Dedicato ai nostri amati anziani

di Cesare Casarotta

Articolo dedicato a chi è avanti negli anni

“Fino alla vostra vecchiaia io sono, fino alla vostra canizie io vi porterò; io vi ho fatti, e io vi sosterrò; sì, vi porterò e vi salverò”  (Isaia 46:4)

In questi giorni la mia attenzione si è rivolta in particolare a tre persone anziane, di cui ci parla la Bibbia. Ognuna di loro, con la propria storia, la propria situazione, ha degli insegnamenti istruttivi e degli incoraggiamenti  per noi.

Cominciamo da Caleb (leggere Giosuè 14:6-15). Sappiamo che quest’uomo è stato una delle dodici spie inviate per esplorare il paese di Canaan. Sappiamo anche che al ritorno dall’esplorazione ha fatto la sua relazione con sincerità di cuore. Purtroppo, il popolo d’Israele ha dato ascolto a quelle spie che avevano screditato il paese, e questo ha avuto come conseguenza il giudizio di Dio che disse al popolo: “Come avete messo quaranta giorni a esplorare il paese, porterete la pena delle vostre iniquità per quarant’anni, un anno per ogni giorno” (Numeri 14:34). Dio, però, in quella circostanza fece una promessa riguardo a Caleb: “…il mio servo Caleb è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito pienamente; perciò io lo farò entrare nel paese nel quale è andato; e la sua discendenza lo possederà” (v. 24).

Passarono gli anni e dopo un lungo pellegrinaggio il popolo entrò in Canaan; ma occorreva conquistare il paese. In questa fase troviamo Caleb che parla con Giosuè e dice: “Ecco, il SIGNORE mi ha conservato in vita, come aveva detto, durante i quarantacinque anni ormai trascorsi da quando il SIGNORE disse quella parola a Mosè, mentre Israele camminava nel deserto; e ora ecco che ho ottantacinque anni; oggi sono ancora robusto com’ero il giorno in cui Mosè mi mandò; le mie forze sono le stesse d’allora, tanto per combattere quanto per andare e venire. Dammi questo monte del quale il SIGNORE parlò quel giorno, poiché tu udisti allora che vi stanno degli Anachim e che vi sono delle città grandi e fortificate. Forse il Signore sarà con me, e io li scaccerò come disse il Signore” (Giosuè 14:10-12).

Arrivare a ottantacinque anni con le forze di quaranta, non è da tutti. Possiamo dire che è una benedizione particolare. Se questo è il caso di qualcuno in mezzo a noi, siamo riconoscenti al Signore per come ci ha conservato fino ad oggi e per le forze che abbiamo.

Andiamo oltre. Caleb ha sperimentato che Dio è fedele e mantiene le promesse: lo aveva mantenuto in vita, lo aveva guardato durante il pellegrinaggio nel deserto, di lì a poco gli avrebbe dato la parte di eredità nel paese di Canaan. Ognuno di noi può dire la stessa cosa: Dio mi ha mantenuto in vita, mi ha guardato, è stato fedele, ha mantenuto le Sue promesse.

Ma c’è un altro aspetto: finché saremo su questa terra il nostro combattimento di credenti non finirà, neanche ad ottantacinque anni.  Per Caleb c’erano dei giganti da sconfiggere, delle città grandi e fortificate da espugnare; per noi vi sono prove morali e fisiche, lotte, affanni, perplessità, insidie che il nemico pone sul nostro cammino, ma con il Signore al nostro fianco abbiamo la certezza di non soccombere, di avere la vittoria. Molte volte la vittoria consisterà nel sopportare la prova con la forza che Lui dona, avere la pace nel cuore quando c’è la tempesta, rendere la nostra testimonianza anche quando le circostanze sono difficili. Tutto ciò lo glorifica, e questo dovrebbe essere lo scopo della nostra vita. Il nostro Dio, Colui che ci ha sostenuto fin qui e che ha mantenuto le promesse, ci darà la forza e l’energia spirituale per i combattimenti da sostenere anche a ottantacinque anni.

Altro personaggio è Barzillai il Galaadita (leggere 2 Samuele 17:27-29; 18:31-40). Quest’uomo era stato tra coloro che aveva soccorso e aiutato Davide quando fuggiva da Absalom suo figlio che gli aveva usurpato il trono. Di lui e di altri è detto che “portarono dei letti, dei catini, dei vasi di terra, del grano, dell’orzo, della farina, del grano arrostito, delle fave, delle lenticchie, dei legumi arrostiti, del miele, del burro, delle pecore, dei formaggi di vacca per Davide e per la gente che era con lui, affinché mangiassero; perché dicevano: Questa gente deve avere patito fame, stanchezza e sete nel deserto”. Questo personaggio, ci  fa vedere quanta cura, attenzione e devozione avesse per Davide, in un momento difficile; ha dimostrato di essere dalla parte di Davide e di mettere a sua disposizione quanto era nelle sue possibilità, quando il re era un fuggitivo.

