La Sunamita – le nostre prove personali

di Cesare Casarotta

Leggere 2 Re 4:8-36

La Sunamita era una donna ricca, che si era dimostrata premurosa e ospitale nei confronti di Eliseo “uomo di Dio”. In accordo con il marito aveva fatto predisporre una semplice stanza con un letto, un tavolino, una sedia un candeliere, in modo che il profeta quando soggiornava in quella contrada potesse ritirarvisi.  Nel secondo libro dei Re vengono descritti due episodi della sua vita. Nel primo, dopo aver ospitato Eliseo riceve dal profeta la promessa di un dono meraviglioso e inaspettato: la nascita di un figlio. Il bambino nasce, cresce. Diventato grande, in una giornata di lavoro nei campi, si sente male, viene portato a casa e muore sulle ginocchia di sua madre. Che dolore immenso! Cosa fare? Inizia un tragitto per andare dall’uomo di Dio. Osserviamo il percorso di una persona che sperimenta una grande prova, una prova a cui non sa dare una spiegazione. Lei aveva mostrato dei buoni sentimenti nei confronti del profeta, gli aveva dato spazio nella sua vita, nella sua casa. E ora la prova. Perché, proprio a lei che si era mostrata fedele?  Non aveva chiesto lei quel figlio. Dio glielo aveva donato e ora glielo toglieva. Perché? Quante difficoltà e quanti dolori che possiamo incontrare a livello personale ai quali non sappiamo dare una spiegazione. Che cosa fare? Per questa donna il rimedio è stato andare dall’uomo di Dio, “abbracciargli i piedi”. Gheazi il servo di Eliseo, si avvicina per respingerla. Il profeta gli dice di lasciarla stare. Constata l’amarezza di quel cuore, deve dire: “l’anima sua è amareggiata”. Lei  cerca l’uomo di Dio e lui si fa trovare, si fa avvicinare, la accoglie. Ascolta in silenzio.

Quando attraversiamo una prova, per noi il rimedio è lo stesso. Andare ai piedi del Signore, spandere il nostro cuore, i nostri sentimenti, deporre le nostre amarezze, le nostre pene,  i nostri pesi. Ci ricordiamo di Anna la mamma di Samuele che “aveva l’anima piena di amarezza e pregò il SIGNORE dirottamente” e davanti alle frasi inopportune di Eli ha potuto rispondere: “…stavo solo aprendo il mio cuore davanti al SIGNORE (1 Samuele 1: 10 e 15).

E noi possiamo “accostarci con piena fiducia al trono della grazia per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:16).

Dire che al trono della grazia troviamo grazia, sembra quasi un’ovvietà. In realtà sottolinea il fatto che Dio ci fa trovare quello che ci promette, quello di cui abbiamo bisogno.

Un altro elemento degno di nota e particolarmente incoraggiante in questa storia è una cosa che questa donna sperimenta: la compagnia del profeta. Dopo che Eliseo aveva inviato il suo servo con delle istruzioni specifiche alla casa dove era stato deposto il bambino, la donna gli dice: “Come è vero che il Signore vive e che tu vivi, io non ti lascerò”. Quando vi sono pene e difficoltà, la fede è messa alla prova. Sorgono dubbi, domande. Rischiamo di lasciarci andare, di provare sentimenti di ribellione e di allontanarci da Dio. L’unica cosa che dobbiamo fare è invece rimanere attaccati a Lui ed è proprio ciò che fa questa donna e che dovremmo imitare: “Io non ti lascerò”. E stiamo sicuri che se noi “non lasciamo il Signore”, certamente Lui non ci lascia,  Quello che segue, infatti ci tocca veramente il cuore e ce lo dimostra. E’ detto che “Eliseo si alzò e andò con lei” (2 Re 4:30). Questa bella immagine di compagnia nella prova, la ritroviamo quando il Signore Gesù era su questa terra e Iairo il capo della sinagoga avendolo veduto “gli si gettò ai piedi e lo pregò con insistenza: ‹‹La mia bambina sta morendo. Vieni a posare le mani su di lei, affinché sia salva e viva››. Subito dopo è aggiunto “Gesù andò con lui” (Marco 8:22-23).

Nelle prove dobbiamo ricercare la presenza di Dio, perché solo Lui ci può aiutare. Lui si fa trovare da noi e garantisce la Sua presenza in questo duro cammino. Non ci lascia mai!
La donna torna verso casa con un tremendo dolore nel cuore, ma con la compagnia dell’uomo di Dio!

La storia prosegue. La donna Sunamita è stata messa al beneficio di un miracolo. Eliseo per mezzo della potenza di Dio risuscita suo figlio. Non sempre nelle nostre esperienze  avviene un miracolo, non sempre avviene una guarigione, non sempre un problema si risolve, ma presso Dio troveremo sempre quella grazia che ci dà pace, quella grazia che è pienamente sufficiente, quella grazia che “basta, perché la sua potenza si dimostra perfetta nella debolezza” (2 Corinzi 12:9).

Andiamo al Signore lui si farà trovare. Abbracciamogli i piedi. Spandiamo davanti a lui tutto il nostro dolore, anche quello che gli altri non vedono, o non riescono a capire.  Lui sì che ci può capire! Ci conosce a fondo e  conosce perfettamente le nostre circostanze. Affidiamoci completamente Lui. Sperimentiamo la sua presenza e il suo soccorso, le sue compassioni e la sua pace. Quella pace  che sa calmare il nostro cuore, anche quando umanamente l’esito è sfavorevole. Questo perché la Sua pace sorpassa ogni intelligenza (Filippesi 4:6). Non la riusciamo a spiegare, ma la realizziamo. Essa è capace di guardare i nostri cuori e i nostri pensieri, anche quando siamo amareggiati, addolorati e donarci la vera consolazione, anche quando umanamente appare impossibile. Confidiamo in Dio!