2 Samuele 23:8-39
di R. Lacombe
Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 02-2009
Nelle sue ultime parole, dopo avere reso omaggio alla fedeltà di Dio (v. 1-7), Davide rende testimonianza alla fedeltà dei suoi amici. Nonostante le defezioni, i tradimenti e le delusioni anche fra i suoi famigliari, gli sono sempre rimasti fedeli gli amici della prima ora, gli uomini della spelonca di Adullam. Allo stesso modo, verso la fine della sua vita, l’apostolo Paolo fu consolato, oltre che dalla presenza fedele del Signore, anche da quella di Timoteo, di Luca, di Onesiforo.
In questi v. 8 a 39 abbiamo un vero albo d’onore. Vi sono scritti dei nomi e, per alcuni, anche i dettagli delle loro imprese gloriose. “Il libro delle guerre dell’Eterno” (Numeri 21:14) ricorda la bravura di ognuno di quei valorosi soldati.
Le ultime parole di Davide evocano le future glorie celesti, e questa rassegna di uomini valorosi ci fa capire che la fedeltà verrà ricompensata. E’ un anticipo del tribunale di Cristo (1 Corinzi 4:5) dove “ognuno riceverà la sua lode da Dio”.
Anche noi dobbiamo servire il Signore in una guerra, che non è contro la carne e il sangue, ma contro le forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti (Efesini 6:12). La nostra dedizione al Signore e alla sua Chiesa sarà valutata con assoluta giustizia. Un giorno l’elenco dei vincitori ignorati da questo mondo sarà manifestato a tutti. Nulla di quello che sarà stato fatto per il Signore perderà la sua ricompensa. Per il momento, il combattimento della fede continua ancora, ma il giorno della nostra liberazione è vicino. L’Eterno aveva detto a Eli: “Io onoro quelli che mi onorano” (1 Samuele 2:30), e Mosè “aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa” (Ebrei 11:26). E’ quanto vediamo in questi versetti.
Notiamo subito che nell’elenco dei valorosi guerrieri c’è un grande assente: Ioab. Il coraggio, la forza, lo zelo non sono criteri sufficienti per fare iscrivere qualcuno nel registro di Dio, nelle cronache delle Sue guerre. Ci è detto che nel fare il censimento e nel registrare i popoli, l’Eterno elencherà quelli che sono nati in Sion e dirà: “Questi è nato là”. E Sion sarà “resa stabile dall’Altissimo” (Salmo 87:5, 6). I nati in Sion (la rocca di Davide a Gerusalemme, simbolo della grazia) ci fanno pensare a tutti quelli che sono fondati sulla grazia divina. Quelli che hanno un altro luogo di nascita possono avere solo una gloria effimera. Ioab ne è un esempio. Non era stato un compagno della prima ora. Lo vediamo entrare in scena soltanto dopo l’unzione di Davide come re in Ebron e Davide lo aveva eletto capo del suo esercito (2 Samuele 24:2). Ma la lealtà di Ioab e la sua dedizione per il re erano motivati dall’orgoglio e non dall’amore, e questo causò a Davide molta tristezza. Egli aveva la saggezza del mondo, era un bravo politico, ma non aveva né fede né pietà. Arrogante e presuntuoso, cercava la propria gloria. Morì punito da Salomone all’inizio del suo regno (1 Re 2:34). Una vita persa, mentre i suoi due fratelli, meno illustri di lui, figurano in questo elenco, come pure il suo scudiero (v. 37). Ioab è nominato tre volte in questo capitolo, ma solo indirettamente (v. 18, 24, 37).
Come precisa il v. 39, questo elenco comprende trentasette uomini valorosi.
– i primi tre, oltre i trenta (v. 8 a 12);
– altri tre, non nominati, che fanno parte dei trenta (v. 13 a 17);
– due, Abisai e Benaia, distinti dai trenta (v. 18 a 23);
– alla fine, i trenta che di fatto sono trentadue (v. 24 a 39), ma due di loro erano morti (Asael e Uria). Contando così, si ottiene 3+2+32=37.
Versetti 8 a 12: i primi tre
Questi tre uomini, i primi dell’albo d’onore, impersonano la perseverante energia divina, realizzata nei credenti. E’ l’Eterno che opera le grandi liberazioni (v. 10-12). I nemici interni più pericolosi, i Filistei, sono battuti. “Se uno compie un servizio, lo faccia come si compie un servizio mediante la forza che Dio fornisce, affinché in ogni cosa sia glorificato Dio” (1 Pietro 4:11).
L’uomo valoroso del v. 8 porta bene il suo nome: Ioseb-Basebet, che significa “seduto sul trono” o “sul primo posto”. Che avesse avuto la meglio su ottocento uomini o solo su trecento (1 Cronache 11:11), compì in ogni caso una prodezza. Riportò la vittoria in un solo scontro senza concedersi riposo.
Eleazar (v. 9, 10) significa “aiutato da Dio”. C’erano tre uomini con Davide e anche tutto l’esercito, ma lui si era allontanato e la vittoria fu tutta opera sua. La sua mano che non si poteva staccare dalla spada ci insegna che, durante il combattimento e anche dopo, dobbiamo fare, per così dire, corpo unico con la Parola di Dio, la “spada dello Spirito” (Efesini 6:17). In seguito, tutto il popolo poté beneficiare di quella vittoria. E’ un esempio dell’energia spirituale che non si scoraggia, anche se c’è abbandono da tutte le parti.
