Aggeo 2:1-9
di J. Koechlin
Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 03-2016
Sotto la guida di Zorobabele, principe di Giuda, e di Giosuè sommo sacerdote, un debole residuo ritorna a Gerusalemme da Babilonia. Questo avvenimento, descritto all’inizio del libro di Esdra, lo ritroviamo nel libro del profeta Aggeo. Dov’è l’energia con la quale, come un solo uomo, tutti si erano alzati per ricostruire l’altare nella sua collocazione originaria, ristabilire il culto e porre i fondamenti della casa del SIGNORE (Esdra 3)? Minacciati dalle popolazioni nemiche, avevano presto cessato il lavoro per occuparsi ognuno della propria casa. Alla loro debolezza numerica e alla situazione precaria si era aggiunta la povertà. Come al tempo di Elia, la mano del SIGNORE gravava su di loro per spingerli a considerare le loro vie. “Riflettete bene sulla vostra condotta” (Aggeo 1:5, 7).
C’era una grande debolezza, e noi non abbiamo difficoltà a identificarci con quel piccolo residuo del popolo di Giuda. Il bilancio era disastroso (v. 6-11); era necessario prendere coscienza della propria miseria prima che la misericordia di Dio potesse intervenire. La casa di Dio era in rovina, mentre ognuno di loro si dava premura “solo per la propria casa” (v. 9).
Presa di coscienza dei bisogni
“Siate afflitti, fate cordoglio e piangete… Umiliatevi davanti al Signore ed Egli v’innalzerà” (Giacomo 4:9-10).
Questi Giudei tornati dalla cattività potevano chiedersi: «Abbiamo fatto bene a lasciare Babilonia? Non eravamo ben sistemati in quel paese? Siamo tornati a Gerusalemme perché amiamo questa città (Salmo 137) e perché è lì che il SIGNORE ha stabilito la Sua benedizione (Salmo 133). Come mai allora siamo in questa misera condizione?» Sembra che non avessero il sentimento della loro responsabilità, eppure è questa responsabilità che Dio vuole far loro comprendere.
Questi pensieri di scoraggiamento possono venire anche a noi oggi, cari fratelli e sorelle. Nella debolezza che ci caratterizza, che testimonianza possiamo ancora rendere fra gli increduli e anche in mezzo alla cristianità? Abbiamo preso una strada sbagliata separandoci dal mondo, anche religioso, e rinunciando a certi privilegi e a certi vantaggi che questo mondo offre?
”Io sono con voi”
Per il residuo di Giuda questa presa di coscienza è avvenuta tramite il ministero del profeta Aggeo; il popolo con i suoi capi ha ascoltato la voce del SIGNORE (v. 12) e solo allora ha potuto essere indirizzato loro un secondo “messaggio del SIGNORE” (v. 13).
Il primo parlava alla loro coscienza, il secondo si indirizzava ai loro cuori. Si compone solo di quattro piccole parole: “Io sono con voi”. In questa promessa divina troviamo racchiuse tutte le risposte che Dio voleva donare per i loro bisogni. Se Dio era con loro, avrebbero forse potuto mancare di qualche cosa? Il Donatore porta con Sé i propri doni; è sufficiente appropriarsene per la fede.
Notiamo anche che il risveglio operato da Dio avviene in modo individuale. Il SIGNORE ha risvegliato lo spirito di Zorobabel, poi lo spirito di Giosuè (figlio del sommo sacerdote Iosadac) e lo spirito del resto del popolo. Il risultato ottenuto è che hanno ripreso il lavoro della casa del SIGNORE.
Un nuovo messaggio.
Per quattro settimane uomini di Giuda hanno dato prova del loro interesse per la casa del SIGNORE. Allora, un terzo messaggio può essere loro indirizzato per invitarli ad avvalersi delle risorse divine atte a incoraggiarli e consolarli.
