“Disprezzato e abbandonato dagli uomini” (Isaia 53:3)

di B. Audéoud

Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 03-2004

Leggiamo in Matteo 27:39-44 la scena si svolge fra le nove e mezzogiorno. Cristo è stato giudicato e condannato, ed ora è inchiodato su una croce. È “l’ora dell’uomo” e “la potenza delle tenebre” (Luca 22:53). Degli uomini iniqui hanno arrestato il Giusto e l’hanno condannato. Inchiodato su quella croce infamante, la morte è certa: lo scopo dei malvagi è raggiunto. Ma il loro odio sarà appagato? Assolutamente no. Nel fondo del loro cuore, l’odio contro chi con la sua luce perfetta ha manifestato le loro tenebre, aumenta ancora, mentre l’uomo Cristo Gesù soffre al Calvario i dolori fisici della crocifissione e i dolori morali del disprezzo delle sue creature.

Nelle tre ore successive, da mezzogiorno alle tre, tutto si svolge solo fra il Dio giusto e santo e la santa Vittima che paga per il peccato dell’uomo. Dopo quelle tre ore, il Signore rimette lo spirito fra le mani del Padre, china il capo e muore. E un soldato romano, con un atto di odio e di disprezzo, gli trafigge il costato con la lancia (Giovanni 19:34).

Ma consideriamo il significato delle ingiurie che l’uomo, spinto dal diavolo, lanciò al Signore di gloria. Tre classi di persone si scagliano contro di Lui: “quelli che passavano di là”, “i capi sacerdoti con gli scribi e gli anziani”, “i ladroni”.

“E quelli che passavano di là, lo ingiuriavano, scotendo il capo e dicendo: Tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso” (v. 39)

Quelli che passavano di là rappresentano tutta l’umanità. Non si può restare indifferenti davanti a Gesù crocifisso. O si è per lui o contro di lui; non si può essere neutrali. Ora, il cuore naturale dell’uomo è contro a lui.

Due aspetti della gloria del Signore sono l’oggetto del sarcasmo della folla. Prima il suo titolo di Figlio dell’uomo: “.Tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci…”. La dichiarazione del Signore era stata tutt’altra: “Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere… Ma egli parlava del tempio del suo corpo” (Giovanni 2:19, 21). La gloria del suo abbassamento è disprezzata, la gloria della sua umanità è occasione di ingiurie e di beffe. Eppure, aveva “spogliato” e “umiliato” se stesso (Filippesi 2:7-8) per amore per il suo Padre e per quelli che avrebbe riscattato.

Davanti a questa manifestazione dell’amore del Figlio di Dio, il credente non può far altro che prostrarsi e adorare, perché colui che ha accettato volontariamente di essere “trovato esteriormente come un uomo” era nientemeno che il Figlio di Dio. L’uomo che non è ancora “rigenerato”, “nato di nuovo”, non può scorgere nulla di questa gloria morale del Figlio di Dio diventato Figlio dell’uomo. L’incredulità acceca l’uomo, e persino la croce gli dà l’occasione per beffarsi delle parole del Signore che stavano compiendo. Nel suo odio, l’uomo si accaniva a distruggere il tempio del suo corpo.

“Salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi giù dalla croce!” (v. 40).

Ora si beffano di lui come Figlio di Dio. “Quelli che passavano di là” lo sfidano come aveva fatto il diavolo, che Gesù definisce “loro padre” (Giovanni 8:44), quando aveva detto al Signore durante la tentazione nel deserto: “Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù (dal tempio)” (Matteo 4:6).

L’odio contro Dio è forte nel cuore umano. Al giardino di Eden l’uomo si è volontariamente distolto da Dio ascoltando la voce del diavolo, e da allora continua a seguire colui di cui è diventato schiavo. Non può sopportare la presenza del Figlio di Dio, perché tale si era manifestato il Signore nella sua vita per la saggezza delle sue parole e i miracoli che aveva compiuto. Ma colui che aveva creato tutte le cose, compreso il legno sul quale era inchiodato, non libera se stesso; è volontariamente che aveva accettato la crocifissione, sapendo che lui solo poteva compiere l’opera dell’espiazione dei nostri peccati.

L’apostolo Paolo ha bene in vista l’amore del Figlio di Dio alla croce quando dice: “Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Galati 2:20). Ma l’uomo senza Dio non può comprendere il motivo che fa rimanere il Signore sulla croce, che è la potenza del suo amore. La fede invece comprende, si prostra e adora.

“Così pure, i capi dei sacerdoti con gli scribi e gli anziani, beffandosi, dicevano: Ha salvato gli altri e non può salvar se stesso!”(v. 41).

