di Alfredo Apicella
Tutto quello che leggiamo nella Parola di Dio è assolutamente vero. Sono veri i racconti, i fatti storici, gli insegnamenti, i principi, le leggi. Sono veri i sentimenti che tanti uomini e donne fedeli hanno provato, le loro gioie e i loro dolori, i turbamenti delle loro anime, le loro cadute e le loro vittorie. È vera l’analisi che Dio fa sul nostro stato di peccatori, ed è vera la via che ci indica per arrivare a Lui, la rivelazione della Sua perfetta giustizia e del Suo amore che ha raggiunto il punto culminante nel dono di Suo Figlio.
Tutto è scritto per nostro ammaestramento perché impariamo a conoscere noi stessi, la nostra fragilità, la nostra incapacità di cancellare uno solo dei nostri peccati. Ma soprattutto perché impariamo a conoscere Lui, Dio, il Dio Creatore e Salvatore, il solo Vero, il solo che dice cose vere e le ha trasmesse a noi perché camminiamo nella verità da persone libere.
La Parola di Dio è davvero un tesoro inestimabile. “La somma della tua Parola è verità” (Salmo 119:160). Da essa noi credenti impariamo a fuggire il male e ad attenerci al bene; in essa troviamo conforto nei momenti di sofferenza e riceviamo giorno per giorno quel vigore spirituale così necessario per la testimonianza che siamo chiamati a rendere nel mondo.
Oltre alle parole, anche l’agire di Dio è vero, vero quando benedice (“Bontà e verità vanno davanti a te”, Salmo 89:14), vero quando giudica (“I giudizi del SIGNORE sono verità”, Salmo 19:9).
– Quando il Figlio di Dio è apparso in terra con un corpo umano (“trovato esteriormente come un uomo”, Filippesi 2:8), in Lui e per mezzo di Lui sono venute “la grazia e la verità” (Giovanni 1:17). Non dobbiamo quindi stupirci se il Signore, che della verità era, nello stesso tempo, la personificazione, il portatore e il testimone, sia entrato subito in conflitto con la falsità e la menzogna che imperano nel mondo. “Ora cercate di uccidermi perché vi ho detto la verità… Voi siate figli del diavolo… che è bugiardo e padre della menzogna… Se dico la verità perché non credete?” (id. 8:40-44).
Il Suo insegnamento era Verità, la verità che aveva udito da Dio e che voleva far conoscere al mondo (Giovanni 8:40). Ma c’è di più: Egli stesso era la verità. “Io sono la via, la verità e la vita”, dirà ai discepoli verso la fine del Suo ministero terreno. Sarebbe tornato al Padre, non l’avrebbero più visto, ma avrebbero testimoniato a tutti che Lui, e Lui solo, era la via da percorrere per arrivare al Padre, la verità da credere senza riserve, la vita da accettare per fede.
– Anche nelle figure e nelle immagini che lo rappresentano, che siano parole di uomini di Dio o del Signore stesso, Egli è “il vero”, la perfetta realtà. Pensiamo alla “luce”. Noi conosciamo quella che Dio ha creato quando ha “fondato” la terra, elemento meraviglioso, e sotto certi aspetti misterioso, indispensabile alla vita. In senso morale, la identifichiamo col bene, con Dio. E se la luce rappresenta Dio e tutto ciò che lo riguarda, le tenebre sono Satana, il suo agire e tutto l’ambiente dove lui esercita il suo malvagio potere. Ma il nostro Signore non è solo luce, è “la vera luce”, “la vera luce che illumina ogni uomo” (Giovanni 1:9). Lui è la vita, e la vita che trasmette a chi crede non è per la terra, non dura qualche anno, ma è eterna com’è eterno Lui.
