di Cesare Casarotta
Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del 12-2015
Giovanni Battista è stato il precursore del Messia. L’angelo del Signore, che era apparso a Zaccaria suo padre, parlando di Lui aveva detto “sarà grande davanti al Signore” (Luca 1:15). Una giovinezza vissuta nella separazione dal mondo, in preparazione al sevizio che Dio gli aveva assegnato. “Or il bambino cresceva e si fortificava nello spirito; e stette nei deserti fino al giorno in cui doveva manifestarsi a Israele” (Luca 1:80).
Un lavoro intenso. Un messaggio che invitava al ravvedimento e alla confessione dei peccati. Una predicazione essenziale, diretta, che andava a scardinare l’ipocrisia dei religiosi del tempo, ad evidenziare le cose che non andavano, e che si rivolgeva a tutte le categorie di persone: alla folla e, nello specifico, ai pubblicani e ai soldati. Inoltre, era una persona che non aveva timori reverenziali né riguardi personali. L’amore per la verità che lo aveva spinto a dire ad Erode il Tetrarca: “Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello…” (Marco 6:18), ebbe come conseguenza la prigione per il rancore di una donna, la fine del suo ministero pubblico, i dubbi nella solitudine del carcere. Da un punto di vista umano definiremmo la sua fine ingloriosa: decapitato per un ignobile ricatto.
Qualcuno potrebbe chiedersi perché il Signore Gesù non sia intervenuto liberandolo con potenza, e perché Dio abbia permesso che fosse giustiziato a quel modo. Dio è sovrano e ha le Sue vie. Un ministero iniziato con tanta energia e fervore è interrotto in modo ineluttabile dalla morte. Ma è tutto finito?
Al cap. 10 dell’Evangelo di Giovanni è detto che il Signore Gesù andò oltre il Giordano, nei luoghi dove Giovanni battezzava. “Molti vennero a Lui e dicevano: «Giovanni è vero non fece nessun segno miracoloso; ma tutto quello che Giovanni disse di quest’uomo era vero». E molti credettero in Lui” (Giovanni 10:40-42). Questo fatto evidenzia che molte persone ricordavano la testimonianza che Giovanni aveva reso riguardo al Cristo. Non vi erano stati segni né miracoli o manifestazioni eclatanti, ma una predicazione veritiera che riguardava e additava la persona del Signore Gesù. E questo era stato ricordato. La predicazione, il lavoro di Giovanni, avevano preparato il terreno affinché delle anime andassero al Salvatore. Si potrebbe dire che, almeno nel luogo dove aveva battezzato, qualcosa del suo lavoro era rimasto.
Possiamo proseguire il percorso nel libro degli Atti. Al cap. 10 Pietro, nel discorso fatto a casa di Cornelio, ricorda “…quello che è avvenuto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni” (v. 37).
Al cap. 13, nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, Paolo ricorda la predicazione di Giovanni e le sue parole, e afferma che il Messia che doveva venire era quello che lui aveva annunciato.
Potremmo dire che nelle predicazioni di questi grandi servitori di Dio, il lavoro e le parole di Giovanni erano visti come un punto di riferimento, uno spartiacque, e venivano sottolineati la veridicità e l’importanza del suo messaggio. In casa di Gentili e in luoghi lontani da Israele si parlava del lavoro di questo servitore, come se l’uditorio fosse a conoscenza del ministero da lui svolto.
Proseguendo nel libro degli Atti, al cap. 18, a Efeso, troviamo Apollo che aveva conoscenza soltanto del battesimo di Giovanni (v. 26). Leggendo questo passo molto spesso evidenziamo i limiti di conoscenza di quest’uomo, la necessità che aveva di conoscere con più esattezza la via di Dio. Credo che sia anche giusto sottolineare che Apollo era già stato istruito nella via del Signore e “insegnava accuratamente le cose relative a Gesù”. Potremmo dire che la conoscenza fino al battesimo di Giovanni era stata sufficiente a questo servitore “fervente di Spirito” per iniziare a testimoniare di Cristo, parlando con franchezza anche nella sinagoga.
Al cap. 19 vi è la cosa che più mi sorprende. Paolo incontra dodici discepoli che sono a Efeso e che dichiarano di essere stati battezzati col battesimo di Giovanni. Riflettiamo un attimo. Erano trascorsi diversi anni dalla morte di Giovanni Battista; ci troviamo in una città importante, ad oltre mille chilometri di distanza dai luoghi dove Giovanni aveva predicato, e vi sono delle persone che erano state battezzate con il “suo battesimo”. Erano Giudei che avevano incontrato Giovanni in occasione di un viaggio, magari durante una festa annuale? La Parola di Dio non ci offre dei dettagli. Ci indica delle persone che erano definite discepoli, dei cuori che erano stati lavorati e preparati affinché potessero poi ricevere, per mezzo di Apollo, l’Evangelo nella sua pienezza. E’ bello vedere che in una città che si trovava così distante dai luoghi dove Giovanni aveva predicato, circa vent’anni dopo la sua morte, vi fossero delle persone che avevano ricevuto il battesimo di ravvedimento e che erano preparate a ricevere il messaggio dell’Evangelo.
