Zaccaria, un giovane profeta

di Philippe Laügt

Articolo apparso sul mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 11-2018

Ciro fu lo strumento di cui Dio si servì perché il Suo culto fosse ristabilito in Gerusalemme. Fu lui a spingere una parte dei Giudei  ‒ coloro che si ricordavano piangendo della città del gran re e l’avevano posta al di sopra di ogni loro gioia (Salmo 137:1, 5, 6) – a ritornare nel loro paese devastato, per ricostruire il tempio dell’Eterno (Esdra 1:1-4).

I genitori di Zaccaria facevano parte di “quelli ai quali Dio aveva destato lo spirito” (v. 5) e che erano pronti a ritornare nel “paese della promessa” nonostante i grandi pericoli che il viaggio comportava. Poco meno di cinquantamila persone, di tutte le classi del popolo, partirono sotto la guida di Iesua e di Zorobabele.

Arrivati a destinazione, prima di tutto rimettono “l’altare sulle sue basi, sebbene temessero i popoli delle terre vicine” (3:3); e su di esso offrono degli olocausti. Poi iniziano a ricostruire il tempio e ne posano le fondamenta; la scena è particolarmente commovente (v. 10-13). Ben presto, però, si lasciano fermare dalle manovre intimidatrici dei loro avversari e persino dall’ordine di un successore di Ciro. Questa interruzione, purtroppo, dà loro modo di occuparsi interamente dei loro affari privati e costruirsi delle belle case “ben rivestite di legno” (Aggeo 1:4). Il loro amore per Dio si era raffreddato, il loro orgoglio era cresciuto. La casa dell’Eterno rimane in stato di abbandono. Trascorrono quattordici anni prima che Dio intervenga servendosi dei profeti Aggeo e Zaccaria (Esdra 4:24; 5:1-2).

 Un bell’esempio di attaccamento e di fedeltà all’Eterno

Zaccaria era probabilmente nato a Babilonia. Dopo aver trascorso l’infanzia tra i profughi e aver subito le conseguenze dell’infedeltà del popolo di Dio (2 Cronache 36:15-17), si trova ora a Gerusalemme. Istruito da genitori pii, si rivelerà uno strumento utile, obbediente al Signore, e sarà il Suo profeta. Il secondo anno di Dario, “la parola del SIGNORE fu rivolta al profeta Zaccaria” (Zaccaria 1:1).

La parola di Dio non ci dà alcun dettaglio sulla sua chiamata. Forse anche lui avrà detto, come Geremia: “Ahimé, Signore, DIO, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo” (Geremia 1:6); comunque sia,  riceve una serie di visioni al cui proposito sente il bisogno di avere spiegazioni.

Zaccaria è disposto a lasciarsi istruire dagli angeli che gli sono inviati (1:9, 12, 14; 19:2:3; 4:1, 5; Ebrei 1:14) e non ha timore di interrogarli. Seguiamo anche noi questo bell’esempio. Anche noi, come questo “giovane” (2:4), dobbiamo avere il desiderio di essere istruiti riguardo ai pensieri divini. Abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, e la Parola è nelle nostre mani. Queste risorse ci permettono di avere molta più luce di quanta ne avesse Zaccaria; la Parola non era completa al suo tempo, ma oggi lo è. Che possa abitare “abbondantemente” nei nostri cuori! (Colossesi 3:16).

Il mondo attorno a noi si sta avvicinando al giudizio di Dio. Facciamo nostro il segreto di quei servitori, chiamati come noi a servire in un tempo oscuro. Essi vivevano in una stretta comunione con Dio e facevano attenzione a non contaminarsi nelle inevitabili occasioni di contatto col mondo.

Come Zaccaria, sforziamoci di comprendere il pensiero di Dio (1:9, 19; 4:4, 11). Non esitiamo a porre delle domande; facciamole a credenti più avanti di noi sul cammino della fede. In quanto ai nostri sguardi, seguiamo il suo esempio: “Alzai gli occhi, e guardai” (1:18; 2:1; 5:1; 6:1). L’angelo stesso lo invita a farlo (5:5). Cerchiamo le cose che sono in alto,dove Cristo è seduto alla destra di Dio” e pensiamo ad esse, piuttosto che a “quelle che sono sulla terra” (Colossesi 3:1-3).

