“Il popolo stava a guardare” (Vangelo di Luca 23:35)
di Alfredo Apicella
Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 11-2020
Nell’antichità le esecuzioni capitali erano eventi pubblici. La popolazione, secondo la motivazione ufficiale, doveva assistervi per imparare ad ubbidire alle leggi e ad avere rispetto e timore delle autorità. Ma molto spesso la maggior parte dei cittadini non condivideva quel tipo di condanna che riteneva ingiusta o eccessivamente severa; tanto più quando era noto che il giustiziato non era per nulla colpevole e che dietro la sua condanna a morte vi erano vergognosi interessi politici o lotte di potere o assurdi fanatismi religiosi.
– “Il popolo stava a guardare”
Erano tutti d’accordo che il Signore fosse condannato al supplizio della crocifissione? Quelli che, sobillati dai capi religiosi, avevano gridato “crocifiggilo!” rappresentavano la maggior parte del popolo o una fanatica minoranza? È difficile dirlo; ma non si può nemmeno negare che quando l’uomo rifiuta ostinatamente la verità, Satana acceca le menti a tal punto da spingere a condividere le decisioni più assurde e a commettere le azioni più perverse.
Il popolo stava a guardare. Che spettacolo! Vedevano Gesù crocifisso in mezzo a due malfattori, ma faticavano a credere che fosse il Messia promesso, il Figlio di Dio. Eppure, avevano assistito ai Suoi miracoli, avevano visto dei ciechi ricuperare la vista, degli storpi camminare, dei morti risuscitare, degli indemoniati liberati, e si erano stupiti; in molte occasioni avevano dato gloria a Dio e confessato che delle cose così straordinarie non le avevano mai viste (Matteo 9:33). A conferma della Sua natura divina c’erano poi i Suoi insegnamenti, parole che mai si erano udite, discorsi così profondi da colpire le folle e mettere a tacere i Suoi avversari. “Tutto il popolo pendeva dalle Sue labbra” (Luca 19:48). “Nessun uomo parlò mai come quest’uomo!” (Giovanni 7:46).
– “I suoi conoscenti e le donne…”
Ma un’altra piccola folla assisteva alla crocifissione del Signore: erano “i Suoi conoscenti e le donne che lo avevano accompagnato dalla Galilea” i quali “stavano a guardare queste cose da lontano” (Luca 23:49). Da lontano, probabilmente perché all’atto della crocifissione non era permesso agli estranei di avvicinarsi. O forse anche perché avevano paura, in quei concitati momenti, e si tenevano a prudente distanza; ma chissà che dolore avranno provato nell’assistere a una tale scena! Fra loro c’erano anche due donne che, a crocifissione avvenuta, sono andate sotto la croce, insieme alla madre di Gesù e al discepolo Giovanni; ed è lì che hanno udito le parole del Signore rivolte a Sua madre, “donna, ecco tuo figlio” e a Giovanni “ecco tua madre”. Un’ulteriore grande prova dell’amore del Signore che in momenti di sofferenza terribile ha pensato alle persone che amava, ma anche ai Suoi uccisori che non si rendevano conto del crimine che stavano commettendo, e al malfattore sulla croce consapevole delle proprie colpe e della Sua innocenza. “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!”. E come avrebbe potuto dimenticarsene? “Oggi tu sarai con me in paradiso!” (Luca 23:34, 39-43).
– “Quelli che passavano di là”
Sotto la croce adesso passava altra gente; erano “quelli che passavano di là” (Matteo 27:39) molti dei quali lo ingiuriavano, sfidandolo a scendere dalla croce per dimostrare che davvero era il Figlio di Dio. La stessa cosa facevano “i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani” che scuotevano il capo, e dicevano: “Scenda ora giù dalla croce, e noi crederemo in Lui”.
È per bocca di Davide che conosciamo qualcosa del dolore del Signore in quelle terribili ore: “Grossi tori mi hanno circondato, potenti tori di Basan m’hanno attorniato; aprono la loro gola contro di me, come un leone rapace e ruggente… Poiché cani mi hanno circondato; una folla di malfattori m’ha attorniato” (Salmo 22:12:16). “Scenda giù!”, ma il Signore è rimasto lì, appeso a quella croce. Non è sceso per amore per tutti noi e per tutti coloro che avrebbero creduto; non è sceso per ubbidienza al Padre che gli aveva affidato questa grandiosa missione che solo Lui poteva compiere.
– “Tutta la folla… se ne tornava battendosi il petto”
Alla crocifissione del Signore, dunque, molte persone hanno assistito, alcune più vicine, altre più distanti, ma tutte più o meno emotivamente coinvolte. Quanti pensieri saranno passati per la mente in quei momenti, quante diverse valutazioni, quante prese di posizione contrastanti!
