Esdra, conoscere e vivere la Parola di Dio

di Cesare Casarotta

I primi capitoli del libro di Esdra evidenziano quanto fosse importante per le persone del popolo d’Israele dimostrare le loro origini.
L’appartenenza ad una tribù consentiva di riappropriarsi delle terre che erano toccate in sorte ai tempi di Giosuè in occasione della spartizione del paese.
L’appartenenza alla tribù di Levi dava il diritto di abitare nelle città che erano state assegnate all’interno del territorio di Israele e allo stesso tempo permetteva di poter usufruire della decima.
L’appartenenza alla famiglia di Aaronne consentiva di poter esercitare il sacerdozio.

Da tutte queste osservazioni possiamo ben capire quanto fosse determinante per tutti coloro che tornavano dalla deportazione dimostrare la loro origine. All’inizio di questo Libro troviamo alcuni “che non poterono indicare la loro casa patriarcale e la loro discendenza per provare che erano d’Israele…” (2:59). Anche tra i figli dei sacerdoti ve ne furono alcuni che “cercarono i loro titoli genealogici, ma non li trovarono; furono quindi esclusi, come impuri, dal sacerdozio” (2:62).

Per quanto riguarda Esdra vi era una genealogia certa che risaliva fino ad Aaronne e poteva annoverare degli antenati che avevano fatto la storia del sacerdozio in Israele: Eleazar, Fineas, Sadoc. Tutto questo ci parla di un grande passato. Allo stesso tempo possiamo anche dire che il ramo di questa famiglia avrebbe avuto un grande futuro. Nelle profezie di Ezechiele ci viene ricordato “Ma i sacerdoti leviti, figli di Sadoc, i quali hanno mantenuto l’incarico che avevano del mio santuario quando i figli d’Israele si sviavano da me, saranno quelli che si accosteranno a me per fare il mio servizio, e che si terranno davanti a me per offrirmi il grasso e il sangue, dice il Signore, DIO” (Ezechiele 44:15). Peraltro ai tempi di Esdra queste profezie erano già state pronunciate. La discendenza di Esdra avrebbe avuto delle grandi prospettive per il futuro.

Tutto questo non parla ai nostri cuori? Non ci ricorda che grazie all’opera di Cristo per il fatto che lo abbiamo ricevuto nel cuore come Salvatore ci è stato concesso di essere chiamati figli di Dio? Inoltre, grazie a questa nuova posizione, possiamo avere una meravigliosa prospettiva: “ora siamo figli di Dio e non è ancora manifestato ciò che saremo…”

C’è anche un altro aspetto. Dobbiamo ricordarci che avere degli ascendenti fedeli a Dio, fare parte di una famiglia pia è sicuramente un grande privilegio e una meravigliosa benedizione, ma a questo deve necessariamente aggiungersi una realtà di fede personale, altrimenti non gioverebbe a nulla.

Di questo personaggio ci viene detto che “si era dedicato con tutto il cuore allo studio e alla pratica della legge del SIGNORE, e a insegnare in Israele le leggi e le prescrizioni divine” (7:10).

Questo passo ci permette di evidenziare diversi aspetti.

Innanzitutto ci è parlato di un ordine, non casuale.  La prima parte riguarda lo studio della Parola di Dio. Occorre prendere a cuore di leggere e meditare la Parola. In secondo luogo si passa alla pratica. Ciò che conosciamo dev’essere trasferito nella realtà della nostra vita. Giacomo nella sua Lettera ci ricorda “Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi.  Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com’era.  Ma chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare” (1:22-25).

Un ulteriore aspetto è l’insegnamento. Un sano insegnamento non può prescindere da una buona conoscenza della Parola di Dio, e perché vi sia autorevolezza nell’insegnamento è necessaria una vita coerente, una continua ricerca della volontà di Dio.
Esdra può essere un esempio da svariati punti di vista. Pur in un contesto difficile, quello dell’esilio, si è comunque dedicato alla Parola di Dio, non ha permesso che le circostanze prendessero il sopravvento.
Noi cosa facciamo? Lasciamo che le cose della vita, gli impegni, ci assorbano completamente?

Un altro aspetto sul quale riflettere può essere il fatto che quest’uomo si fosse dedicato allo studio della Parola di Dio fin dalla sua giovane età. I giovani devono essere consapevoli che proprio in questa fase della vita si può costruire un’approfondita conoscenza delle vie di Dio. È in questo periodo che le facoltà ci rendono più ricettivi, che si possono incamerare nel cuore tanti insegnamenti e tanti particolari che rimarranno nel patrimonio personale per tutta la vita. Ragazzi, come state vivendo questa età? Come state sfruttando le vostre facoltà, la vostra memoria, le capacità di ragionamento, di collegamento, ecc…?