 Zaccaria, un portavoce e un testimone dell’Eterno

Zaccaria è dunque  – come anche Aggeo – un portavoce dell’Eterno presso i Giudei rientrati dalla cattività. Era quasi certamente presente nel momento in cui le fondamenta del tempio venivano poste (Esdra 3:10-23). Anch’egli mescolava le sue lacrime – di gioia e di tristezza – a quelle del resto del popolo. Le basi di quell’edificio sono poste là dove il magnifico tempio di Salomone era stato costruito. Eppure, era evidente che il nuovo tempio sarebbe stato assai meno sontuoso del precedente.

La costruzione del tempio suscita l’opposizione da parte dei nemici di Giuda. Le difficoltà mettono in evidenza la mancanza di energia del popolo e la sua indifferenza. Ognuno torna a casa propria e cerca il proprio interesse. Per questo, il castigo di Dio viene su di loro: i cieli trattengono la rugiada e il terreno non dà frutto. Si semina molto, ma si raccoglie poco, e ciò che portano alla casa del Signore è di così scarso valore che Egli “lo soffia via” (Aggeo 1:6-11).

Il Signore legge nei cuori e sceglie chi vuole per il Suo servizio. Insieme al profeta Aggeo, manda il giovane Zaccaria, per risvegliare i Suoi dal sonno spirituale. Non è raro che Dio utilizzi dei testimoni molto giovani, che servano il Signore con tutte le loro forze.

Aggeo, probabilmente più anziano, mette prima di tutto in evidenza nei suoi messaggi il rilassamento morale del popolo e ne invita i membri a considerare attentamente le proprie vie (Aggeo 1:5, 7). Evoca inoltre la venuta di Colui che con la Sua sola presenza riempirà la casa di Dio di una gloria più grande di quella di Salomone. “La gloria di questa casa sarà più grande di quella della casa precedente” (v. 9).

Nei messaggi di Zaccaria si trova un quadro profetico di Israele durante il “tempo delle nazioni”, dalla cattività al millennio. Parla molto del Messia e della Sua venuta, massima consolazione per il suo popolo afflitto. Sotto questo punto di vista, i suoi scritti sono paragonabili a quelli di Isaia e di Daniele.

 Gli incoraggiamenti dati al popolo di Dio.

Zaccaria incoraggia innanzi tutto il popolo a tornare all’Eterno: “Tornate a me… e io tornerò a voi… non siate come i vostri padri” (Zaccaria 1:3-4).

Per risvegliare i loro cuori intorpiditi, comunica loro il messaggio più bello: parla della persona, dell’opera e delle glorie di Cristo. Il libro di Zaccaria presenta Cristo più degli altri profeti minori. Un ministero del genere viene a proposito per far ardere i cuori come ardevano quelli dei due discepoli di Emmaus mentre il Signore spiegava loro “in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano”, proprio quando, ritornando alle loro abituali occupazioni, si stavano allontanando da Gerusalemme (Luca 24:31-33).

Nelle visioni di Zaccaria, gli angeli si avvicendano e si incitano. Uno va e dice ad un altro: “Corri, parla a quel giovane” (2:4). Il Signore ha “delle buone parole, delle parole di conforto” per il Suo popolo (1:13): Gerusalemme non avrà più bisogno di mura! La città sarà ingrandita, “tanta sarà la quantità di gente e di bestiame che si troverà in mezzo ad essa. Io, dice il SIGNORE, sarò per lei un muro di fuoco tutto intorno, e sarò la sua gloria in mezzo a lei” (2:4-5). Viene così annunciato il meraviglioso periodo del millennio.

Queste promesse seguono quelle fatte all’inizio del libro da Colui che si è nuovamente rivolto a Gerusalemme “con compassione” (1:16). Tutti i consigli di Dio sono stabili; possiamo essere certi del loro compimento.

 La purificazione del sommo sacerdote Giosuè

Il Signore accorda a Zaccaria il privilegio di prendere parte alla straordinaria scena riportata al cap. 3: “Mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, che stava davanti all’angelo del  SIGNORE… Giosuè era vestito di vesti sudice” (v. 1-3).

Dio aveva dato delle istruzioni precise circa la consacrazione e la purificazione dei sacerdoti (Levitico 8). Presentarsi davanti a Lui con della sporcizia aveva come conseguenza una sicura condanna. Satana è qui presente nel suo ruolo abituale di accusatore (Apocalisse 12:10), pronto a cogliere tutte le occasioni. Ma l’Eterno, “che ha scelto Gerusalemme”, lo sgrida prima che lui abbia aperto la bocca (Zaccaria 3:2).

