La riunione per il culto di adorazione e per il ricordo della morte del Signore

di Ph. Calame

Articolo tratto dal mensile IL MESSAGGERO CRISTIANO del  02-2005

Durante questa riunione la chiesa eleva l’adorazione verso Dio. Essa si prostra davanti a Lui per ciò che Egli è e per ciò che ha fatto. Si ricorda di Cristo, della sua opera, e adora. Dio, che cerca degli adoratori, non si aspetta più da noi dei sacrifici di animali, ma un’offerta spirituale, “in spirito e verità” (Giovanni 4:23-24). Lo Spirito Santo è la potenza che produce in noi dei “sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pietro 2:5).

L’argomento del culto di adorazione è Gesù Cristo. Se Egli non riempie le nostre esistenze, se non lo conosciamo intimamente, avremo molte difficoltà a parlare di Lui al Padre.

Come rendere questo culto? Come prepararsi?

L’Antico Testamento, in particolare la lettura del Levitico, ci fa scoprire il pensiero di Dio riguardo all’adorazione. Anche l’esempio di Deuteronomio 26 è molto istruttivo.

Non bastava far parte del popolo, ma bisognava anche essere entrati nel paese, possederlo e abitarvi. Per noi, si tratta anzitutto di avere la vita nuova, ma anche di realizzare la nostra posizione in Cristo: poiché Dio “ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù” (Efesini 2:6), dobbiamo continuamente “cercare le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio” (Colossesi 3:1-3), pensare alle cose che sono in alto.

Poi, bisognava raccogliere le primizie della terra data al popolo dall’Eterno, metterle in un paniere. È un lavoro di preparazione all’adorazione che richiede della vigilanza per riconoscere il momento preciso della giusta maturazione di questi primi frutti, uno sforzo e del tempo per cercarli e raccoglierli, delle cure per non rovinarli durante la raccolta o mettendoli nel paniere. Un culto di adorazione si prepara con cura in tutti i particolari della nostra vita. Come ci prepariamo noi per adorare? Con una vita di comunione con Cristo, interamente consacrata ogni giorno, o soltanto con una preghiera poco prima dell’ora della riunione per confessare le mancanze della settimana?

Maria di Betania unse i piedi di Gesù con del profumo di nardo puro di gran valore. A Giuda che la criticava, il Signore disse, prendendo lui stesso le sue difese: “Lasciala stare; ella lo ha conservato per il giorno della mia sepoltura” (Giovanni 12:3-8). Maria amava Gesù, aveva imparato a conoscerlo ascoltandolo parlare e nelle circostanze difficili che aveva attraversato (Luca 10:39; Giovanni 11:32). Aveva messo da parte per lui quel profumo di gran valore. Ora, discernendo che quello era il momento favorevole, lo offre al Signore Gesù. È la preziosa figura d’un cuore pronto al momento giusto per adorare come si deve.

In Levitico 23 sono descritti i giorni solenni dell’Eterno, che erano delle date stabilite per il popolo per avvicinarsi a Dio. Al versetto 14 leggiamo: “È una legge perenne, di generazione in generazione, in tutti i luoghi dove abiterete” (lett. in tutte le vostre abitazioni). Di generazione in generazione, nelle case, si doveva pensare a quelle sante convocazioni per prepararvisi. È nelle nostre case che ci prepariamo per il culto di adorazione. Tutta la famiglia dovrebbe trovarsi unita per la preghiera, cantare dei cantici, la lettura della Parola di Dio; essa scopre così giorno dopo giorno le meraviglie del “paese” in cui Cristo è tutto. Essa si rallegra e adora.

I figli di Core del Salmo 45 avevano preparato qualcosa per l’Eterno: “Mi ferve in cuore una parola soave; io dico: L’opera mia è per il re; la mia lingua sarà come la penna di un abile scrittore” (Salmo 45:1).

Quando abbiamo messo insieme ciò che abbiamo “raccolto” o “composto”, noi andiamo “al luogo che l’Eterno, il tuo Dio, avrà scelto come dimora del suo nome” (Deuteronomio 26:2). Là, alla presenza del Signore e al suo seguito, noi adoriamo. “Esultate, o giusti, nell’Eterno; la lode s’addice agli uomini retti. Celebrate l’Eterno con la cetra; salmeggiate a lui con il salterio a dieci corde. Cantategli un nuovo cantico, sonate bene e con gioia” (Salmo 33:1-3). La nostra lode sovente non è forse come “su una sola corda”, nella tristezza e nell’indifferenza, con un suono monotono, “insipido” per Dio? Com’è bello, meglio ancora della lode d’Israele, quando dai nostri cuori e dalle nostre labbra si eleva verso Lui un’armonia, come un concerto!