Una prima osservazione: il Signore Gesù ha sempre confermato e approvato il lavoro che Giovanni aveva svolto. Il Cristo inizia il Suo ministero pubblico con lo stesso messaggio che aveva caratterizzato la predicazione del Battista: “ravvedetevi perché il regno dei cieli è vicino” (vedi Matteo 3:2 e Marco 1:14-15). Cosa pensava il Signore di lui? Che era veramente un profeta? “Sì, vi dico, e uno più di un profeta” (Luca 7:26). L’angelo aveva detto che sarebbe stato grande. Grande quanto? “Fra i nati di donna nessuno è più grande di Giovanni” (v. 28). “Se lo volete accettare, egli è l’Elia che doveva venire” (Matteo 11:14).
Molte volte siamo preoccupati di sapere cosa pensano gli altri di noi, ma il nostro primo pensiero dovrebbe essere: cosa pensa Dio di noi? Lo stiamo servendo? E se lo stiamo servendo, lo facciamo con il sentimento che la gloria vada soltanto a Lui? Diciamo che Giovanni nella sua vita ha avuto sempre in vista la gloria di Colui che veniva dopo di lui e che era più grande di lui. Egli stesso aveva detto, riferendosi al Signore Gesù, “bisogna che Egli cresca e che io diminuisca” (Giovanni 3:30).
Qualche riflessione per noi, per il nostro incoraggiamento. Viviamo in un mondo dove si è sempre più abituati a venire misurati sulla base di risultati tangibili, che devono tra l’altro essere ottenuti in breve tempo, di obiettivi che devono essere periodicamente raggiunti. Tutto viene dimenticato in fretta. Siamo inghiottiti dal vortice della vita.
Giovanni ha avuto una vita breve, è stato tolto dalla scena di questo mondo quando aveva circa trent’anni (in concomitanza con l’inizio del ministero pubblico del Signore Gesù). La sua esistenza da un punto di vista umano ha avuto una fine umiliante e ingloriosa. Probabilmente non si aspettava che sarebbe finito così.
Non importa se la nostra vita sarà breve o lunga su questa terra; la cosa fondamentale è che utilizziamo il tempo che Dio ci concede per servirlo con fedeltà. La nostra esistenza su questa terra è comunque nulla se confrontata con l’eternità. E’ il tempo che ci è concesso per accettare il dono di Dio e per vivere per Lui, per svolgere il servizio che Egli ci ha assegnato, per compiere “le opere buone che Dio ha precedentemente preparato affinché le pratichiamo” (Efesini 2:10).
Il tempo che viviamo può essere in qualche caso anche più breve della durata della vita media dell’uomo, ma se siamo fedeli tutto ciò che facciamo per Dio può avere un impatto su persone che vivono in luoghi e in tempi per noi impensabili, come è stato per Giovanni Battista. Ciò che è stato fatto, i messaggi che possiamo avere portato, possono essere utili ad altri che magari non ci hanno neanche conosciuto direttamente. Possiamo porre delle basi per il futuro. Il lavoro che abbiamo iniziato può essere portato avanti da altri fratelli e sorelle che lo completeranno.
Consacriamo il tempo che ci resta da vivere per fare la volontà di Dio! Facciamolo con fedeltà, con una buona coscienza, iniziando dalle cose semplici e quotidiane, in famiglia, nella chiesa locale dove frequentiamo, a scuola, sul posto di lavoro.
Siamo esseri umani, siamo deboli, e a volte sentiamo il bisogno di avere delle conferme in quello che facciamo. Non basiamoci sull’indice di gradimento degli altri o sui risultati apparenti; questo in alcuni casi contribuirebbe solo a scoraggiarci. Lasciamo tutto nelle mani di Dio. Quando sarà efficace una testimonianza data? Quando e da chi sarà letta una cosa che abbiamo scritto? Quando sarà efficace una buona parola pronunciata? Quando e a chi sarà di esempio la nostra fede? Noi vediamo solo l’inizio delle cose, ma quello che è fatto per la Sua gloria lo vede fino in fondo soltanto Dio. “Non ci scoraggiamo di fare il bene; perché, se non ci stanchiamo, mieteremo a suo tempo” (Galati 6:9).
Quando sarà il tempo della mietitura? Lo conosce solo il Signore. Sappiamo però che un giorno, lontani da questo mondo, potremo udire la Sua voce di approvazione che dirà: “Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore” (Matteo 25:21). Non importa quanto sia stata lunga la nostra vita.
Ed ora faccio un appello a tutti i giovani che hanno accettato Cristo come Salvatore: non lasciate passare del tempo prima di mettervi al servizio del Signore e Maestro. Iniziate dalle cose che possono sembrare minime; nessuno di noi conosce la durata della propria vita; impegnatevi fin dalla giovinezza per il Signore: “Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze…” (Ecclesiaste 9:10). E’ solo in questo modo che, anche nel caso di una vita breve, si potrà lasciare il segno e il “profumo di Cristo” (2 Corinzi 2:15), perché questo possa risultare alla gloria di Dio, nei tempi, nei modi e per le persone che Lui solo conosce.
1 commento su “Giovanni Battista: frutti oltre questa vita”
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