“Vuoi fissare lo sguardo su ciò che scompare?” (Proverbi 23:5)
“Lo sguardo intento…alle cose che non si vedono” (2 Corinzi 4:18).
Le cose che si vedono e quelle che non si vedono.
Solo il credente può concentrare i suoi pensieri e le sue aspettative sulle cose invisibili. Le cose che si vedono, quelle materiali, “sono per un tempo”, ma le cose che appartengono al dominio della fede “sono eterne”. La fede è “dimostrazione di realtà che non si vedono” (Ebrei 11:1), ma di cui Dio ci ha parlato; non si vedono, ma su di esse sono fondate le nostre certezze e la nostra speranza. Lo Spirito Santo che è in noi ci aiuta ad appropriarci di quelle cose, a farne oggetto delle nostre affezioni, a viverle come se già le possedessimo. Ma soprattutto orienta i nostri sguardi sul Signore Gesù che noi amiamo anche se ora non lo vediamo, e nel quale esultiamo di gioia “ineffabile e gloriosa” (1 Pietro 1:8).
Ebrei 11 elenca un gran numero di eroi della fede; parla delle loro vittorie e del loro martirio, e dice che “di loro il mondo non era degno”. Dobbiamo ammirarli, cercare di imitarli, ma il nostro sguardo deve fissarsi su Gesù, “colui che crea la fede e la rende perfetta” (Ebrei 12:2). Egli è vivente e glorioso. Se i nostri sguardi sono fissati su lui, non saremo distratti dalle cose della terra. E in mezzo alle difficoltà e alle prove che ci fanno soffrire, sentiremo la sua vicinanza e da lui trarremo energia e consolazione.
“Alzo gli occhi ai monti” (Salmo 121)
Di fronte alle difficoltà
Vi sono montagne che non si possono scalare da soli. La preparazione, le attrezzature, l’esperienza a volte non bastano. Ci vuole una compagnia, un aiuto. Bisogna mettersi in cordata. Le difficoltà della vita sono spesso come alte e impervie montagne. Sappiamo di doverle attraversare, di dover passare dall’altra parte, ma le nostre energie non sono sufficienti, le nostre capacità troppo limitate. E allora ecco lo scoraggiamento. Il monte si staglia davanti a noi come un ostacolo invalicabile. Ci fa sentire piccoli, ci fa paura. Il salmista alza gli occhi verso i monti e si chiede: “Da dove mi verrà l’aiuto?”. Poi egli stesso dà la risposta: “Il mio aiuto viene dal Signore”. E’ la risposta della fede. Allora come oggi, Colui “che ha fatto il cielo e la terra” e che “non sonnecchia e non dorme” quando i suoi sono in difficoltà (v. 4), si mette alla loro destra, si pone come l’ombra contro il sole bruciante della prova, protegge l’anima dal male.
Molti credenti stanno versando lacrime. Forse anche tu che leggi. Sono abbattuti dalle delusioni, dai timori; quante preghiere fanno salire al Padre e quanti ringraziamenti quando Egli risponderà alle loro suppliche e li libererà! Gli occhi hanno guardato in alto, verso i monti insormontabili, ma poi si sono rivolti più in alto ancora, verso Colui che abita il cielo e là hanno trovato un Sommo Sacerdote pronto a fare misericordia e a soccorrere “al momento opportuno” (Ebrei 4:16).
“Guarda il cielo e conta le stelle” (Genesi 15:5).
Una questione di fede.
E’ bene essere consapevoli dei nostri limiti perché solo così ci affidiamo completamente al Signore. Vi sono cose umanamente impossibili, ma non impossibili per Dio. In una notte stellata, l’Eterno aveva preso Abraamo per mano e lo aveva portato fuori dalla tenda. “Guarda il cielo – gli aveva detto – e conta le stelle se le puoi contare”, No, non le poteva contare. Ma l’Eterno era potente, e l’età avanzata di Abraamo e di sua moglie non gli impediva di fare una promessa straordinaria e di mantenerla al tempo prestabilito: “Tale sarà la tua discendenza”. E Abraamo, “sperando contro speranza” credette al Signore “che fa rivivere i morti e chiama all’esistenza le cose che non sono” (Romani 4:17-18). Una fede, quella di Abraamo, che ha saputo andare ben oltre le limitazioni della natura fisica dell’essere umano e del suo evolversi nel tempo; perché Dio non è vincolato da nessuna delle sue leggi, nemmeno da quelle che ha imposto sul creato e sulle sue creature. E la fede ha vinto. “Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia”. E anche a noi sarà pure messo in conto; noi che crediamo in Colui che ha risuscitato dai morti Gesù, nostro Signore, il quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è risuscitato per la nostra giustificazione” (Romani 4:23-24).
“Contempla il paese con i tuoi occhi” (Deuteronomio 3:27).
Un’eredità incorruttibile conservata in cielo per noi.
