“Io vi lascio pace”

di Marco Vaccari

L’Evangelo di Giovanni descrive il Signore Gesù come Figlio di Dio. Per questo, nelle ultime ore che trascorre con i suoi prima di salire sulla croce, Egli antivede i gloriosi risultati dell’opera sua e, prima ancora di compierla, rivolge loro delle promesse che sono il frutto di quest’opera.

E’ solo in questo evangelo che viene riportato un versetto di questa portata: “Gesù, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Giovanni 13:1). Poteva esservi una “fine” al suo amore? Certamente no; Egli voleva dire che le cure del suo amore che avevano accompagnato i suoi mentre era con loro sulla terra, sono continuate fino al momento del suo passaggio da questo mondo al Padre. E poi? Vi sarebbero stati dei vuoti nel suo amore? Ancora no; Egli saliva al Padre per inaugurare un nuovo aspetto del suo amore e delle sue cure: l’intercessione. La preghiera sacerdotale del cap. 17 è un anticipo di questo modo di amarli e la portata di questa preghiera rivela che le sue cure non hanno mai avuto fine.

Tuttavia i discepoli erano uomini, soggetti come noi tutti a turbarsi, a spaventarsi e a scoraggiarsi; avrebbero dovuto affrontare una prova dura, essi che avevano abbandonato tutto per seguire il loro Signore. Lo avrebbero dovuto vedere in balia dell’odio dell’uomo, abbandonato da Dio, e infine passare per la morte, tutte cose che erano lontane dal loro modo di pensare abituale, come testimonia la risposta di Pietro all’annuncio da parte del Signore delle sue sofferenze: “Tolga ciò Iddio, Signore, questo non ti avverrà mai” (Matteo 16:22).

Il Signore sapeva tutto questo, e nella sua infinita grandezza, lungi dal pensare a se stesso e alle prove che lo attendevano, conforta i suoi con le parole dei capitoli 14,15,16 e 17 di Giovanni. E’ proprio di una di queste consolazioni contenuta al cap.14 v.27 che vorremmo occuparci in questo articolo.

“Io vi lascio pace”.

Egli li lasciava. Spiegherà loro poco dopo che era utile che se ne andasse (16:7). Tuttavia, questo poteva non essere ancora recepito; e allora? “Io vi lascio pace“. Queste semplici parole  erano certamente alla loro portata! Di quale pace si trattava? Di quella politica, ad esempio tra Romani e Giudei? Assolutamente no! Di una pace sociale? Ad esempio tra servi e padroni? Nemmeno. Si trattava di una pace che vale molto di più, una pace che nessuna circostanza cosl come nessuna cosa o persona poteva strappare o turbare: la pace del cuore! Egli la lasciava ai suoi come una conquista della croce!

Infatti, sulla croce, elevato fra cielo e terra, bloccato dall’odio dell’uomo nelle mani e nei piedi con dei chiodi, quando tutto sembrava essere finito e il trionfo di Satana completo, Egli conclude le sue sofferenze con le parole: “E’ compiuto!”. La nostra pace, la perfetta pace con Dio, ha ora un fondamento perfetto e incrollabile.

Questo Egli poneva davanti a loro affinché il loro cuore non fosse turbato e non si sgomentate. Le parole “è compiuto” nell’originale greco erano le stesse che venivano scritte su una fattura pagata, a garanzia del debitore; se c’erano quelle parole, nessuno poteva più chiedere la riscossione del debito. Così, il nostro debito con Dio è stato pagato e pagato al prezzo del sacrificio del Signore Gesù sulla croce; nessuno può più esigere qualcosa dall’uomo che ha ricevuto una tale garanzia.

“Vi do la mia pace”.

Quella fattura saldata, quel debito cancellato, è a disposizione di coloro che credono in quest’opera. Infatti, quella pace lasciata ai suoi discepoli viene data a chiunque crede; è un qualcosa di personale “regalato” dal Signore per consolare e confortare il loro cuore.

Il Signore dice “la mia pace”, e questo va oltre l’opera della croce. Quest’ultima consente il ripristino delle relazioni tra Dio e l’uomo, interrotte dal peccato; fa sì che dei miserabili peccatori salvati per grazia possano avere comunione con il Dio tre volte santo che diventa loro Padre. Ma questa sua pace, che è perfetta perché viene da Lui, perfetta nella potenza essendo Egli perfettamente Dio, è anche perfetta nella comprensione delle nostre miserie, essendo Egli perfettamente uomo.

