Sorelle in fede

di Daniele Calamai

Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 02-2009

Paolo definisce così le mogli degli altri apostoli e dei fratelli del Signore (1 Corinzi 9:5), che seguivano i loro mariti nei loro viaggi missionari.

“Sorella in fede” è certamente qualcosa di più che moglie. Questo significa non solo condivisione della fede, sia essa intesa come la fede che salva, sia come verità dottrinali, ma sicuramente anche condivisione di un servizio, di un’opera che il Signore ha affidato al marito.

Nella Parola di Dio ci sono molte donne la cui storia è istruttiva e che hanno dimostrato quanto avevano a cuore gli interessi di Dio; ma ci sono anche molte donne che hanno servito nel silenzio, in modo certo non appariscente, con un servizio conosciuto da pochi, ma che il Signore saprà valutare e ricompensare.

Tabita (Atti 10:36-43) è un bell’esempio si servizio poco appariscente. Di lei è detto che era una discepola, che faceva opere buone ed elemosine. È introdotta sulla scena negli ultimi istanti della sua vita, quando si ammala e muore!

Ma ha lasciato un ricordo dietro di sé, delle tuniche e dei vestiti, e mi piace pensare che non fossero per se stessa, ma per coloro che ne avevano bisogno. Forse era una brava sarta che usava questa sua capacità per servire il Signore ed essere utile ai santi. Sicuramente, un giorno il Signore le dirà “fui nudo e mi hai vestito”, e lei dirà: “quando mai Signore ti ho fatto questo?”; e il Signore testimonierà per lei al Tribunale di Cristo: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli lo avete fatto a me” (Matteo 25:35/40).

Spesso ci si chiede cosa possiamo fare per il Signore; Tabita aveva trovato la sua risposta e ancora oggi incoraggia, col suo esempio, tutti i discepoli che vogliono servire il loro Maestro.

Lidia (Atti 16:13/15) è un altro esempio. È una donna che oggi definiremo “in carriera”, una manager d’azienda, ma che troviamo per la prima volta in un luogo di preghiera. Gli affari e gli impegni non le impedivano di ritagliare del tempo da dedicare a questa preziosa attività. Essa è timorata di quel Dio che prega, ed il Signore, al momento opportuno, le apre il cuore “all’amore della verità per essere salvata” (2 Tessalonicesi 2:10). È solo il primo passo, perché non soltanto aprirà il cuore, ma anche la sua casa. Una casa aperta ai servitori del Signore che ricorderanno nel tempo come questa donna avesse insistito per farli entrare. Una donna che è stata giudicata da Paolo e dai suoi collaboratori in quel viaggio missionario una credente “fedele”. Di lei non ci viene detto altro, ma ancora oggi leggiamo la sua breve storia e ne traiamo insegnamento. Potremo definirla “la sorella delle tre cose aperte”: le orecchie per ascoltare l’Evangelo, il cuore per accettarlo e la casa per cooperare al servizio.

Priscilla, moglie di Aquila (Atti 18) appare sempre in compagnia del marito. Aquila era originario del Ponto (riva meridionale del Mar Nero), ma sicuramente si era stabilito a Roma. Quando l’imperatore Claudio espulse gli Ebrei da Roma, si recò, con Priscilla sua moglie, a Corinto. In quella città anche Paolo trovò lavoro e abitò in casa loro.

La loro casa non fu aperta solo ai servitori del Signore, ma a tutta la chiesa, come leggiamo in ben due passi: Romani 16:4 e 1 Corinzi 16:19. Sicuramente una coppia coraggiosa, perché Paolo dice di loro che avevano “rischiato la vita” anche se non ci vengono fornite ulteriori informazioni sull’argomento. Erano anche persone dotate, perché seppero istruire un servitore come Apollo; essi gli esposero “con più esattezza la via di Dio” (Atti 18:28) affinché potesse avere una maggiore conoscenza della fede cristiana.

È degno di nota che delle sei volte che questa coppia viene nominata, in quattro il nome di Priscilla viene messo per primo. Sempre legata al marito in ogni circostanza, sia nei momenti buoni che in quelli in cui la prova si fa sentire, Priscilla mantiene sempre il suo posto di sottomissione al Signore e al marito, cosa che non le impedisce di svolgere il compito per il quale è stata preparata dal Signore stesso.

