di Cesare Casarotta
“E andato fuori, pianse amaramente” Luca 22:62
Pietro ha appena rinnegato il Signore. È un episodio molto noto, riportato in tutti gli evangeli. Questo ce ne fa comprendere l’importanza. In quel cortile, dove si era seduto in mezzo a tanti, per vedere che fine avrebbe fatto il suo Maestro, messo sotto pressione, nega per l’ennesima volta di conoscere il Signore Gesù. Il gallo canta. Il Signore è lì, si volta, lo guarda. Gli sguardi si incontrano e Pietro si ricorda delle parole che il Signore aveva pronunciato qualche ora prima: “Pietro, io ti dico che oggi il gallo non canterà, prima che tu abbia negato tre volte di conoscermi” (Luca 22:34). A quel punto Pietro esce e piange amaramente.
Sembra incredibile. Pietro, un giorno, alla domanda del Signore: “Chi dite che io sia?”, aveva risposto: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Matteo 16:13). In un’altra occasione, quando alcuni discepoli avevano abbandonato il Maestro, perché il Suo parlare era ritenuto “troppo duro”, il Signore Gesù aveva detto ai dodici: “Non volete andarvene anche voi?”, Simon Pietro aveva risposto prontamente: “Signore, da chi andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. Eppure in quella notte nega di conoscere la benedetta persona del Signore Gesù.
Come si è arrivati a tutto questo?
Sappiamo che Pietro aveva camminato insieme al Signore per un periodo di circa tre anni e mezzo. Nel corso del tempo aveva dimostrato una carattere impulsivo, forte, coraggioso, che lo portava ad avere una fiducia senza limiti in se stesso, nei suoi mezzi, nelle sue convinzioni. Questo lo possiamo vedere a diverse riprese. Un giorno il Signore Gesù aveva cominciato a spiegare ai suoi discepoli, che di lì a poco, avrebbe sofferto. Pietro lo aveva subito interrotto, esclamando: “Dio non voglia, Signore! Questo non ti avverrà mai”. Il Signore lo aveva ripreso: “Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini”. Nell’episodio del lavaggio dei piedi, in Giovanni 13, Pietro dice al Signore che non si sarebbe lasciato lavare i piedi da Lui. Nonostante il Signore gli avesse detto che avrebbe capito la portata di quel gesto solo in futuro, Pietro non può trattenersi: “Non mi laverai mai i piedi ”. Il Signore lo riprende anche in questa circostanza: “Se non ti lavo, non hai parte alcuna con me” (Giovanni 13:8). Nel corso dell’ultima cena, il Signore Gesù aveva detto ai discepoli: “Questa notte voi tutti avrete in me un’occasione di caduta; perché è scritto: Io percuoterò il Pastore e le pecore del gregge saranno disperse. Ma dopo che sarò risuscitato vi precederò in Galilea” (Matteo 26:31-32). È importante notare che in questo caso il Signore, a conferma delle Sue parole, cita la Scrittura. Era qualcosa di inoppugnabile. A questo punto però Pietro ha l’ardire di replicare: “Quand’anche tu fossi per tutti un’occasione di caduta, non lo sarai mai per me”. Il Signore gli deve dire: “In verità ti dico che questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte”. Nonostante questo Pietro replica ancora: “Quand’anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò” (Matteo 26:33-35). L’evangelo di Luca ci svela altri particolari determinanti per comprendere la situazione. Il Signore Gesù, rivolgendosi a Pietro, in quell’occasione gli dice: “Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli” (Luca 22:31-32). Esaminiamo qualche dettaglio di questo dialogo. L’insidia arriva dal nemico. Notiamo che Satana deve chiedere permesso a Dio per vagliare i credenti. È confortante per noi meditare sul fatto che l’avversario può agire, ma solo nella misura in cui gli è permesso da Dio. L’accusatore vuole mettere sotto pressione il popolo di Dio con lo scopo di farlo cadere, allontanare da Dio, di fargli abbandonare il cammino della fede. Pensiamo inoltre che se questo lavoro nefasto riesce con qualcuno che è in vista, che riveste un ruolo di conduttore, l’effetto negativo è notevolmente amplificato. Perché Dio permette queste cose? Pensiamo che la fede, messa alla prova dalla tentazione, è in grado di sperimentare la potenza di Dio e, in caso di caduta, il credente può essere rialzato dalla Sua