ha compiuto (nella sua grazia) tutto quello che era necessario per la nostra salvezza, la quale oggi non è ancora pienamente manifestata in tutti i suoi aspetti.

Salvezza per opere?

L’epistola di Giacomo sembra contraddire quanto abbiamo detto finora: “Voi vedete che l’uomo è giustificato per opere e non per fede soltanto”. Cosa voleva dire Giacomo?

Occorre esaminare tutto il contesto del capitolo 2. L’apostolo sta rilevando come nella chiesa ci siano favoritismi, accondiscendenze, modi di agire egoistici, disprezzo per i poveri ecc… comportamenti che non manifestano la fede. Giacomo allora vuole far riflettere sulla necessità che la fede dichiarata (con la bocca) sia manifestata con l’agire in coerenza con quanto si afferma di credere.

E’ un dialogo tra due persone.

  • Infatti al v. 14 del capitolo 2 leggiamo “A che serve fratelli miei se uno dice…”; qualcuno fa una dichiarazione davanti agli uomini, (non a Dio perché Dio conosce lo stato del cuore) e dice di avere fede “…ma non ha opere…” cioè la sua fede è priva di riscontri oggettivi (opere), tutto rimane nel campo di una semplice dichiarazione senza la manifestazione esteriore della realtà di fede che professa di avere. In questo caso è come se la fede fosse morta, cioè come se non esistesse.
  • Un altro dice: (sempre agli uomini e non a Dio) “…io ti mostrerò con le mie opere la mia fede”. Le opere non portano alla fede ma sono una conseguenza della fede. Esse dimostrano, manifestano in modo coerente che la fede è una realtà interiore, che è vera e produce del frutto.

“…la fede agiva insieme alle sue opere e per le opere fu resa completa

E’ la conferma di quanto precede: c’era la fede alla base di tutto e le opere hanno reso evidente che quanto dichiarato non era una semplice enunciazione di principio, ma una realtà.

“…l’uomo è giustificato per opere e non per fede soltanto

Davanti a Dio la giustizia è imputata per fede, lo abbiamo visto nel paragrafo precedente, ma è manifestata al mondo dalle opere che la confermano. Abraamo quando ha ubbidito a Dio che  gli aveva chiesto di offrirgli il suo unico figlio Isacco, ha manifestato, con le opere, quella giustizia che Dio gli aveva imputato per fede alcuni decenni prima (Genesi 15:6). E’ stato quindi giustificato per la fede ed essa fede è stata confermata e manifestata dalle opere. Nessuno, se non Dio, poteva sapere che Abraamo aveva creduto con cuore a Dio. Ma ora con le sue opere anche gli uomini hanno potuto vedere che Abraamo aveva una  completa fiducia in Dio.

Conclusione

Potremmo schematicamente riassumere quanto detto come segue:

  • “Compiere buone opere” perché si è salvati
  • Non “compiere buone opere” per ottenere la salvezza

Il fatto di essere salvati “per grazia mediante la fede” e “non per opere”, non deve portarci ad un semplice ed inattivo godimento della nostra beata posizione in Cristo. Nell’epistola agli Efesini siamo infatti esortati, dopo aver ottenuto la salvezza, a compiere le opere buone che Dio ha preparate per noi affinché le compiamo. Le opere sono già pronte per essere eseguite, sforziamoci di non essere negligenti nell’adempierle! Impegniamoci a compierle, ricordando che esse manifestano la nostra fede e portano gloria a Dio.

Nella Bibbia troviamo diversi tipi di opere:

  • opere morte: quelle compiute dall’uomo naturale cioè nella condizione di peccato; esse non hanno alcun valore per Dio. (Ebrei 6:1)
  • opere malvagie: quelle compiute con l’intento cattivo, per produrre danno. Caratterizzano gli increduli. (Colossesi 1:21)
  • opere giuste: quelle che gli uomini compiono per il bene. (Tito 3:5)
  • opere buone: quelle che Dio ha preparate e che devono caratterizzare il credente. Dimostrano la realtà di fede e portano gloria a Dio.

 

APPENDICE

UN DIALOGO IDEALE TRA GIACOMO, GIOVANNI E PAOLO

Corinto. Anno 55 d.C. Giacomo e Giovanni fanno visita a Paolo.

GIACOMO. Senti, Paolo, vuoi dirci esattamente che cosa predichi? Noi sappiamo che parli di Gesù, che lo presenti come il Messia (il Cristo), che dici che in Lui c’è la salvezza. Ma vi sono alcuni, specialmente Giudei, che ti criticano perché dicono che parli di fede e basta, e ci chiedono spiegazioni. Cosa dobbiamo rispondere a quella gente?