– Anche il pane ha a che fare con la vita. È l’alimento per antonomasia, il nutrimento per il nostro corpo, sorgente di energia e di forza. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, dovevano chiedere i discepoli nella loro preghiera (Matteo 6:11). Più di una volta il Signore, compiendo un miracolo incredibile, ha moltiplicato i pani e nutrito le folle. Ma “il vero pane” era Lui stesso, il “pane della vita”, il “pane vivente”. Era “il pane di Dio, quello che scende dal cielo e dà vita al mondo” (Giovanni 6:33). Non come la manna che i padri avevano mangiato nella traversata del deserto e poi erano morti. Chi si “nutre” di Lui, chi interiorizza le verità che lo riguardano e le fa proprie, chi crede alla Sua Persona, alla Sua morte in croce, alla Sua risurrezione, al significato e al valore del Suo sacrificio, “dimora in Lui” e “vivrà in eterno” (6:48-51).
Alla fine della Sua vita, in occasione dell’ultima Pasqua, dopo aver rotto un pane lo ha dato ai discepoli dicendo “mangiatene tutti”, e attribuendo a quel pane il simbolo del Suo corpo dato in sacrificio per loro. Il pane e il vino, la cena del Signore. “Fate questo in memoria me”, ha detto (Luca 22:19); e noi, domenica dopo domenica, facciamo questo, annunciamo “la morte del Signore finché Egli venga” (1 Corinzi 11:26).
– La vigna nel cap. 5 del profeta Isaia (v. 1-7) raffigura il popolo d’Israele. I lettori dell’Antico Testamento lo sapevano bene. Una vigna piantata dall’Eterno stesso, “su una fertile collina”, con tutte le cure possibili e le tecniche migliori. “La dissodò, ne tolse via le pietre, vi piantò delle viti scelte, vi costruì in mezzo una torre, e vi scavò uno strettoio per pigiare l’uva”. “Cosa si sarebbe potuto fare alla mia vigna più di quanto ho fatto per essa?”. Quale fosse lo scopo dell’Eterno era chiaro: “Si aspettava che facesse uva, invece fece uva selvatica”. Nessun frutto commestibile! Il profeta Osea (10:1) scrive che “più abbondava il suo frutto, più moltiplicava gli altari”, la sua idolatria. Che delusione! E con quanta amarezza l’Eterno ha dovuto preannunciare il castigo! È l’amarezza del “padrone della vigna” della parabola dei malvagi vignaioli, quando gli stessi Giudei, ascoltandola, hanno dovuto dire: “Li farà perire malamente, quei malvagi” (Matteo 21:33-41). E il Signore Gesù era lì, il Figlio del Padrone in persona, Colui del quale non hanno fatto stima alcuna e che di lì a poco uccideranno, proprio come hanno ucciso i servi inviati a più riprese per “ricevere i frutti” della vigna.
Ma Lui era “la vera vite” (Giovanni 15:1-8). In Lui il Padre si è compiaciuto e lo ha dichiarato apertamente. Quel frutto che né Israele né nessun altro ha voluto né potuto portare, l’ha portato Lui, uomo perfetto, compiendo la Sua volontà in totale ubbidienza, realizzando il Suo progetto di salvezza per noi peccatori, e glorificandolo in ogni Suo atto e in ogni Sua parola. E anche noi che abbiamo creduto in Lui e siamo diventati parte di questa straordinaria “Vite”, possiamo portare del frutto per la gloria di Dio perché da essa traiamo la linfa vitale. Se dimoriamo in Lui, il frutto sarà abbondante e permanente, e così saremo Suoi discepoli e la nostra gioia sarà “completa” (v. 11).
“Noi siamo in Colui che è il vero”. Tutto ciò che siamo e abbiamo in “Lui” è perfetto e dura per l’eternità. “In Lui” abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati (Efesini 1:7), “in Lui” siamo stati fatti eredi (1:11), “in Lui” Dio ci ha fatti sedere nei luoghi celesti, benedetti di ogni benedizione spirituale (2:6, 1:3). “In Lui” noi abbiamo tutto pienamente! (Colossesi 2:10)
“Egli è il vero Dio e la vita eterna” (1 Giovanni 5:20).