grazia. Un elemento importante: dopo avere avvertito Pietro, il Signore gli dice che ha pregato per Lui. Cosa implica tutto questo? Che il Signore Gesù conosce ogni cosa in anticipo, anche le tentazioni alle quali saremo sottoposti e quali saranno le nostre reazioni. La preghiera che il Signore fa per noi è personale “Ho pregato per te”. Un’ulteriore considerazione: il Signore Gesù non prega perché la tentazione sia tolta, ma che in questa tempesta “la fede non venga meno”. Non dice neanche a Pietro che sarebbe inevitabilmente caduto. C’è una cosa, però, che tocca particolarmente il cuore: il Signore va oltre la tentazione, la nostra caduta e le conseguenze di questa. Ha già lo sguardo verso il ritorno, verso la pacificazione dell’anima del suo discepolo. Un elemento degno di nota è che il Signore dice a Pietro quando sarai tornato, non se tornerai . Quanto grande è la Sua misericordia, quanto meravigliose sono le Sue cure! Quando si è sottoposti agli attacchi del nemico, si può rimanere saldi in piedi oppure cadere. Pietro è caduto ed ha pianto lacrime amare! A molti di noi è capitato di sbagliare e dover piangere lacrime di amarezza. Cosa fare? Qual è stato il percorso di Pietro per il ritorno? Il Signore viene condannato ingiustamente, viene messo a morte, ma il terzo giorno risuscita. Quando il primo giorno della settimana, la mattina della risurrezione, le donne arrivano al sepolcro, entrano e trovano un angelo che annuncia la risurrezione di Cristo e chiede di portare questo messaggio ai discepoli: “Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete come vi ha detto” (Marco 16:7). Pietro non aveva saputo vegliare neanche un’ora con il Signore nell’orto di Getsemani; quando una folla armata di spade e bastoni era venuta a prendere il Signore, non aveva saputo fare di meglio che recidere un orecchio al servo del sommo sacerdote e il Signore aveva riparato anche quel danno. Poi il rinnegamento! Un disastro totale! Nonostante tutto questo, il Signore risorto ebbe un pensiero speciale per Pietro. Quanto è grande il cuore del nostro Salvatore! E poi l’appuntamento in Galilea, dove il Signore, in riva al lago, qualche anno prima, aveva chiamato Pietro e altri discepoli, aveva detto loro che seguendolo sarebbero diventati pescatori di uomini. È come se il Signore dicesse loro: “Ci ritroveremo là dove tutto è iniziato. Non ci sono stati cambiamenti di programma”.
Cosa avrà fatto Pietro in quell’intervallo di tempo? Come si sarà sentito? Quanto avrebbe dovuto aspettare per incontrare di nuovo il Signore? Cosa gli avrebbe detto? Il Signore desidera incontrare Pietro! Quel giorno stesso il Signore appare a Pietro! A Lui da solo! La Scrittura ci riporta per ben due volte questo fatto. I discepoli, radunati a Gerusalemme, dicono ai due di ritorno da Emmaus: “Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone”. Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, parlando delle apparizioni del Signore Gesù dopo la risurrezione dirà: “Apparve a Cefa, poi ai dodici”. Quante cure per questo discepolo! Vediamo nel Suo comportamento tutta l’attenzione del Signore nei confronti di Pietro, nelle Sue parole la preoccupazione che la sua credibilità di fronte agli altri discepoli rimanesse intatta. Il Signore gli era apparso prima di manifestarsi agli altri discepoli: questo dimostra la delicatezza dei sentimenti del Signore e l’interesse che aveva per Pietro e per il suo stato. Era il Signore che era stato offeso, ma ha fatto il primo passo verso Pietro, non ha aspettato che Pietro facesse il primo passo verso di Lui!
Che insegnamento per noi!
È importante notare come la Scrittura non fornisca dei dettagli sull’incontro tra Pietro e il Signore. Ciò è la conferma del fatto che ci sono cose che rimangono “riservate”: sono delle esperienze personali, profonde dell’anima nel rapporto con il Signore. È possibile che in questa occasione Pietro abbia sperimentato quanto fosse importante che i suoi piedi fossero lavati. Questo ripristino della comunione personale è bastato perché Pietro potesse ritrovarsi insieme agli altri discepoli la sera di quel primo giorno della settimana così benedetto.