PAOLO. Sono contento che mi abbiate interpellato così possiamo mettere le cose in chiaro. Io non sono discepolo come voi, è vero; anzi, Gesù non l’ho nemmeno visto. Forse per questo alcuni non si fidano del mio insegnamento. Ma, credetemi, con me il Signore ha parlato, parlato!! Mi ha chiamato sulla via per Damasco, come ben sapete, ma poi mi ha rivelato molto chiaramente tutto il Suo piano di salvezza.

Ai Giudei e ai pagani io predico esattamente la stessa cosa; anzi, la stessa Persona. Predico Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per i Greci pazzia.

GIOVANNI. Fin qui siamo d’accordo, caro Paolo. Ma dicci qualcosa di più.

PAOLO. Allora, voi sapete benissimo che vi sono dei Giudei che predicano che per essere salvati bisogna anche rispettare le regole e i riti della Legge di Mosè; e sapete anche che io quel tipo di insegnamento lo combatto con tutte le mie forze. Quanta angoscia mi danno questi predicatori! Quante volte ho pianto! Pensate forse che io ce l’abbia con la Legge? Nemmeno per sogno, però so che la salvezza si ottiene mediante la fede in Cristo e non per l’osservanza della Legge. Se siamo salvati per la grazia di Dio non è per opere.

Ma voi, ditemi la verità: la Legge la osservate sempre, punto per punto? Sapete benissimo che è impossibile! Se noi peccatori potessimo fare qualcosa per avere la vita eterna, ditemi voi, cosa sarebbe venuto a fare il nostro Signore Gesù Cristo? E’ incredibile che ci sia ancora della gente che si illude di potersi guadagnare la salvezza!

Voi avete certamente letto la lettera che ho scritto ai Galati, 5 anni fa. Sono stato un po’ duro, è vero, ma era necessario. Avete visto come ho dovuto rimproverare pubblicamente il nostro caro Pietro che, nonostante tutto il suo entusiasmo, non ha avuto energia sufficiente per opporsi ai legalisti?

Fare, fare, fare! Sempre fare. Ma non si rendono conto che siamo tutti dei miserabili peccatori?

L’anno scorso, in una lettera che ho mandata ai fratelli di qui, ho scritto che nessuno può mettere altro fondamento che Gesù Cristo; è lì sopra che dobbiamo costruire. Ecco che cosa insegno.

GIOVANNI. Paolo ha ragione. Anch’io insegno che chi crede è salvato e chi non crede è già condannato. Anzi, scriverò queste parole sul mio Vangelo. Voglio che sappiano che chi crede in Gesù ha la vita eterna e non sarà giudicato, mai più!

Voglio che capiscano che Dio è luce e non può tollerare il peccato, ma che è anche  amore, ed è per questo amore che ha mandato il suo Figlio nel mondo. Ogni volta che parlo dell’amore di Dio mi vengono le lacrime agli occhi. Quanto ha dovuto soffrire il nostro Signore! Io ero sotto la croce e lo vedevo là, inchiodato, col sangue che colava dalle sue ferite… E anche se soffriva pene atroci, ha chiesto a Dio di perdonare quegli aguzzini, e poi ha persino parlato a me e a sua madre!

Però, fratelli, adesso è vivo, vivo! E’ nel cielo! Sia glorificato Dio!!

GIACOMO. E’ tutto vero quello che dite. Anch’io la penso così. Ma vi devo raccontare qualcosa. Qualche anno fa, sono entrato in una chiesa e dopo di me è entrato un signore, vestito bene, pieno di gioielli; l’hanno riverito, l’hanno fatto sedere nella prima fila. Poi è entrato un fratello umile, certamente povero si capiva da com’era vestito e gli hanno detto di andarsi a sedere in fondo alla sala! Che rabbia mi è venuta!

Ma vi sembra giusto? E’ questo che ci ha insegnato il nostro Signore? Ovviamente, a quello ricco hanno dato la parola, e vi devo dire che non ha edificato per niente. E quando il fratello semplice ha voluto aggiungere qualcosa, l’hanno guardato di storto. Avrebbero dovuto vergognarsi! Ho anche sentito delle critiche, delle parole cattive. Non sanno proprio tenere a freno quella linguaccia! Prima si insultano e poi, con la stessa bocca, alla domenica lodano il Signore e cantano inni! Se nella loro chiesa ci sono dei poveri, dicono: “Va’ in pace”, ma non gli danno nulla, capite? Né da mangiare né da vestirsi!