Mosè, come sappiamo, non è potuto entrare nel paese di Canaan. Ha lottato e sofferto col suo popolo ribelle e disubbidiente, ha interceduto, ha pianto. Ma per un atto di orgoglio, per aver parlato “senza riflettere” (Salmo 106:33), lui, che pure era l’uomo più mansueto del mondo, non ha avuto il privilegio di vedere il paese promesso, dove stillavano il latte e il miele. Ma Dio lo amava e gli ha concesso un grande favore. “Sali in vetta al Pisga, volgi lo sguardo a occidente, a settentrione, a mezzogiorno e a oriente, e contempla il paese con i tuoi occhi”. Quando pensiamo alla nostra eredità celeste è come se il nostro sguardo si perdesse nell’infinito. Già oggi tutto è nostro, dice Paolo, “il mondo, la vita, la morte, le cose presenti, le cose future” (1 Cor. 3:22); ma un giorno, nella gioia e nel riposo del cielo, i beni eterni promessi alla fede diventeranno eredità e proprietà di tutti i credenti. Vi sarà anche Mosè nel cielo a godere, con tutti i santi di ogni epoca, quel “paese promesso” infinitamente più ricco ed esteso della piccola terra di Canaan. Il solo pensiero di quel domani glorioso già ci rallegra nelle difficoltà di oggi e ci aiuta a superare i problemi che ogni giorno incontriamo sulla nostra strada.
“Aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa” (Ebrei 11:26).
Ricompense, premi e corone per i credenti fedeli.
Mosè guardava alla ricompensa e questo lo ha aiutato a rinunciare ai piaceri del peccato e a stimare “gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto”.
Vi sono credenti che piantano, altri che annaffiano, e sono tutti una medesima cosa, poiché chi fa crescere è Dio: ma “ciascuno riceverà il proprio premio, secondo la propria fatica” (1 Cor. 3:8). Paolo, in prigione per Cristo, alla fine della sua vita, poteva parlare con emozione della “corona di giustizia” e dire che ormai gli era riservata; e non solo a lui “ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione” (2 Timoteo 4:8). Certamente non è per ottenere un premio che dobbiamo servire il Signore, ma visto che il Signore ce lo promette, è bene che lo desideriamo. Chi serve volenterosamente ne avrà ricompensa (1 Corinzi 9:17) e così pure chi è perseguitato per la sua fede, chi ama i nemici, chi pratica opere giuste non per essere osservato dagli uomini, chi fa elemosina in segreto (Matteo 5:12 e 46, 6:1 e 4). I credenti che hanno tanto sofferto per il Signore e sono stati “fedeli fino alla morte” riceveranno la “corona della vita” (Apocalisse 2:10); quelli che si saranno curati del “gregge di Dio” di buon animo, non per guadagno o per ambizione, riceveranno “la corona della gloria che non appassisce” (1 Pietro 4:5:4).
“Ecco – dice il Signore – sto per venire e con me avrò la ricompensa da dare a ciascuno secondo le sue opere” (Apocalisse 22:12).
“Volgerà lo sguardo in alto, lo volgerà verso terra” (Isaia 8:19-22).
Il futuro del mondo incredulo.
Questa frase è tratta da Isaia 8, ed è una tragica profezia. Maghi, indovini, veggenti pullulano ormai nei nostri paesi. Tutte le forme di occultismo, palese o astutamente celato, hanno invaso il nostro mondo cosiddetto “cristiano”. Noi credenti, che non dobbiamo aver nulla a che fare con quelle cose, ne siamo sconcertati e a volte turbati. Isaia scriveva che il popolo d’Israele doveva consultare soltanto il suo Dio e dire: “Alla legge! Alla testimonianza!” (8:20). Così è per noi. La Parola di Dio è il nostro unico punto di riferimento. Vogliamo conoscere il futuro? Dio, il Dio vivente, ci ha rivelato ciò che ha ritenuto utile farci conoscere; e ci deve bastare. Rivolgersi ai morti (v. 19) è cosa abominevole. Un popolo che si dà a pratiche occulte “maledirà il suo Dio, volgerà lo sguardo in alto, lo volgerà verso terra, ed ecco, non vedrà che difficoltà, tenebre, oscurità piena di angoscia” (v. 21-22). Questi sono i risultati. Il cielo sarà chiuso per quelli che hanno rifiutato di sottomettersi al Signore. Nessuna benedizione potrà scendere in loro favore. “Nessuna aurora” sorgerà per loro. Dolore, fame, difficoltà, tenebre, angoscia: ecco a cosa andranno incontro quelli che hanno deciso di schierarsi dalla parte dello “spirito che opera oggi negli uomini ribelli”, dei “dominatori di questo mondo di tenebre”, delle “forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti” (Efesini 2:2, 6:12). “Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno”, scrive Giovanni, ma c’è una “vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede” (1 Giovanni 5:4 e 19). Gli spiriti che non riconoscono Gesù non sono da Dio, ma noi credenti siamo da Dio e li abbiamo vinti, perché Colui che è in noi “è più grande di colui che è nel mondo” (1 Giovanni 4:3-4).