L’ora e la gloria nel Vangelo di Giovanni

di Alfredo Apicella

All’inizio e alla fine del ministerio del Signore ci furono due momenti essenziali che misero in risalto la Sua gloria e quella del Padre Suo: il Signore li chiama “l’ora”.

Al tempo dell’episodio di Giovanni 2:3, le nozze di Cana, il signore Gesù non aveva ancora fatto nessun miracolo. L’ “ora” della manifestazione pubblica della sua divina potenza non era ancora venuta.  Alla festa, coi suoi discepoli, il Signore aveva accettato umilmente di essere un semplice invitato, uno fra i tanti; e,  altrettanto umilmente, aspettava il segnale del Padre. Per questo, quando Maria sua madre volle anticipare quell’ora dicendogli “non hanno più vino”, come dire “fa qualcosa, tu che puoi”, il Signore si oppose. Gesù non riceveva ordini dagli uomini, nemmeno da colei che l’aveva partorito. Se doveva fare un miracolo lo avrebbe fatto su ordine del Padre e al momento stabilito da Lui, non un attimo prima né un attimo dopo. “Che V’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta”. Fu una risposta decisa e molto seria. Maria forse non capì del tutto, ma si sottomise e accettò l’immensa distanza che la separava da quel Figlio. Poco dopo quando ogni cosa era predisposta dai servitori ubbidienti, la sua “ora” scoccò.  Ed ecco il miracolo. Il primo, ci dice l’evangelo; e il Signore “manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui” (Giovanni 2:11). Quanti miracoli da allora! La gloria dell’inviato del Padre, del Figlio eterno di Dio, sfolgorò nella vista ridata ai ciechi, nell’udito ai sordi, nella guarigione di migliaia e migliaia di infelici, nella risurrezione dei morti. Ascoltiamo la testimonianza della gente: “Noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può fare questi miracoli che tu fai se Dio non è con lui” (Giovanni 3:2). “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto; non potrebbe essere lui il Cristo ?” (Giovanni 4:29). “Questi è certo il profeta che deve venire nel mondo” (Giovanni 6:14). “Da che mondo è mondo non si è mai udito che uno abbia aperto gli occhi a uno nato cieco punto se quest’uomo non fosse da Dio non potrebbe fare nulla” (Giovanni 9:32-33).

Di fronte a tanta potenza e a tanta gloria, in varie occasioni “molti dei Giudei che avevano veduto le cose fatte da Gesù credettero in Lui”. Quelle opere potenti testimoniavano senza equivoci che il Padre lo aveva mandato (Giovanni 5:36). Se tutti avessero creduto anche solo a quelle opere avrebbero riconosciuto che il Padre era in Lui e che Lui era nel Padre (Giovanni 10:38). In ogni miracolo, Gesù manifestava non solo la Sua gloria personale, ma anche quella di Dio. Lo dice chiaramente Egli stesso in occasione della malattia di Lazzaro: “Questa malattia non è per la morte, ma è per la gloria di Dio affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato” (Giovanni  11:4).

L’altra “ora” era quella della sua morte, del suo sacrificio. Il Signore sapeva che nessuno avrebbe potuto anticiparla né posticiparla fosse anche di un attimo. Quando cercarono di pigliarlo, a Gerusalemme, “nessuno gli mise le mani addosso, perché l’ora sua non era ancora venuta” (Giovanni 7:30). Qualche tempo dopo, nel tempio, nessuno lo prese perché l’ora sua non era ancora venuta (Giovanni 8:20). Ma un giorno il Signore sentì che il momento si avvicinava e disse “l’ora è venuta che il Figlio dell’uomo deve essere glorificato” (Giovanni 12:23). Quell’ora solenne concludeva la sua missione ed era lo scopo della sua presenza in questo mondo. Ma la sua anima era turbata. La prospettiva di essere fatto peccato, di soffrire l’abbandono di Dio, di subire la sua Santa ira e una morte così atroce, non gli ha fatto chiedere di essere liberato non fu questa la sua preghiera anzi: “Padre glorifica il tuo nome!”.

“Padre, l’ora è venuta; glorifica tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi te” (17:1). La gloria del Padre e quella del Figlio dipendono l’una dall’altra: il Padre glorifica il proprio nome glorificando il Figlio  e il Figlio glorificato glorifica il Padre. Col suo sguardo, il Signore abbracciava già tutta la sua opera. La vedeva già compiuta e ne pregustava i benedetti risultati.  Al di là della morte in croce, della risurrezione e dell’ascensione, il Signore aveva da riprendere la gloria di cui godeva presso al Padre prima ancora che il mondo fosse creato. E gliela chiese: “E ora, o Padre, glorificami tu presso di te della gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse”(Giovanni 17:5) . Di quella  gloria che parla dell’amore eterno di Dio per il suo Figlio, il Signore non potrà farci partecipi, ma la contempleremo in adorazione per tutta l’eternità, secondo il suo desiderio e la sua preghiera: “Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo”(Giovanni 17:24). Saremo invece fatti partecipi della sua gloria di Figlio dell’uomo, quella che si è guadagnata con la sua perfetta ubbidienza  “fino alla morte virgola e alla morte della croce” (Filippesi 2:8).