Anche per noi è un esempio da seguire. Dobbiamo essere pronti a mettere a disposizione i  beni, le  facoltà, le capacità che Dio ci ha donato, in un mondo dove Cristo è rigettato. Dopo qualche tempo, Davide sconfisse Absalom, e Barzillai il Galaadita scese da Roghelim, il suo paese, per accompagnare il re di là dal Giordano. In questa parte del racconto ci vengono forniti alcuni dettagli sulla figura di quest’uomo: “Barzillai era molto vecchio; aveva ottant’anni e aveva fornito i viveri al re mentre questi si trovava a Maanaim; infatti era molto facoltoso” (2 Samuele 19:32). Il re lo invitò ad andare con lui, ma Barzillai rispose: “Troppo pochi sono gli anni che mi restano da vivere perché io salga con il re a Gerusalemme. Adesso ho ottant’anni. Non posso discernere ciò che è buono da ciò che è cattivo. Non posso più assaporare ciò che mangio o ciò che bevo. Non posso più udire la voce dei cantanti e delle cantanti… Ti prego, lascia che il tuo servo se ne ritorni indietro e che io possa morire nella mia città presso la tomba di mio padre e di mia madre!” (v. 34-37).

Barzillai, con queste sue dichiarazioni, ci evidenzia un aspetto poco piacevole dell’invecchiamento; i nostri sensi e le nostre capacità decadono inesorabilmente: la vista, il gusto, l’udito, la capacità di esaminare le cose e di ritenerle. L’invecchiamento non permette più di gustare le cose della vita in una misura piena. Non si possono fare le cose che si facevano prima. Forse qualcuno non è più autosufficiente. Tutto questo può portare scoraggiamento, tristezza, frustrazione. Credo però che le parole di Barzillai facciano trasparire serenità e accettazione del proprio stato con sottomissione. La cosa che più contava era il rapporto che aveva con il suo re: “Il re baciò Barzillai e lo benedisse ed egli se ne tornò a casa sua” (v. 39).

Gli anni possono passare, le forze venire meno, possiamo vedere in noi stessi gli effetti negativi di un processo irreversibile, ma che gioia avere un rapporto di comunione continuo con il Signore, avere la Sua approvazione, avere da Lui il riconoscimento che nonostante l’età e le difficoltà, tutto quello che Lui ci ha donato lo abbiamo messo a Sua disposizione per il Suo servizio. Il Signore non dimentica quello che abbiamo fatto con il cuore per Lui.

Qualche anno più tardi, Davide dirà a Salomone: “Ma tratta con bontà i figli di Barzillai il Galaadita; siano tra quelli che mangiano alla tua mensa; poiché anch’essi mi trattarono così quando vennero da me, mentre fuggivo davanti ad Absalon tuo fratello” (1 Re 2:7). Questo passo forse ci suggerisce che Barzillai, quando ha fatto del bene a Davide, non era solo, ma con i suoi figli. A ottant’anni è stato un esempio per loro e il frutto del lavoro per Dio è rimasto. Hanno mangiato alla mensa del re!

Un ultimo personaggio. “Anna, profetessa, figlia di Fanuel, della tribù di Aser” (Luca 2:36-38), una donna che è vissuta ai tempi del Signore. L’evangelista Luca ci fornisce questi dettagli: “Era molto avanti negli anni: dopo essere vissuta con il marito sette anni dalla sua verginità, era rimasta vedova e aveva raggiunto gli ottantaquattro anni”. Questa donna ci pone davanti altri problemi. Così, di getto, dopo questa presentazione, la definirei una donna anziana, vedova, che da giovane aveva avuto un grande dolore e che aveva vissuto una vita di solitudine. Dal racconto non pare neanche che avesse dei figli. Un quadro veramente triste. Probabilmente, una vita che nessuno vorrebbe. Quanto sarà durata la sua vedovanza? Verosimilmente, almeno 50-60 anni. Come avrà provveduto al proprio sostentamento? Come avrà fatto ad andare avanti in quella situazione e per un periodo così lungo? La Parola ci dà la risposta: “Non si allontanava mai dal tempio e serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Questa era la sua vita: vicinanza al luogo dove Dio aveva stanziato il Suo nome, vita di separazione dai piaceri della vita, e preghiera. Questo è il segreto per avere la forza di affrontare un cammino duro e difficile: una vita in comunione con il Signore.

Dio premia questa donna. Il fatto di non allontanarsi dal tempio le ha permesso di vedere il Signore Gesù. La Parola ci dice che “sopraggiunta in quella stessa ora, anche lei lodava Dio e parlava del bambino a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (v. 38). Che buona predisposizione di cuore! Non pensava ai suoi problemi, ma desiderava testimoniare di quel bambino che avrebbe portato non solo la redenzione di Gerusalemme, ma la salvezza all’uomo perduto. Chiediamo al Signore la forza per testimoniare di Lui, anche se le circostanze che attraversiamo sono difficili.

Molti, leggendo questi brani, possono identificarsi con questi tre persone anziane. Qualcuno può essere arrivato a ottantacinque anni, come Caleb, ancora nel pieno della salute, ma deve affrontare lotte, combattimenti. Qualcun altro può sentire il peso dell’età e sperimentare che le capacità psico-fisiche non sono più le stesse, come Barzillai. Altri ancora possono avere sperimentato una vita di solitudine o vedovanza, come Anna la profetessa.

Cosa fare allora? Impariamo da questi esempi di credenti fedeli, da ciò che Dio ha operato nelle loro vite,  e facciamo nostre le parole dell’apostolo Paolo: “Perciò non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno. Perché la nostra momentanea, leggera afflizione ci produce un sempre più grande, smisurato peso eterno di gloria, mentre abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne” (2  Corinzi 4:16-18).

Con affetto fraterno.

 

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