Questo messaggio inizia con una domanda: “Chi c’è ancora tra di voi che abbia visto questa casa nel suo primo splendore? E come la vedete adesso?” (2:3). Il raffronto è motivo di tristezza e di pianto. Come leggiamo nel libro di Esdra: i vecchi, che si ricordavano della gloria del tempio di Salomone, potevano soltanto piangere (Esdra 3:12-13). “Così com’è non è forse come un nulla ai vostri occhi?” – dice il profeta – aggiungendo subito dopo: “Ma ora, sii forte, Zorobabel…, sii forte, Giosuè,… sii forte, popolo tutto del paese… Mettevi al lavoro!” (2:3-4).
Quello che era la nuova “casa” non doveva per niente scoraggiarli dal proseguire il lavoro. Ognuno è stato personalmente risvegliato, come pure è stato chiamato personalmente ad essere forte, di quella forza che viene da Dio. “Io sono con voi”, ripete ancora il SIGNORE (2:4). Questa presenza divina stimola e rassicura. “Il SIGNORE è con me, come un potente eroe”, aveva detto Geremia (20:11).
“Io sono con voi”. Questa promessa del SIGNORE al suo popolo supera il fatto che la Sua gloria che aveva solennemente lasciato il tempio una decina di anni prima. Nel tempio che stavano costruendo questa gloria non tornerà nello stesso modo in cui era discesa sul tempio di Salomone (1 Re 8:10); tuttavia, poiché il SIGNORE aveva dichiarato “I miei occhi e il mio cuore saranno lì per sempre” (1 Re 9:3), ora Egli mantiene questa promessa.
La presenza del SIGNORE è quindi sinonimo di potenza. Notiamo il nome che Dio prende in questo libro caratterizzato dalla debolezza: “Il SIGNORE degli eserciti” (1:14; 2:4, 6, 8, 9, 23). Se prende questo nome, non è forse per ricordare al povero “residuo” che Colui che è con loro dispone di tutta la potenza necessaria a soccorrerli? Nel giardino di Getsemani, il Signore era pienamente cosciente di questa potenza del Padre Suo che poteva, se lo avesse chiesto, mobilitare i Suoi eserciti celesti per proteggerlo. Nel Salmo 84 troviamo per quattro volte questo nome “il SIGNORE degli eserciti”, e leggiamo al v. 5: “Beati quelli che trovano in te la loro forza”, e al v. 7: “Lungo il cammino aumenta la loro forza”, come ad invitarci ad utilizzare passo dopo passo, giorno dopo giorno, questa forza che proviene dal nostro Dio!
La mia presenza.
La presenza di Dio era dunque la prima grande risorsa di quel debole residuo; essa non dipendeva, è bene rimarcarlo, da nessuna delle istituzioni della legge di Mosè; non si trattava né di sacrifici né di cerimonie. Questa presenza non ci ricorda il privilegio di coloro che sono oggi radunati nel nome del Signore? Un tale radunamento, realizzato forse con semplicità in tempi di grande debolezza, agli occhi di Dio ha una grande importanza perché dimostra che il nome di Gesù è sufficiente, sulla terra, a riunire i Suoi riscattati.
Non dimentichiamo la promessa che si presenta come la firma dell’Evangelo di Matteo e che può essere sperimentata anche dal più isolato dei credenti: “Io sono con voi tutti i giorni” (Matteo 28:20).
La mia Parola
Una seconda risorsa ci è ricordata nel Libro di Aggeo: è la Parola. E’ anche precisato che è quella secondo la quale Dio ha fatto un patto con il suo popolo quando uscì dall’Egitto (2:5). Questa Parola di Dio era “antica”, ma non doveva essere rivista né resa attuale. “Il cielo e la terra passeranno – dice il Signore – ma le mie parole non passeranno” (Matteo 24: Marco 13; Luca 21). Questa Parola è oggi interamente nelle nostre mani, vivente ed eterna. Quanto siamo più privilegiati noi rispetto a quel piccolo residuo di Israele giunto alla fine della sua storia raccontata nell’Antico Testamento!
Se il libro di Malachia termina con la parola “maledizione”, siamo felici che quello di Aggeo termini con una benedizione personale per Zorobabel, responsabile di quel debole ma pio residuo. Anche a noi, nello stesso modo, Dio fornisce ciò che Romani 15:4 chiama “la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture”, per mezzo delle quali “conserviamo la speranza”.