Il culto di adorazione può essere celebrato senza la cena, ma la cena del Signore non può essere celebrata senza adorazione; infatti il pane, figura del corpo di Cristo dato per noi, e il vino, figura del suo sangue sparso per noi, nel loro muto linguaggio ci parlano della grazia e dell’infinito amore di Dio.

Nella Parola non troviamo delle istruzioni particolari riguardo allo svolgimento del culto di adorazione, salvo che esso deve essere “in spirito e verità”. Senza forse rendercene conto potremmo essere indotti a seguire una sorta di rito, oppure delle abitudini che potrebbero ostacolare la guida dello Spirito Santo. La distribuzione della cena non dà il segnale della fine del culto di adorazione ma ne è parte integrante.

Ostacoli alla presentazione dell’adorazione

Dio si aspetta la lode del nostro cuore. Alle volte però potrebbe rivolgere anche a noi il rimprovero fatto a Israele: “Questo popolo si avvicina a me con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me” (Isaia 29:13). Ecco alcune cose che ostacolano l’adorazione:

Il peccato

Se non abbiamo confessato i peccati commessi nel corso del nostro cammino cristiano, se siamo “impuri”, come possiamo adorare? Esaminiamo noi stessi davanti a Dio (1 Corinzi 11:28).

La volontà propria

Se, come fecero Nadab e Abiu, peccassimo offrendo un “fuoco estraneo” (Levitico 10:1), non sarebbe più un’adorazione “in verità”, cioè nella dipendenza completa dalla Parola e in ubbidienza assoluta a Colui che è la verità (Giovanni 4:24; 17:17). Anche le tradizioni e le abitudini potrebbero ostacolare l’azione dello Spirito Santo; la lode ne soffrirebbe.

La mondanità

Se siamo dei cristiani mondani, non potremo “offrire il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio” (Filippesi 3:3); e questo principio vale per tutto ciò che si offre a Dio, non solo per l’adorazione.

Essere occupati di se stessi

– Se ci sentiamo carichi, affaticati per il cammino, non guardiamo a noi, alle deboli forze che ci restano; deponiamo i nostri pesi e non pensiamo che a Colui che vuole portarli.

– Se invece siamo pieni di noi stessi, un po’ come i discepoli che discutevano su chi di loro fosse il maggiore (Luca 22:24), e siamo occupati a pensare a ciò che possiamo fare per essere stimati dagli altri, a noi la persona del Signore sarà come nascosta da un velo.

– Anche se siamo eccessivamente occupati del servizio per il Signore, se ci affanniamo a compierlo dimenticando Colui che ce lo ha affidato, non troveremo il tempo per sederci ai suoi piedi per versare un “profumo di gran valore” per lui. Dobbiamo badare a non essere, come Marta, “agitati (o, come altri traduce, distratti) per molte cose” (Luca 10:40-42).

I conflitti fra fratelli

Se non realizziamo la comunione con i fratelli e le sorelle della chiesa – se ci sono delle questioni, se nella chiesa i fratelli non si amano o si criticano, se c’è dell’amarezza – i nostri pensieri non saranno più occupati del Signore Gesù, lo Spirito Santo ne sarà rattristato e non potremo adorare come dovremmo (Efesini 4:30-32).

L’indifferenza

Forse davanti ai simboli della morte del nostro Signore Gesù Cristo restiamo indifferenti. Per l’Israelita che non fosse in viaggio e che fosse puro, cioè senza peccato, ma che si fosse astenuto dal celebrare la Pasqua senza valido motivo, la Parola dichiara: “Quel tale sarà tolto via dalla sua gente; siccome non ha presentato l’offerta all’Eterno nel tempo stabilito, quel tale porterà la pena del suo peccato” (Numeri 9:13). L’indifferenza era un peccato, un offesa all’Eterno. Certo, noi non siamo più sotto la legge, ma non sarebbe forse grave privare il nostro Padre e il nostro Salvatore della lode a cui hanno diritto?

Numerosi ostacoli possono turbare la nostra adorazione. In questo caso, umiliamoci sinceramente, “affinché di un solo animo e d’una stessa bocca” glorifichiamo il nostro Dio, nostro Padre (Romani 15:6).