Stefano “uomo pieno di fede” poteva imitare il suo divino modello quando stavano per lapidarlo, dicendo come il suo Maestro: “Signore, non imputare loro questo peccato”! Chi è quell’uomo che potrebbe perdonare in questo modo? Solo chi possiede la sua  pace.

Anania, benché avesse non avesse nascosto la sua paura a contattare Saulo, dopo le assicurazioni del suo Maestro entra nella casa dove Saulo si trova e lo chiama “fratello” (Atti 9:11-17).

Pensiamo, cari credenti, agli effetti della sua pace in noi. Sono i caratteri stessi del Signore in noi! Caratteri che Egli stesso ci elargisce ancora una volta per l’opera della croce!

 

Questa pace è ancora necessaria ai giorni nostri. In un mondo che non ne vuole sapere del Signore Gesù, fra cristiani che lo lodano con le labbra ma lo rinnegano con il cuore, non è poi così facile camminare in modo coerente con gli insegnamenti del nostro Maestro. Sovente poi sono le circostanze difficili, le malattie, i lutti che sgomentano il nostro cuore; ma quelle parole del Signore, rivolte ai discepoli poco prima di salire sulla croce per loro, sono ancora lì per consolarci e confortarci.

Il Signore non promette la liberazione dalle prove. Senza dubbio Egli può, nella sua divina potenza, liberarci e darci ben più delle nostre richieste; tuttavia, una cosa ha promesso in ogni circostanza: la sua pace!

“Io non vi do come il mondo dà”.

Cari santi, abbiamo bisogno di volgere sempre più i nostri sguardi sulla benedetta persona del nostro Signore! Egli ne è degno. Egli è il nostro migliore Amico; Egli non dà come il mondo dà. Questo ci riporta al modo di dare del mondo, con le sue illusioni, le sue false ideologie, le promesse mai mantenute di pace e di libertà. Si può trovare conforto in qualche amico, in qualche affezionato conoscente. Ma, in generale, il mondo, se e quando dà, dà per ricevere, dà contro interesse, presta per riottenere.

Niente di tutto questo nella benedetta persona del nostro Signore! Egli ci ha amato sino alla morte, esseri spregevoli come eravamo, “odiosi e odiantici gli uni gli altri” (Tito 3:3). Il seme che ha sparso è arrivato anche fra le rocce, sulla strada, fra le spine, dove nessuno avrebbe seminato. Ha parlato di amore ai suoi carnefici; a gente che noi non faremmo neppure entrare in casa Egli ha preparato un posto nel cielo, se si ravvedono e credono in Lui. Egli ha sempre dato, non ha mai chiesto. Sapeva che tutti lo avrebbero abbandonato, che uno lo avrebbe rinnegato; eppure, è proprio a questi che dice: “Io vi lascio pace, vi do la mia pace”. Dopo la risurrezione, la sua prima parola ai suoi è: “Pace a voi”  (Giovanni 20:20)!

Potremmo dubitare di un così grande amore? Perché allora i nostri cuori sono così sovente tristi, piegati sotto il peso delle circostanze? Perché vi è del dubbio nel nostro cuore? Forse non dubitiamo della nostra salvezza, però quante volte sentiamo dire: “Prego, ma sembra che il Signore non mi ascolti”, “E’ tutto buio davanti a me”, “Dopo tutto non chiedo molto”…. Queste frasi testimoniano della nostra poca fiducia in Colui che lascia pace, che ci dà la sua pace, e soprattutto che non dà come il mondo dà.

Spesso applichiamo le parole di Isaia 55 alla salvezza: “Venite, comprate senza danaro vino e latte“. Facciamo bene in quanto esse si rivolgono effettivamente a coloro che hanno sete della salvezza; ma quanto più si possono applicare a coloro che già possiedono questa salvezza! La salvezza ci è stata data gratuitamente, e gratuitamente possiamo avere la più completa pace del cuore. Eppure, mentre diamo piena fiducia la Signore per la nostra salvezza eterna, a volte dubitiamo del suo amore quando ci troviamo nella prova! Non dobbiamo dare piena fiducia al Signore in ogni circostanza? Non dobbiamo credere fermamente a tutte le sue promesse, e ringraziarlo continuamente della sua fedeltà e delle sue compassioni?

La pace di Cristo… regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti” (Colossesi 3:15).