Febe (Romani 16:1-2) è un’altra sorella in fede di cui ci vengono dette poche cose, ma significative. Oltre ad essere una sorella nella fede era una donna dignitosa, sincera, sobria, capace di custodire la fede con coscienza pura. Era stata messa alla prova nella sua assemblea e, risultando irreprensibile, le era stato affidato il servizio di diaconato. Erano queste le caratteristiche date a Timoteo per questo servizio (1 Timoteo 3:8-13) e possiamo essere certi che Febe le aveva dimostrate. Paolo, inoltre, testimonia delle cure e dell’assistenza che ella aveva prestato a lui e a molti fratelli. Una sorella impegnata in molte cose, nella casa come nell’assemblea. Una sorella che non ha fatto molto parlare di sé, ma di cui riceviamo una bella testimonianza di amore e di servizio.

Romani 16 parla di altre sorelle di cui Paolo (ma dovremmo dire lo Spirito Santo) rende una testimonianza segnalandoci semplicemente il loro nome e dando un breve stato di servizio: Maria (v. 6) e la “cara” Perside (v. 12) che si erano molto affaticate nel Signore e che, forse, avevano dato un esempio a Trifena e Trifosa che si affaticavano nel Signore (v. 12). In Filemone (v. 2) è anche citata la sorella Apfia

Di altre non sappiamo neppure il nome come la madre di Rufo (v. 13) o la sorella di Nereo (v. 15); non ci viene detto il nome, ma possiamo intuirne la fede e la disponibilità per il Signore.

La famiglia di Stefana (che non è una donna ma un uomo, 1 Corinzi 16:15-16) si era “dedicata al servizio dei fratelli” ed era la “primizia dell’Acaia”. Paolo invita i Corinzi a sottomettersi a quelle persone come a chiunque altro avesse lavorato e faticato “nell’opera comune”.

Nel momento in cui Paolo scrive queste parole, Stefana è presso di lui a Efeso insieme ad altri fratelli (cfr. 1 Corinzi 16:17), forse per portare un aiuto all’apostolo e nello stesso tempo portargli una lettera contenente delle domande, alle quali Paolo risponderà nella sua prima lettera, e per parlare con lui della triste condizione dell’assemblea di Corinto.

La moglie di Stefana era rimasta a casa. Aveva lasciato partire il marito per restare a casa da sola con i figli e svolgere il compito assegnatole dal Signore. Se non avesse fatto così avrebbe lasciato un vuoto che avrebbe potuto creare dei danni, tanto più che non si trattava di un giorno, ma di un periodo piuttosto lungo visto le difficoltà e la durata dei viaggi di allora. Ciò che colpisce è la disponibilità di questa sorella, che oltre a non tralasciare il proprio servizio di madre, non è stata di impedimento a quello del marito. Che bell’esempio!

Anche la famiglia di Onesiforo (2 Timoteo) si è distinta per amore e impegno cristiano.

C’è un’altra sorella in fede di cui sappiamo poco, oserei dire niente, e della quale raramente si sente parlare; su di lei vorrei soffermarmi per notare qualcosa che, pur non essendo scritto, lo Spirito Santo ci fa intravedere.

È la moglie di Pietro. Di lei la Parola di Dio ci dice solo che era una “sorella in fede” e che seguiva il marito nei suoi viaggi (1 Corinzi 9:5). È veramente poco, ma possiamo immaginarla mentre attende il marito che, tornando a casa dalla pesca, le dice di aver incontrato quel Gesù di cui tanto si sente parlare e che ha deciso, per andare dietro a Lui, di lasciare tutto: le barche e un’avviata attività. Mi chiedo quale sia stata la sua reazione quando il Signore stesso è entrato in quella casa e ha guarito la madre di questa donna; e mi chiedo tante altre cose alle quali, però, non potrei dare una risposta biblica. Resta il fatto che, dopo il lungo silenzio degli Evangeli, la troviamo al fianco di suo marito, e questo ci fa pensare che abbia condiviso la sua vita con lui al seguito del Signore, una vita non facile, fatta di momenti particolari, belli e brutti. Una moglie, anzi di più, una sorella in fede, che ha avuto in comune col proprio marito una vita di sevizio e di testimonianza.

Sono certo che Pietro potesse dire di lei: “Molte donne si sono comportate da virtuose, ma tu le superi tutte!” (Proverbi 31:29).

Sorelle famose, sorelle importanti nell’assemblea, sorelle che si sono distinte e che sono d’esempio ad altre. Sorelle fedeli, instancabili, disponibili e sottomesse alla volontà del Signore il quale le onorerà nel Suo giorno premiando la loro fatica che non è stata inutile.

Care “sorelle nella fede”, questo articolo non è scritto solo per voi, affinché seguiate l’esempio di quelle donne, ma è scritto soprattutto per noi fratelli affinché abbiamo grande stima e cura di tutte voi!