Il mio Spirito
La terza risorsa è legata alla precedente: “Il mio Spirito è in mezzo a voi”, dice il SIGNORE (2:5). È lo Spirito Santo che dà al credente la comprensione della Parola la quale, senza l’aiuto dello Spirito, rimarrebbe un libro chiuso. La “consolazione” ci proviene dalle Scritture grazie all’intervento del Consolatore; e c’è una differenza fra il privilegio della Chiesa, che è oggi l’abitazione dello Spirito sulla terra, e quello dei credenti di quei tempi antichi quando lo Spirito non era ancora disceso in modo permanente! Quello non era ancora il tempo in cui lo Spirito Santo sarebbe venuto a dimorare sulla terra. Perché questo avvenisse, bisognava che l’opera del Signore fosse compiuta e che Lui fosse glorificato alla destra di Dio. Tuttavia, lo Spirito era anche con quel piccolo residuo di Giuda che aveva ascoltato le parole di Dio.
Non temere
Allora il SIGNORE può aggiungere questo incoraggiamento che percorre tutta la Scrittura: “Non temere” (2:5). Con un tale mezzo a nostra disposizione, abbiamo anche noi tutti i motivi per avere fiducia, a condizione di non lamentarci di quello che ci manca, ma di fare uso delle risorse di cui abbiamo appena parlato. Non è questo un nostro grande privilegio, cari fratelli e sorelle?
Non temere! Il Signore conosce i cuori dei Suoi e sa come sono timorosi. Così, Egli riprende la parola al v. 6 per parlare di avvenimenti futuri e annunciare uno spiegamento di potenza tale da rassicurare il piccolo residuo tremante in mezzo ai nemici. “Ancora una volta… io farò tremare i cieli e la terra…”, e questo avverrà “fra poco”. La potenza di Dio, capace di smuovere la terra, è a disposizione del credente per il suo lavoro e il suo combattimento, ma sarà in azione anche nel il momento in cui i giudizi di Dio cadranno su questo mondo.
“Fra poco”. Cinquecento anni più tardi, la Lettera agli Ebrei cita questo versetto che non si era ancora compiuto; da allora, sono trascorsi duemila anni e non è ancora compiuto. Eppure si trova nella Scrittura, ed è un annuncio solenne di giudizio per il mondo empio, come lo definisce Giuda, quando le cose mutevoli saranno sostituite da quelle che sono immutabili. Per il credente, però, è confermata la promessa di “un regno che non può essere scosso”; così dobbiamo essere “riconoscenti e servire il Signore con riverenza e timore” (Ebrei 12:26-28).
Quarta risorsa: la speranza
Che risorsa quella della speranza! La troviamo centrata nel v. 7: “Le cose più preziose di tutte le nazioni affluiranno…”. Le nazioni sono sotto la minaccia di un giudizio non ancora manifestato e conoscono dei grandi disordini. Gli uomini non sono capaci di far regnare la giustizia e la pace, lo sappiamo molto bene. Il Re di giustizia e di pace deve venire, e noi credenti ci rallegriamo al pensiero che questa terra, che abbiamo conosciuto nel suo disordine e nella sua miseria, si rallegrerà un giorno di una piena benedizione sotto l’autorità del Signore, il Re di gloria.
Infine, la “casa” che i Giudei avevano ricostruita poteva sembrare “come un nulla”, ma conoscerà una gloria futura incomparabilmente più grande della prima: “In questo luogo io darò la pace (2:9), dice Dio.
I tempi di grande debolezza e di piccole cose (Zaccaria 4:10) sono dunque tempi che mettono in evidenza le immense risorse che Dio ha l’occasione di manifestare. E sono i tempi che anche noi attraversiamo, ma abbiamo delle promesse e delle risorse.
Cosa dobbiamo fare? Credere alle promesse del Signore e utilizzare le Sue risorse che non si esauriranno mai.
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