Ma c’è un dettaglio che ci incoraggia. Quando, alla morte del Signore, il sole si è oscurato e c’è stato il terremoto, “tutta la folla che assisteva a questo spettacolo, vedute le cose che erano accadute, se ne tornava battendosi il petto”. È già qualcosa. Avranno creduto che Gesù era il Figlio di Dio o si saranno soltanto resi conto di aver commesso un grave errore reclamando o condividendo la condanna a morte di un innocente? Molte persone, nei tempi passati e anche oggi, sono pronte a riconoscere l’efferatezza di quel crimine, ma poche aprono il cuore all’amore del Signore per essere salvate. Proclamano il proprio senso di giustizia, ma non confessano di essere dei peccatori perduti.
– “Il centurione e quelli che erano con lui”
Il centurione e quelli che erano con lui forse hanno fatto un passo in più rispetto a molti del popolo. “Presi da spavento per le cose avvenute”, hanno detto: “Veramente, costui era Figlio di Dio” (Matteo 27:54). Pietro l’aveva riconosciuto Figlio di Dio grazie ad una rivelazione del Padre, ma loro erano soldati romani, quindi pagani. A quale Dio si riferivano? E come consideravano il Dio degli Ebrei? Come l’unico vero Dio o uno da aggiungere alla lunga lista degli dèi del paganesimo romano? Non ci è dato di saperlo, ma vogliamo sperare che poi, alla predicazione degli apostoli, abbiano accolto come loro Salvatore quel Gesù che, con tanta crudeltà, avevano inchiodato alla croce (v. 35).
Sotto la croce c’erano anche dei soldati che, dopo aver crocifisso il Signore, si sono dati da fare per spartire le Sue vesti e tirare a sorte la Sua tunica. Rassomigliano a tanti increduli di oggi che sanno del Suo sacrificio, hanno visto mille volte il simbolo della croce, ma il loro interesse è il guadagno, il denaro. Se alzassero lo sguardo della fede vedrebbero Gesù inchiodato a quel legno, col sangue che cola dalle Sue ferite e il viso sfigurato dal dolore. Come dice il profeta Isaia, rimarrebbero “sbigottiti vedendolo, tanto era disfatto il suo sembiante al punto di non sembrare più un uomo, e il suo aspetto tanto da non sembrare più un figlio d’uomo” (52:14).
– Una cosa è certa: alla crocifissione di Cristo tutta l’umanità è rappresentata. Non solo perché c’erano Ebrei e non Ebrei, ma per i diversi atteggiamenti, i modi di reagire, di valutare le cose. C’erano gli indifferenti e i nemici dichiarati, i pentiti superficiali e i pentiti veri, ma anche quelli che avevano davvero creduto…
Anche oggi è così. C’è chi si commuove, riflette, si umilia e accetta con riconoscenza la salvezza che il sacrificio di Cristo procura a chi crede. Ma c’è chi si fa beffe e chi ritiene che la morte di Cristo non lo riguardi, e si illude di non esserne minimamente colpevole. Di questo, un giorno, ognuno dovrà rendere conto a Dio.
Insomma, di fronte al Signore crocifisso non si può rimanere indifferenti. Ognuno di noi è obbligato a prendere una posizione. Non si può “guardare” e far finta di non avere visto. Non si può leggere nei Vangeli, nei Salmi, nei Profeti della Bibbia l’incredibile sofferenza di quell’Uomo giusto e innocente condannato come malfattore, con lo stesso spirito con cui si legge un racconto a sfondo drammatico e vedere in Lui solo uno delle decine di migliaia di uomini che hanno patito ingiustamente e sono stati torturati e uccisi. Perché Lui, Gesù Cristo, non era un uomo come gli altri. Nessun paragone regge di fronte a Lui. Noi esseri umani siamo tutti colpevoli davanti a Dio e meritiamo la Sua condanna. Ma Lui no. Lui era Dio; tant’è che poi è risuscitato e, come scrive l’apostolo Paolo, “è alla destra di Dio e anche intercede per noi” (Lettera ai Romani 8:34). “In Lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità” (Lettera di Paolo ai Colossesi 2:9). E se era lì, sulla croce, era lì per noi, per liberarci dalla condanna e farci passare dalla morte alla vita, dalle tenebre alla Sua meravigliosa luce. Era lì per strappare quelli che credono in Lui al presente secolo malvagio e fare di noi dei testimoni della grazia di Dio, degli ambasciatori che supplicano gli increduli e dicono: “Siate riconciliati con Dio!”. Perché “Colui che non ha conosciuto peccato, Egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in Lui” (2 Corinzi 5:20-21).
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