Se le beffe e le ingiurie lanciate contro di lui da “quelli che passavano di là” hanno oltraggiato i suoi titoli di gloria di Figlio dell’uomo e di Figlio di Dio, e gli hanno trapassato l’anima, quanto devono averlo afflitto quelle pronunciate dai capi religiosi! “Mi hanno reso odio in cambio di amore” (Salmo 109:5). Essi attaccano i tre aspetti più fulgidi della sua gloria: gloria di Salvatore, gloria di Re d’Israele, gloria di Figlio del Padre.

I capi sacerdoti e gli anziani avevano constatato la potenza guaritrice del Signore e qui ne rendono testimonianza pubblicamente dicendo “ha salvato gli altri”. Quelli che il diavolo aveva asservito alla sua potenza erano stati liberati; i demoni erano stati cacciati; malati di ogni genere erano stati guariti.

I beffardi non capivano che il Signore restava sulla croce là per salvare gli uomini dalla perdizione, per espiare i peccati di quelli ai quali Egli aveva detto “i tuoi peccati ti sono perdonati” o “la tua fede ti ha salvato”. Meraviglia dell’amore divino! Se il Signore non ha salvato se stesso, è perché io che ero perduto fossi salvato. Gli uomini non erano degni dell’interesse di Dio, ma Dio attinge dal proprio cuore i motivi per amare la sua creatura.

Alla croce, il Signore Gesù si ‘è acquistato il titolo di “Salvatore del mondo”.

“Se lui è il re d’Israele, scenda ora giù dalla croce, e noi crederemo in lui” (v. 42).

Il Signore era venuto per salvare il suo popolo Israele dai suoi peccati. Quanto amore in quelle parole: “Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le sue ali; e voi non avete voluto!” (Matteo 27:37). “Gesù, vedendo la città, pianse su di essa” (Luca 19:41). Aveva spiegato la sua forza per il suo popolo, ma invano (Isaia 49:4); i figli d’Israele non volevano che regnasse su di loro, benché non fosse venuto da loro “con la verga” ma in grazia.

Non dimentichiamo che un giorno “tutto Israele sarà salvato, così come è scritto: Il liberatore verrà da Sion. Egli allontanerà da Giacobbe l’empietà… Toglierò via i loro peccati” (Rom. 11:26-27). Come sarà possibile questa trasformazione? Proprio perché Gesù è rimasto sulla croce per espiare i peccati di quelli del suo popolo che si pentiranno e lo accetteranno (Zaccaria 12:10 e 13:6).. Se il Signore fosse sceso dalla croce, come era incitato a fare, né Israele né nessuno potrebbe mai essere salvato o benedetto. Ma egli vede già la benedizione futura del suo popolo e delle nazioni, nel suo regno milleniale.

“Si è confidato in Dio: lo liberi ora, se lo gradisce, poiché ha detto: Sono Figlio di Dio” ( v. 43).

Quale testimonianza rendono con le loro beffe alla fede del Signore! “Si è confidato in Dio”. Tutti quelli che avevano visto il suo modo di vivere avevano potuto constatare la sua piena fiducia nel suo Dio, che aveva come sorgente la sua comunione col Padre che lo amava e che Lui amava. La fiducia in Dio era la sua forza e la sua gloria. Egli è rimasto sulla croce ed è morto, ma sapeva che sarebbe risuscitato mediante la potenza del Padre. Ma i nemici gli scagliano una freccia ancora più acuta e dolorosa quando mettendo in dubbio l’amore del Padre per lui dicono “se lo gradisce”. Cristo era sicuro che il Padre lo amava. Non aveva forse detto, anticipando la croce: “Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita” (Giovanni 10:17). Egli sa che l’amore del Padre è immutabile.

“E nello stesso modo lo insultavano anche i ladroni crocifissi con lui” (v. 44)

I ladroni assimilano il Signore a uno di loro, e vorrebbero che Egli si servisse della sua potenza per liberare se stesso e loro. Ma il Signore non lo fa perché li ama e vorrebbe liberarli da una “morte” ben più terribile: il giudizio di Dio e la condanna ad essere eternamente lontani da lui. Uno solo ne approfitterà perché capisce che non è di una liberazione temporanea che hanno bisogno, ma del perdono dei loro peccati.

Gli uomini, come quei due briganti, sono sovente costretti a soffrire a causa delle loro colpe. Come loro, vorrebbero essere liberati dalle giuste conseguenze dei loro peccati, però senza doversi pentire. Che mondo terribile sarebbe se gli uomini non dovessero portare le conseguenze delle loro colpe! E’ una grazia se Dio permette che, attraverso la sofferenza, il dilagare del male venga in certo modo frenato e l’uomo sia reso attento al suo stato di peccato.

Che questi pochi versetti possano penetrare più profondamente nei nostri cuori perché possiamo, in misura maggiore, ammirare e adorare il Signore, in cui tutto è gloria morale in mezzo alla fitte tenebre in cui l’uomo si trova.

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