Un impegno, una consacrazione totale per ciò che riguarda la Parola di Dio implicano delle scelte, delle priorità, delle rinunce. Il cuore deve essere impegnato. Talvolta si riscontra in mezzo ai credenti povertà nel ministero, negli insegnamenti, mancanza di autorevolezza, perché nel tempo non ci si è dedicati con tutto il cuore allo studio e alla pratica della Parola di Dio.

Leggendo il capitolo 7 del libro di Esdra ci si rende conto che le qualità spirituali di quest’uomo pio erano riconosciute anche dagli altri; in particolare nella lettera che il re Artaserse indirizza ad Esdra è definito come sacerdote e scriba esperto nella legge di del Dio del cielo. Inoltre, nell’assegnargli dei compiti, il re scrive ad Esdra: “E tu, Esdra, secondo la saggezza di cui il tuo Dio ti ha dotato, stabilisci dei magistrati e dei giudici che amministrino la giustizia a tutto il popolo d’oltre il fiume, a tutti quelli che conoscono le leggi del tuo Dio; e voi fatele conoscere a chi non le conosce” (7:25). Vi era una manifestazione evidente della “saggezza che viene dall’alto” che se esercitata avrebbe consentito a Esdra di fare delle scelte, prendere le decisioni, esercitare la giustizia e trasmettere gli insegnamenti e i comandamenti della legge di Dio.

Tutto è predisposto per il viaggio. Il re aveva concesso un’ampia disponibilità di mezzi ed ora si trattava di partire, di intraprendere una lunga distanza di diverse migliaia di chilometri. Un viaggio pieno di insidie, di incognite, di imprevisti e pericoli. Sarebbe stato opportuno, forse umanamente prudente, chiedere una scorta armata. Esdra però aveva già sperimentato nella propria vita l’intervento della mano di Dio a livello individuale e collettivo; per esempio, “quando il re gli concesse quello che domandò” (7:6) o quando è stato fortificato per radunare i capi d’Israele perché partissero con lui, oppure quando gli condussero dei Leviti, perché tornassero a Gerusalemme.

Così si vergognava di “chiedere al re una scorta armata e dei cavalieri per difenderci lungo il cammino dal nemico, poiché avevamo detto al re: «La mano del nostro Dio assiste tutti quelli che lo cercano; ma la sua potenza e la sua ira sono contro tutti quelli che l’abbandonano»” (8:21). Quante volte Esdra ha letto nella Legge, nei Salmi, che conosceva molto bene, che la mano di Dio è su quelli che lo temono, quante volte lo aveva sperimentato nella propria vita! Si trattava ora di realizzarlo una volta di più nelle circostanze che stava attraversando. Altrimenti le parole dette al re Artaserse sarebbero state soltanto “un versetto recitato a memoria”.

Quante volte la nostra conoscenza della Parola di Dio è mnemonica, teologica, ma non è sperimentale. Quante volte proclamiamo delle grandi verità con la nostra bocca, ma poco si traduce all’atto pratico.

Per poter vivere la Parola di Dio, occorre essere sottomessi alla Sua volontà, confidare pienamente in Lui, affinché Egli possa operare nella nostra vita. È con fede che Esdra e coloro che sono con lui digiunano e pregano Dio a questo scopo. Dio premia la fede ed esaudisce la preghiera.

Il viaggio inizia, e dopo circa quattro mesi termina. Tutti arrivano a destinazione e nulla mancava del carico trasportato. Il viaggio è stato semplice, senza difficoltà? Evidentemente no, ma Esdra e coloro che erano con lui hanno potuto sperimentare, una volta di più, come la fede, la completa fiducia in Dio, è una condizione indispensabile per vivere la Sua Parola, per appropriarsi delle Sue promesse per gustare le Sue cure e la Sua potenza. Quando nella nostra vita vi sono il dubbio e l’ansietà, è come se la conoscenza di Dio e della Sua Parola fossero qualcosa solo di teorico.

Arrivato a Gerusalemme però Esdra si rende conto che la legge non è osservata, non è applicata.

Una situazione particolare da affrontare. Il popolo, i sacerdoti e i Leviti non si erano separati dai popoli pagani, imitavano le loro abominazioni; inoltre, si erano prese per mogli delle donne straniere, avevano “mescolato la stirpe santa con i popoli di questi paesi” (9:2).  Dio aveva più volte messo in guardia il Suo popolo rispetto a questo fatto e alle conseguenze che ci sarebbero state contravvenendo a questo avvertimento (esempio Esodo 34:16 e Giosuè 23:12-13).

Esdra si umilia davanti a Dio per lo stato del popolo, benché egli non avesse commesso nessuna delle abominazioni che sono descritte in questi versetti. Esdra porta il peso delle iniquità del popolo. Questo ci fa comprendere che non dobbiamo mai essere indifferenti rispetto al peccato, anche quello commesso da altri.