Neppure Samma (v. 11, 12) fece caso della fuga del popolo. Mise a rischio la propria vita e difese il campo pieno di lenticchie che avrebbero sfamato il popolo. Il nutrimento non dev’essere lasciato al nemico! Bella esortazione per noi credenti a non lasciarci derubare del cibo delle nostre anime, per negligenza, per tiepidezza, o anche per incredulità.
Versetti 13 a 17: i tre sopravvissuti
I tre capi che seguono non sono nominati qui, ma compaiono nell’elenco dei trenta (v. 24 a 39), di cui fanno parte. Essi impersonano per noi la devozione della fede, manifestata da una testimonianza collettiva.
Quegli uomini avevano dimostralo il loro affetto per Davide nella prova, nella spelonca di Adullam. E’ verosimile che l’episodio riferito abbia avuto luogo durante la guerra del cap. 5. La valle di Refaim era invasa dai Filistei (5:18; 23:13). Essa si trova tra Adullam, ad ovest, e Betlemme, a est.. Si può pensare che il pozzo fosse vicino alla casa di Isai. Forse pensando con nostalgia alla propria infanzia, Davide espresse il desiderio di bere dell’acqua proprio di quel pozzo, anche se qualsiasi acqua avrebbe potuto calmare la sua sete.
Questi tre uomini stavano vicino a Davide e udirono il suo desiderio. Non si trattava di un ordine. Senza indugio misero a repentaglio la propria vita. Con una sublime devozione, forzarono il passaggio e portarono al re l’acqua desiderata. Conoscendo l’animo sensibile di Davide, non ci stupiamo della sua reazione. Egli rispettò con ammirazione quel gesto d’amore, prese atto del successo dell’impresa, ma non si sentì degno di bere un’acqua ottenuta a un tale prezzo; così “la sparse davanti al Signore”. A Lui solo apparteneva la vita di quegli uomini.
Questo racconto è per noi un bell’esempio di un’opera d’amore. Ci sono i comandamenti del Signore, che sono degli ordini, ma ci sono anche dei semplici desideri conosciuti solo da chi è più vicino a Lui (Giovanni 14:21, 23). I Filistei che sbarravano la strada sono una figura della carne, che si insinua nelle cose spirituali producendo da un lato un cristianesimo freddo e stretto, tradizionalista e legalista, oppure a un cristianesimo mondano che priva il Signore di quello che si aspetta da parte nostra. In un tempo di debolezza e di abbandono della verità, che gioia per i credenti rispondere, non solo ai suoi ordini, ma anche ai suoi desideri.
Versetti 18 a 23: Abisai e Benaia
Qui si tratta di un nuovo gruppo di tre uomini (v. 18:22), distinto dai trenta (v. 23). Dunque non sono quelli del v. 13. Tuttavia, di questi tre, ne compaiono solo due nell’elenco del capitolo 23: Abisai e Benaia.
Abisai, che abbiamo già incontrato parecchie volte nei libri di Samuele, è valutato con precisione. E’ il più eminente in questo nuovo trio, ma inferiore ai tre dei versetti 8 a 12. Il fatto importante per cui è menzionato qui è ricordato con esattezza ma senza particolari: “Impugnò la lancia contro trecento uomini e li uccise”. Di lui sono soprattutto messi in evidenza il coraggio e la forza.
Di Benaia, sono registrate tre imprese. In primo luogo colpì i Moabiti, paragonati a due leoni per il loro aspetto fiero, uomini che certamente avevano fatto tremare più di un nemico. E’ possibile che questo fatto sia avvenuto durante la guerra contro Moab, riferita al cap. 8, v. 2. Poi Benaia ebbe a che fare con un vero leone che era stato messo in una cisterna, o vi era caduto accidentalmente. Nonostante le intemperie che rendevano più pericolosa l’operazione, Benaia non esitò ad affrontarlo e ad ucciderlo. Benaia colpì anche un Egiziano “di aspetto formidabile”, servendosi dell’arma sottratta al suo stesso nemico, come aveva fatto Davide con Golia.
Il leone e l’uomo dall’aspetto formidabile non sono forse una figura di Satana da cui dobbiamo difenderci rivestendo l’armatura spirituale e con l’aiuto del Signore?
Versetti 24 a 39: i trenta
Ecco poi i trenta, o piuttosto i trentadue, di cui alcuni sono già noti: Elcanam (21:19), Asael (2:18) e Uria, il marito di Bat-Sceba (11:3). Quest’ultimo nome era per Davide un doloroso richiamo alla sua vergognosa caduta, a un passato che non poteva dimenticare. Ma bisognava che Uria figurasse in questo albo d’onore perché ne era degno.
Possa questa pagina delle Scritture incoraggiare ognuno di noi a “sopportare le sofferenze, come un buon soldato di Cristo Gesù” (2 Timoteo 2:3)! Anche se i nostri nomi e le nostre azioni non appaiono nell’albo d’onore dei guerrieri eminenti, avremo tuttavia la gioia di aver servito la gloria di Cristo. E se riceveremo dalle sue mani una corona, la deporremo ai suoi piedi e ci prostreremo dicendo: “Tu sei degno, Signore nostro Dio, di ricevere l’onore, la gloria e la potenza” (Apocalisse 4:10-11).