Giosuè è una figura di Israele, la nazione colpevole. Satana vorrebbe mettere in evidenza il suo miserevole stato, ma Giosuè viene paragonato da Dio a un “tizzone strappato dal fuoco”. Satana non ha niente da dire: Giosuè, come ogni figlio di Dio, è semplicemente oggetto di una grazia totalmente immeritata, quella che si ottiene per mezzo dell’opera di Cristo alla croce.

L’Angelo – che è una figura di Cristo – comanda allora a quelli che stavano davanti a Giosuè, il sommo sacerdote, di togliergli di dosso i vestiti sporchi. Poi si rivolge a lui: “Guarda, io ti ho tolto di dosso la tua iniquità e ti ho rivestito di abiti magnifici” (v. 4). A questo punto il profeta interviene e dice: “Gli sia messo sul capo un turbante pulito!” (v. 5).

Immediatamente, viene posta sul capo di Giosuè un turbante pulito. La richiesta di Zaccaria è in accordo col pensiero divino. La sua comunione con Dio era reale ed egli può comprendere il Suo pensiero. Sul turbante doveva trovarsi la piastra d’oro puro che portava incisa la scritta “Santo al SIGNORE” (Esodo 28:36). Era questo uno dei simboli più notevoli delle alte funzioni del sommo sacerdote, pallida figura del nostro grande sommo sacerdote, il Signore Gesù Cristo. La Parola descrive ripetutamente – in particolare nella Lettera agli Ebrei – la perfetta bellezza di Cristo e le Sue funzioni come “sacerdote in eterno” (Ebrei 7:17).

Mentre questa scena si svolge, l’angelo dell’Eterno è lì presente (v. 5). L’angelo dichiara solennemente a Giosuè: “Se tu cammini nelle mie vie e osservi quello che ti ho comandato, anche tu governerai la mia casa, custodirai i miei cortili e io ti darò libero accesso fra quelli che stanno qui davanti a me” (v. 7). Purificato e giustificato, Giosuè riceve così insieme ai suoi compagni, dei compiti e delle responsabilità particolari. Quelli dei cristiani sono ancora più grandi. Introdotti davanti a Dio, rivestiti di giustizia, sono in grado di offrirgli la lode nel “luogo santissimo”.

 Un uomo che si chiama “Germoglio” e che “sarà sacerdote sul suo trono

Nel cap. 6 dal v. 9, il giovane profeta riceve da Dio una missione davvero particolare: deve mettere delle corone sul capo di Giosuè, il sommo sacerdote, e consegnargli dell’argento e dell’oro. Queste cose sono state portate da tre viaggiatori giunti da Babilonia, Eldai, Tobia e Iedaia.

Zaccaria deve poi parlare a Giosuè da parte dell’Eterno, e annunciargli che “un uomo, che si chiama il Germoglio, germoglierà nel suo luogo e costruirà il tempio del SIGNORE; egli costruirà il tempio del SIGNORE, riceverà gloria, si siederà e dominerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono e vi sarà fra i due un accordo di pace” (v. 12-13).

Il particolare incoronamento di Giosuè ci fa pensare che si tratti di una figura del Messia. E’ il Germoglio di cui è parlato al cap. 3 (v. 8; vedere anche Isaia 4:2 e Geremia 23:5).

Che sorpresa, per il popolo e per lo stesso Giosuè, udire parole come “sarà sacerdote sul suo trono”! Fino a quel momento la corona reale non aveva potuto essere posta sul capo di un sacerdote, ma solo su un discendente del re Davide. La dignità regale e quella sacerdotale erano nettamente separate. Ci ricordiamo del re Uzzia quando, nonostante la ferma opposizione dei sacerdoti, si era ostinato a bruciare dell’incenso sull’altare dei profumi, diventando lebbroso e rimanendo sino alla fine della vita rinchiuso nell’infermeria (2 Cronache 26:16-21).

I v. 12 e 13 del cap. 6 orientano i nostri sguardi verso il giorno in cui quella profezia sarà pienamente compiuta, durante il regno glorioso del Messia, nel quale sarà ristabilita ogni cosa secondo il pensiero di Dio.

Contempliamo Colui che l’Eterno ha presentato a Giosuè, il “Germoglio” che deve costruire la casa di Dio, simile “ad una radice che esce da un arido suolo… disprezzato e abbandonato dagli uomini” (Isaia 53:2, 3). Se, come Giosuè, siamo stati purificati dai nostri peccati per mezzo del sangue di Cristo e siamo “rivestiti di Cristo” (Galati 3:27), camminiamo in modo degno di Lui “che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Corinzi 1:30), contando su questa promessa della Sua Parola: “Egli vi renderà saldi sino alla fine, perché siate irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Corinzi 1:8).