Esdra si siede, costernato, e spande il suo cuore in preghiera davanti a Dio. All’interno di questa preghiera cita la Parola di Dio. Ripete alcuni di quegli avvertimenti che Dio aveva pronunciato ricordando al Suo popolo la condotta abominevole delle nazioni che occupavano il paese di Canaan, la necessità di separarsi da esse e le conseguenze benedette collegate al mettere in pratica la legge divina. Israele si era invece alleato con queste nazioni, si era mescolato, aveva imitato le loro pratiche ed Esdra riconosce la giustizia di Dio nell’agire in giudizio nei confronti del suo popolo terrestre. La preghiera si conclude in questo modo: “…Eccoci davanti a te a riconoscere la nostra colpa; poiché per essa noi non potremmo resistere in tua presenza” (9:15).

A questo punto una grande folla si raduna davanti alla casa di Dio; sembra che l’umiliazione sia diventata una realtà collettiva. Nelle Parole pronunciate da Secania, uno dei reduci da Babilonia, vi è una confessione di peccato senza ricerca di attenuanti; per Israele vi è una speranza, nel momento in cui avesse agito in armonia con la legge di Dio. Esdra viene chiamato all’azione per poter rimettere ordine alla situazione che si era venuta a creare. “Alzati, perché questo è compito tuo e noi saremo con te. Fatti coraggio e agisci”.

Ci sono circostanze nelle quali possiamo riconoscere con umiliazione un peccato individuale o collettivo. Innanzitutto, dobbiamo riconoscere il peccato secondo la sua reale natura, riconoscere che è innanzitutto un’offesa contro Dio e che, se vi è stata disciplina, questa è stata giusta e necessaria. Poi però occorre agire, non rimanere fermi nel punto in cui siamo, o come nel caso di Esdra “seduti”. Dobbiamo alzarci e rimuovere la causa che ha causato tanta amarezza: “Confessate la vostra colpa al SIGNORE, Dio dei vostri padri, e fate la sua volontà! Separatevi dai popoli di questo paese e dalle donne straniere” (10:11).

Talvolta, le situazioni che siamo chiamati ad affrontare sono complicate e penose. Separarsi da mogli e figli da un punto di vista umano era qualcosa di estremamente penoso e doloroso, ma occorreva farlo per essere ubbidienti alla volontà di Dio.

Quando le circostanze sono così dure preferiremmo che fossero altri ad occuparsene, vorremmo sottrarci a certe incombenze poco gradevoli, ma potrebbe essere il caso in cui il compito è proprio nostro e allora dobbiamo farci coraggio e agire. Esdra non ha agito da solo, ma con alcuni capi delle case patriarcali “tutti designati per nome”. Questo ci fa riflettere sul fatto che per occuparci di problemi, soprattutto se importanti, dobbiamo essere qualificati.

Le situazioni da affrontare quando non sono semplici necessitano di tempi adeguati per la gestione. Al tempo di Esdra ci è detto “che non è una questione di un giorno o due” (10:13). Infatti è specificato che “… il primo giorno del decimo mese avevano iniziato a riunirsi per esaminare i fatti e il primo giorno del primo mese avevano finito di occuparsi di quanti avevano sposato donne straniere” (10:13). Occorre agire, prendere a cuore l’impegno e dedicarvi il tempo necessario.

Un altro insegnamento che possiamo trarre da questi passi è che quando siamo chiamati ad agire in circostanze penose, in armonia con la Parola, lo dobbiamo fare senza fare distinzioni, senza riguardi personali. A volte, quando si tratta di giudicare il male possiamo essere portati a fare eccezioni, magari verso qualcuno con il quale abbiamo legami familiari o un’amicizia particolare. Non così Esdra. C’è un elenco di uomini che hanno allontano le loro mogli e i loro figli. Questo elenco comincia dalla famiglia sacerdotale: “vi si trovarono dei figli di Iesua figlio di Iosadac” (10:18), si continua con i Leviti (10:23), si prosegue con i cantori e i portinai (10:25) e poi vi sono quelli del popolo. Per così dire, nell’azione di riprensione Esdra inizia dalla propria famiglia e poi va avanti.

Abbiamo esaminato qualche episodio della vita di questo uomo di Dio. Che possiamo apprendere ad amare Dio e la Sua Parola, e che soprattutto sappiamo viverla quando dobbiamo dimostrare fede nei momenti difficili, o quando dobbiamo applicarla con coerenza per giudicare il male per la gloria di Dio, o in tutte le altre situazioni nelle quali Dio ci chiamerà ad agire.

Il libro di Esdra

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