Possiamo dire però che occorreva un altro passo, perché Pietro potesse essere ristabilito per un servizio pubblico in un ruolo di conduzione. La scena si sposta, siamo in Galilea. Simone è insieme ad altri discepoli e propone di andare a pescare. Gli altri lo seguono. È un’altra notte di pesca infruttuosa. Un uomo dalla riva chiede se hanno preso del pesce e, alla risposta negativa da parte dei pescatori, dà istruzioni di gettare la rete sul lato destro della barca… e la pesca è sovrabbondante. Di fronte a questo vero e proprio miracolo, il discepolo che Gesù amava esclama: “È il Signore!” A questo punto Pietro si veste e si tuffa nel lago per raggiungere la riva a nuoto. Questo fatto è particolarmente toccante. Circa tre anni prima, in una situazione simile, lui si era gettato ai piedi del Signore e Gli aveva detto: “Allontanati da me, perché sono un peccatore” (Luca 5:8). Simon Pietro risale sulla barca e tira a terra una rete con 153 grossi pesci. Il Signore invita i discepoli a fare colazione. Durante il pasto non ci sono allusioni al passato. Ma subito dopo il Signore inizia un colloquio con il discepolo che Lo aveva rinnegato. Il Signore lo chiama “Simone di Giovanni”, per ricordargli la sua origine, da dove la grazia lo aveva chiamato e poi fa la prima domanda: “mi ami più di questi?”. Pietro è messo di fronte al suo stato. Amava il Signore più dei suoi fratelli, dopo quello che aveva fatto in quella notte? Occorreva che la sua presunzione, il suo spirito di superiorità, il suo orgoglio fossero giudicati. La sua risposta è “Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene”. Nella sua risposta non vi è confronto con gli altri. Il Signore con dolcezza gli dice: “Pasci i miei agnelli”. Una seconda domanda: “Simone di Giovanni, mi ami?”, questa volta il confronto con gli altri è escluso anche nella domanda. Simone risponde nuovamente “Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene”. Il Signore Gesù chiede per la terza volta: “Simone di Giovanni, mi vuoi bene?”. Prima della risposta c’è una cosa che dobbiamo notare: la Parola ci rivela i sentimenti di Pietro, che è rattristato del fatto che il Signore gli avesse chiesto per la terza volta: “mi vuoi bene?” Questa tristezza però non è da confondere con l’amarezza delle lacrime di quella notte. Le domande del Signore stanno mettendo a nudo gli angoli più reconditi del suo cuore. Si sta producendo in lui quella tristezza secondo Dio, che produce un ravvedimento del quale non c’è mai da pentirsi (2 Corinzi 7:10). Vi è stata verso di lui quella disciplina che “sul momento non sembra recare gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa” (Ebrei 12:11). Pietro stava comprendendo che non poteva fare nessun affidamento sui suoi sentimenti. Il suo stato interiore era probabilmente al culmine dell’umiliazione, ed è ciò che esprime attraverso la sua risposta che ci deve toccare profondamente. È come se rinunciasse alla capacità di discernere i sentimenti del proprio cuore e, rivolgendosi a Colui che conosce ogni cosa, risponde: “Signore tu sai ogni cosa; tu conosci che ti voglio bene”. Sì, Signore, Tu che sondi tutti nel profondo, Tu che conosci tutto, Tu sai veramente quali sono i sentimenti del mio cuore verso di Te, Tu solo puoi sapere se Ti amo veramente, mi rimetto alla Tua grazia. Il Signore risponde: “Pasci le mie pecore”. Tre volte Pietro aveva rinnegato il Signore Gesù attorno ad un fuoco, e tre volte il Signore gli rivolge una domanda attorno ad un fuoco. Implicitamente Pietro ha appreso che l’amore per il Signore è il motore per il servizio da rendere per i Suoi, sia che si tratti di agnelli o di pecore o di pecore più mature (nel testo ci sono tre termini distinti). In questo colloquio quanta dolcezza nell’approccio del Signore per parlare al cuore di Pietro. Non dice delle frasi come: Ti sei reso conto di quello che hai fatto? Ti sei pentito? Non vuole umiliare, vuole conquistare il cuore. Il Signore gli chiede: “Mi ami?”, poi questa parte è conclusa. A questo punto il Signore va oltre e parla del futuro di Pietro. Gli dice: “…quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti”. Una frase detta per significare con quale morte avrebbe glorificato il Signore.
Poi una parola diretta: “Tu seguimi”. Il Signore aveva detto a Pietro “Mi seguirai più tardi”. Ora non è più qualcosa di futuro, si parla al presente. L’invito è personale “tu” e viene rivolto a qualcuno che da questo momento è stato messo nelle condizioni spirituali di seguire il Maestro. Questa è l’opera della grazia di Dio!
Il Signore dice a Pietro di seguirlo, lui si volta, vede Giovanni e chiede: “Signore, e di lui che sarà?”. La risposta è: “Se voglio che rimanga finché io venga, che t’importa? Tu seguimi”. Pietro aveva appena appreso un’altra lezione: non doveva preoccuparsi degli altri, doveva essere occupato esclusivamente di seguire il Signore che lo aveva perdonato, riabilitato, non appoggiandosi sulle proprie capacità, ma contando esclusivamente sulle risorse della grazia divina.