La settimana scorsa parlavo con uno di una chiesa vicina che mi diceva: Sai, Giacomo, domani parto per l’Oriente. Farò acquisti di merce pregiata e poi la rivenderò! Mi farò un sacco di soldi! Tutto questo discorso senza nemmeno dire: Se piacerà al Signore, se sarò in vita… niente di niente!

Ma che razza di credenti sono quelli? Scusate lo sfogo, ma mi viene da pensare che molti fra noi non siano mai ravveduti dai loro peccati!

Ho scritto alle dodici tribù disperse nel mondo. Molti fra loro dicono di aver creduto al Signore, ma poi le loro opere non sono coerenti con la fede che dicono di avere. Così ho voluto essere chiaro, senza peli sulla lingua.

E ho detto: La fede, senza le opere E’ MORTA! Capite? MORTA, non può salvare nessuno!

PAOLO. Hai ragione, Giacomo. Vi sono troppi falsi cristiani fra noi e troppi cristiani che non hanno capito bene l’insegnamento di Cristo. La vera fede, quella che salva, deve essere per forza accompagnata dalle buone opere, da comportamenti che onorano il Signore. Se un giorno Tito andrà a Creta dovrò fargli molte raccomandazioni a questo riguardo. I Cretesi mi danno molto pensiero. Ho scritto ai fratelli di Roma che quando abbiamo creduto siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato, siamo diventati servi di Dio e non possiamo più usare le nostre membra come strumenti di iniquità. Su questo punto mi pare di essere stato ben chiaro. Quattro anni fa ho scritto ai Tessalonicesi e ho insistito sul fatto che la santificazione è fondamentale, che tutto il nostro essere deve essere irreprensibile; tanto più che il Signore sta per venire. Come vorrei che fosse oggi stesso!

GIOVANNI. Sto ancora pensando a quello che ha detto Giacomo. E’ vero. Non si può dire di conoscere Dio, che è luce, e camminare nelle tenebre! Se un giorno il Signore mi darà di scrivere qualche lettera, insisterò sul fatto che Dio è amore, ma che è anche luce; perché ho il sentore che si stiano spargendo anche fra noi delle dottrine strane. I Sincretisti, per esempio, mi fanno paura. Loro dicono che si può peccare tranquillamente, così la grazia di Dio si mostra ancora di più! Ma si possono dire cose simili? Tu, Paolo, hai fatto bene a scriverlo ai Romani perché dobbiamo stare in guardia…

PAOLO. Scusate se riprendo la parola. Io so che anche qui a Corinto ci sono molti che si comportano male; ma uno in particolare, qualche tempo fa, ha commesso un grave peccato e la chiesa non l’ha nemmeno ripreso! Io sono stato molto severo e ho detto senza mezzi termini che, finché quel tale non si pente, dovrà essere tenuto fuori dalla chiesa! Vi sono poi fratelli che ce l’hanno con me, che agiscono con prepotenza, e così scoraggiano i giovani e smorzano ogni entusiasmo per il Signore. Chissà chi credono di essere! Ma il Signore vede ogni cosa e saprà come agire. Tutto quello che certuni stanno costruendo, un giorno verrà bruciato, come fosse del fieno e della paglia. Essere salvati come attraverso il fuoco, non è poi una gran bella fine. Altro che corona!

GIOVANNI. Bene fratelli, sono felice che la pensiamo tutti allo stesso modo. Vedo che Giacomo è contento. Ho parlato da poco con Pietro e ho capito che anche lui ha le stesse idee. Speriamo solo che i credenti che verranno dopo di noi comprendano bene il nostro pensiero e non si mettano a litigare sulla fede e le opere! Anche Pietro è molto preoccupato per i falsi dottori che stanno sorgendo qua e là, ed esorta tutti a rimanere fermi nella fede, perché solo così si può vincere Satana. C’è chi dice che Gesù non è Dio, o che non è il nostro Messia, o che il suo sacrificio alla croce non basta… Sono cose tremende, ma questo mondo giace nel maligno e non dobbiamo aspettarci niente di buono.

Ora dobbiamo lasciarci, cari fratelli. Confidiamo nel Signore! Egli ci aiuterà nel nostro ministero e ci darà sempre tanta forza per affrontare le difficoltà. Vogliamo cantare un inno alla gloria di Dio?