Cosa ci insegna questa storia? Il nemico è all’opera per indurci a peccare, ad allontanarci da Dio per sviarci. Talvolta si cade e in qualche circostanza gli scivoloni sono veramente clamorosi. Il rischio è rimanere schiacciati dall’errore commesso, rimanere paralizzati. Dio non vuole questo! Nonostante nel cadere non vi sia nulla di positivo, Dio permette queste situazioni per diversi motivi.
Vuole mostrarci che, se non vegliamo su noi stessi e non manteniamo la comunione con Lui, possiamo essere preda del nemico e cadere facilmente, anche in peccati gravi. Satana ci può attaccare in aree dove siamo particolarmente deboli e scoperti, ma può farlo anche là dove ci sentiamo forti, inespugnabili perché abbiamo fiducia in noi stessi, nelle nostre capacità. Dio vuole che ci rendiamo conto della nostra debolezza e desidera che comprendiamo che senza l’aiuto delle Sue risorse non faremo molta strada.
Le cadute ci insegnano che non siamo migliori degli altri. Questo vuol dire che dobbiamo comprendere che il nostro orgoglio deve essere azzerato. Dobbiamo apprendere qual è il valore dell’umiltà. Dovremmo essere spinti a smettere di giudicare, evitando ogni giudizio sulle motivazioni del cuore di altri, visto che non riusciamo neanche a conoscere i sentimenti del nostro cuore.
Il ricordo delle nostre umilianti cadute dovrebbe preservarci dall’orgoglio che vuole sempre emergere. Le cadute dovrebbero servire a porre fine alla fiducia in noi stessi.
Il nemico vuole farci cadere, per far sì che sentiamo tutta la nostra miseria, perché ci riteniamo incapaci, indegni di servire il Signore, di testimoniare di Lui. Vuole fermarci. Desidera arrestare il nostro processo di crescita. Il Signore, invece, ci vuole rialzare, vuole che apprendiamo le lezioni, desidera che non guardiamo a noi stessi, che guardiamo avanti; ci vuole riabilitare e preparare per un servizio anche importante. Il Signore ha uno sguardo proiettato verso il futuro. La Sua relazione con Pietro ne è una dimostrazione:
“Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, tu sarai chiamato, Cefa” (Giovanni 1:42)
“Non temere, da ora in poi sarai pescatore di uomini” (Luca 5:11)
“Tu non sai ora quello che faccio, lo capirai dopo” (Giovanni 13:7)
“Non puoi seguirmi ora, ma mi seguirai più tardi” (Giovanni 13:34)
“Quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli” (Luca 22:33)
Il Signore guarda avanti e desidera che lo facciamo anche noi.
Pietro, dopo la caduta, è ristabilito, pronto per un servizio importante e anche per dare la vita per il suo Signore.
Pietro nella sua vita non si vanterà più del suo coraggio, anzi, nella sua prima lettera esorterà giovani e anziani a rivestirsi di umiltà gli uni verso gli altri, perché “Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili” (1 Pietro 5:5).
Il Signore aveva affidato un compito importante a Pietro: pascere le Sue pecore. Pietro scriverà, indirizzandosi agli anziani, di pascere il gregge di Dio sorvegliandolo, non per obbligo, ma volenterosamente secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo; non come dominatori di quelli che vi sono affidati, ma come esempi del gregge” (1 Pietro 5:2-3).
Pietro era stato sottoposto agli attacchi del nemico: “Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano”. Potrà esortare dicendo: “Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare” (1 Pietro 5:8).
Aveva ascoltato le parole del Signore: “Ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno” e poteva incoraggiare gli altri dicendo: “Resistetegli stando fermi nella fede” e affidandoli al Dio di ogni grazia “egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente” (1 Pietro 5:10).
Mi piace concludere con le ultime parole scritte da Pietro nel sacro libro: “…ma crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. A lui sia la gloria, ora e in eterno. Amen” (2 Pietro 3:18). La caduta grave, le lacrime amare non hanno arrestato la crescita di questo servitore di Dio. Il Signore lo ha preso per mano, lo ha rialzato e lui è cresciuto nella grazia e nella conoscenza del Suo amato Salvatore. Che sia questa la nostra parte, dopo le cadute, se ci sono state, se ci saranno, dopo lacrime amare, proseguiamo il cammino con Colui che è capace di rialzarci e riconduci, servendolo e crescendo nella conoscenza della Sua grazia e della Sua persona.
1 commento su “Pietro – Via da voi ogni amarezza”
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